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Tribunale Udine, Sezione 1 civile Sentenza 18 gennaio 2018, n. 70

In tema di condominio, sono affette da nullità – che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate – le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all’art. 1137, ultimo comma, c.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 n. 2 e n. 3, c.c., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all’art. 1123 c.c.. Nel caso di specie, le delibere non hanno compiuto alcuna determinazione in ordine ai criteri di riparto da adottare, ma si sono limitate a ripartire le spese sulla base delle tabelle millesimali nel presupposto che si trattasse di spese per servizi di cui tutti i condomini usufruivano, perché relativi a beni di uso comune.

 

 

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Tribunale Udine, Sezione 1 civile Sentenza 18 gennaio 2018, n. 70

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI UDINE

SEZIONE PRIMA CIVILE

in persona del Giudice Onorario in funzione di Giudice Unico, Avv. Fabio Fuser, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta a ruolo con il numero 893/15 promossa con atto di citazione del 19.2.2015 notificato il 24.2.2015.

DA

(…) e (…) con gli Avv.ti Pi.Ma. e Chiara Prospero di Udine

Attori

CONTRO

Condominio (…) con l’Avv. Ni.Fi. di Udine

Convenuto

Oggetto: impugnazione delibere condominiali

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione del 19.2.2015 notificato il 24.2.2015, i Signori (…) ed (…) hanno impugnato le Delib. del 5 giugno 2014 con le quali l’assemblea dei condomini ha approvato la ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria dell’ascensore escludendo dal pagamento i condomini proprietari delle unità n. 1 e 2, ed ha attribuito natura di spesa ordinaria al costo sostenuto per la sostituzione del variatore di frequenza omettendo, di conseguenza, di ripartire tale costo secondo il criterio dei millesimi di proprietà.

Gli attori espongono che il 5.6.2014 l’assemblea ha approvato il bilancio consuntivo ordinario relativo all’esercizio 2013/2014 ed il relativo riparto; che l’assemblea, in particolare, ha approvato il riparto delle spese relative alla manutenzione dell’ascensore; che la ripartizione delle suddette spese è illegittima in quanto avrebbe determinato una modifica dei criteri di riparto delle spese relative alla manutenzione dell’ascensore; che l’amministratore avrebbe dovuto utilizzare per il riparto delle spese la tabella “millesimi ascensore” approvata nel 1995 e da sempre utilizzata; che tale tabella stabilisce che tutti i condomini debbono concorrere al pagamento delle suddette spese, compresi i proprietari delle unità n. 1 e 2 ai quali è stata assegnata una quota millesimale rispettivamente pari a 14,04 e 11,37 millesimi; che con la Delib. del 5 giugno 2014 l’assemblea ha di fatto modificato la tabella “millesimi ascensori” in quanto le suddette spese non sono state ripartite su 1000 millesimi, ma su 974,59, corrispondenti ai proprietari delle unità da 3 a 14; che la spesa pari ad Euro 3.575,00 relativa all’intervento di riparazione del variatore di frequenza V3F danneggiato a causa di una scarica atmosferica (fulmine) costituisce una spesa straordinaria.

Il Condominio si è costituito con comparsa del 15.5.2015 depositata il 21.5.2015 eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità delle domande attoree e contestando la fondatezza delle stesse.

Ritiene il Condominio che le domande svolte dagli attori investano profili di annullabilità e non di nullità delle Delib. del 5 giugno 2014 non avendo l’assemblea adottato alcuna delibera in ordine alla modifica dei criteri di ripartizione delle spese sia con riferimento alle tabelle millesimali sia con riferimento alla natura ordinaria e straordinaria delle spese per l’ascensore.

Conseguentemente il Condominio ha eccepito l’inammissibilità e tardività delle suddette domande di annullabilità in quanto l’art. 5, comma VI, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, stabilisce che gli effetti della prescrizione e l’impedimento della decadenza si producono dalla data della comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione. Evidenzia, dunque, il Condominio che la domanda di mediazione attorea, depositata il 10.7.2014, è stata comunicata al Condominio con raccomandata del 15.7.2014, ricevuta il 21.7.2014, quindi, ben oltre il termine di giorni 30 di cui all’art. 1137 cod. civ. che, nel caso di specie, data l’assenza degli attori all’assemblea del 5.6.2014, andava a scadere il 10.7.2014, avendo quest’ultimi confermato di aver ricevuto copia del verbale in data 10.6.2014.

Precisa, ancora, il Condominio che la domanda attorea sarebbe, comunque, inammissibile in quanto gli attori avrebbero dovuto proporre la domanda giudiziale entro 30 giorni dalla mancata adesione alla procedura di mediazione conclusasi il 24.11.2014, mentre gli attori in data 23.12.2014 hanno inoltrato a mezzo pec al Condominio un invito ad aderire alla procedura di negoziazione assistita a sensi del D.L. n. 132 del 2014.

Sostiene, ancora, il Condominio che l’art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 28 del 2010 stabilisce che la procedura di mediazione impedisce, altresì, la decadenza per una sola volta, pertanto, l’avvio della procedura di negoziazione assistita, non prevista per la materia condominiale, non era idonea a sospendere per una seconda volta il termine di decadenza.

Infine, il Condominio evidenzia come l’atto di citazione sia stato notificato il 24.2.2015, quindi, dopo il decorso di ulteriori 30 giorni anche dalla mancata accettazione dell’invito alla negoziazione assistita.

Quanto al merito il Condominio conferma che l’esenzione totale dal pagamento delle spese per la manutenzione ordinaria e per l’esercizio dell’ascensore e non, invece, di quelle straordinarie è stabilita a favore dei soli proprietari del piano rialzato, ma evidenzia che la Delib. del 14 marzo 1995 non può aver validamente derogato al regolamento condominiale contrattuale non essendo stata adottata all’unanimità.

Quanto, poi, alla natura delle spese per la sostituzione del variatore di frequenza, il Condominio ribadisce la natura ordinaria delle stesse e contesta che la rottura del meccanismo sia dipesa da un fulmine, ma, piuttosto, da uno sbalzo di tensione.

Si rende, quindi, preliminarmente necessario accertare se la delibera adottata dall’assemblea condominiale del 5.6.2014 in relazione ai motivi di impugnazione sia annullabile o nulla.

I motivi di impugnazione (avvenuta modificazione dei criteri di riparto delle spese relative al manutenzione dell’ascensore a seguito dell’approvazione del bilancio consuntivo ordinario dell’esercizio 2013/2014 e previsti dalla tabella millesimi ascensore approvata nel 1995 ed errata qualificazione del costo di manutenzione ritenuto di natura ordinaria anziché straordinaria), per connessione logico – fattuale, possono essere esaminati unitamente.

Entrambi i motivi riguardano profili di annullabilità e non di nullità della delibera.

Gli attori affermano che la Delib. di data 5 giugno 2014 avrebbe modificato i criteri di riparto delle spese condominiali stabiliti dal Regolamento condominiale e successivamente modificati con la Delib. del marzo 1995.

Precisano gli attori che il Regolamento condominiale all’articolo 7 stabilisce, in via generale, che le spese ordinarie e straordinarie debbano essere ripartite tra i condomini secondo il criterio dei millesimi di proprietà “salvo quanto disposto negli articoli seguenti, le spese per la conservazione e la manutenzione, tanto ordinaria quanto straordinaria delle cose comuni, e le spese generali di amministrazione compresa la retribuzione dell’amministratore, sono ripartite fra i condomini in proporzione dei valori delle rispettive proprietà esclusive (tabella “A”); che l’articolo 8 stabilisce che la manutenzione ordinaria dell’impianto di riscaldamento viene ripartita in proporzione alla cubature di ciascun alloggio; che l’articolo 9 prevede che le spese di manutenzione ordinaria delle scale, nonché la manutenzione ordinaria e per l’esercizio dell’ascensore siano “ripartite fra i condomini che se ne servono (escluso quindi i proprietari degli appartamenti del piano rialzato) per metà in proporzione dei valori delle rispettive singole quote di proprietà e l’altra metà in proporzione dell’altezza dei piani dal suolo”; che l’articolo 10 si applica alle spese relative all’impianto di illuminazione e idrico dei locali di uso comune.

Chiariscono gli attori che, considerato che l’articolo 9 del Regolamento fa espresso riferimento ai soli costi di manutenzione ordinaria dell’ascensore, ne consegue che le spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto sono, in ogni caso, assoggettate al criterio di riparto generale dettato dall’articolo 7 del Regolamento, ossia devono essere suddivise tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà.

Gli attori evidenziano, poi, che nel marzo 1995 l’assemblea condominiale straordinaria aveva approvato una delibera con la quale era stato incaricato l’allora amministratore condominiale, Geom. (…), di redigere nuove tabelle millesimali: una per i millesimi di proprietà, comprensiva delle autorimesse, una seconda redatta tenendo conto della cubatura delle singole unità, da utilizzare per il riparto delle spese di riscaldamento ed una terza relativa al riparto delle spese dell’ascensore.

Conseguentemente, gli attori ribadiscono che l’assemblea del 1995, avendo approvato le nuove tabelle, aveva deliberato di far pagare anche ai proprietari delle unità del piano rialzato le spese dell’ascensore in forza della tabella “millesimi ascensori” stabilendo che quest’ultimi avrebbero contribuito alle suddette spese secondo i millesimi di proprietà, ridotte di un terzo in ragione del limitato utilizzo dell’ascensore solo per raggiungere le lascivie situate all’ultimo piano.

Gli attori ribadiscono, infine, che le tabelle approvate nel marzo del 1995 sono state utilizzate per oltre vent’anni.

Il Condominio, da un lato, conferma la corretta interpretazione data dagli attori alla circostanza che il regolamento di condominio prevede una disciplina specifica in merito al concorso delle spese per la manutenzione e per l’esercizio dell’ascensore limitatamente alla manutenzione ordinaria, stabilendo che i proprietari del piano rialzato siano integralmente esentati dal corrispondere le spese di manutenzione ordinaria e per l’esercizio dell’ascensore; dall’altro lato, precisa che l’assemblea non ha mai approvato nella seduta del 14.3.1995 le nuove tabelle in quanto tale delibera non è stata adottata all’unanimità dei condomini, ma solo dei presenti. E trattandosi di una modifica al regolamento condominiale contrattuale la stessa deve ritenersi illegittima.

Quanto, poi, alle spese sostenute per la sostituzione del variatore di frequenza, gli attori ritengono che le stesse abbiano natura straordinaria, mentre il condominio, natura ordinaria.

Dal verbale del 5.6.2014 risulta al punto n. 1 dell’o.d.g. che l’assemblea si sia limitata ad approvare il consuntivo gestione ordinaria 2013/2014. Non vi è alcuna relazione dell’Amministratore e successiva discussione ed approvazione sulla modifica dei criteri di ripartizione delle spese condominiali. Analogamente viene approvato al punto 4 dell’o.d.g. il preventivo gestione ordinaria 2014/2015.

Nel riparto delle spese allegato risulta, nella colonna “spese asc/re”, una ripartizione delle spese elencate nel rendiconto per 974,59 millesimi, con esenzione dei proprietari delle unità n. 1 e 2 (O. e C.).

Dal verbale del 14.3.1995 risulta che l’assemblea aveva stabilito i criteri di ripartizione delle spese dell’ascensore, affidando al Geom. (…) di redigere la nuova tabella sulla base dei suddetti nuovi criteri e, contestualmente, aveva dato mandato all’Amministratore di far applicazione della redigende nuove tabelle, compresa quella dell’ascensore, già in vista dell’assemblea ordinaria da tenersi il successivo mese di maggio.

La Delib. del 5 giugno 2014 con la quale è stato approvato il consuntivo gestione ordinaria 2013/2914 non è, quindi, affetta da nullità, ma di annullabilità.

In tema di nullità ed annullabilità delle delibere condominiali, è ormai principio pacifico espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 7 marzo 2005, n. 4806, secondo il quale “debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto”.

La successiva giurisprudenza nel dare applicazione al suddetto principio in tema di riparto delle spese condominiali ha affermato che “sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all’art. 1137, ultimo comma, c.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135, n. 2 e n. 3, c.c., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all’art. 1123 c.c.” (Cass. Civ. 19.3.2010 n. 6714, conf. Cass. Civ. 27.7.2006 n. 17101). Ed ancora “le attribuzioni dell’assemblea ex art. 1135 c.c. sono circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. In considerazione di tale limitato potere dell’assemblea, va affermata la nullità della delibera che modifichi i suddetti criteri di spesa (sia nell’ipotesi di individuazione dei criteri di ripartizione ai sensi dell’art. 1123 c.c., sia nell’ipotesi di cambiamento dei criteri già fissati in precedenza), imponendo, al di fuori delle proprie attribuzioni, ed esorbitando dalla sfera dei compiti previsti dall’art. 1135 cod. civ., un obbligo di contribuzione a soggetti nei cui confronti l’assemblea non ha alcun diritto, né per legge né per il titolo di acquisto. Una tale delibera, risultando idonea a produrre i suoi effetti anche negli esercizi futuri, fuoriesce dai compiti attribuiti all’assemblea dalla legge ed incide sul diritto soggettivo di ciascun condomino di contribuire alle spese in proporzione della proprietà su cose e servizi comuni (cfr. Cass. 9.8.1996, n. 7359; 15.3.1995, n. 3042; 3.5.1993, n. 5125; 19.11.1992, n. 12375). Nel caso, invece, di asserita violazione dei criteri già stabiliti, che si affermi commessa nell’occasione in cui sono in concreto ripartite le spese medesime, il vizio denunciato costituisce causa di mera annullabilità della delibera (Cass. 9.2.1995, n. 1455; 8.6.1993, n. 6403; 1.2.1993. n. 1213; Cassazione civile, sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806). Infatti, la deliberazione che suddivide fra i partecipanti la spesa rappresenta esercizio di una attribuzione espressamente riconosciuta all’assemblea dalla legge (art. 1135 cod. civ.), e l’errata applicazione dei criteri di ripartizione delle spese – destinata a produrre la propria efficacia esclusivamente nel singolo periodo a cui la spesa è riferibile – costituisce uno dei casi di contrarietà alla legge o al regolamento, a cui si applica la disciplina prevista dall’art. 1137 cod. civ. Nella fattispecie in esame, la questione sollevata da (…) riguarda non la modificazione dei criteri regolamentari, bensì la correttezza e la esattezza della loro applicazione in occasione dell’approvazione di lavori straordinari riguardanti soltanto l’edificio destinato ad abitazioni. La controversia, quindi, concernendo un caso di eventuale annullabilità, avrebbe dovuto essere sollevata entro il termine di trenta giorni dalla deliberazione. L’impugnazione, come si è già rilevato, è stata invece proposta da (…) ben oltre il trentesimo giorno successivo alla riunione assembleare del 30 giugno 1999” (Corte d’Appello di Milano 14.1.2006).

Dello stesso tenore Tribunale Milano, sez. VIII, 4.11.2014 n. 12996: “…..va dichiarata la nullità della delibera che modifichi i suddetti criteri di spesa” e Tribunale Milano, sez. VIII, 6.2.2006 n. 1288 “mentre deve considerarsi nulla la delibera adottata a maggioranza con la quale si deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese ed ai criteri stabiliti in un regolamento di natura contrattuale, tuttavia non ogni scostamento da tali criteri di ripartizione è causa di nullità, ravvisandosi nullità soltanto laddove la delibera sia intesa a modificare i criteri in quanto tali – cioè a valere non solo in un caso specifico ma in via generale ed astratta – e non già nei casi in cui l’assemblea, nell’ambito delle attribuzioni spettanti a mente dell’art. 1135 c.c., decida una concreta ripartizione delle spese singolarmente difforme da quei criteri, sicché in quest’ultimo caso si ravvisa piuttosto una annullabilità, con impugnazione sottoposta a decadenza ai sensi dell’art. 1137 comma ultimo c.c.”.

Da ultimo Tribunale di Grosseto 26.5.2016 n. 425: “In tema di condominio, sono affette da nullità – che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate – le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all’art. 1137, ultimo comma, c.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 n. 2 e n. 3, c.c., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all’art. 1123 c.c.. Nel caso di specie, le delibere non hanno compiuto alcuna determinazione in ordine ai criteri di riparto da adottare, ma si sono limitate a ripartire le spese sulla base delle tabelle millesimali nel presupposto che si trattasse di spese per servizi di cui tutti i condomini usufruivano, perché relativi a beni di uso comune.”

Ebbene, nel caso in esame, la Delib. de 5 giugno 2014 non ha compiuto né determinato alcuna modificazione dei criteri di riparto da adottare, ma si è limitata a ripartire le spese sulla base del regolamento condominiale. A nulla, quindi, vale la questione della validità o meno della Delib. del 14 marzo 1995 e, quindi, dell’applicabilità o meno delle tabelle millesimali. Trattandosi di un vizio di annullabilità della delibera, giusta o sbagliata che fosse tale ripartizione, in questa sede più non rileva, attesa la tardività dell’impugnazione.

La delibera, infatti, doveva essere impugnata nel termine di cui all’art. 1137 c.c.

Ciò non è avvenuto in quanto gli attori ai sensi dell’art. 5, comma VI, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che stabilisce che gli effetti della prescrizione e l’impedimento della decadenza si producono dalla data della comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione, non ha comunicato in termini al Condominio la presentazione della domanda di mediazione depositata il 10.7.2017, avendo, quest’ultimo, ricevuto la comunicazione da parte dell’organismo di mediazione il 21.7.2015, quando, ormai era scaduto il termine di giorni 30 di cui all’art. 1137 cod. civ. che, nel caso di specie, data l’assenza degli attori all’assemblea del 5.6.2014, scadeva proprio il 10.7.2017, avendo quest’ultimi ammesso di aver ricevuto copia del verbale in data 10.6.2014.

Non si è, quindi, verificato l’effetto impeditivo della decadenza del termine di cui all’art. 1137 c.c.

A ciò si aggiunga, come correttamente evidenziato dal Condominio, che se anche si ritenesse superabile il rilievo della mancata e/o, comunque, tardiva comunicazione del deposito della domanda di mediazione, la decadenza dall’impugnare la delibera si sarebbe, comunque, verificata in quanto gli attori avrebbero dovuto proporre la domanda giudiziale tuttalpiù entro 30 giorni dalla conclusione della procedura di mediazione avvenuta il 24.11.2014 come confermato dagli attori a pagina 3 dell’atto di citazione. Conseguentemente da tale data sarebbe decorso un nuovo termine di cui all’art. 1137 c.c.

L’art. 5, comma VI, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 è stato implicitamente ritenuto legittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2012 e le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 17781 del 22.7.2013 hanno, da un lato, di fatto confermato che “ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 6, come già detto, la decadenza è evitata “per una sola volta” dalla comunicazione della domanda di mediazione ……” e, dall’altro lato, chiaramente affermato (nella parte motivazionale, in una fattispecie in materia equa riparazione per la durata irragionevole del processo) che “in ordine alla decadenza, l’istanza di mediazione ha effetti solo limitati rispetto a quelli della domanda giudiziale che osta in via definitiva al venir meno del diritto di agire; essa infatti impedisce “per una sola volta” la decadenza e consente la proposizione di una nuova domanda nell’ulteriore nuovo termine semestrale decadenziale di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 6″.

Gli attori, pero, entro la data del 23.12.2014 non hanno provveduto a notificare l’atto di citazione, ma hanno, altresì, dato corso in data 22.12.2014 alla (in quel momento recente) procedura di negoziazione assistita di cui al D.L. 12 settembre 2014, n. 132 convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162.

Procedura che, però, non poteva essere applicata alla fattispecie in esame avente ad oggetto l’impugnazione di una delibera condominiale, in quanto all’art. 3 comma 1 del D.L. n. 132 del 2014 è previsto che la procedura di negoziazione assistita sia esclusa per i casi previsti dall’art. 5, comma 1 bis, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (procedimento di mediazione) tra i quali vi rientra la fattispecie in esame trattandosi di controversia in materia di condominio.

Non è, infatti, pensabile che il legislatore abbia potuto prevedere che le parti per la stessa materia debbano dare corso a due procedure tra loro molto simili e dalle identiche finalità.

Quanto, infine, alla questione della natura delle spese per la sostituzione del variatore di frequenza occorre evidenziare che entrambe le parti non hanno fornito idonea prova volta a consentire di accertare la natura ordinaria o straordinaria di tali costi.

Che una delle possibili cause della rottura possa rinvenirsi, per gli attori, in una scarica atmosferica (fulmine), per il Condominio in uno sbalzo di tensione, non è sufficiente per ritenere straordinaria o meno la spesa.

Nessuna delle parti ha documentato o chiesto di provare da quanto tempo il variatore risultava installato, se necessitasse o meno di essere, comunque, sostituito o se potesse esporsi a rotture, data l’età, a fronte di uno sbalzo di corrente o per una scarica atmosferica.

Ciò al fine di stabilire se l’evento che ha poi portato alla rottura costituisse o meno un evento imprevedibile ed incerto (si pensi solo alla rottura di un variatore di 15/20 anni o di un variatore di 1 o 2 anni).

Ad ogni modo, lo stabilire se la spesa per la sostituzione del variatore abbia o meno natura ordinaria o straordinaria risulta, comunque, superfluo in quanto gli attori hanno contestato l’erronea ripartizione tra i condomini della suddetta spesa.

Tale accertamento sarebbe, dunque, funzionale ad una decisione sulla correttezza o meno dell’imputazione del pagamento. Trattasi, però, come per il precedente motivo di impugnazione, di un vizio di annullabilità della delibera, pertanto, anche in questo caso, giusta o sbagliata che fosse tale ripartizione, in questa sede più non rileva, attesa la tardività dell’impugnazione.

Da ultimo occorre rilevare, come tra l’altro evidenziato dal Condominio, che sono gli stessi attori a parlare di illegittimità della ripartizione delle spese condominiali operata dall’Amministratore ed a ritenere che la delibera debba essere annullata e non dichiarata nulla (cfr. punto 4 di pag. 2 dell’atto di citazione), tanto da precisare di vedersi “costretti ad agire giudizialmente al fine di ottenere l’annullamento della delibera contestata” (cfr. punto 14 di pag. 2 dell’atto di citazione).

Se ne desume, pertanto, che gli attori erano consapevoli che i motivi di impugnazione della delibera attenevano più a vizi di annullabilità e non di nullità della delibera stessa.

Le domande attoree devono, pertanto, essere rigettate in quanto inammissibili perché tardive.

Le spese di lite, secondo il principio della soccombenza, vanno poste a carico dei Signori (…) e (…).

Considerato il valore indeterminabile della controversia, la liquidazione delle spese viene effettuata, come da dispositivo, ex art. 5, comma 6, del D.L. n. 55 del 2014 considerando lo scaglione da Euro 26.000,00 ad Euro 52.000,00.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e domanda disattesa, così provvede:

– Rigetta le domande attoree;

– condanna i Signori (…) e (…) a rifondere al Condominio (…) le spese di lite che liquida, ex D.M. n. 55 del 2014, in Euro 4.000,00, oltre al rimborso forfetario nella misura del 15% del compenso, ad IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Udine il 12 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2018.

 

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Avv. Umberto Davide

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