il contratto con cui una parte cede all’altra la proprieta’ di un’area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sara’ realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprieta’ attuale in cambio della cosa futura, che assume, percio’, il carattere di elemento causale fondamentale delle reciproche prestazioni delle parti del contratto, in cui l’obbligo di costruzione del fabbricato futuro da parte del cessionario viene a rivestire una connotazione meramente strumentale.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 5 giugno 2018, n. 14371

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7859/’14) proposto da:

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1537/2013, depositata il 2 novembre 2013 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 5 aprile 2018 dal Consigliere relatore Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso e l’accoglimento dei restanti;

udito l’Avv. (OMISSIS) per la ricorrente.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato nell’ottobre 1985 la signora (OMISSIS) esponeva: – che con scrittura privata del 14 agosto 1979, (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente fratello e genitrice della stessa, a transazione di una precedente controversia che li aveva opposti a (OMISSIS), avevano convenuto che il (OMISSIS) avrebbe trasferito al (OMISSIS) – dietro corrispettivo di Lire 5.500.000 – la sua porzione di un fabbricato sito in Vibo Valentia, mentre la (OMISSIS) avrebbe trasferito la propria porzione al (OMISSIS) ottenendo come corrispettivo il trasferimento di un appartamento che sarebbe stato realizzato a seguito della demolizione e ricostruzione dell’immobile in proprieta’ della medesima (OMISSIS) (OMISSIS); – che, a seguito del decesso di quest’ultima (in data 12 aprile 1984), i suoi eredi legittimi (OMISSIS) e la stessa (OMISSIS), con atto per notar (OMISSIS) del 12 aprile 1984, avevano venduto al (OMISSIS) l’immobile in comproprieta’ gia’ oggetto della precedente scrittura privata e, nello stesso contesto, era stata stipulata una convenzione di ratifica della scrittura privata del 1979 nella quale si dava atto che, diversamente da quanto risultante dal suddetto atto notarile, essa attrice non aveva ricevuto il pagamento del prezzo della propria porzione di immobile ma che a titolo di corrispettivo il (OMISSIS) avrebbe dovuto consegnarle un appartamento da realizzarsi nell’erigendo fabbricato, che le veniva effettivamente consegnato nel febbraio 1985 ma con rilevanti difformita’ rispetto a quello promesso; tanto premesso, chiedeva la condanna del (OMISSIS) all’esecuzione di tutte le opere necessarie per rendere l’appartamento consegnato conforme a quello promesso e al risarcimento del danno derivante dal dedotto inadempimento. Nella costituzione del convenuto (che formulava, a sua volta, domanda riconvenzionale per il pagamento di alcune somme dovutegli dall’attrice per alcuni lavori extra), l’adito Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza del giugno 2011, disattesa l’eccezione di decadenza proposta dal convenuto, accoglieva la domanda principale.

Interposto appello da parte del (OMISSIS), la Corte di appello di Catanzaro, nella resistenza dell’appellata (OMISSIS) (che avanzava appello incidentale), con sentenza n. 1537/2013 (depositata il 2 novembre 2013), accoglieva sia l’appello principale che quello incidentale, compensando le spese giudiziali di entrambi i gradi, ad eccezione di quelle occorse per le c.t.u., che poneva a definitivo carico della (OMISSIS).

A sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte catanzarese riteneva, innanzitutto, fondato il motivo dell’appello principale del (OMISSIS) circa la decadenza della (OMISSIS) dalla garanzia per vizi sul presupposto che il contratto dedotto in giudizio si dovesse qualificare come contratto di permuta (e non di appalto). Il giudice di appello ravvisava anche la fondatezza dell’appello incidentale della (OMISSIS), avuto riguardo all’erronea applicazione – in funzione dell’accoglimento della domanda riconvenzionale nei suoi confronti – del principio di non contestazione dei fatti posti a fondamento della stessa, alla stregua dell’applicazione del testo dell’articolo 115 c.p.c., “ratione temporis” vigente.

Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), articolato in quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato (OMISSIS). Il difensore della ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 342 e 116 c.p.c., sul presupposto dell’asserito difetto del requisito di specificita’ dei motivi riferito all’appello principale proposto dal (OMISSIS).

2. Con la seconda censura la ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – il vizio di nullita’ della sentenza o del procedimento per ultrapetizione dell’impugnata sentenza in ordine all’eccezione di decadenza dalla garanzia per vizi, deducendo che, pur avendo la Corte catanzarese considerato che la difesa del (OMISSIS) aveva, in primo grado, eccepito (sebbene con riserva) la decadenza della domanda attorea, qualificandola come eccezione “ex articolo 1667 c.c.”, successivamente aveva proceduto a sostituirla con l’eccezione di decadenza dalla garanzia per vizi di cui all’articolo 1495 c.c., cosi’ incorrendo – ad avviso della ricorrente – nella denunciata violazione dell’articolo 112 c.p.c..

3. Con la terza doglianza la ricorrente ha denunciato – in virtu’ dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1491 e 1495 c.c., sul presupposto che – nella fattispecie – la Corte territoriale aveva ritenuto applicabile la garanzia per vizi malgrado essa ricorrente avesse lamentato – e le risultanze peritali attestato – che non vi era corrispondenza tra il bene consegnato e quello rappresentato e descritto dalle parti nelle scritture private del 1979 e del 1984, gia’ richiamate in narrativa.

4. Con il quarto ed ultimo motivo la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – il vizio di omesso esame delle questioni relative al ritardo nella consegna dell’appartamento da parte del (OMISSIS) ed al conseguente risarcimento dei danni per ritardato adempimento, costituenti oggetto di fatti discussi tra le parti.

5. Rileva il collegio che la prima censura e’ infondata e va, pertanto, respinta.

Diversamente da quanto genericamente eccepito dalla ricorrente ed alla stregua della pacifica giurisprudenza di questa Corte sull’interpretazione dell’articolo 342 c.p.c., nel testo “ratione temporis” applicabile nel caso di specie (v., ad es., Cass. n. 464/1999; Cass. Sez. U. n. 16/2000 e Cass. n. 22781/2014), e’ rimasto accertato che il (OMISSIS), quale appellante principale, aveva dedotto idoneamente i motivi su cui era stato fondato il formulato gravame, per come reso evidente dalla loro adeguata specificita’ di cui da’ conto lo stesso giudice di appello nella motivazione della sentenza in questa sede impugnata, in cui vengono esposti, in modo articolato, le distinte doglianze avanzate (v. pagg. 4-6 della sentenza). Infatti, dalla decisione di appello emerge univocamente che il (OMISSIS) aveva argomentatamente dedotto sia il motivo relativo al mancato accoglimento dell’eccezione di decadenza proposta in primo grado, sia la censura concernente la contestazione della natura giuridica del contratto dedotto in controversia, con la conseguente applicazione della corrispondente disciplina giuridica.

6. Anche il secondo motivo di ricorso e’ destituito di fondamento e deve essere rigettato.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte territoriale (v. pagg. 5-6 della sentenza) ha attestato (previa verifica degli atti processuali) che l’eccezione di decadenza – per mancata tempestiva denuncia dei vizi – era stata proposta dal (OMISSIS) fin dalla comparsa di risposta (anche se in modo generico ma, comunque, non comportante propriamente l’inammissibilita’) e che, per effetto della qualificazione del contratto intercorso tra le parti (costituente oggetto del terzo motivo, il cui potere spetta, in ogni caso, al giudice del merito che, nel caso di specie, ha espresso una motivazione adeguata al riguardo: cfr., ad es., Cass. n. 21463/2012), ha ritenuto che fosse legittimamente riferibile al suddetto contratto, dichiarando la fondatezza dell’eccezione stessa siccome la relativa denuncia degli asseriti vizi non era stata effettuata tempestivamente, in quanto contenuta solo nell’atto di citazione proposto a distanza di circa otto mesi dalla consegna del bene in favore della ricorrente (nel mentre, nel caso di specie, dovendosi applicare “per relationem” – le norme sulla compravendita, la denuncia avrebbe dovuto essere presentata entro otto giorni dalla scoperta ai sensi dell’articolo 1495 c.c., richiamato dall’articolo 1555 c.c.).

Da cio’ consegue l’esclusione della configurazione del dedotto vizio di ultrapetizione.

7. Pure la terza doglianza risulta infondata e, quindi, deve essere disattesa.

Per come gia’ riportato in narrativa la Corte di appello di Catanzaro ha – sulla scorta della complessiva motivata valutazione della natura e della tipologia delle prestazioni convenute tra le parti – ammissibilmente qualificato il contratto dedotto in giudizio come contratto di permuta (e non di appalto) di un bene presente verso un bene futuro (con esclusione, quindi, della sussistenza di un contratto preliminare di vendita a cui sembra fare riferimento la ricorrente) e, sulla base del richiamo di cui all’articolo 1555 c.c., sull’applicabilita’ della disciplina in tema di vendita, ha applicato le conseguenti norme in materia di garanzia per vizi.

In particolare, il giudice di appello, proprio sulla base delle suddette valutazioni, ha desunto che lo scopo perseguito dalle parti fosse, in effetti, quello di scambiare un bene presente (inservibile siccome semidiruto) con un bene futuro, precisando che la prestazione riconducibile alla realizzazione di quest’ultimo bene da parte del cessionario non fosse dotata dell’essenzialita’ necessaria – nell’economia complessiva del contratto – per farne desumere la configurazione di un contratto di appalto ne’, comunque, di altro contratto (anche atipico) implicante l’insorgenza di un nesso sinallagmatico tra una prestazione di dare contro quella di fare.

In tal senso, quindi, il giudice di seconde cure si e’ correttamente uniformato ai principi giuridici stabiliti dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il contratto con cui una parte cede all’altra la proprieta’ di un’area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sara’ realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprieta’ attuale in cambio della cosa futura, che assume, percio’, il carattere di elemento causale fondamentale delle reciproche prestazioni delle parti del contratto, in cui l’obbligo di costruzione del fabbricato futuro da parte del cessionario viene a rivestire una connotazione meramente strumentale (cfr., ad es., Cass. n. 28479/2005 e, da ultimo, Cass. n. 11234/2016).

La deduzione della ricorrente, poi, con la quale ella ha affermato che non si trattava di meri vizi bensi’ di una permuta avente ad oggetto un “aliud pro alio” introduce una questione nuova, che non ha formato oggetto del giudizio (tanto e’ vero che non se ne discorre nella sentenza impugnata ne’ nella parte in fatto ne’ in quella motiva), e, come tale, e’ da qualificarsi inammissibile.

8. L’ultimo motivo proposto nell’interesse della (OMISSIS) e’ inammissibile perche’ – con esso – si prospetta, in effetti, l’omesso esame e la mancata pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni per l’assunto ritardato adempimento da parte del (OMISSIS) in ordine al termine di consegna dell’appartamento e, tuttavia, la doglianza difetta di specificita’ ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), non avendo la difesa della ricorrente riprodotto puntualmente come era necessario (cfr., tra le tante, Cass. n. 6361/2007 e Cass. n. 15367/2014) – il contenuto degli atti processuali dai quali sarebbe stato possibile desumere la proposizione di tali istanze (non potendo essere idoneo allo scopo il mero, generico, richiamo ai documenti depositati nei fascicoli di primo e secondo grado) ne’ avendo fatto valere la corretta violazione di legge riconducibile all’omessa pronuncia, da correlarsi, invero, al motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e non al vizio enucleato nel n. 5, della stessa norma (v. Cass. Sez. U. n. 17931/2013).

9. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente rigettato con la conseguente condanna della soccombente ricorrente al pagamento delle spese della presente fase di legittimita’, che si liquidano come in dispositivo.

Ricorrono, infine, le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario nella misura del 15% ed ulteriori accessori nella misura di legge, dichiarando compensato tra le parti costituite il residuo terzo.

Da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

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Avv. Umberto Davide

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