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Giudice di Pace di Barra, civile Ordinanza 30 settembre 2017
Visti gli artt. 134 Cost e 23 della l. 11.3.1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 24, comma 2, 111, comma 2, 117, comma 1 e 10, comma 1 della Costituzione (anche in riferimento all’art. 6 della C.E.D.U), la questione di legittimità costituzionale dell’art. 145-bis, comma 1 del D.Lgs. 7.7.2005, n. 209 (cd. “codice delle assicurazioni private”) rubricato: “valore probatorio delle cosiddette scatole nere e di altri dispositivi elettronici”, introdotto dall’art. 1, comma 20 della l. 4.8.2017, n. 124, pubblicata nella G.U. n. 189 del 14.8.2017 (serie generale), nella parte in cui prevede che “le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo.
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Giudice di Pace di Barra, civile Ordinanza 30 settembre 2017
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UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI BARRA
ATTO DI PROMOVIMENTO DEL GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
IL GIUDICE ONORARIO DI PACE
Avv. Massimo Ruscillo
nel giudizio iscritto al n.r.g. XXXXX promosso da XXXXX (c.f. XXXXX), rappresentata e difesa dall’Avv. XXXXXX,
attrice
contro
XXX (c.f. XXXXX);
contumace
nonché
XXXX S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore (p. i.v.a. XXXXX), rappresentato e difeso dall’Avv. XXXXXXX.
convenuta
avente ad oggetto
giudizio di risarcimento danni da sinistro stradale ex artt. 144, 145 e 148 del D.Lgs. 7.9.2005, n. 209;
letti gli atti di causa;
a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 20.9.2017, ha emesso la seguente
ORDINANZA
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Con atto di citazione notificato in data 13-19.4.2017, preceduto da nota di costituzione in mora avanzata ai sensi degli artt. 144, 145 e 148 del D.Lgs. 7.9.2005, n. 209, XXXX conveniva in giudizio XXX e la XXXX Ass.ni S.p.a., quest’ultima in persona del legale rappresentante pro-tempore, per sentirli condannare in solido – previo accertamento dell’esclusiva responsabilità, a carico del conducente del veicolo Fiat Multipla tg. XX, di proprietà del XX, del sinistro occorso in data 27.7.2016, alle ore 16,15 in Volla (Na) alla via Caduti di Nassirija – al risarcimento dei danni occorsi alla propria autovettura Fiat XXX, quantificati in Euro 2.900,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al soddisfo, vinte le spese di lite.
All’udienza di comparizione (e trattazione) tenutasi in data 20.9.2017, rimasto contumace il (presunto) responsabile civile, si costituiva la XXXX Ass.ni S.p.a., il cui difensore contestava la storicità dell’evento indicato in citazione depositando le risultanze telematiche del dispositivo “Vodafone Automotive”, preinstallato sull’autovettura di proprietà del XXXX, dalle quali non si evinceva alcun “evento crash” per la giornata del 27.7.2016 (ore 16,15), laddove l’unico evento registrato risaliva alle ore 1.05 a.m. del 27.7.2016, in località Volla alla via Arturo Toscanini, ovvero in luoghi ed orari diversi da quelli indicati in citazione.
La difesa dell’attore insisteva per l’ammissione della prova testimoniale sui capi indicati in citazione (dove si confermava che il sinistro era occorso in località Volla in data 27.7.2016, alle ore 16,15, in via Caduti di Nassirija), mentre la convenuta rivendicava il valore di prova legale attribuito alle risultanze della scatola nera dall’art. 145-bis del D.Lgs. 7.9.2005, n. 209, come introdotto dall’art. 1, comma 20, n. 1 della l. 4.8.2017, n. 124), opponendosi all’ammissione della prova testimoniale.
All’esito delle difese, delle eccezioni e delle richieste formulate dalle parti, il giudizio era posto in riservata decisione senza note.
SULLA RILEVANZA DELLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
Con l’art. 1, comma 20, della l. 4.8.2017, n. 124, pubblicata nella G.U. n. 189 del 14.8.2017 (serie generale), è stato inserito, dopo l’art. 145 del D.Lgs. 7.9.2005, n.209 (cd. “codice delle assicurazioni private”), l’art. 145-bis (rubricato: “valore probatorio delle cosiddette scatole nere e di altri dispositivi elettronici”), che al comma 1 così recita: “Quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite ai sensi dell’art. 132-ter, comma 1, lett. b) e c), e fatti salvi, in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo. Le medesime risultanze sono rese fruibili alle parti”.
La rilevanza della questione di costituzionalità, sollevata con il presente provvedimento, si giustifica, da un lato, dall’obbligo (concreto), da parte del Giudice, di applicare immediatamente (e non prematuramente) la norma al giudizio in corso e, dall’altro, di tenerne conto ai fini della decisione; infatti, a fronte della produzione, da parte della difesa della convenuta, del report contenente le risultanze delle scatola nera, questo remittente è tenuto a rigettare la richiesta di prova testimoniale avanzata dalla difesa dell’attore all’udienza del 20.9.2017 (non essendo sufficiente a scardinare il valore probatorio di una prova legale, in assenza di complesse indagini di natura tecnica, v. infra), con conseguente spedizione del giudizio per la precisazione delle conclusioni.
Sussiste, pertanto, il nesso di pregiudizialità tra il giudizio in corso e quello promosso innanzi alla Corte, dove il tasso di concretezza del controllo di costituzionalità sulla norma censurata è direttamente collegato alla soluzione concreta della controversia.
SULLA NON MANIFESTA INFONDATEZZA
Sebbene l’intento del legislatore, indubbiamente meritevole, sia quello di porre un freno al malevolissimo fenomeno delle truffe assicurative, ad avviso di questo remittente il richiamato art. 145-bis del D.Lgs. 7.9.2005, n. 209 (introdotto dall’art.1, comma 20, della L. 4.8.2017, n. 124), al comma 1, nella parte in cui prevede che “le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”, si pone in contrasto (non altrimenti risolvibile, v. infra) con i principi del giusto processo stabiliti dall’art. 111, comma 2 della Costituzione, laddove è previsto che “ogni processo di svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale”, nonché dell’art. 6, comma 1 della C.E.D.U. (“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge”), quale norma interposta ai sensi degli artt. 117, comma 1 Cost. (“la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali”) e 10, comma 1 (“l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”).
Infatti, prevedere che una parte privata (nel caso sub iudice, la convenuta Compagnia di assicurazioni) possa produrre nel processo le risultanze della “scatola nera” (o black box) contenenti il registro delle attività del veicolo incidentato, e che alle stesse venga conferito il valore di prova legale, viola il principio della “parità delle armi”, essendo rimesso all’attore l’onere di dimostrare “il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”, dove tale principio, anche prima della modifica dell’art. 111 Cost. (attuata con l.c. n. 2 del 1999), unitamente a quello sulla contrapposizione paritetica tra i soggetti in causa, era richiamato dalla giurisprudenza costituzionale quale criterio guida al quale doveva essere uniformato l’ordinamento processuale, di recente ripreso dalla Corte (v. in tal senso le ordd. n. 32 del 2013 e 92 del 2014), dove si ribadisce la necessità dell’effettiva uguaglianza inter partes e di assicurare ad entrambe gli strumenti tecnico-processuali idonei a condizionare in loro favore il convincimento del giudice.
L’anomalia, a parere di questo remittente, consiste nel fatto che non è la parte che deposita il documento (proveniente da società private, v. infra) a dover dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze della scatola nera, bensì quella contro la quale il documento è prodotto che deve fornire la prova (pena l’eventuale soccombenza nel giudizio), che tali risultanze sono falsate perché il dispositivo è malfunzionante o manomesso, non essendo prevista alcuna forma di contraddittorio nella formazione della prova in sede precontenziosa (ma solo che “le medesime risultanze sono rese fruibili alle parti”, v. art. 145-bis, ultimo periodo, che è cosa ben diversa). Pertanto, detta parte non avrà altra scelta (escludendo la proposizione della querela di falso ex artt. 221 ss. c.p.c., non vertendosi in tema di atti provenienti da pubblici ufficiali) che quella di richiedere una consulenza tecnica di ufficio (dove una perizia privata rappresenterebbe una mera allegazione difensiva), la quale non costituisce, salvo casi eccezionali, un mezzo di prova in senso tecnico, e solo qualora il giudice dovesse ritenere le risultanze della c.t.u. di pari efficacia di quelle rappresentate nella prova legale (facendo eventualmente uso dei poteri di ispezione ai sensi dell’art. 118 c.p.c.),potrà riacquistare la libertà di scelta delle prove ai fini del proprio convincimento.
In buona sintesi, al documento proveniente da un terzo (ovvero la società privata che gestisce i report della scatola nera), formatosi senza alcun controllo giudiziale e al di fuori del vaglio del contraddittorio,viene attribuita la forza di fondare il giudizio di fatto.
A tanto si aggiunge la circostanza che, al momento della redazione del presente provvedimento, per tali dispositivi non sono ancora indicati con precisione i controlli necessari al loro perfetto funzionamento (osservandosi l’operato rinvio all’art. 132-ter, lett. b, che prevede l’emissione, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, di un apposito decreto ministeriale per “i soli requisiti funzionali minimi necessari per garantire l’utilizzo dei dati raccolti”, dove la norma censurata fa tuttavia salvi, “in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni”, con la conclusione che alle risultanze di questi ultimi è conferito il valore di prova legale pur in assenza di adeguata copertura regolamentare, suscitando ulteriori perplessità la previsione contenuta al secondo comma dell’art. 145-bis, laddove è previsto che l’interoperabilità e la portabilità dei meccanismi elettronici saranno garantiti da non meglio precisati “provider di telematica assicurativa”, i cui dati identificativi sono comunicati all’IVASS “da parte delle imprese assicurative che ne utilizzano i servizi”, i quali provvederanno anche alla gestione “in sicurezza” dei dati sull’attività del veicolo.
In conclusione, alle compagnie assicurative basterà il deposito del report della scatola nera (predisposto da società contrattualizzate) per condizionare l’esito del processo qualora le risultanze del dispositivo siano difformi dalle modalità del sinistro indicate in citazione, con evidente compressione del diritto di difesa tutelato dall’art. 24, comma 2 della Costituzione (“la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”), dove la parte contro la quale il documento è prodotto (e che non ha partecipato alla sua formazione in sede precontenziosa), dovrà sobbarcarsi gli oneri economici di una consulenza tecnica di ufficio (che possono anche superare di gran lunga il valore della domanda, si pensi alle cause da decidersi secondo equità, di importo inferiore ad Euro 1.100,00, v. art. 113, comma 2 c.p.c.), allungando i tempi di definizione del processo e con il risultato paradossale di dover iniziare un subprocedimento garantito dal principio del contraddittorio (ovvero la c.t.u.) al fine di scardinare le risultanze di un documento per la cui formazione non è previsto contraddittorio alcuno.
Pur conscio che l’assenza di un diritto vivente formatasi sulla questione obbliga alla ricerca di approdi interpretativi costituzionalmente orientati, questo remittente ritiene che la chiarezza del dettato normativo (“le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”) lasci ben poco spazio all’interprete, laddove la giurisprudenza precedente formatasi sul tema (G.d.P. di Noci, sent. n. 32/2011; Trib. Bari, sez. dist. di Putignano, sent. n. 145/2013), riteneva le risultanze delle scatola nera dei meri indizi di prova (in quanto atto di parte, privo di rigore scientifico certo e dimostrato, non soggetto a taratura o controlli periodici riscontrabili), interpretazione non più adottabile alla luce del mutato quadro normativo, né può ritenersi che la possibilità di dimostrare il mancato funzionamento o la manomissione del dispositivo costituisca ex se un modello di interpretazione secundum costitutionem, essendo tale possibilità, mediante diversi strumenti processuali, garantita nei confronti di ogni documento avente valore di prova legale proveniente da pubblici ufficiali (presupposto, quest’ultimo, totalmente assente nel caso di specie), dove l’irragionevole squilibrio creatosi sul piano del riparto dell’onere probatorio incide in modo evidente sull’esercizio della funzione giudiziaria a vantaggio di una sola delle parti del processo8, non risultando infine possibile procedere alla disapplicazione della norma ritenuta in contrasto con i principi comunitari (in specie con l’art. 6 della C.E.D.U.), ostandovi il dictum della nota decisione della Corte Costituzionale (n. 264 del 28.11.2012), per il quale il Giudice, in assenza di interpretazioni adeguatrici, è sempre tenuto a sollevare la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost.
P.Q.M.
Il Giudice Onorario di Pace di Barra
Visti gli artt. 134 Cost e 23 della l. 11.3.1953, n. 87
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 24, comma 2, 111, comma 2, 117, comma 1 e 10, comma 1 della Costituzione (anche in riferimento all’art. 6 della C.E.D.U), la questione di legittimità costituzionale dell’art. 145-bis, comma 1 del D.Lgs. 7.7.2005, n. 209 (cd. “codice delle assicurazioni private”) rubricato: “valore probatorio delle cosiddette scatole nere e di altri dispositivi elettronici”, introdotto dall’art. 1, comma 20 della l. 4.8.2017, n. 124, pubblicata nella G.U. n. 189 del 14.8.2017 (serie generale), nella parte in cui prevede che “le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”;
Visti gli artt. 295 c.p.c. e 23 della l. 11.3.1953, n. 87
sospende il presente giudizio sino alla decisione della Corte Costituzionale;
ORDINA
che la presente ordinanza sia, a cura della Cancelleria, comunicata alle parti, notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;
ORDINA
l’immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte Costituzionale.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui sopra.
Data in Barra, oggi 30 settembre 2017.
Depositata in Cancelleria il 30 settembre 2017.