Il conduttore che perda il godimento dell’immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire delle riparazioni, non perde anche la detenzione dell’immobile stesso sino a quando non sia stata pronunciata la risoluzione del contratto di locazione e può pertanto proporre azione di spoglio contro il proprietario che, a lavori eseguiti, rifiuti la restituzione dell’immobile.

 

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Corte d’Appello Potenza, civile Sentenza 6 giugno 2018, n. 366

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI POTENZA

SEZIONE CIVILE

La Corte d’Appello di Potenza, riunita in camera di consiglio e composta dai sigg. Magistrati:

Dott. Ettore Luigi Nesti – Presidente

Dott. Cataldo Collazzo – Consigliere

Dott.ssa Paola Barracchia – Consigliere rel.

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al N.581/2007 Ruolo Generale

tra

(…), rappresentata e difesa dall’avv. Ca.Ma. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio alla Via (…) di Muro Lucano – Potenza

– Appellante –

contro

(…) rappresentata e difesa dall’Avv. Vi.Ja. ed elettivamente domiciliata in Potenza Via (…) presso lo studio dell’avv. Lu.La.

– Appellata e appellante in via incidentale –

Oggetto: azione di reintegrazione nel possesso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 26 gennaio 2002, (…) conveniva innanzi il Tribunale di Potenza i germani (…) e (…) esponendo che con contratto del 16 luglio 1996 aveva ottenuto in locazione dai (…) un immobile da adibire ad attività commerciale sito in Via (…) in M. L. per una durata di anni sei e precisamente a decorrere dalla data del 01 agosto 1996. Nel corso del rapporto e precisamente nel luglio del 1998, poiché l’immobile de quo era stato danneggiato dal sisma del 1980, i proprietari avevano chiesto alla conduttrice di rilasciare il locale per il tempo strettamente necessario al fine di eseguire le opere di riparazione.

La (…) rilasciava il locale con l’accordo tacito che, una volta ultimati i lavori, sarebbe rientrata nella disponibilità dell’immobile. I (…) ripararono il locale solo nelle strutture ma non nelle rifiniture occorrenti per renderlo idoneo all’attività commerciale. Sta di fatto, ed è provato, che già il 09 giugno 1999 i (…) comunicavano con raccomandata con ricevuta di ritorno (documento agli atti) di aver provveduto alla risoluzione anticipata del contratto relativo all’immobile sito in M. L. alla Via (…) a seguito di interruzione della locazione per l’inizio dei lavori di ristrutturazione e che per detta risoluzione avevano provveduto a versare l’imposta di registro dovuta per complessive Lire 100.00 con il 50% a carico della (…). Decorsi due anni, il 6.07.2001 la (…) inoltrava richiesta di voler conseguire la restituzione dell’immobile e i locatori dichiaravano che non intendevano reimmetterla nella detenzione del locale. Poiché detto rifiuto, secondo la (…), integrava spoglio in quanto i (…) avevano operato una inversione del titolo della detenzione del locale passando da una detenzione specifica e momentanea diretta alla esecuzione dei lavori di riparazione ad un possesso esclusivo che disconosceva i diritti della (…), la stessa chiedeva che fosse emesso in proprio favore provvedimento di reintegrazione nella detenzione del locale con ordine ai (…) di restituzione dell’immobile e di ultimazione dei lavori di ripristino.

2. I (…) rimanevano contumaci e la fase sommaria si concludeva con ordinanza di rigetto e fissazione dell’udienza di trattazione per il merito.

3. Nel corso del giudizio a cognizione piena, interveniva volontariamente (…), la quale deduceva che, in data 10 luglio 2002, con atto a rogito Notaio B., i (…) le avevano venduto il locale in questione e che in ragione di tanto la stessa spiegava intervento volontario al fine di sostenere la infondatezza delle pretese della ricorrente e di far valere le proprie ragioni nei confronti di (…). Affermava che, subito dopo il rilascio del locale, nel luglio 1998, avendo i (…) manifestato alla (…) la loro intenzione di alienare in blocco il locale ed il sovrastante appartamento, si era proceduto tra le parti allo scioglimento consensuale del contratto di locazione e che successivamente nel luglio 2002 il locale e l’appartamento erano stati a lei alienati

4. Il Tribunale di Potenza con sentenza n. 689/2007 depositata il 4.07.2007 accoglieva il ricorso, condannando i (…) e la I. alla riconsegna del locale in favore della (…) e compensando le spese di lite.

5. Avverso detta sentenza la (…) proponeva tempestivo appello, chiedendo in riforma della sentenza gravata :1) accogliere il proposto appello e riformare l’impugnata sentenza; dichiarare la nullità della sentenza per quanto in atti motivato; comunque dichiarare improponible, inammissibile ed infondato il ricorso ex art.1168 c.c., in ogni caso rigettare la domanda di reintegra in quanto infondata in fatto e diritto e soprattutto non provata, con condanna alle spese del doppio grado di giudizio.

6. Si costituiva (…) con comparsa di costituzione e risposta chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale relativamente al capo relativo alle spese del giudizio, sostenendo che la compensazione delle spese contravvenisse al criterio della soccombenza.

7. La Corte, con ordinanza depositata il 16 aprile 2008, rigettava l’istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza proposta dall’appellante

8. Dopo numerosi rinvii, all’udienza del 31.10.2017, la causa veniva assegnata a sentenza con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e decisa come segue.

MOTIVI DELLA DECISIONE

9.Con il primo motivo l’appellante impugna la sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene che in corso di causa la ricorrente (…) avesse implicitamente rinunciato alla domanda di reintegra nel possesso e comunque in maniera esplicita l’aveva modificata, chiedendo la cessazione della materia del contendere. E tanto risulterebbe dagli atti di causa e, in particolare, dalla dichiarazione contenuta nel verbale di udienza del 09 maggio 2003 nel quale la (…):” Dichiara che è in corso procedimento di riscatto nei confronti della (…) in riferimento all’immobile in questione”, con ciò motivando la propria scelta processuale, anche sotto il profilo della sopravvenuta carenza d’interesse all’esito del giudizio.

9.1 Con il secondo motivo, la difesa della (…) lamenta la erroneità e la illogicità della sentenza di primo grado, laddove il Tribunale ha ritenuto che la ricorrente fosse la legittima conduttrice del locale in questione e che il rifiuto dei (…), di riconsegnare il locale integrasse l’invocato spoglio. Assume la parte appellante che la (…) nel luglio del 1998 rilasciava il locale in questione (questione pacifica) ma non vi è prova dell’accordo che tale rilascio sarebbe avvenuto solo per il periodo strettamente necessario per le opere di riparazione. Ne consegue – prosegue la difesa della I.- che il Tribunale erra laddove sostiene che tale impegno discendesse dall’art. 3 del contratto di locazione del 16 luglio 1996 ove è pattuito che:” il conduttore provvederà a proprie spese allo sgombero immediato dei locali permettendo quindi l’esecuzione dei cennati lavori”…”.

9.2 Con il terzo motivo l’appellante eccepisce il difetto di motivazione con riferimento alla disciplina dell’art. 1168 c.c.

Asserisce che il presunto spoglio non è avvenuto né in maniera violenta né occulta e che tutto ciò è pacifico in atti e riscontrato dalla documentazione di parte resistente; risulta infatti documentalmente provato che già dal 21 giugno 1999, data in cui la (…) ha ricevuto la nota del 09 giugno 1999 inviatale dai (…), che la (…) fosse a conoscenza della dichiarata volontà dei (…) di ritenere sciolto il contratto e di non restituire il locale. Inoltre, ritenendo il presunto spoglio avvenuto in giugno 1999, il ricorso ex art. 1168 c. c.c. sarebbe comunque tardivo, poiché depositato il 26 gennaio 2002 e quindi improponibile ed inammissibile.

10. L’appello merita accoglimento.

10.1 Preliminarmente occorre rilevare la inammissibilità della eccezione di decadenza in quanto proposta solo in grado di appello.

10.2 Il primo motivo è inammissibile posto che l’appellante disattende quanto enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione che anche recentemente hanno riaaffermato “…. L’impugnazione deve individuare chiaramente le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata e con essi dei relativi motivi di dissenso, affiancandosi alla parte volitiva una parte argomentativa che contrasti le ragioni del provvedimento impugnato…….. (cfr. Cass. Civ. Sez. Unite 16/11/2017 n. 27199).

L’appellante infatti non offre argomentazioni volte ad “aggredire” l’iter logico ( sviluppatosi in più pagine) seguito dal giudice di prime cure nel ritenere che nel caso di specie non vi fosse cessazione della materia del contendere né rinuncia agli atti, mancando, sostanzialmente, secondo il Tribunale, il consenso di tutte le parti, ma si limita ad affermare quanto già dedotto nel giudizio di prime cure, riportando le parti dei verbali di udienza in cui veniva chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere

10.3Gli altri motivi di appello, intimamente connessi tra loro, sono fondati.

Occorre preliminarmente precisare che oggetto precipuo del presente giudizio è l’accertamento e la tutela del possesso quale situazione di fatto dell’immobile oggetto di locazione.

La disposizione di cui all’art.1168 c.c. regola l’azione di reintegrazione (detta anche di spoglio); essa, esperibile anche dal detentore, protegge il possesso di colui al quale venga sottratto in tutto o in parte il possesso della cosa, prevedendo la reintegrazione, ossia il ripristino della situazione possessoria compromessa.

L’azione ha, dunque, una funzione recuperatoria: perché possa aversi tale risultato, bisogna che chi ha operato lo spoglio abbia ancora la effettiva disponibilità della cosa tolta al possessore. In ipotesi di perdita di quest’ultima, l’autore dello spoglio termina di essere il destinatario dell’azione di reintegrazione, ferma rimanendo pur sempre, la responsabilità per il fatto illecito commesso. Se, però, la cosa è stata trasferita ad un terzo a conoscenza dell’avvenuto spoglio, l’azione di reintegrazione è esperibile anche contro costui. La privazione del possesso della cosa, deve essere avvenuto in modo violento ed occulto, deve avvenire cioè contro la volontà di chi venga privato del possesso, ossia senza che questi ne venga a conoscenza, se non successivamente.

Emerge dalla documentazione depositata in atti che all’epoca del ricorso per reintegrazione del possesso, la (…) non deteneva più già da tempo né il possesso materiale né tantomeno quello giuridico dell’immobile de quo e che la privazione del possesso del bene condotto in locazione dalla (…) non è stato né violento né occulto.

Ed invero, il contratto di locazione stipulato in data in data 01 agosto 1996 tra la (…) ed i germani (…), a seguito del rilascio concordato per l’esecuzione di lavori di manutenzione dello stesso, veniva poi risolto, come risulta provato dalla raccomandata A/R inviata dai (…) in data 09 giugno 1999 alla (…) (ricevuta in data 21 giugno 1999), raccomandata nella quale viene fatto esplicito e preciso riferimento alla risoluzione anticipata del contratto con richiesta del versamento della metà dell’imposta pagata per la detta risoluzione anticipata. A fronte di tale manifestazione di volontà la (…) non ha mai mosso nessuna contestazione.

Sostiene la Cassazione che “Il conduttore che perda il godimento dell’immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire delle riparazioni, non perde anche la detenzione dell’immobile stesso sino a quando non sia stata pronunciata la risoluzione del contratto di locazione e può pertanto proporre azione di spoglio contro il proprietario che, a lavori eseguiti, rifiuti la restituzione dell’immobile” (cfr. Cass. Civ. n. 16136/2010). Nel caso di specie, nel momento in cui la (…) e precisamente in data 06 luglio 2001 inviava raccomandata ai germani (…) ed anche al Sindaco di Muro Lucano, al fine di riottenere i locali e la ultimazione dei lavori degli stessi, il contratto risultava già stato risolto e pertanto la stessa non aveva più la qualifica di conduttrice e dunque non aveva più il possesso dell’immobile oggetto del presente giudizio; tanto è provato anche dalla raccomandata del 02 ottobre 2001 inviata dai (…) alla (…) ed all’avvocato (…) nella quale viene ribadito che il contratto di locazione è risolto-cessato alla data della comunicazione della cessazione del predetto 09 giugno 1999 e che la comunicazione relativa alla possibile prelazione da esercitarsi a favore della (…) altro non è che un equivoco.

11. Considerato l’esito complessivo del giudizio, la (…) va condannata al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio nei confronti della I., spese che vengono liquidate con le tariffe forensi del 2004 per il primo grado e secondo le tariffe di cui al D.M. n. 55 del 2014 per il secondo grado secondo i valori medi, considerata la causa di valore indeterminabile basso, non disponendo di dati da cui dedurre il valore del diritto. ( Ai fini della liquidazione degli onorari professionali di avvocato, il valore delle cause possessorie, stante la mancanza di criteri legali diretti a tal fine, va determinato attraverso l’applicazione analogica delle regole dettate per la valutazione delle cause relative al diritto, il cui contenuto corrisponde al potere di fatto sulla cosa di cui si controverte, potendo il giudice considerare la causa di valore indeterminabile soltanto laddove non disponga dei relativi dati o dagli atti non emergano elementi per la stima, cfr Cass. sez. 6 – 2, Ordinanza n. 24644 del 22/11/2011)

Nulla per le spese di primo grado tra la (…) e i (…) considerata la contumacia di questi ultimi.

P.Q.M.

la Corte di Appello di Potenza, come innanzi composta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) avverso la sentenza n. 689/2007 depositata il 29.06.2007 del Tribunale di Potenza nei confronti di (…), così provvede:

1) accoglie l’appello e, per l’effetto rigetta la domanda di reintegrazione nel possesso proposta da (…) in riferimento all’immobile sito in via T. n. 72 in M. L.;

2) condanna (…) al pagamento delle spese processuali in favore di (…) che liquida:

a) per il giudizio di primo grado in complessivi Euro 3702,00, (di cui Euro 922,00 per diritti, Euro2660,00 per onorario, ed Euro 120,00 per spese) oltre iva, cap e rimborso forfetario spese generali al 12,50% come per legge;

b) per il giudizio di secondo grado in complessivi Euro 6.963,00 (di cui Euro 348,00 per spese ed Euro 6615,00 per compensi professionali), oltre iva, cap e rimborso forfetario spese generali al 15% come per legge

Così deciso in Potenza il 5 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.