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in materia di revocatoria fallimentare, posto che i protesti cambiari (e, piu’ in generale, i protesti di titoli di credito), in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, potendo cagionare all’imprenditore la perdita del credito commerciale, s’inseriscono nel novero degli elementi rilevanti, in via indiziaria, agli effetti della prova presuntiva della scientia decoctionis da parte del terzo acquirente; e tuttavia quella sottostante rimane una presunzione semplice, che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta e puntuale da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione del disposto degli articoli 2727 e 2729 cod. civ.; pertanto, l’avvenuta pubblicazione di una pluralita’ di protesti a carico del fallito puo’ costituire presunzione tale da esimere il curatore dall’onere della prova che gli stessi fossero concretamente noti al convenuto in revocatoria, su quest’ultimo risultando, in tal caso, traslato l’onere di dimostrare il contrario e senza che, pero’, cio’ esima il giudicante dalla considerazione di rilevanza, caso per caso, del loro numero, qualita’, ammontare, collocazione cronologica, luogo di pubblicazione oltre che dello status professionale della parte che avrebbe dovuto averne conoscenza.
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Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5772/2011 proposto da:
Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato Gaeta Maurizio, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di soci e legali rappresentanti della cessata societa’ l’avv. di (OMISSIS) S.n.c., elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 163/2010 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, pubblicata il 15/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2017 dal cons. FRANCESCO TERRUSI;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Salvato Luigi che chiede che la Corte rigetti il ricorso.
RILEVATO
che:
la curatela del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. conveniva in giudizio la (OMISSIS) s.n.c. con azione revocatoria di una vendita immobiliare avvenuta nell’anno (1989) anteriore alla dichiarazione di fallimento – vendita avente a oggetto un appartamento e un box auto facenti parte di un complesso edilizio realizzato in (OMISSIS), asseritamente posta in essere nella consapevolezza del dissesto o, alternativamente, a un prezzo non proporzionato al valore del bene; proponeva subordinate domande di risarcimento dei danni estese anche al socio illimitatamente responsabile, (OMISSIS), convenuto in separato giudizio, poi riunito;
nel contraddittorio dei convenuti, l’adito tribunale di Salerno accoglieva la domanda proposta ai sensi dell’articolo 67, comma 2, legge fall. e, preso atto dell’avvenuta vendita del bene a terzi, convalidava un sequestro autorizzato in pregiudizio di (OMISSIS) e condannava questi e la societa’, in solido, al pagamento del controvalore del bene medesimo, con interessi e spese;
la sentenza del tribunale veniva riformata dalla corte d’appello di Salerno;
la corte d’appello, pur dando atto dell’esistenza di numerosi protesti pubblicati nei confronti della fallita nell’anno 1988, per importo considerevole (Lire 187.200.000), riteneva insussistente l’elemento soggettivo della revocatoria in ragione di elementi contrastanti e in difetto di ulteriori elementi di prova;
invero osservava che, sebbene a fronte dei protesti (e di dedotte istanze di fallimento gia’ in essere al momento del contratto), non erano emerse circostanze indicative di inadempimenti suscettibili di cadere sotto la diretta percezione della societa’ acquirente o che tale societa’ avrebbe potuto e dovuto conoscere con l’ordinaria diligenza, e che elementi di segno contrario erano invece da desumere dall’attestata inesistenza di procedure esecutive mobiliari e immobiliari a carico della venditrice, nonche’ dall’avvenuta regolare vendita di altri appartamenti del medesimo complesso immobiliare;
a giudizio della corte d’appello, poi, la condizione personale degli acquirenti, soci di una societa’ di odontotecnici, non qualificati nel settore delle compravendite immobiliari, e l’inesistenza di elementi indicativi di una situazione di allarme circa la solidita’ patrimoniale della venditrice deponevano nel senso di essere l’acquirente esonerata dall’onere di ulteriormente attivarsi per saggiare l’effettiva consistenza patrimoniale della controparte; nel contempo il tipo di contratto (una vendita immobiliare) non era tale da richiedere in se’ la consultazione, con l’ordinaria diligenza, del bollettino dei protesti, in cerca di eventuali previe inadempienze di ordine pecuniario in capo alla venditrice;
esclusa, per tale complesso di ragioni, la scientia decoctionis, la corte territoriale rigettava anche l’appello incidentale, non ravvisando la sproporzione tra il prezzo di acquisto e il reale valore dell’immobile;
la curatela del fallimento ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, sorretto da quattro motivi;
gli intimati hanno replicato con controricorso;
le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo – che denunzia la contraddittorieta’ e l’insufficienza della motivazione della sentenza in relazione al valore presuntivo dei protesi – e’ inammissibile, perche’ risolto in sindacato di fatto in ordine alla valutazione della prova: la corte d’appello non ha contraddetto il valore presuntivo insito nella pluralita’ di protesti a carico della fallita, ma ha ritenuto che la valenza di simile elemento fosse stata adeguatamente contrastata dalle modalita’ concrete mediante le quali la vendita era stata fatta, quanto alla situazione di apparente solidita’ della venditrice desunta dalla regolare stipulazione di altre vendite nello stesso complesso immobiliare, alla condizione dell’acquirente (societa’ di professionisti immuni da esperienza qualificata nel settore) e alle caratteristiche dell’atto (non involgente obbligazioni pecuniarie della venditrice); ne’ la ricorrente ha avuto cura di evidenziare su quale ulteriore fatto, rispetto a quelli considerati, la corte avrebbe dovuto piu’ specificamente motivare;
il secondo motivo – che denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 67, comma 2, legge fall. e articoli 2727 e 2729 cod. civ. – e’ manifestamente infondato: si censura la sentenza perche’ non vi sarebbe stata alcuna analisi dei cinquantadue protesti pubblicati in pregiudizio della societa’ venditrice nell’arco di dodici mesi, i quali protesti non sarebbero stati considerati nel numero e nel regolare susseguirsi nel tempo fino a raggiungere un importo elevato;
in contrario deve ribadirsi che la corte territoriale ha esplicitamente esaminato la questione dell’esistenza dei protesti, senza disconoscere la loro rilevanza presuntiva, ma ne ha motivatamente escluso la decisivita’ ai fini della prova della scientia decoctionis valorizzando le ulteriori specifiche circostanze del caso concreto;
in tal modo la sentenza non si e’ discostata dai principi affermati da questa Corte in materia di revocatoria fallimentare, posto che i protesti cambiari (e, piu’ in generale, i protesti di titoli di credito), in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, potendo cagionare all’imprenditore la perdita del credito commerciale, s’inseriscono nel novero degli elementi rilevanti, in via indiziaria, agli effetti della prova presuntiva della scientia decoctionis da parte del terzo acquirente; e tuttavia quella sottostante rimane una presunzione semplice, che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta e puntuale da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione del disposto degli articoli 2727 e 2729 cod. civ.; pertanto, l’avvenuta pubblicazione di una pluralita’ di protesti a carico del fallito puo’ costituire presunzione tale da esimere il curatore dall’onere della prova che gli stessi fossero concretamente noti al convenuto in revocatoria, su quest’ultimo risultando, in tal caso, traslato l’onere di dimostrare il contrario e senza che, pero’, cio’ esima il giudicante dalla considerazione di rilevanza, caso per caso, del loro numero, qualita’, ammontare, collocazione cronologica, luogo di pubblicazione oltre che dello status professionale della parte che avrebbe dovuto averne conoscenza (v. Cass. n. 10209-09; Cass. n. 391-10; Cass. n. 526-16);
il terzo e il quarto motivo sono da esaminare congiuntamente;
si censura in tal caso la sentenza nella parte afferente il rigetto dell’appello incidentale della curatela a proposito della sproporzione del prezzo della vendita;
in particolare: (i) col terzo motivo, denunziando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 cod. proc. civ., la ricorrente assume che la corte d’appello abbia incentrato la decisione sul notorio aumento dei prezzi del mercato immobiliare nel periodo in questione, in contraddizione al principio dispositivo; (ii) col quarto motivo, denunziando la contraddittorieta’ e l’insufficiente motivazione della sentenza, la ricorrente ascrive alla corte del merito di essersi discostata dalle risultanze della c.t.u., pedissequamente aderendo a quanto accertato in una consulenza relativa a differenti immobili;
i motivi sono inammissibili perche’ genericamente intesi a una rivisitazione del giudizio di fatto;
premesso che gia’ il tribunale aveva ritenuto la c.t.u. deficitaria, per non aver dato alcun conto di indagini di mercato allo scopo di stabilire il valore dell’immobile, a fronte di un’ubicazione di questo al piano rialzato di uno stabile sito su strada statale definita “molto trafficata”, e di una conseguente sua scarsa appetibilita’ commerciale, vi e’ che la corte d’appello ha motivato in modo puntuale la ragione di dissenso dalla valutazione rese dal c.t.u.;
lo ha fatto valorizzando quanto emergente da altra relazione tecnica eseguita su incarico del giudice delegato al fallimento, evidenziante valori prossimi a quelli, ma di due anni anteriori; sicche’, adottando come parametro di valutazione tali emergenze, in quanto piu’ convincenti in ragione delle peculiarita’ dell’immobile e della sua minore appetibilita’, ne ha stimato il valore in Lire 103.500.000, a fronte del prezzo risultante dall’atto (Lire 90.000.000);
considerata la differenza in termini percentuali, la corte non ha ritenuto integrata la sproporzione di cui all’articolo 67, comma 1, legge fall.;
la valutazione resa a tal riguardo e’ insindacabile perche’ il controllo del giudice del merito sui risultati dell’indagine svolta dal consulente tecnico d’ufficio costituisce un tipico apprezzamento di fatto, in ordine al quale il sindacato di legittimita’ e’ limitato alla verifica della sufficienza e correttezza logico giuridica della motivazione;
invero il giudice di appello puo’ pervenire a valutazioni divergenti da quelle del c.t.u., senza essere tenuto a effettuare una nuova consulenza, qualora, nel suo libero apprezzamento, ritenga, dandone adeguata motivazione, che le conclusioni dell’ausiliario non siano sorrette dai necessari approfondimenti o non siano condivisibili per altre specifiche convincenti ragioni (v. per tutte Cass. n. 19661-06; Cass. n. 25569-10);
a sua volta la valutazione sulla notevole sproporzione tra le prestazioni eseguite e le obbligazioni assunte dal fallito e cio’ che a lui e’ stato dato o promesso, necessaria per la dichiarazione di inefficacia del negozio ai sensi dell’articolo 67, comma 1, n. 1), legge fall. nella versione applicabile ratione temporis, deve essere effettuata ex ante, ovverosia al momento della conclusione del contratto; e certamente puo’ prescindere da una misura fissa o parametro da cui desumere il depauperamento patrimoniale del debitore (analoga, per esempio, alla lesione ultra dimidium propria della rescissione), nel senso che basta – e’ vero – per la sua configurabilita’ che tale depauperamento sia consistente, ma il relativo giudizio integra, esso pure, un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato (v. ex aliis Cass. n. 13881-15);
le esposte considerazioni portano al rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.