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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 12 aprile 2018, n. 9087
Alla luce di tutto quanto premesso, puo’ a ragione rispondersi positivamente al quesito originario se sia applicabile agli accordi di ristrutturazione dei debiti – semmai in via estensiva o analogica – la facolta’ di concedere il termine di cui all’articolo 162, comma 1, L. Fall., pacificamente applicata al concordato preventivo.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 12 aprile 2018, n. 9087
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20828/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona della Curatrice dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Pubblico Ministero presso la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Trieste;
– intimato –
avverso la sentenza n. 560/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 11/08/2016;
lette le memorie di parte ricorrente ex articolo 378 cod. proc. civ.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/03/2018 dal cons. Dott. VELLA PAOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 23/12/2015, la (OMISSIS) S.r.l. proponeva domanda di concordato preventivo cd. con riserva, ex articolo 161, comma 6, L. Fall.; poco dopo, in data 30/12/2015 il Pubblico Ministero ne chiedeva la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’articolo 6 L. Fall.; con decreto del 28/01/2016, reso all’esito dell’udienza prefallimentare, il Tribunale di Udine concedeva termine di giorni sessanta per il deposito della proposta concordataria completa di piano e relativa documentazione, ovvero di una domanda ai sensi dell’articolo 182-bis, comma 1, L. Fall.; lo stesso tribunale con decreto del 18/02/2016 concedeva poi la proroga del predetto termine per ulteriori sessanta giorni, sino al 21/04/2016.
In data 21/04/2016 la ricorrente, sciogliendo la riserva, chiedeva l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, pubblicato nel Registro delle imprese in data 06/05/2018.
Con decreto del 05/05/2016 (comunicato il 07/05/2016) il tribunale convocava le parti all’udienza in camera di consiglio del 19/05/2016, nella quale la societa’ ricorrente chiedeva fissarsi nuova udienza per l’omologazione dell’accordo, o in subordine la concessione di un termine per raccogliere la preannunziata adesione della (OMISSIS) (garantita da ipoteca sui beni della societa’, per crediti vantati verso la fallita (OMISSIS) S.p.a.), cui era stata condizionata l’adesione all’accordo da parte di creditori rappresentanti l’83,91% dei crediti.
All’esito dell’udienza, con tre distinti provvedimenti (depositati e comunicati a mezzo pec in data 31/05/2016) il Tribunale di Udine dichiarava inammissibile la domanda ex articolo 161, comma 6, L. Fall., dichiarava parimenti inammissibile la domanda di omologazione ex articolo 186-bis, comma 1, L.F. – stante l’inefficacia e invalidita’ dell’accordo – ed in ragione dello stato di insolvenza della (OMISSIS) S.r.l. ne dichiarava il fallimento, con sentenza pubblicata nel Registro delle imprese in data 01/06/2016.
Avverso detti tre provvedimenti la societa’ ricorrente ha proposto due reclami: il primo in data 08/06/2016 (iscritto al ruolo degli affari contenziosi), proposto ai sensi degli articoli 18 e 162 L. Fall., contro la sentenza di fallimento ed il decreto di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo cd. in bianco; il secondo in data 09/06/2016 (iscritto al ruolo di volontaria giurisdizione), proposto ai sensi dell’articolo 183 L.F. contro il decreto di inammissibilita’ della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione ex articolo 182-bis L. Fall..
I suddetti reclami non sono stati riuniti ma definiti dalla Corte d’appello di Trieste, all’esito della medesima udienza del 28/07/2016, con due distinti provvedimenti: la sentenza del 11/08/2016 (qui impugnata), che ha respinto il reclamo ex articolo 18 L.F. – contestualmente dichiarando “superfluo” il decreto di “rigetto della domanda ex articolo 161, comma 6 L. Fall.”, essendo stata ormai sciolta la riserva formulata nella domanda prenotativa, con il deposito della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione – e il decreto del 10/08/2016 (non impugnato), che ha dichiarato inammissibile il secondo reclamo in quanto recante censure “assorbite” dal primo, proposto ai sensi dell’articolo 18 L. Fall..
Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso affidato ad otto motivi, notificato il 09/09/2016 al Fallimento (OMISSIS) S.r.l., che ha resistito con controricorso notificato il 18/10/2016.
La societa’ ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disattesa l’eccezione della controricorrente secondo la quale la mancata impugnazione del decreto del 10/08/2016 – con cui la Corte di Appello di Trieste, accogliendo la corrispondente eccezione della curatela fallimentare, ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dalla (OMISSIS) S.r.l. avverso il decreto di inammissibilita’ della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti – precluderebbe in questa sede qualsivoglia doglianza processuale e sostanziale in relazione al “procedimento ex articolo 182 bis L. Fall.”, rendendo percio’ inammissibili le censure contenute nei primi quattro motivi di ricorso.
1.1. Invero, con una serie di recenti pronunce, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ricostruito il quadro dei mezzi impugnatori nelle procedure di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti, chiarendo che: i) i provvedimenti di inammissibilita’ ex articolo 162, comma 2, o di revoca ex articolo 173, L.F. resi dal tribunale sono – se autonomamente considerati – inoppugnabili, in quanto non reclamabili (cfr. articolo 162 L. Fall.) ne’ ricorribili in Cassazione ex articolo 111 Cost., per difetto del requisito della decisorieta’; ii) i provvedimenti positivi o negativi resi dal tribunale nei procedimenti di omologazione hanno natura decisoria (in quanto contenziosi ed idonei al giudicato), ma non sono direttamente ricorribili per cassazione, in quanto non definitivi (essendo reclamabili ex articolo 183 e 182-bis, comma 5, L. Fall.); iii) i provvedimenti di natura decisoria, positivi o negativi, resi in sede di reclamo, sono assoggettabili a ricorso straordinario per cassazione, in quanto definitivi; iv) l’impugnazione della sentenza di fallimento puo’ essere formulata anche con censure rivolte esclusivamente contro la presupposta dichiarazione di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo; v) i motivi di impugnazione autonomamente proposti contro il diniego di omologazione debbono essere necessariamente riproposti contro la sentenza di fallimento, poiche’ “il giudizio di reclamo ex articolo 18 L.F. assorbe l’intera controversia relativa alla crisi dell’impresa”; vi) la sopravvenuta dichiarazione di fallimento rende inammissibili – e se gia’ proposte improcedibili – le impugnazioni autonomamente proponibili contro il decreto di rigetto della domanda di omologazione (Cass. Sez. U 10/04/2017, n. 9146; 28/12/2016, n. 27073; 27/12/2016, n. 26989).
1.2. Alla luce dei richiamati principi, risulta corretta la decisione della Corte di appello di Trieste (peraltro sollecitata dalla stessa curatela che ora ne vorrebbe far discendere ragioni preclusive in questa sede) di dichiarare inammissibile, per carenza di interesse, il “reclamo meramente duplicativo” proposto in via autonoma dalla societa’ ricorrente contro la “declaratoria di inammissibilita’ della domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione, con decreto contestuale alla sentenza dichiarativa di fallimento”, trattandosi di censure che, in quanto integranti un presupposto logico-giuridico della stessa dichiarazione di fallimento separatamente impugnata, sono state riproposte ed esaminate nell’ambito del giudizio di reclamo ex articolo 18 L. Fall., avente come visto natura assorbente.
1.3. Deve percio’ concludersi che la mancata impugnazione del decreto del 10/08/2016 non spiega effetti preclusivi ai fini dell’esame del ricorso proposto in questa sede, cui puo’ quindi darsi corso.
Con il primo motivo, la societa’ ricorrente deduce la “nullita’ della sentenza impugnata per omessa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in relazione al fatto sopravvenuto o quanto meno contestuale alla decisione del tribunale dell’adesione all’accordo della (OMISSIS)”, “manifestatasi sia con PEC del 31.5.2016 sia con successiva del 19.7.2016, prodotta all’udienza di discussione innanzi alla Corte di Appello del 28.7.2016 (doc. 33) nella quale si manifestava la disponibilita’ alla sottoscrizione dell’accordo non appena giuridicamente possibile”.
2.1. La censura e’ infondata, in quanto la Corte d’appello si e’ in realta’ espressamente pronunciata sulla posizione della (OMISSIS), affermando che “alla data del 19-5-2016 la (OMISSIS) non aveva firmato alcun contratto, non in particolare quello per il quale si chiedeva l’omologa” e ritenendo incontestato l’accertamento che a quella data “mancava la firma del legale rappresentante della (OMISSIS) ad un contratto che la vedeva fra le parti in intestazione, circostanza lealmente evidenziata dalla debitrice nel ricorso per l’omologa, ma ritenuta colmabile con l’adesione futura “nelle more dell’omologazione” (cosi’ pag 21 ricorso depositato in data 21-4-2016), espressione generica e priva di qualsiasi ancoraggio giuridico, non certo riconducibile all’articolo 162 L.F. e ancor meno all’esigenza di supplire ai ritardi burocratici della patisciente” (rectius paciscente) “sfruttando le lungaggini della procedura di omologa”.
Con il motivo “primo bis”, la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione degli articoli 18 e 182-bis L. Fall.”, per avere il giudice d’appello erroneamente individuato nel “passaggio in decisione ai fini della dichiarazione di fallimento” il momento temporale entro il quale sarebbe stato deducibile e rilevante il “fatto sopravvenuto della intervenuta adesione” della (OMISSIS), che a suo avviso doveva intervenire “entro il termine utile del 21-4-2016, probabilmente tollerabile fino all’udienza del 19-5-2016, ma non oltre”.
3.1. La censura e’ infondata, alla luce dell’orientamento di questa Corte per cui “nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione, e non quelli sopravvenuti, perche’ la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l’acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l’apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16180 del 28/06/2017), con la conseguenza che, “ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento, censurando la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo, adito ai sensi degli articoli 18 e 162 L. Fall., e’ tenuto a riesaminare tutte le questioni concernenti detta ammissibilita’, sempre che non riguardino fatti venuti ad esistenza successivamente alla pronuncia del tribunale” (Cass. Sez. 61, Ordinanza n. 23264 del 15/11/2016).
3.2. Cio’ premesso in diritto, va altresi’ sottolineato in fatto che, a fronte di una dichiarazione di fallimento assunta in decisione all’udienza del 19/05/2016, depositata il 31/05/2016 e pubblicata nel Registro delle imprese in data 01/06/2016, la ricorrente si duole della mancata considerazione, da parte del giudice, delle comunicazioni inviate a mezzo pec dalla (OMISSIS) alla societa’ debitrice in data 18/05/2016 (ove si rappresentava come imminente la decisione sull’adesione all’accordo di ristrutturazione) ed in data 01/06/2016 (ove si comunicava che il 31/05/2016 era stata deliberata l’adesione all’accordo), ossia di comunicazioni rimaste confinate al rapporto interno tra debitrice e banca, inidonee a superare il dato dirimente della mancata sottoscrizione dell’accordo da parte di quest’ultima, confermato dalla analoga comunicazione del 19/07/2016 nella quale la banca medesima confermava la volonta’ di procedere alla sottoscrizione dell’accordo non appena fosse stato accolto il reclamo e revocato il fallimento.
Con il motivo “primo ter” si deduce “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla sopravvenuta adesione all’accordo della (OMISSIS)”.
4.1. Anche questa censura e’ infondata per le ragioni gia’ sopra evidenziate, non rispondendo a vero ne’ che il giudice d’appello abbia omesso di esaminare quel fatto, ne’ che una formale adesione della (OMISSIS) all’accordo in questione sia effettivamente intervenuta.
Con il secondo mezzo la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’articolo 182-bis e articolo 162, comma 1, L. Fall.”, “sotto due profili: quello dell’applicabilita’ analogica della norma dettata per il concordato alla procedura dell’accordo, e quello della interpretazione limitativa, offerta dalla Corte, delle “integrazioni” consentite a norma dell’articolo 162, comma 1″, per avere il giudice a quo ritenuto “suggestiva” – ma non condivisibile – la doglianza sulla “omessa concessione del termine ex articolo 162 L.F. con effetti pregiudizievoli per l’esercizio del diritto di difesa perche’, proprio nei dodici giorni successivi all’udienza, la (OMISSIS) aveva manifestato la propria intenzione di aderire all’accordo, evento che avrebbe minato in radice la tesi sull’invalidita’ dell’accordo affermata dal Tribunale”, dovendosi necessariamente tener conto della “rigida demarcazione normativa (articolo 161 e articolo 182 bis L. Fall.) delle procedure alternative al fallimento”, descritte l’una (il concordato) come “procedura concorsuale”, l’altra (l’accordo di ristrutturazione dei debiti) come “procedura di tipo privatistico”.
5.1. La censura merita accoglimento nei limiti che si vanno a precisare.
5.2. La Corte di appello di Trieste ha affermato che, una volta sciolta la riserva ex articolo 161, comma 6, L.F. con il deposito di un ricorso ai sensi dell’articolo 182-bis L. Fall., tale opzione “preclude in radice all’appellante di avvalersi di rimedi previsti esclusivamente per l’ammissione alla procedura concorsuale, in assenza di qualsiasi ipotesi di rinvio nella procedura di omologa dell’accordo, poiche’ il rinvio concedibile ex articolo 162 L.F. e’ subordinato dal legislatore all’integrazione del piano e dei documenti che lo accompagnano, non ad acquisire il consenso di uno dei patiscienti” (rectius paciscenti) “il quale al momento dell’udienza non aveva ancora formato la sua volonta’ interna sulla proposta di accordo avanzata dalla debitrice”, al riguardo sottolineando – significativamente – che “non si tratta di discrezionalita’ male adoperata dal Giudice, bensi’ di non applicabilita’ della norma invocata al diverso regime di risoluzione della crisi finanziaria eletto dalla debitrice, la quale non puo’ lamentare concussioni al diritto al rinvio che lei stessa ha scelto di non godere”.
5.3. Il quesito da esaminare e’ pertanto se – fermo restando che si tratta di un potere discrezionale del giudice (Cass. Sez. 1, 25/09/2013, n. 21901; 23/05/2014, n. 11496; 04/06/2014, n. 12549) – la concessione del termine ex articolo 162, comma 1, L.F. sia giuridicamente preclusa nel caso in cui il debitore, sciogliendo la riserva formulata con il ricorso ex articolo 161, comma 6, L. Fall., alla scadenza del termine concesso opti per il deposito non gia’ della proposta di concordato preventivo (corredata da piano e documentazione di cui ai precedenti commi 2 e 3 della norma) bensi’ della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis, comma 1, L. Fall., come la stessa norma alternativamente consente.
5.4. La risposta al suddetto quesito deve prendere le mosse da un assunto che puo’ dirsi gia’ sedimentato nella giurisprudenza di questa Corte, e cioe’ che l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis L.F. “appartiene agli istituti del diritto concorsuale” – ovvero, piu’ esplicitamente, rientra “tra le procedure concorsuali” – “come e’ dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo e’ stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilita’, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessita’ di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilita’ di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall’altro, (v. l’articolo 182-bis L. Fall., nei suoi vari commi, e l’articolo 67 L. Fall., comma 3, lettera e)) suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicita’ sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali” (Cass. Sez. 1 18/01/2018, n. 1182; cfr. Cass. n. 23111/14 e Cass. n. 16950/16 ivi richiamate, laddove accostano “l’accordo al concordato preventivo, quale istituto affine nell’ottica delle procedure alternative al fallimento”).
5.4.1. Alla riferita conclusione contribuisce la speculare e coeva affermazione per cui – al contrario – il piano attestato di risanamento ex articolo 67 L.F. non e’ una “procedura concorsuale”, ma rientra nell’amplissimo genere delle “convenzioni stragiudiziali”, mancando di qualsivoglia intervento giudiziale (sia esso di valutazione oppure di controllo) e della partecipazione necessaria del ceto creditorio, essendo piuttosto “frutto di una decisione dell’impresa, come attinente alla programmazione della propria futura attivita’ e intesa al risanamento della relativa “situazione finanziaria” (…) che nella sua traduzione operativa, poi, viene di necessita’ ad avvalersi dell’attivita’ contrattuale di un professionista indipendente, per la funzione di attestatore, e che puo’ anche venire a comportare, nel caso, la conclusione di convenzioni con creditori o terzi in genere”, come conferma la possibilita’ di “scelta di pubblicarlo o meno nel registro delle imprese a mente dell’ultimo periodo dell’articolo 67, comma 3, lettera d., che di per se’ rappresenta una scelta propria dell’autonomia di impresa” (Cass. Sez. 1 25/01/2018 n. 1895; cfr. Cass. n. 13719/16 ivi richiamata).
5.5. Tale approdo appare in effetti piu’ lineare e coerente di quanto il dibattito dottrinario che lo ha preceduto e accompagnato farebbe ritenere (forse per una tralatizia adesione allo spirito, piu’ che al testo, della prima riforma del 2005) ed anzi risulta ormai difficilmente confutabile se solo si considerano – anche al di la’ del dato formale (pur eclatante) della collocazione topografica degli accordi di ristrutturazione fra le maglie della disciplina del concordato preventivo, nonche’ del dato normativo (pur inequivocabile) che fa riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti come vere e proprie “procedure concorsuali” (cfr. articolo 111 L.F. e, ancor piu’ esplicitamente, Decreto Legge n. 98 del 2011, articolo 23, comma 43, convertito con modificazioni dalla L. n. 111 del 2011, che consente agli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza l’accesso “alle procedure di cui agli articoli 182-bis e 182-ter” L. Fall.) – due aspetti basilari: per un verso, l’evoluzione normativa dell’istituto, sempre piu’ strettamente intrecciato a quello del concordato preventivo grazie ad una lunga serie di rinvii normativi che hanno finito per delinearli come strumenti di regolazione della crisi di impresa non solo alternativi ma anche (specie dal 2012) biunivocamente interscambiabili in itinere (cfr. articolo 161, comma 6 e articolo 182-bis, comma 8, L. Fall.), tanto da suggerire in dottrina l’icastica descrizione del fenomeno in termini di “passerella”; per altro verso, le tendenze evolutive del diritto dell’Unione Europea, che ormai inscrivono a tutti gli effetti gli accordi di ristrutturazione dei debiti tra le procedure concorsuali: basti leggere l’articolo 1 del Regolamento (UE) 2015/848 sull’insolvenza transfrontaliera, che individua le “procedure concorsuali pubbliche” disciplinate dalle norme in materia di insolvenza con rinvio a quelle elencate come “procedure d’insolvenza” nell’allegato A, ove per l’Italia figurano anche gli “Accordi di ristrutturazione” (accanto a “Fallimento, Concordato preventivo, Liquidazione coatta amministrativa, Amministrazione straordinaria, Accordi di ristrutturazione, Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore accordo o piano – e Liquidazione dei beni”); ma si veda anche l’articolo 2 del Reg., che al n. 1) definisce “procedura concorsuale, una procedura che comprende tutti o una parte significativa dei creditori di un debitore a condizione che, nel secondo caso, la procedura non pregiudichi i crediti dei creditori non interessati dalla procedura”.
5.6. Puo’ dunque ben dirsi che il corso delle riforme, tanto a livello nazionale quanto a livello sovranazionale, abbia reso anacronistico l’approccio tradizionale che individua come profili qualificanti – e quindi indefettibili – della concorsualita’ elementi quali il costante coinvolgimento del giudice sin dall’inizio della procedura, la previsione di una fase preventiva di ammissione, lo spossessamento totale o attenuato del debitore, la presenza di organi di nomina giudiziale, l’universalita’ oggettiva e soggettiva della procedura ed il tendenziale rispetto della par condicio creditorum (cui e’ andato invero progressivamente sostituendosi l’obbiettivo del miglior soddisfacimento possibile dei creditori).
5.6.1. Ed invero, a partire dalla prima stagione di riforma del 2005, sul fronte interno si e’ assistito alla importazione di piu’ o meno marcati profili di autonomia e negozialita’ all’interno di tutte le procedure concorsuali, specie quelle di nuovo conio (come le procedure disciplinate dagli articoli 182-bis e 182-septies L. Fall.), ma anche quelle piu’ tradizionali (si pensi, esemplificativamente: al criterio civilistico di non scarsa importanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione del concordato preventivo ex articolo 186, comma 2, L. Fall.; alla figura dell’attestatore designato dal debitore ex articolo 161, comma 3, L. Fall.; alla sottrazione al giudice delegato dei poteri di direzione delle operazioni del fallimento ex articolo 25, comma 1, L. Fall.; alla esaltazione del ruolo del comitato dei creditori ex articolo 41 L. Fall.; alla adozione delle vendite competitive ex articolo 107 L. Fall.).
5.6.2. Pertanto, piuttosto che attribuire agli accordi di ristrutturazione un’improbabile connotazione meramente privatistica – confliggente non solo con l’embrionale verifica di ammissibilita’ esplicitata nell’ipotesi anticipatoria di cui all’articolo 182-bis, comma 7, L. Fall., ma anche con la imprescindibilita’ dell’omologazione giudiziale ex articolo 182-bis, comma 4 L.F. (peraltro soggetta allo stesso reclamo previsto per il concordato preventivo dall’articolo 183 L. Fall.) e soprattutto con gli effetti pregiudizievoli che i creditori “estranei” subiscono direttamente o indirettamente, per effetto dell’accordo con la maggioranza dei creditori aderenti che rappresenti almeno il sessanta per cento dei crediti (quali: il divieto di agire esecutivamente e cautelarmente, nonche’ di acquisire titoli di prelazione se non concordati, durante i periodi di inibitoria, preventivi o definitivi; la moratoria coattiva dei termini di pagamento fino a centoventi giorni; le nuove prededuzioni contemplate dagli articoli 182-quater e 182-quinquies L. Fall.; la sottrazione a revocatoria fallimentare degli atti di disposizione previsti nel piano omologato) – dovrebbe prendersi atto che la sfera della concorsualita’ puo’ essere oggi ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all’orbita piu’ esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, le amministrazioni straordinarie, le liquidazioni coatte amministrative, il concordato fallimentare, il concordato preventivo, gli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento degli imprenditori non fallibili, gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria (con la precisazione che la L. Delega n. 155 del 2017, articolo 5, comma 1, lettera a), per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, intende estendere queste ultime “procedure” anche a creditori diversi da banche e intermediari finanziari). Restano invece all’esterno di questo perimetro immaginario solo gli atti interni di autonoma ri-organizzazione dell’impresa, come i piani attestati di risanamento, e gli accordi di natura esclusivamente stragiudiziale, che non richiedono nemmeno un intervento giudiziale di tipo meramente omologatorio.
5.6.3. La conclusione e’ ancora una volta confortata dal diritto unionale, se si considera che l’articolo 1, lett c), del Regolamento (UE) 2015/848 definisce “procedure concorsuali pubbliche” anche quelle in cui semplicemente “una sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali e’ concessa da un giudice o per legge al fine di consentire le trattative tra il debitore e i suoi creditori, purche’ le procedure per le quali e’ concessa la sospensione prevedano misure idonee a tutelare la massa dei creditori e, qualora non sia stato raggiunto un accordo, siano preliminari a una delle procedure di cui alle lettere a) o b)” ossia, rispettivamente, quelle in cui “un debitore e’ spossessato, in tutto o in parte, del proprio patrimonio ed e’ nominato un amministratore delle procedure di insolvenza” (lettera a) e quelle in cui “i beni e gli affari del debitore sono soggetti al controllo o alla sorveglianza di un giudice” (lettera b). Per non dire, poi, dei “Quadri di ristrutturazione preventiva” contemplati dalla Raccomandazione n. 2014/135/UE e dalla Proposta di Direttiva COM (2016) 723 final, nei quali tra l’altro – e significativamente – la partecipazione dell’autorita’ giudiziaria o amministrativa va limitata “ai casi in cui e’ necessaria e proporzionata alla salvaguardia dei diritti delle parti interessate” (articolo 4 Prop. Dir.; cfr. articolo 7 Racc.), il debitore deve mantenere “il controllo totale o almeno parziale dei suoi attivi e della gestione corrente dell’impresa” (articolo 5, par. 1, Prop. Dir.; cfr. articolo 6, lettera b), Racc.) e “la nomina da parte dell’autorita’ giudiziaria o amministrativa di un professionista nel campo della ristrutturazione non e’ sempre obbligatoria” (articolo 5, par. 2, Prop. Dir.; cfr. articolo 9 Racc.).
5.6.4. In ultima analisi, posto che la cifra della moderna concorsualita’, regolata dal diritto della crisi e dell’insolvenza, sembra essersi ridotta a tre profili minimali – i) una qualsivoglia forma di interlocuzione con l’autorita’ giudiziaria, con finalita’ quantomeno “protettive” (nella fase iniziale) e di controllo (nella fase conclusiva); ii) il coinvolgimento formale di tutti i creditori, quantomeno a livello informativo e fosse anche solo per attribuire ad alcuni di essi un ruolo di “estranei”, da cui scaturiscono conseguenze giuridicamente predeterminate; iii) una qualche forma di pubblicita’ – non vi e’ dubbio che questo “minimo comun denominatore” delle procedure concorsuali si rinvenga a pieno titolo anche negli accordi di ristrutturazione dei debiti, quantomeno dopo la loro riforma ad opera del Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012.
5.7. Alla luce di tutto quanto premesso, puo’ a ragione rispondersi positivamente al quesito originario se sia applicabile agli accordi di ristrutturazione dei debiti – semmai in via estensiva o analogica – la facolta’ di concedere il termine di cui all’articolo 162, comma 1, L. Fall., pacificamente applicata al concordato preventivo. Si e’ infatti gia’ segnalata la significativa interscambiabilita’ in itinere dei due strumenti di regolazione della crisi di impresa, stante la corrispondenza biunivoca tra l’articolo 161, comma 6 e l’articolo 182-bis, comma 8, L. Fall.. Inoltre, lo stesso tessuto normativo dell’articolo 161, specie nei commi da 6 a 9, mostra inequivocabilmente la matrice comune dei due istituti nell’ambito della domanda cd. prenotativa, a partire dal cui deposito l’imprenditore e’ soggetto agli stessi presupposti (anche in termini di oneri documentali), termini (anche in chiave preclusiva), obblighi (anche di carattere informativo), controlli (anche da parte di un commissario giudiziale), rischi (anche di declaratoria di fallimento) e sanzioni (anche abbreviazione dei termini), a prescindere che si accinga a depositare una proposta di concordato o un accordo di ristrutturazione dei debiti, in vista della loro futura omologazione. Eppure, in tutti questi casi il legislatore fa per lo piu’ riferimento alla sola procedura “principale” – il concordato preventivo – spesso richiamandone gli elementi costitutivi della proposta e del piano (che peraltro, a ben vedere, rappresentano elementi costitutivi anche del procedimento di formazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti). Del resto, il continuo intreccio tra i due istituti emerge anche dall’articolo 182-bis L. Fall., laddove il comma 1 rinvia alla documentazione da depositare ai sensi dell’articolo 161 L. Fall., il comma 3 fa riferimento agli effetti disciplinati dall’articolo 168, comma 2, L.F. ed il comma 5 richiama integralmente la procedura del reclamo di cui all’articolo 183 L.F. Infine – e soprattutto – risulta del tutto sovrapponibile la disciplina dei termini che il tribunale puo’ concedere, ridurre o prorogare, ai sensi dei commi 6, 8 e 10 dell’articolo 161 L. Fall..
5.8. Posto dunque il continuo richiamo esplicito ai commi 2 e 3 dell’articolo 162 L.F. – come esito del procedimento comune in caso di mancato deposito della domanda entro il termine assegnato, ovvero di violazione degli obblighi informativi periodici imposti ai sensi dell’articolo 161, comma 8, L.F. – non si ravvisano ostacoli logici all’applicazione (anche qui mutatis mutandis) del comma 1 dell’articolo 162 L. Fall., in quanto disposizione di carattere generale che facoltizza il tribunale a concedere al debitore – evidentemente sulla base di una valutazione discrezionale diretta a prevenire possibili abusi – un brevissimo termine (non superiore a quindici giorni) per apportare integrazioni o effettuare produzioni capaci di scongiurare l’esito infausto della procedura di cui ai successivi commi 2 e 3, quando cio’ potrebbe rappresentare un’ingiusta o antieconomica sanzione nei confronti di irregolarita’ non gravi ne’ sostanziali. Addirittura, prescindendo dal tenore meramente letterale dell’articolo 162, comma 1, L. Fall., se ne potrebbe predicare l’applicabilita’ diretta agli accordi di ristrutturazione, in linea con il continuo parallelismo di cui e’ intriso il precedente articolo 161; in ogni caso, non vi sono ostacoli di alcun genere per una sua applicazione estensiva o quantomeno analogica, stante la delineata affinita’ dei due istituti, che nella fase preliminare al deposito della domanda procedono – come visto – del tutto appaiati.
5.9. Per concludere, non puo’ essere condivisa l’affermazione del giudice d’appello per cui all’invocata concessione di un termine ai sensi dell’articolo 162, comma 1, L.F. – nel caso di specie per documentare la sottoscrizione dell’accordo anche da parte della (OMISSIS), nella veste non di creditore, ma di soggetto garantito da ipoteca sui beni della societa’ per debiti di terzi – sarebbe ostativa l’inapplicabilita’ della norma agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Con il terzo mezzo la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’articolo 182-bis L.F. nel ritenere non consentita l’apposizione di condizioni all’accordo o l’adesione in corso di procedura di altri soggetti”.
6.1. Il motivo e’ inammissibile in quanto non coglie la effettiva ratio decidendi della pronuncia impugnata, dal momento che il giudice a quo non ha affermato l’impossibilita’ di applicare condizioni all’accordo di ristrutturazione, bensi’ ha rilevato il suo mancato verificarsi “entro il termine utile del 21-4-2016, probabilmente tollerabile fino all’udienza del 19-5-2016, ma non oltre”. Ne consegue che la censura resta anche assorbita dall’esame dei motivi primo bis e secondo.
Con il motivo “terzo bis” si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 182-bis in relazione agli articoli 1325, 1326, 1353 e 1372 c.c. nel ritenere requisito di validita’ del contratto una condizione apposta dalle parti, che puo’ influire al piu’ sull’efficacia del contratto stesso”.
Analogamente, con il quarto mezzo si deduce la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c. e ss. in relazione la violazione dei criteri gerarchici di cui alla norma ed in particolare a quello della prevalenza della interpretazione letterale”.
8.1. Le censure, che in quanto connesse possono essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili, laddove riguardano una valutazione di merito circa il contenuto di una clausola dell’accordo, ed infondate, laddove assumono una inesistente violazione del canone ermeneutico di interpretazione letterale del contratto (cfr., ex multis, Cass. nn. 10891/16, 2465/15, 15197/04, 11193/03).
8.2. Invero, a fronte della clausola di cui al § 2.2. dell’accordo trascritta a pag. 37 del ricorso – “Fatto salvo quanto previsto nelle successive clausole 2.3 e 2.4., l’efficacia del presente atto e, quindi, dell’adesione all’accordo da parte degli istituti di credito e degli altri creditori e’ sospensivamente condizionata alla seguenti circostanze:
a) che tutti gli istituti di credito che sono parte del presente atto prestino consenso a quest’ultimo sottoscrivendolo per accettazione;
b) che il Professionista incaricato rediga una relazione attestante la veridicita’ dei dati aziendali e la attuabilita’ dell’accordo; c) che l’accordo sia, quindi, omologato ai sensi dell’articolo 182-bis L.F. da parte del tribunale di Udine” – non e’ censurabile in questa sede, ne’ appare contraria alle regole legali di interpretazione dei contratti, la lettura del giudice d’appello per cui sarebbe “stato offerto al giudizio di omologa un non-accordo perche’ mancava la partecipazione del soggetto alla cui adesione era condizionata quella di tutto il ceto bancario”, con la conseguenza che l’atto difettava “degli elementi fondamentali dell’incontro della volonta’ dei contraenti subordinata ad un evento non verificatosi entro il termine utile”, essendo “incontestabile che alla data del 19-5-2016 la (OMISSIS) non aveva firmato alcun contratto”. Del resto e’ ragionevole ritenere che, tra quelle formulate, solo la condizione di cui alla lettera c) si sarebbe potuta (necessariamente) realizzare “in corso di procedura”; e la stessa esigenza della societa’ ricorrente di ottenere la concessione di un breve termine per documentare la sottoscrizione della (OMISSIS) (non ancora intervenuta, ma solo preannunziata) fornisce riscontro indiretto alla lettura del giudice a quo, conforme al tenore letterale della clausola in questione.
Con il quinto ed ultimo mezzo si lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 L. Fall., nel ritenere che il credito goduto dall’imprenditore che esclude l’insolvenza debba estrinsecarsi in un fatto “positivo” come la concessione di nuova finanza, e non sia desumibile dalla accettazione di dilazioni o riduzioni dei crediti accordate dall’intero ceto creditorio”.
9.1. La censura e’ infondata poiche’ il giudice d’appello ha motivato la ritenuta sussistenza di uno stato di insolvenza senza violare l’articolo 5 L.F. ma evidenziando una serie di elementi coerenti col relativo disposto normativo, ulteriori rispetto al profilo segnalato dalla ricorrente, sia pure sul presupposto della preliminare valutazione di inefficacia dell’accordo per mancato avveramento tempestivo della condizione sospensiva in esso prevista. Sotto questo profilo, il motivo resta anche assorbito dall’esame dei motivi primo bis e secondo.
In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso, con rinvio al giudice d’appello in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, respinge i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Trieste in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.