il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullita’ contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicche’ e’ individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio” e che “il rilievo “ex officio” di una nullita’ negoziale deve ritenersi consentito, sempreche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per cio’ solo, negarsi la diversita’ strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poiche’ tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullita’ contrattuale.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14684
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27686/2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.p.a., e per esso (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e procura speciale per Notaio (OMISSIS) di Acireale – Rep. n. (OMISSIS) del (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1278/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 30/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/03/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO LUCIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 1278/2014 pronunciata in giudizio promosso, nel 2004, da (OMISSIS) ed (OMISSIS), nei confronti della (OMISSIS) spa (incorporante la (OMISSIS) soc.coop. a r.l., poi divenuta spa), per sentire accertare, in relazione ad un rapporto di conto corrente “con fido di scopertura”, intrattenuto dagli stessi con la (OMISSIS) soc.coop. a r.l., dal 1992 al luglio 2002 (data di chiusura del rapporto), l’illiceita’ e nullita’ delle clausole contrattuali implicanti interessi ultralegali, la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, commissioni di massimo scoperto e per sentire condannare la convenuta alla restituzione di quanto percepito in eccesso rispetto al dovuto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, – ha dichiarato inammissibile il gravame principale dei sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) e respinto quello incidentale della banca (OMISSIS) spa (in punto di compensazione integrale delle spese processuali), confermando la decisione di primo grado, che aveva respinto le domande degli attori, per mancanza di prova della stessa sussistenza del rapporto di conto corrente tra le parti.
In particolare, la Corte d’appello, respinta l’eccezione di improcedibilita’ dell’appello, sollevata dall’appellata, in ordine al gravame principale dei sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), ha rilevato che, in primo grado, gli attori, a fronte delle domande inizialmente proposte, di nullita’ parziale del rapporto di conto corrente bancario, sul presupposto della sua esistenza, e di ripetizione di indebito, non avevano precisato o modificato, nei termini concessi ex articolo 183 c.p.c., il thema decidendum, malgrado la banca convenuta, costituendosi, avesse anche disconosciuto l’unica copia fotostatica del contratto, il solo frontespizio, prodotta (soltanto in sede di memoria ex articolo 184 c.p.c., avendo gli stessi attori chiesto dichiararsi, stante l’intervenuto disconoscimento da parte della banca dell’esistenza di un rapporto bancario, che nulla era dovuto alla stessa). La Corte distrettuale ha quindi evidenziato che gli appellanti avevano introdotto, con il gravame principale, una domanda nuova, inammissibile, di declaratoria della nullita’ totale del contratto dedotto in giudizio, per carenza di forma scritta Testo Unico n. 385 del 1993, ex articolo 117 e che la domanda, relativa all’accertamento della non debenza di alcunche’ alla banca, doveva ritenersi, del pari, inammissibile in quanto gia’ formulata, in primo grado, solo nella memoria ex articolo 184 c.p.c., destinata alle deduzioni istruttorie.
Avverso la suddetta decisione, (OMISSIS) ed (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti del (OMISSIS) spa (che resiste con controricorso). Il P.G. ha depositato conclusioni scritte. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I ricorrenti lamentano, con unico motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 1421 c.c. e Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 117 sia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, rilevando che la nullita’ del contratto per difetto di forma scritta, oltre ad essere stata eccepita in primo grado, doveva essere dichiarata e rilevata d’ufficio dal giudice e che non costituiva domanda nuova quella di declaratoria della non debenza di alcuna somma alla banca da parte dei correntisti, avendo gli attori richiesto in primo grado, all’esito della difesa della banca convenuta, “di darsi atto… del disconoscimento del rapporto da parte della banca”.
2. La censura, quanto al vizio di violazione di legge, e’ inammissibile.
Va premesso che, come rilevato specificatamente dalla Corte distrettuale (e non contraddetto dai ricorrenti), in primo grado, gli attori avevano chiesto soltanto la declaratoria della nullita’ di singole clausole pattizie e la condanna della banca alla restituzione delle somme erogate in eccesso, senza modificare il thema decidendum nei termini fissati, all’epoca, dal testo in vigore dell’articolo 183 c.p.c., comma 5, avendo soltanto, nella memoria ex articolo 184 c.p.c., termine fissato per le deduzioni istruttorie, chiesto dichiararsi, stante l’intervenuto disconoscimento da parte della banca della stessa esistenza di un rapporto, che nulla era dovuto a quest’ultima dagli attori. La Banca aveva contestato tutti i fatti allegati dagli attori e posti a fondamento della pretesa creditoria, in primis la materiale esistenza del rapporto bancario.
Ora, come anche rilevato dal P.G., a fronte della affermata mancanza di prova idonea della stessa esistenza di un contratto di conto corrente, il giudice di merito non avrebbe potuto dichiararne la nullita’ per difetto di forma.
Questa Corte a S.U. (Cass. n. 26242/2014) ha chiarito che “il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullita’ contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicche’ e’ individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio” e che “il rilievo “ex officio” di una nullita’ negoziale deve ritenersi consentito, sempreche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per cio’ solo, negarsi la diversita’ strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poiche’ tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullita’ contrattuale”. Le S.U. hanno altresi’ precisato che “nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullita’ contrattuale, ha sempre facolta’ di procedere ad un siffatto rilievo” (cfr. Cass.2910/2016).
In particolare, in detta pronuncia, questa Corte a S.U. ha sottoposto a revisione il pregresso proprio orientamento fortemente restrittivo, in ordine alla eccezionalita’ dell’effetto estensivo della nullita’ della singola clausola all’intero negozio (tra le altre, Cass. 16017/2008, 27732/2005, 1189/2003, 4921/1980) ed al vizio di ultrapetizione della pronuncia dichiarativa della nullita’ dell’intero contratto, a fronte di una domanda che miri all’accertamento della nullita’ della singola clausola.
Nella sentenza coeva n. 26243/2014, tuttavia, le Sezioni unite hanno precisato che “la domanda di accertamento della nullita’ di un negozio proposta, per la prima volta, in appello e’ inammissibile ex articolo 345 c.p.c., comma 1, salva la possibilita’ per il giudice del gravame – obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullita’, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, – di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullita’ legittimamente formulata dall’appellante, giusta il citato articolo 345, comma 2”.
Alla luce di tale indirizzo, questa Corte (Cass. 5249/2016), nel ribadire tale principio di diritto, ha affermato altresi’ (richiamando Cass. S.U. 10531/2013) che “le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio o proponibili dalla parte interessata anche in appello, ove i fatti sui quali si fondano, sebbene non precedentemente allegati dalla stessa parte, emergano dagli atti di causa” (e la Corte ha ritenuto inammissibile una domanda nuova, di nullita’ del contratto quadro, formulata in appello, a fronte dell’originaria domanda di nullita’ dei singoli ordini di investimento in strumenti finanziari).
Nella specie, allo stesso modo, il giudice d’appello non poteva accogliere una domanda nuova di dichiarazione di nullita’ totale del rapporto di conto corrente per difetto di forma scritta ne’ poteva dichiarare d’ufficio detta nullita’, accogliendo la domanda degli appellanti di condanna della banca alla restituzione dell’intero importo percepito nel corso dell’asserito rapporto, a fronte di una domanda iniziale di nullita’ parziale di singole clausole e di ripetizione del solo importo erogato in eccesso rispetto al dovuto.
Ne’ risultava utile il rilievo d’ufficio della nullita’, sub specie di eccezione, costituendo la declaratoria di nullita’ totale proprio la base fondante dell’accoglimento della domanda di ripetizione dell’intero importo erogato alla banca e non avendo, peraltro, la banca convenuta svolto domanda riconvenzionale.
3. Il vizio motivazionale, pure dedotto nel motivo, e’ pure inammissibile.
Invero, in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, applicabile nella specie, non sono piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullita’ della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorieta’” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione puo’ essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia. (Cass. n. 23940/2017).
Ora, volendo ricondurre tale censura al vizio relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio e che sia stato oggetto di discussione tra le parti, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno affermato che “l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”, cosicche’ ” il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (SSUU n. 8053/2014).
Nella specie, il ricorrente non specifica quale sia il fatto storico, distinto dalla questione di diritto, il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte d’appello e denuncia, invece, una, inammissibile, insufficiente/contraddittoria motivazione, in particolare riguardo alla valutazione delle risultanze probatorie.
3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 2.600,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonche’ rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.