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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 12 ottobre 2017, n. 23995
Si osserva in primo luogo che l’uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante e’ sottoposto dall’articolo 1102 c.c., a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto; pertanto, a rendere illecito l’uso basta il mancato rispetto dell’una o dell’altra delle due condizioni, sicche’ anche l’alterazione della destinazione della cosa comune determinato non soltanto dal mutamento della funzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto stabilito dall’articolo 1102 c.c.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 12 ottobre 2017, n. 23995
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. Cavallari Dario – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 12111/2013 R.G. proposto da:
(OMISSIS), c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso:
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente incidentale –
e
(OMISSIS), c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – rappresentate e difese in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5582 dei 16.7/9.11.2012 della corte d’appello di Roma;
udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 16 giugno 2017 dal Consigliere Dott. Luigi Abete;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale;
udito l’avvocato (OMISSIS) per la ricorrente (OMISSIS);
udito l’avvocato (OMISSIS), per delega dell’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente incidentale (OMISSIS);
udito l’avvocato (OMISSIS) per le controricorrenti.
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato in data 17.3.1999 (OMISSIS), proprietaria di un appartamento al 2 piano dello stabile in condominio in (OMISSIS), citava a comparire dinanzi al Tribunale di Frosinone (OMISSIS), proprietario a sua volta di ulteriori unita’ ricomprese nello stesso edificio.
Esponeva che nell’area condominiale destinata a cortile e ad ingresso del fabbricato il convenuto aveva dato inizio a lavori di edificazione non autorizzati dai condomini ed aventi ad oggetto, tra l’altro, la realizzazione di un ballatoio coperto con vano ascensore; che i lavori in corso di esecuzione menomavano, siccome insistenti su di un’area comune, il diritto di godimento degli altri condomini e pregiudicavano in vario modo la sua unita’ abitativa, segnatamente ne riducevano le vedute prospettanti sull’originario pianerottolo e ne diminuivano l’afflusso e l’immissione di aria e luce.
Chiedeva che si dichiarasse l’illegittimita’ delle opere intraprese e si condannasse il convenuto al ripristino dello status quo ante ed al risarcimento dei danni.
Si costituiva (OMISSIS).
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Adduceva la proprieta’ sua esclusiva dell’area e la legittimita’ delle opere ai sensi dell’articolo 1102 c.c. e della L. n. 13 del 1989 e comunque in quanto autorizzate dai condomini.
Con separato atto notificato in data 4.10.1999 (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietarie di due unita’ abitative ricomprese nel medesimo complesso condominiale, del pari citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Frosinone (OMISSIS).
Resisteva (OMISSIS).
Riuniti i giudizi, assunte le prove testimoniali, espletata c.t.u., con sentenza n. 141/2007 l’adito tribunale definiva il giudizio.
In particolare condannava il convenuto al ripristino dello status quo ante; dichiarava le parti tutte di ambedue i giudizi comproprietarie dell’ingresso e del cortile dello stabile e dunque inefficace l’atto notarile del 6.5.1993, ove era contemplata la cessione in proprieta’ esclusiva al (OMISSIS) delle porzioni anzidette, dichiarava inammissibile e rigettava ogni ulteriore domanda e condannava il convenuto alle spese di lite.
Interponeva appello (OMISSIS).
Resisteva (OMISSIS).
Resistevano (OMISSIS) e (OMISSIS).
Con sentenza n. 5582 dei 16.7/9.11.2012 la corte d’appello di Roma escludeva dalla condanna del (OMISSIS) al ripristino dello status quo ante “l’impianto dell’ascensore con componenti ed apparecchiature accessorie” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 9); confermava in ogni altra sua parte la gravata sentenza; condannava l’appellante a rimborsare alle controparti le spese del doppio grado fino a concorrenza di 1/2 e compensava la residua meta’.
Evidenziava la corte che destituito di fondamento era il motivo di gravame con cui l’appellante si era doluto, tra l’altro, per la mancata ammissione delle prove testimoniali; che l’istanza probatoria non era stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado e la censura formulata al riguardo era del tutto generica a fronte della motivata ordinanza istruttoria assunta in prime cure.
Evidenziava altresi’ che dagli atti non emergeva “un assetto dei luoghi diverso da quello descritto sia in sede testimoniale che in sede di accertamento peritale” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6) e che aveva “condotto alla valutazione anche in punto di fatto della destinazione ad uso comune dell’ingresso da (OMISSIS) e del cortile nel quale e’ collocata la scala di accesso ai piani superiori” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6).
Evidenziava inoltre che, cosi’ come aveva opinato il primo giudice, dagli antecedenti titoli di acquisto, precedentemente trascritti, di (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ di (OMISSIS) delle porzioni di loro proprieta’ esclusiva non era dato desumere riscontro contrario alla proprieta’ comune dell’ingresso e del cortile, sicche’ ad esse non era opponibile l’antitetica prefigurazione di cui al rogito del 6.5.1993 di acquisto delle porzioni di esclusiva proprieta’ di (OMISSIS); che al contempo non era stata “attinta da precise contestazioni la rigorosa e attenta verifica sotto il profilo cronologico e contenutistico dei rogiti notarili di trasferimento di tutte le parti in causa, ne’ contestata la anteriorita’ della trascrizione dei titoli di proprieta’ delle parti attrici in primo grado” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 7).
Evidenziava ancora che non emergeva “documentalmente alcun consenso delle altre condomine alla esecuzione delle opere cosi’ come poi realizzate dal (OMISSIS)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 7).
Evidenziava infine che doveva viceversa reputarsi legittima l’installazione dell’ascensore e che eventuali problematiche tecniche nella attuazione della sentenza andavano risolte in sede esecutiva.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in tema di spese.
Avverso la stessa sentenza ha proposto separato ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in tema di spese.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso di (OMISSIS) con vittoria di spese.
(OMISSIS) ha depositato controricorso onde resistere al ricorso di (OMISSIS).
(OMISSIS) parimenti ha depositato controricorso onde resistere al ricorso di (OMISSIS).
(OMISSIS) ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
(OMISSIS) e (OMISSIS) del pari hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 907 e 1120 c.c., nonche’ la falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c.; denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il travisamento dei fatti e la irragionevolezza della sentenza.
Deduce che ha errato la corte di merito perche’ ha supposto l’installazione di un ascensore non ancora avvenuta; che cio’ che “esiste e’ una struttura in muratura (…) con all’interno un vuoto concepito anche per alloggiare un (futuro ed eventuale) ascensore” (cosi’ ricorso principale, pag. 17); che quindi non sussiste il presupposto di fatto per l’applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale richiamato dalla corte distrettuale; che conseguentemente l’opera deve giocoforza considerarsi illegittima ai sensi degli articoli 1102 e 1120 c.c., siccome occupante “una parte dello spazio comune e dello spazio aereo che lo sovrasta” (cosi’ ricorso principale, pag. 17) e lesiva dei diritti di ella principale ricorrente sull’appartamento di sua esclusiva proprieta’, viepiu’ alla luce della certificazione rilasciata dalla competente U.S.L. ed allegata nel corso del giudizio di primo grado.
Con il secondo motivo la ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 112 e 474 c.p.c.; denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la non eseguibilita’ della sentenza.
Deduce che l’impugnata sentenza non e’ eseguibile; che invero l’opera realizzata dal (OMISSIS) e’ un unicum ed e’ di fatto impossibile demolire le opere in muratura e lasciar persistere la struttura destinata ad ospitare il futuro ascensore; che piu’ esattamente la statuizione impugnata consente “in linea teorica di escludere dal ripristino dello stato dei luoghi l’impianto dell’ascensore e i suoi componenti e/o apparecchiature accessorie, senza considerare pero’ che non si puo’ demolire la struttura in c.a. lasciando in piedi (…) quello che non esiste al suo interno” (cosi’ ricorso principale, pag. 26).
Con il terzo motivo la ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 1120 c.c., nonche’ la falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c..
Deduce che ha errato la corte territoriale, giacche’ non ha valutato che l’installazione dell’ascensore pregiudica il diritto degli altri condomini di godere della colonna d’area sovrastante il cortile comune; che segnatamente “non puo’ essere condivisa la frazionabilita’ ideale dell’area cortilizia” (cosi’ ricorso principale, pag. 27); che non vi e’ margine per applicare l’articolo 1102 c.c..
Con il quarto motivo la ricorrente principale, (OMISSIS), denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione dell’articolo 100 c.p.c..
Deduce che attesa l’attuale inesistenza dell’ascensore e del relativo impianto difettano in capo al (OMISSIS) la legittimazione ad agire e l’interesse ad agire.
Con il primo motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 167, 177, 183, 184, 342, 356, 366 e 369 c.p.c..
Deduce che ha errato la corte d’appello a non accogliere, tacciandolo di genericita’, il motivo di gravame con cui aveva censurato il primo dictum in dipendenza del rigetto, con ordinanza del 30.12.2003, delle istanze istruttorie, “volte a dimostrare il consenso alla realizzazione dell’opera oggetto del giudizio” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 4) ed in dipendenza dell’omessa valutazione delle “circostanze capitolate al n. 12 della comparsa di costituzione del giudizio introdotto dalla Sig.ra (OMISSIS)” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 9); che inoltre a nulla rileva la mancata riproduzione del contenuto della suindicata ordinanza nell’atto di appello.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1117, 1102, 1120, 1136 e 2697 c.c., degli articoli 167, 177, 183, 184, 342, 356, 366 e 369 c.p.c. e della L. n. 13 del 1989.
Deduce che la corte di merito ha errato a presumere condominiale l’ingresso di (OMISSIS), ingresso non necessario “all’uso comune per aver il fabbricato un altro ingresso in (OMISSIS)” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 14).
Deduce in particolare che antecedentemente alla costituzione del condominio “l’ingresso ed il cortile di (OMISSIS) risultavano oggettivamente destinati al servizio esclusivo dell’appartamento sito al pian terreno” (cosi’ ricorso incidentale, pagg. 16 – 17), sicche’ non potevano considerarsi beni comuni.
Con il terzo motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1117, 1102, 1120, 1136 e 2697 c.c., degli articoli 167, 177, 183, 184, 342, 356, 366 e 369 c.p.c. e della L. n. 13 del 1989.
Deduce che la corte distrettuale ha omesso di esaminare taluni fatti decisivi ai fini del riscontro della legittimita’ delle opere intraprese in quanto realizzate con il consenso di tutti i condomini.
Con il quarto motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1117, 1102, 1120, 1136 e 2697 c.c., degli articoli 167, 177, 183, 184, 342, 356, 366 e 369 c.p.c. e della L. n. 13 del 1989.
Deduce che le corrette valutazioni che hanno indotto la corte territoriale ad escludere dalla condanna al ripristino dello status quo ante “l’impianto dell’ascensore con componenti ed apparecchiature accessorie”, devono essere estese all’intera struttura costruita sul cortile di (OMISSIS).
Con il quinto motivo il ricorrente incidentale, (OMISSIS), denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1117, 1102, 1120, 1136, 2058, 2697 e 2909 c.c., degli articoli 100, 132, 167, 177, 183, 184, 342, 356, 366 e 369 c.p.c. e della L. n. 13 del 1989.
Deduce che la corte d’appello ha omesso di valutare una serie di circostanze, segnatamente le risultanze della c.t.u., idonee a dimostrare che “il ripristino dello stato dei luoghi comporterebbe un maggior danno per l’immobile e per i suoi proprietari rispetto al mantenimento della struttura” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 29); che al contempo, in considerazione dei danni che l’immobile subirebbe per effetto delle riduzione in pristino, le domande avverse, a causa, appunto, del difetto di una qualsivoglia concreta utilita’ conseguibile attraverso il giudizio, devono reputarsi inammissibili per carenza di interesse ad agire.
Deduce altresi’ che con l’atto di appello aveva censurato il primo dictum nella parte in cui aveva contraddittoriamente, “da un lato, negato l’esistenza di un danno alle proprieta’ di controparte (con statuizione oggi passata in giudicato) e, dall’altro, (…) ordinato la riduzione in pristino e, dunque, (…) ritenuto che, invece, un danno vi sia stato e che (…) andrebbe risarcito soltanto in forma specifica vista la lesione di un diritto reale” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 35); che al riguardo la corte di merito ha tuttavia omesso ogni valutazione.
Rilievo preliminare riveste la disamina del quarto motivo del ricorso principale.
Il motivo e’ in ogni caso infondato ed immeritevole di seguito.
E’ da escludere recisamente il difetto della legittimazione ad agire, recte, ab origine, a contraddire, e dell’interesse ad agire, recte, ab origine, a resistere, in capo a (OMISSIS).
Difatti, se e’ vero – come e’ vero – che l’accertamento della legittimazione ad agire e contraddire concerne, alla stregua dell’iniziale prospettazione di cui all’atto introduttivo del giudizio, la coincidenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda ed il soggetto che nella domanda stessa e’ affermato titolare del diritto e, da quello passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda e’ proposta e quello che nella domanda e’ affermato soggetto passivo del diritto o comunque “violatore” di quel diritto (cfr. Cass. 6.3.2008, n. 6132), e’ innegabile che il ricorrente incidentale e’ stato dalle iniziali attrici univocamente indicato come “violatore” del diritto di cui si sono affermate titolari, sicche’ (OMISSIS) e’ di certo legittimato a contraddire.
In pari tempo, se e’ vero – come e’ vero – che l’interesse ad agire o a resistere in giudizio ex articolo 100 c.p.c., deve essere apprezzato in relazione all’utilita’ concreta che dall’eventuale accoglimento della domanda, dell’eccezione o del gravame puo’ derivare al proponente (cfr. Cass. 24.9.2002, n. 13906), e’ parimenti innegabile che (OMISSIS) abbia un concreto interesse al riscontro della legittimita’ delle opere realizzate e realizzande, indipendentemente dalla circostanza, acclarata dal consulente d’ufficio, per cui, al momento del sopralluogo dell’ausiliario, i lavori non erano stati terminati, “in particolar modo per quanto concerne il corpo scale e l’ascensore, previsto e non ancora realizzato” (al riguardo cfr. ricorso principale, pag. 16).
Il primo ed il terzo motivo del ricorso principale sono strettamente connessi.
Il che ne suggerisce la disamina contestuale.
Entrambi i motivi comunque sono privi di fondamento.
E’ indubitabile che la corte distrettuale ha atteso ad una valutazione di tipo prospettico in rapporto ad opere in fieri (e, ben vero, non si tratta di “una generosa operazione di interpretazione”: cosi’ ricorso principale, pag. 22), allorche’ e’ pervenuta “a diversa soluzione (…), in riforma della (prima) sentenza, quanto alla installazione dell’ascensore” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8). Sicche’ a nulla rileva che “l’impianto ascensore (…) non e’ mai stato installato all’interno del vano scala in argomento” (cosi’ ricorso principale, pag. 16).
E siffatta valutazione e’ appieno legittima.
“In diritto”, diritto”, a condizione che l’installazione dell’ “impianto ascensore con componenti ed apparecchiature accessorie” sia realizzata ed avvenga con spese esclusivamente a carico di (OMISSIS) e l’impianto sia posto a disposizione degli altri condomini.
Evidentemente, tanto, alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte a tenor della quale la norma di cui all’articolo 1120 c.c., nel prescrivere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, tende a disciplinare l’approvazione di quelle innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condomini; ma, ove non debba procedersi a tale ripartizione per essere stata la spesa relativa alle innovazioni di cui si tratta assunta interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui all’articolo 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, ed in forza della quale ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto, e, pertanto, puo’ apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune; cosicche’, ricorrendo dette condizioni, il condomino ha facolta’ di installare a proprie spese nella tromba delle scale dell’edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini, e puo’ far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo (cfr. Cass. 10.4.1999, n. 3508; Cass. 21.12.2010, n. 25872, debitamente richiamate dalla corte territoriale).
“In fatto”, giacche’ la corte di Roma ha esplicitato che, “stando alle planimetrie e ai grafici, l’installazione dell’impianto comporta la occupazione di uno spazio in proporzione non prevalente rispetto all’intero cortile, laterale al corpo scale, con occupazione della corrispondente colonna d’aria ma senza invasione del passaggio sull’area cortilizia che dovra’ tornare aperta e libera e senza compromissione evidente ne’ degli affacci ne’ dell’aria e della luce per gli appartamenti che su quella parte hanno finestre” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 9).
Evidentemente le doglianze veicolate dai mezzi di impugnazione in esame si risolvono nella censura pur del giudizio “di fatto” cui la corte d’appello in parte qua agitur ha atteso.
E nondimeno il vizio motivazionale in tal guisa prospettato rileva nei limiti della novella formulazione del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, applicabile ratione temporis al caso di specie (la sentenza impugnata e’ stata depositata in data 9.11.2012), e nelle forme enunciate dalle sezioni unite di questa Corte con la pronuncia n. 8053 del 7.4.2014.
Su tale scorta si rappresenta ulteriormente quanto segue.
Da un canto, che e’ da escludere certamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della statuizione a sezioni unite teste’ menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte di merito ha in parte qua ancorato il suo dictum.
In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – il giudice di secondo grado, siccome si e’ posto in risalto, ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Dall’altro, che la corte distrettuale ha sicuramente delibato il fatto decisivo caratterizzante in parte qua la res litigiosa.
L’iter motivazionale che sorregge – al riguardo – il dictum di seconde cure, e’ percio’ in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico-formale.
Non merita seguito anche il secondo motivo del ricorso principale.
E’ sufficiente in proposito reiterare l’insegnamento di questo Giudice del diritto a tenor del quale, in tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare, il titolo esecutivo indica il risultato che deve essere raggiunto e l’ordinanza di cui all’articolo 612 c.p.c., stabilisce le modalita’ di ottenimento del medesimo (cfr. Cass. 6.5.2010, n. 10959; Cass. 18.3.2003, n. 3992; Cass. 13.3.1995, n. 2911, secondo cui, in tema di esecuzione forzata di obblighi di fare, ove il titolo esecutivo sia costituito da una sentenza di condanna all’esecuzione di opere rappresentanti un “quid novum”, la mancata indicazione specifica delle singole opere da eseguire non si traduce in un difetto di certezza e di liquidita’ del diritto riconosciuto dalla sentenza allorche’, anche a seguito dell’integrazione del dispositivo con le altre parti della sentenza, compresa l’esposizione dei fatti, le opere da eseguire vengano “qualificate” dal loro preciso riferimento alle finalita’ della loro imposizione e, in particolare, all’eliminazione di un pregiudizio ben individuato, nonche’ ad una situazione di fatto sufficientemente precisata che valga ad individuare il “tipo” dell’intervento; in tali ipotesi, e’ rimessa al giudice dell’esecuzione la determinazione delle concrete modalita’ dell’opera o la scelta tra diverse articolazioni concrete di opere aventi comuni finalita’ e connotazioni).
Di conseguenza sara’ il giudice dell’esecuzione che, ai sensi dell’articolo 612 c.p.c., determinera’ le concrete modalita’ mediante le quali escludere dalla condanna di (OMISSIS) al ripristino dello stato dei luoghi “l’impianto dell’ascensore con componenti ed apparecchiature accessorie” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 9).
E’ infondato e’ va percio’ respinto il primo motivo del ricorso incidentale.
E’ indiscutibile che il dictum di seconde cure, nella parte in cui ha rigettato il motivo di gravame con cui era stato censurato il primo dictum in rapporto alla mancata ammissione delle prove testimoniali, e’ ancorato, quanto meno, ad una duplice ratio decidendi.
Ed e’ altrettanto incontestabile che il motivo di ricorso de quo non reca puntuale e specifica censura dell’affermazione della corte di merito secondo cui la richiesta di prova testimoniale non era stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado: il ricorrente incidentale si e’ limitato ad addurre che “dell’ordinanza in parola (30.12.2003) e’ stata chiesta la modifica sia in corso di giudizio (all’udienza dell’11.6.2004) sia in sede di scritti conclusivi sia in sede di appello” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 12) e ad affermare, sic et simpliciter, che la “reiterazione della richiesta di ammissione della prova ((…), comunque, v’e’ stata)” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 13. Si vedano invece le pagg. 16 e ss. del controricorso ” (OMISSIS)”).
Su tale scorta si osserva, per un verso, che il motivo di ricorso per cassazione deve connotarsi, a pena di inammissibilita’, in conformita’ ai requisiti della specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata (cfr. Cass. 17.7.2007, n. 15952); per altro verso, che la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie, ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, poiche’, diversamente, le stesse dovranno ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in appello (cfr. Cass. 14.10.2008, n. 25157; Cass. 4.8.2016, n. 16290); per altro verso ancora, che, seppur si riconoscono come erronei e la qualificazione in termini di “genericita’” del motivo di appello e il rilievo della omessa riproduzione del contenuto dell’ordinanza istruttoria di prime cure nell’atto di gravame, l’ulteriore ratio (ancorata, appunto, alla mancata reiterazione della richiesta di prova in sede di precisazione delle conclusioni), in quanto destinata a rimaner impregiudicata, in ogni caso conserva la sua attitudine a “sostenere” in parte qua la decisione impugnata (cfr. Cass. sez. lav. 4.3.2016, n. 4292, secondo cui il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti; ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, e’ inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio dÃÆ’ motivazione; cfr. Cass. 11.1.2007, n. 389).
Sono strettamente correlati il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale.
Se ne giustifica quindi la simultanea disamina.
Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento.
Si rappresenta previamente che entrambi i motivi si qualificano in via esclusiva in relazione alla previsione del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 (si condividono pertanto le prospettazioni delle controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), secondo cui i motivi di ricorso in esame postulano, in buona sostanza, “una richiesta di riesame nel merito (…) dei fatti e delle prove raccolte nel primo grado del giudizio” – cosi’ controricorso ” (OMISSIS)”, pag. 19 – “dei fatti e documenti relativi ai precedenti gradi del giudizio” – cosi’ controricorso ” (OMISSIS)”, pag. 26).
Occorre tener conto, da un lato, che (OMISSIS) con i motivi de quibus censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte distrettuale ha atteso (“nel caso di specie, la presunzione di comunione di cui all’articolo 1117 c.c., risultava vinta dalla destinazione particolare del bene ingresso – cortile al servizio esclusivo dell’appartamento sito al pianterreno e che, come tale, era stato trasferito al ricorrente in proprieta’ esclusiva”: cosi’ ricorso incidentale, pag. 19; “l’opera deve dirsi legittima in quanto realizzata con il consenso di tutti i condomini”: cosi’ ricorso incidentale, pag. 20); dall’altro, che e’ propriamente il motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).
In questi termini si rappresenta ulteriormente che gli asseriti vizi motivazionali de quibus agitur rilevano ovviamente ai sensi del novello n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 e nei limiti di cui alla pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
In quest’ottica, da un canto, e’ da disconoscere, in relazione alle motivazioni sulle quali la corte romana ha in parte qua fondato la sua statuizione, qualsivoglia “anomalia motivazionale”; dall’altro, e’ da riconoscere che la medesima corte ha sicuramente delibato il fatto decisivo connotante al riguardo la res litigiosa.
L’iter motivazionale dunque, in proposito, e’ del pari totalmente ineccepibile ed assolutamente congruo e esaustivo.
D’altronde, il ricorrente incidentale censura l’asserita distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“i Giudici del gravame (…) non hanno considerato (…) le planimetrie catastali (…) i modelli redatti in sede di accatastamento quando il fabbricato e’ stato sopraelevato (…) che le cassette della posta delle appellate sono posizionate sull’ingresso di vicolo (OMISSIS) (…)”: cosi’ ricorso incidentale, pagg. 17 – 18; “i Giudici del gravame hanno omesso di esaminare (…): (…)”: cosi’ ricorso incidentale, pagg. 20 e ss.).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).
Sono strettamente connessi pur il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale.
Ne e’ opportuno percio’ l’esame congiunto.
L’uno e l’altro motivo in ogni caso sono destituiti di fondamento.
Si osserva in primo luogo che l’uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante e’ sottoposto dall’articolo 1102 c.c., a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto; pertanto, a rendere illecito l’uso basta il mancato rispetto dell’una o dell’altra delle due condizioni, sicche’ anche l’alterazione della destinazione della cosa comune determinato non soltanto dal mutamento della funzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto stabilito dall’articolo 1102 c.c. (cfr. Cass. 15.7.1995, n. 7752).
Su tale scorta si evidenzia che la corte territoriale ha reputato corretto il primo dictum, nella parte in cui aveva opinato per la “illegittimita’ della chiusura dello spazio anche aereo sovrastante il cortile, stante l’appartenenza comune a tutti i condomini della colonna d’aria (che rappresenta la proiezione verso l’alto dell’area sottostante)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8) e l’alterazione, “con la creazione di pianerottoli molto piu’ ampi rispetto a quelli prima esistenti (…) in modo sensibile e significativo (del)la originaria destinazione di quel bene” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8).
La corte di Roma dunque con valutazione ineccepibile, congrua ed esaustiva ha opinato nel senso della violazione di ambedue i limiti prefigurati dall’articolo 1102 c.c. e quindi per l’illiceita’ delle opere – fatta eccezione per l’impianto dell’ascensore – realizzate dal ricorrente incidentale.
Si osserva in secondo luogo che la facolta’ di godimento del bene costituisce contenuto del diritto di proprieta’ e di comproprieta’ e tale facultas ben puo’ essere pregiudicata per effetto della compressione che si determina a seguito delle ingiuste, dolose o colpose, iniziative altrui; in simile evenienza il danno subito dal proprietario ovvero dal comproprietario – in ipotesi di violazione dell’uno o dell’altro dei limiti imposti dall’articolo 1102 c.c. – e’ “in re ipsa” e discende dal semplice fatto della menomazione della facolta’ di godimento del bene (cfr. Cass. 4.12.1998, n. 1123, con riferimento ad un’ipotesi di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui).
Su tale scorta del tutto ingiustificato e’ l’assunto del ricorrente incidentale secondo cui le opere realizzate “non recano alcun danno ai condomini” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 27). Ne’ al riguardo puo’ rivestire valenza l’assunto secondo cui le stesse opere “arrecano un vantaggio consistente nell’impedire le infiltrazioni d’acqua nel vano scala ed in una migliore accessibilita’ dell’immobile” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 27).
Si osserva in terzo luogo che l’articolo 2058 c.c., che consente al giudice di disporre che il risarcimento abbia luogo per equivalente anziche’ in forma specifica qualora quest’ultima sia eccessivamente onerosa per il debitore, non si applica alle ipotesi di lesione di un diritto reale; in tali evenienze l’assolutezza del diritto leso facoltizza sempre il danneggiato a chiedere la riduzione in pristino, quale che sia l’onere che tale riduzione in pristino comporti per il debitore (cfr. Cass. 13.11.1997, n. 11221; Cass. 17.2.2012, n. 2359).
Su tale scorta in toto ingiustificati sono analogamente l’assunto secondo cui il ripristino dello status quo ante comporterebbe “un maggior danno allo stabile che non la conservazione della situazione attuale” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 28) e la conseguente supposizione per cui in dipendenza dell’accoglimento della domanda di reintegrazione in forma specifica “le controparti non possono ricevere alcuna utilita’ pratica” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 33), si’ che la loro domanda di riduzione in pristino difetterebbe di interesse ad agire.
Si osserva da ultimo che non vi e’ alcuna incompatibilita’ tra l’insussistenza di danni risarcibili per equivalente ed il riscontro di un danno suscettibile di reintegrazione in forma specifica.
Su tale scorta e’ da escludere che la corte d’appello abbia in proposito “omesso di rendere alcuna valutazione” (cosi’ ricorso incidentale, pag. 36).
Piu’ esattamente, nel confermare il primo dictum e, segnatamente, la condanna al ripristino dello status quo ante seppur con esclusione dell’ “impianto dell’ascensore con componenti ed apparecchiature accessorie” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 9), la corte di merito ha dato atto, implicitamente nondimeno univocamente, dell’insussistenza della prefigurata ragione di incompatibilita’.
Il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale giustifica in ogni caso tra le parti tutte l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
Si da’ atto che il ricorso di (OMISSIS) e’ datato 6.5.2013 ed il ricorso di (OMISSIS) parimenti e’ datato 6.5.2013.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), si da’ atto altresi’ della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale (OMISSIS) e da parte del ricorrente incidentale, (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimita’ tra le parti tutte; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale (OMISSIS) e da parte del ricorrente incidentale, (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit..