Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 15 maggio 2018, n. 11827
il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non puo’ limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimita’, l’accertamento della conformita’ della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilita’ dei relativi minimi, giusta la L. n. 794 del 1942, articolo 24.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 15 maggio 2018, n. 11827
Data udienza 12 febbraio 2018
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. CORTESI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22579-2013 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS) s.p.a.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 12334/12 del TRIBUNALE CVILE di ROMA, depositata il 14/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato, (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Roma (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a., rispettivamente proprietaria e assicuratrice dell’auto Ford Fiesta tg. (OMISSIS), per ivi sentirle condannare in solido al risarcimento di tutti i danni subiti alla propria vettura Nissan tg. (OMISSIS), in conseguenza di un incidente stradale avvenuto il (OMISSIS).
Si costituiva la (OMISSIS) s.p.a. tutto quanto contestando, e prima di tutto la responsabilita’ dell’assicurata nella determinazione del sinistro.
Nel corso di causa venivano prodotti documenti, tra cui la lettera di messa in mora trasmessa all’assicuratore, il verbale dei Vigili Urbani, il preventivo di spesa per le riparazioni della vettura. Venivano escussi dei testi, e si procedeva all’interrogatorio formale dell’attore.
Precisate le conclusioni, la causa veniva decisa con sentenza n. 49578/06 del 6.12.2006, con cui il Giudice di Pace, ritenuta l’unica ed esclusiva responsabilita’ della sig.ra (OMISSIS) nella verificazione del sinistro, la condannava in solido con la (OMISSIS) al risarcimento dei relativi danni sofferti dal sig. (OMISSIS), liquidati in Euro 1.950,00 oltre interessi e rivalutazione.
Con atto di citazione notificato il 9.1.2008 il sig. (OMISSIS) proponeva appello dinanzi al Tribunale di Roma, lamentando un’insoddisfacente liquidazione delle spese processuali (Euro 750,00 in tutto), peraltro irrispettosa degli importi minimi e fissi, nonche’ di quelli delle spese effettivamente sostenute e obiettivate.
Si costituiva l’impresa assicuratrice, assumendo sostanzialmente la correttezza della liquidazione gravata, in quanto sufficientemente motivata, e atteso soprattutto l’omesso deposito della nota spese.
Precisate le conclusioni, la causa era assunta in decisione.
Con la sentenza n. 12334/12 del 14.6.2012 il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento del gravame, dichiarava il diritto dell’attore al maggiore importo di Euro 1.073,00, di cui Euro 118,00 di spese, Euro 350,00 per diritti ed Euro 605,00 per onorari.
Per la cassazione della suddetta sentenza (OMISSIS), in data 30.7.2013, ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo.
La causa, fissata (ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c.) nell’adunanza camerale della sesta sezione civile – 2 del 10.11.2016 e nominato il relatore, con ordinanza interlocutoria n. 27388 del 2016 depositata il 29.12.2016, veniva rimessa alla pubblica udienza davanti alla seconda sezione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico (articolato) motivo, il ricorrente ha dedotto la “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5; Violazione e falsa applicazione del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 64, comma 1, articolo 60, comma 4 conv. dalla L. n. 36 del 1934, nonche’ dell’articolo 1 della Tariffa approvata con Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 e del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, articolo 2, comma 2 conv. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”. Il ricorrente rileva che la quantificazione operata dal Tribunale con la sentenza impugnata – che ha riliquidato le spese di processuali del giudizio di primo grado in complessivi Euro 1.173,00, di cui Euro 118,00 per spese, Euro 350,00 per diritti e Euro 650,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e Cassa come per legge; a fronte di quanto liquidato dal giudice di pace in complessivi Euro 750,00 di cui Euro 550,00 (recte Euro 650,00) per diritti ed onorari ed Euro 100,00 per spese oltre spese generali, IVA e Cassa come per legge – pur andando a “migliorare” la quantificazione impugnata, si sarebbe mantenuta al di sotto delle corrispondenti richieste attoree specificamente formulate ed analiticamente trascritte nell’atto di appello, attraverso la indicazione il quantum dei diritti e delle spese vive spettanti sulla base delle singole prestazioni e voci di tariffa e rispettivamente quantificati in Euro 1.028,00 ed Euro 237,02 oltre ad Euro 780,00 per onorari, cosi’ per un totale di Euro 2.045,00. Il Tribunale non avrebbe sufficientemente motivato in ordine alle ragioni della minore somma riconosciuta per diritti e spese in rapporto soprattutto al richiamato analitico prospetto. Inoltre, il ricorrente deduce anche la violazione del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articoli 64 e 60 convertito dalla L. n. 36 del 1934, secondo cui rispettivamente “gli onorari e gli altri diritti dei procuratori sono determinati dalle norme generali della tariffa e della tabella” e “l’autorita’ giudiziaria deve contenere la liquidazione entro i limiti del massimo e del minimo fissati a termini dell’articolo 58”; la violazione dell’articolo 1 della Tariffa approvata con Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, per il quale “per lo prestazioni giudiziali in materia civile e nelle materie equiparate, oltre al rimborso delle spese giustificate, sono dovuti all’avvocato gli onorari ed i diritti indicati nelle allegate tabelle A e B”; nonche’ la violazione del Decreto Legge n. 223 del 2006, articolo 2, comma 2, convertito dalla L. n. 248 del 2006 che prevede che “il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale”.
1.1. – Il motivo e’ fondato.
1.2. – Rispetto alla liquidazione delle spese processuali del giudizio di primo grado, quantificate nella complessiva somma di Euro 750,00, di cui Euro 550,00 (recte: Euro 650,00) per diritti ed onorari, ed Euro 100,00 per spese, oltre spese generali, Iva e Cpa, il Tribunale di Roma (pur osservando che il giudice di pace aveva provveduto a motivare ampiamente la decisione in ordine alla determinazione delle spese, specificando i criteri di liquidazione adottati, in assenza di notula, con riferimento al valore della controversia, alla semplicita’ della stessa ed alla utilita’ conseguita dall’attore), rileva che “tale importo appare effettivamente al di sotto dei minimi per le cause innanzi al giudice di pace, con riferimento al relativo scaglione di valore determinato in ragione della somma attribuita alla parte vittoriosa, previsti dalla tariffa forense vigente all’epoca della liquidazione”.
Tuttavia, il Tribunale (pur accogliendo l’appello) ritiene doversi “rideterminare gli importi dovuti per diritti ed onorari facendo riferimento alla previgente tariffa quale mero criterio equitativo”. Per cui, “tenuto conto della natura e del valore della controversia quale si evince dalla somma liquidata in favore della parte vittoriosa, della natura delle diverse attivita’ svolte, dall’importanza e dal numero delle questioni trattate nonche’, in particolare, dall’attivita’ svolta dall’avvocato davanti al giudice e fatto riferimento agli importi previsti per ciascuna delle attivita’ svolte alla tariffa forense oggi in vigore ( Decreto Ministeriale 8 aprile 2004) con riferimento al relativo scaglione di valore per le cause innanzi al giudice di pace, nonche’ alle spese giustificate (…), stima di liquidare per il primo grado di giudizio gli importi di Euro 118,00 di spese, Euro 350 per diritti ed Euro 605,00 per onorari, per un totale di Euro 1.073, 00 oltre spese generali, Iva e Cassa come per legge” (sentenza, pagg. 2-3).
1.3. – Cosi’ argomentando, pero’, il giudice del gravame non fornisce una adeguata risposta allo specifico motivo di appello ritualmente formulato nel relativo atto di citazione (in ossequio al dettato dell’articolo 342 c.p.c. anteriore alla riforma del 2012, applicabile alla presente controversia ratione temporis), ed altrettanto ritualmente richiamato e trascritto (nella parte in cui viene riportata anche la quantificazione delle singole voci del dovuto) nel ricorso in cassazione, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n 6, e articolo 369 c.p.c., comma 1, n. 4, – con il quale il ricorrente lamentava la incongruita’ della somma di Euro 750,00 liquidata a titolo di spese, diritti ed onorari del giudizio di primo grado, perche’ “inferiore a quella dovuta in considerazione delle spese sostenute, del valore della causa e dell’attivita’ professionale svolta” (sentenza, pag. 2).
1.4. – Va premesso che la giurisprudenza di legittimita’ e’, invero, costante nel ritenere, che in tema di liquidazione delle spese processuali, la parte che censuri la sentenza di primo grado con riguardo alla liquidazione delle spese di giudizio, lamentando la violazione dei minimi previsti dalla tariffa professionale, ha l’onere di fornire al giudice d’appello gli elementi essenziali per la rideterminazione del compenso dovuto al professionista, indicando, in maniera specifica, gli importi e le singole voci riportate nella nota spese prodotta in primo grado, dovendosi escludere che tali indicazioni possano essere desunte da note o memorie illustrative successive, la cui funzione e’ solo quella di chiarire le censure tempestivamente formulate (Cass. n. 3865 del 2015; Cass. n. 8067 del 2011; Cass. n. 16149 del 2009); ma ben potendo tale onere essere assolto (come nella specie) anche con nota allegata all’atto di appello, e in questo richiamata (Cass. n. 21791 del 2015; conf. Cass. n. 2339 del 2017) o, a maggior ragione, ivi trascritta.
Sicche’, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non puo’ limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimita’, l’accertamento della conformita’ della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilita’ dei relativi minimi, giusta la L. n. 794 del 1942, articolo 24 (Cass. n. 8824 del 2017; Cass. n. 20604 del 2015; Cass. n. 7293 del 2011).
1.5. – Di tale specifica analisi delle singole voci tariffarie e di spesa non accolte dal giudice del gravame, e delle ragioni del loro mancato accoglimento, non v’e’ traccia nella sentenza impugnata, nella quale il Tribunale (pur ritenendo inadeguata la liquidazione del giudice di primo grado) si limita (come detto) a “rideterminare gli importi dovuti per diritti ed onorari facendo riferimento alla previgente tariffa quale mero criterio equitativo”, avuto riguardo (del tutto genericamente e senza alcuna ulteriore specificazione) della natura e del valore della controversia, della natura delle diverse attivita’ svolte, dall’importanza e dal numero delle questioni trattate e della attivita’ svolta dall’avvocato davanti al giudice.
Tale carenza argomentativa sostanzia dunque il censurato vizio (assorbente rispetto all’altro profilo trattato nel motivo) di difetto di motivazione (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo anteriore alla riforma di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, applicabile ratione temporis alla fattispecie, riguardante una sentenza d’appello pubblicata prima del 12 settembre 2012).
2. – Il motivo di ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di altro magistrato, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata rinvia la stessa al Tribunale di Roma, in persona di altro magistrato, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.