il direttore dei lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di sorveglianza lo obbliga a vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, ma non lo rende per ciò solo corresponsabile con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Tribunale Ravenna, civile Sentenza 15 giugno 2018, n. 649
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di RAVENNA
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alessia Vicini
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3110/2015 promossa da:
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. DO.ST. e dell’avv. (…), elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. DO.ST.
ATTORE/I
contro
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. GR.WA. e dell’avv. (…), elettivamente domiciliato in VIA (…) null. 40026 IMOLA presso il difensore avv. GR.WA.
CONVENUTO/I
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Il (…) conveniva in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, l’arch. (…) quale progettista e Direttore dei Lavori architettonici incaricato dalla società costruttrice – venditrice, (…) srl, delle due palazzine condominiali site in via (…) via (…) per sentirlo condannare, ai sensi della norma di cui all’art. 1669 c.c., al risarcimento dei danni determinati dai gravi vizi e difetti manifestatisi nell’immobile.
Deduceva parte attrice come i vizi e difetti dell’immobile dalla medesima lamentati fossero stati già contestati tra il 2011 ed il 2012 da parte dell’Amministratore di Condominio e parzialmente accertati, insieme alla quantificazione dei costi di ripristino, in sede di ATP svoltosi ante causam.
Chiedeva pertanto parte attrice la condanna dell’arch. (…), quale responsabile esclusivo e/o solidale e/ pro quota con la costruttrice – venditrice (…), al risarcimento dei danni subiti.
Nessuno si costituiva inizialmente in giudizio per l’Arch. (…) che veniva dichiarato contumace all’udienza del 3.02.2016.
La causa veniva istruita tramite CTU e prova testimoniale.
Con comparsa depositata il 4.10.2017 si costituiva in giudizio l’arch. (…) la cui dichiarazione di contumacia deve pertanto essere in questa sede revocata.
L’arch. (…) contestava la propria responsabilità per i fatti oggetto di causa ed osservava come lo stesso fosse stato chiamato in causa da parte attrice quale libero professionista mentre l’incarico di progettazione e Direzione Lavori era stato affidato dalla impresa costruttrice – venditrice allo (…) in persona del legale rappresentante Arch. (…) per cui eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva.
Chiedeva inoltre il convenuto l’estensione del contraddittorio nei confronti degli asseriti litisconsorti necessari, (…) srl costruttore – venditore e (…) quale Progettista e Direttore Lavori.
Eccepiva ancora il convenuto in via preliminare l’avvenuta prescrizione e/o decadenza del termine di denuncia dei vizi ex artt. 1667 e 1669 c.c. e contestava la quantificazione dei danni prospettati dal CTU chiedendo autorizzarsi la chiamata in causa della propria compagnia di assicurazione L..
La causa, sulla precisazione delle conclusioni da parte dei Procuratori, veniva trattenuta in decisione dal Giudice all’udienza del 14.03.2018.
Orbene si osserva come, nel merito, (…), abbia svolto esplicitamente l’azione risarcitoria di cui all’art. 1669 c.c., convenendo in giudizio il progettista e Direttore Lavori Architettonici inerenti le due palazzine condominiali site in Faenza.
Costantemente affermata, in giurisprudenza, la natura extracontrattuale della responsabilità di cui all’art. 1669 c.c., non v’è dubbio che la stessa possa essere imputata anche al direttore lavori e progettista dell’opera oltre che al costruttore materiale dell’edificio risultato viziato.
Ciò detto, debbono, preliminarmente al merito vero e proprio della controversia, essere esaminate le eccezioni preliminari di decadenza e prescrizione dell’azione risarcitoria, carenza di legittimazione passiva ed estensione necessaria del contraddittorio ai litisconsorti (…) srl e (…) sollevate dal convenuto con contestuale richiesta di chiamata in causa della propria compagnia di assicurazione.
Orbene deve in primo luogo osservarsi che è lo stesso codice di procedura civile agli artt. 165 e 167 a prevedere che, a pena di decadenza il convenuto debba proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio (quale è la prescrizione) e chiedere di chiamare in causa un terzo (quale la propria compagnia di assicurazione) nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata (ovvero entro il termine di 20 giorni prima dell’udienza di prima comparizione).
Appare quindi evidente che, essendosi tardivamente costituito in giudizio, il convenuto risulta irrimediabilmente decaduto sia dall’eccezione di prescrizione dell’azione ex art. 1669 c.c. proposta sia dalla richiesta di chiamata in causa della propria compagnia di assicurazione L..
In secondo luogo quanto alla richiesta ex art. 102 c.p.c. di estensione del contraddittorio ai litisconsorti necessari (…) srl e (…) risulta sufficiente evidenziare che gli stessi, quali astratti responsabili solidali ex art. 1669 c.c. nella causazione dei danni lamentati da parte attrice, non sono per ciò stesso litisconsorti necessari.
E’ noto infatti che l’obbligazione solidale passiva non dà luogo, sul piano processuale, all’inscindibilità delle cause e quindi ad una ipotesi di litisconsorzio necessario (per tutte Cass. 13607/2011; Cass. 17221/2014 Cass. 2854/2016).
La relativa domanda risulta pertanto palesemente priva di fondamento.
Quanto infine all’eccepita carenza di legittimazione passiva dell’arch. (…) quale autonomo libero professionista basta semplicemente osservare come lo stesso difensore, che in questa sede ha sollevato l’eccezione preliminare, in sede di ATP RG n. 317/14 si costituiva in giudizio per l’arch. (…) personalmente proprio quale Progettista e Direttore dei Lavori Architettonici specificando nel corpo dell’atto come “la società (…) srl” (poi divenuta (…) srl) “con sede in R. via (…) in data 23.01.2006 ha conferito incarico all’arch. (…) per la progettazione e direttore Lavori Architettonici..” senza fare riferimento alcuno allo Studio Associato (…) ora menzionato in atti.
Ogni ulteriore osservazione sulla sussistenza della legittimazione passiva del convenuto appare quindi superflua.
Del resto come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità non è la semplice costituzione di una associazione tra professionisti a produrre automaticamente il trasferimento in capo ad essa della titolarità dei rapporti di prestazione d’opera, occorrendo un’esplicita manifestazione di volontà in tal senso; ciò in quanto l’art. 36 c.c. devolve agli accordi degli associati la libera determinazione delle regole disciplinanti l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute per cui ben può essere pattuita dai medesimi l’attribuzione allo studio associato della legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti poi delegati ai singoli membri e da costoro personalmente curati essendo l’associazione astrattamente capace di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici.
Per cui solamente qualora venga accertata detta concorde volontà, né allegata né provata nel caso di specie, lo studio professionale associato è legittimato ad agire o resistere anche sul piano processuale mentre in caso contrario, quale il caso di specie, i singoli professionisti mantengono la titolarità del contratto d’opera e la conseguente legittimazione ad causam mentre il fenomeno associativo rimarrà circoscritto unicamente alla gestione congiunta e riparto di proventi e spese (così Cass. 4268/2016; Cass. 3926/2016; Cass. 3420/2014; Cass. 15694/2011).
Quanto poi al merito della causa instaurata ex art. 1669 c.c. dal (…) non può dubitarsi della astratta sussumibilità nell’ambito della disciplina di cui all’art. 1669 c.c., dei vizi e difetti contestati da parte attrice, avendo la Suprema Corte sempre insegnato che “gravi difetti di costruzione, rilevanti ai sensi dell’art. l669 c.c., sono ravvisabili anche in presenza di fatti che, senza influire sulla stabilità o durata dell’edificio, incidono negativamente sulla funzionalità globale dell’opera, menomandone il godimento o impedendo che l’opera fornisca l’utilità cui è destinata” (vedi: Cass. 1 agosto 2003 n. 11740; Cass. 7 gennaio 2000 n. 81; Cass. 25 agosto 1997 n. 7991; Cass. 10 aprile 1996 n. 3301; Cass. 27 dicembre 1995 n. 13106; Cass. 30 gennaio 1995 n. 1081).
Più in particolare, il Supremo Collegio ha avuto modo di precisare che “tra i gravi difetti di costruzione per i quali è operante a carico dell’appaltatore la garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. rientrano le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze della impermeabilizzazione perché incidono sulla funzionalità dell’opera menomandone il godimento” (Cass. 8 gennaio 2000 n. 117; vedasi anche: Cass. 28 aprile 2004 n. 8140; Cass. 12 maggio 1999 n. 4692; nonché Cass. 10 aprile 1996 n. 3301) nonché “le carenze costruttive dell’opera che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione impianti) tali da compromettere la sua funzionalità e l’abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati” (Cass. 8140/2004; Cass. 11740/2003; Cass. 8811/2003).
Riguardo alla responsabilità ex art. 1669 c.c. del progettista e direttore lavori la Suprema Corte ha precisato che gli stessi unitamente al costruttore, non parte del presente giudizio, “ai sensi dell’art. 1669 c.c. sono tutti responsabili per i difetti di costruzione del condominio. La norma de qua presuppone un genere di responsabilità nella quale incorre certamente l’appaltatore che ha materialmente edificato il fabbricato ma anche tutti quei soggetti che, a vario titolo hanno concorso alla realizzazione dell’opera, in particolare, il progettista e il direttore dei lavori che hanno concorso alla determinazione dell’evento dannoso. Ciò in quanto la natura della responsabilità del direttore dei lavori nominato dal committente o dall’appaltatore – da valutare alla stregua della diligentia quam in concreto in relazione alla competenza professionale dallo stesso esigibile- per un fatto dannoso cagionato ad un terzo dall’esecuzione di essi è di natura extracontrattuale e perciò può concorrere con quella di costoro se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo” (Cass. 8700/2016; Cass.20294/2004; Cass. 8811/2003; Cass. 13158/2002).
Orbene gli obblighi cui è tenuto il Direttore dei Lavori i quali devono essere rispettati per non incorrere in responsabilità consistono prettamente in obblighi di sorveglianza.
La Suprema Corte ha rilevato che “il direttore dei lavori esercita in luogo del committente quei medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona. La connotazione precipuamente tecnica di tale obbligazione di sorveglianza lo obbliga a vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato e alle regole della buona tecnica, ma non lo rende per ciò solo corresponsabile con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali” salvo egli sia stato espressamente incaricato dal committente, come in questo caso, di redigere il progetto stesso ovvero di svolgere anche l’attività, aggiuntiva rispetto a quella costituente l’oggetto della sua normale prestazione, di verificare la fattibilità e l’esattezza tecnica del progetto (Cass. 18285/2016)
Quanto alle conseguenti comminatorie in caso di vizi e difetti, la Suprema Corte ha precisato che, in alternativa al ristoro del danno per equivalente in denaro, “con l’azione di responsabilità di cui all’art. 1669 c.c., in applicazione della regola generale dettata dall’art. 2058 I comma c.c., possono essere chiesti dal committente e dal compratore il risarcimento in forma specifica del danno patito e, quindi, la condanna dell’appaltatore ovvero del venditore ad eseguire le opere necessarie per l’eliminazione dei riscontrati difetti costruttivi (vedi per tutte Cass. 15 marzo 1995 n. 3037).
L’attore, peraltro, si è limitato in causa a chiedere la condanna del responsabile solidale al risarcimento del danno per equivalente facendolo coincidere con i costi necessari alla eliminazione dei vizi e difetti accertati in sede di perizia oltre che al rimborso per i costi già anticipati dal condominio: di talché dovranno essere esaminate solamente tali uniche pretese.
La relazione di ATP, redatta in data 8.08.2014 ed integrata in data con CTU depositata in atti – che il Tribunale ritiene senz’altro di poter fare propria, anche quale “fonte oggettiva di prova”, sia in relazione ai metodi d’indagine adottati, sia con riferimento alle conclusioni raggiunte (vedi: Cass. 8 gennaio 2004 n. 88; Cass. 9 settembre 2003 n. 13169; Cass. 30 gennaio 2003 n. 1512) – ha consentito di acclarare, unitamente alle dichiarazioni rese dai testi escussi:
– la sussistenza di tutte i gravi vizi e difetti progettuali e realizzativi lamentati da parte attrice;
– la loro immanenza sia nella parte interrata che nelle coperture degli edifici sia sulle singole abitazioni che sulle parti comuni;
– la loro incidenza negativa sia sugli elementi strutturali secondari dell’intera costruzione, che sul normale godimento delle singole unità immobiliari;
– la loro ascrivibilità a imperfetta esecuzione dei lavori e a difetti progettuali così come indicati nella relazione da intendersi qui interamente richiamata (a riguardo precisa il CTU che “la progettazione seppur gradevole sotto il profilo architettonico e la susseguente direzione lavori sono state superficiali in quanto poco attente ad evitare infiltrazioni d’acqua meteorica e/o di altro tipo all’interno del complesso edilizio”);
– la necessità, ai fini della loro eliminazione, di opere pari complessivamente ad Euro 206.060,92 comprensiva di costi per ripristini già effettuati dal condominio e di spese tecniche – burocratiche.
Deve pertanto ravvisarsi la responsabilità ex art. 1669 c.c. dell’arch. (…) per omissione di specifici doveri professionali sia relativamente alla redazione del progetto architettonico sia per culpa in vigilando per non avere adeguatamente sorvegliato i lavori durante la loro esecuzione da parte dell’appaltatore ovvero fornito indicazioni al costruttore controllando l’avvenuta esecuzione corretta degli stessi.
Conseguentemente l’arch. (…), quale responsabile solidale passivo, dovrà essere condannato a pagare in favore del (…) la somma di Euro 206.060,92 valutata all’attualità oltre interessi legali sulla stessa decorrenti dalla data della domanda giudiziale al saldo.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Le spese di CTU e ATP dovranno essere poste definitivamente a carico del convenuto soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando nella causa RG n. 3110/2015 ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa così decide:
– condanna l’arch. (…) al risarcimento dei danni in favore del (…) liquidati nella complessiva misura di Euro 206.060,92 oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
– condanna l’arch. (…) alla rifusione in favore del (…) le spese di lite che liquida in complessivi Euro 13.430,00 per compenso oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge;
– pone definitivamente le spese di CTU e ATP come già liquidate a carico del convenuto soccombente.
Così deciso in Ravenna il 12 giugno 2018.
Depositata in Cancelleria il 15 giugno 2018.