la responsabilità del conduttore per la ritardata restituzione dell’immobile locato, disciplinata dall’art. 1591 c.c., ha natura contrattuale, in quanto “deriva dalla violazione dell’obbligo del “conduttore” – tale secondo la stessa definizione del predetto articolo – di restituire la cosa locata alla cessazione del contratto. Ne deriva che il diritto al risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento a tale obbligo, ancorché in parte normativamente determinato con riferimento al corrispettivo convenuto, non si prescrive nel termine breve di cui all’art. 2948 n. 3 cod. civ., bensì nell’ordinario termine decennale.

 

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Tribunale Trieste, civile Sentenza 23 giugno 2018, n. 396

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica ex art. 50 ter c.p.c., nella persona del Giudice dott. Daniele Venier

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1750/2016 promossa da:

(…) – S.P.A. (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. MI.AC., elettivamente domiciliata in Trieste, Piazza (…)

RICORRENTE

contro

(…) (C.F. (…)), rappresentato e difeso dall’avv. GI.GR., presso il cui studio in Trieste, Via (…), risulta elettivamente domiciliato

e

(…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’avv. FE.ST., presso il cui studio in Trieste, Piazza (…), risulta elettivamente domiciliata

RESISTENTI

OGGETTO: “occupazione senza titolo di immobile”

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ricorso depositato il 19.5.2018 (…) S.p.A. esponeva in fatto: di avere dato in concessione al sig. (…), con contratto dd. 9.4.1991, l’alloggio di servizio sito in T., via (…), piano V, interno 15, dietro pagamento del canone annuo di Lire 3.092.974, oltre a spese accessorie, per la durata di 3 anni, tacitamente rinnovabile per soli altri 3 anni; che, scaduto l’1.11.1996 il contratto, aveva più volte invitato il sig. (…), da considerarsi occupante senza titolo, a “regolarizzare la sua posizione locativa” (pag. 2) sottoscrivendo un contratto di locazione secondo i criteri previsti dall’accordo sottoscritto tra (…), organizzazioni sindacali dei conduttori ed altre organizzazioni di categoria in data 25.9.2001, e con versamento rateale del debito per arretrati; che la proposta non era stata accettata dal (…), il quale era rimasto nel godimento dell’immobile, maturando – dal 1.6.1997 al mese di aprile 2016 – un debito a titolo di canone, quantificato sulla base della L. n. 431 del 1998, e di oneri condominiali, e al netto dei versamenti eseguiti, pari a Euro 130.776,49, per il quale era tenuta pure la sig. (…), moglie del (…), alla quale, come comunicato in data 5.5.2015, l’alloggio era stato assegnato in sede di separazione personale.

Ciò premesso in fatto, (…) S.p.a., deducendo l’occupazione senza titolo dell’alloggio e la responsabilità solidale al pagamento della relativa indennità da parte sia del (…), il quale non aveva mai effettivamente restituito l’immobile, limitandosi a comunicare tardivamente la sua avvenuta assegnazione alla moglie, sia – e dal 2007 – della (…), chiedeva di condannare entrambi gli occupanti al pagamento della complessiva somma di Euro 130.776,49, o di quella diversamente quantificata, oltre a rivalutazione monetaria e interessi, e all’immediato rilascio dell’alloggio.

2. In esito alla notifica del ricorso e del decreto dd. 25.5.2016, si costituivano entrambi i resistenti.

2.1 (…) eccepiva innanzitutto la prescrizione quinquennale del diritto al pagamento dell’indennità di occupazione; ulteriormente, allegava di avere rilasciato l’alloggio, a seguito della sua assegnazione alla moglie separata, “quanto meno dal 2.5.2007” (pag. 5 della comparsa di risposta), data in cui si era trasferito altrove, comunicandolo a (…) S.p.A. In ordine al quantum, sosteneva che l’indennità dovesse essere calcolata ricorrendo al canone agevolato previsto dall’accordo sindacale del 25.9.2001.

Insisteva quindi per il rigetto del ricorso; in via subordinata, chiedeva la riduzione della somma pretesa da (…) S.p.A., e di essere tenuto indenne dalla D. per quanto fosse tenuto a corrispondere alla società ricorrente.

2.2 La (…) eccepiva preliminarmente l’improcedibilità della domanda della ricorrente, per il mancato assolvimento – a causa della comparizione, per conto di (…) S.p.A., di soggetto non munito di potere rappresentativo – della procedura obbligatoria di mediazione.

Nel merito, eccepiva la prescrizione quinquennale del diritto di credito azionato nei propri confronti perlomeno sino al novembre 2010, mai avendo ricevuto atti interruttivi anteriormente alla lettera raccomandata per l’avvio del procedimento di mediazione. Contestava infine come esorbitante l’ammontare dell’indennità di occupazione pretesa ex adverso, anche tenuto conto della somma di Euro 10.844,03 corrisposta dal (…) dal 2004 al 2009, e chiedeva di respingere, o, in subordine, rideterminare la pretesa della ricorrente.

3. All’udienza del 28.9.2016, “rilevato che il procedimento di mediazione non può ritenersi espletato, non essendo (…) stata rappresentata da soggetto munito di adeguati poteri; considerato peraltro che l’ipotesi in cui la parte che ha richiesto la mediazione compaia bensì innanzi al mediatore, ma per mezzo di soggetto non munito di potere rappresentativo, non possa ritenersi equivalente a quella della mancata comparizione, cui la prevalente giurisprudenza ricollega la sanzione dell’estinzione del processo, atteso il principio generale di sanatoria del vizio di rappresentanza (v. art. 182 c.p.c.); ritenuto quindi che, non risultando il procedimento di mediazione esperito, deve assegnarsi alle parti – attesa la materia locatizia del giudizio – termine per il relativo espletamento”, veniva assegnato termine per l’avvio del procedimento di mediazione ex D.Lgs. n. 28 del 2010, conclusosi senza accordo, data la mancata partecipazione dei resistenti.

Ammessa c.t.u., la causa era infine decisa all’udienza di discussione del 20.6.2018 mediante lettura del dispositivo ex art. 429, I co., II parte c.p.c.

4. Non risulta in primo luogo controversa tra le parti la risoluzione, per intervenuta scadenza del termine, dell'”atto di concessione” stipulato in data 9.4.1991 tra l’Amministrazione P. e T. e (…), avente a oggetto l’alloggio di servizio sito in T., via G. n. 77, piano V, interno 15 (doc. 1).

E, invero, da un lato, la durata del rapporto, decorrente dal 1.11.1990, venne convenuta in tre anni, tacitamente rinnovabili per ulteriori 3 anni (art. 1); dall’altro, risulta ormai consolidato il principio secondo cui, in tema di concessione di alloggi di servizio per il personale postelegrafonico, l’art. 33 del regolamento ministeriale di attuazione 19 luglio 1984, previsto dall’art. 9 della L. 10 febbraio 1982, n. 39, determinando le modalità temporali della concessione degli alloggi di servizio, fissa un limite normativo di durata massima del rapporto locativo pari a tre anni, rinnovabile tacitamente, per una sola volta, per altri tre anni, e così complessivamente pari a sei anni (v. Cass. 8.11.2015, n. 21643, e successive conformi).

4.1 Altresì pacifico è che, dopo la scadenza del 1.11.1996, l’alloggio non sia stato riconsegnato alla locatrice (nelle more divenuta (…) S.p.a.), sussistendo conseguentemente l’obbligo dell’occupante, fondato sull’art. 1591 c.c., di versare il corrispettivo sino alla restituzione dell’immobile.

5. Ciò posto, va innanzitutto esaminata l’eccezione di prescrizione sollevata da entrambi i resistenti.

Secondo l’indirizzo prevalente in giurisprudenza, qui condiviso, la responsabilità del conduttore per la ritardata restituzione dell’immobile locato, disciplinata dall’art. 1591 c.c., ha natura contrattuale, in quanto “deriva dalla violazione dell’obbligo del “conduttore” – tale secondo la stessa definizione del predetto articolo – di restituire la cosa locata alla cessazione del contratto. Ne deriva che il diritto al risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento a tale obbligo, ancorché in parte normativamente determinato con riferimento al corrispettivo convenuto, non si prescrive nel termine breve di cui all’art. 2948 n. 3 cod. civ., bensì nell’ordinario termine decennale” (Cass. 17.12.1999, n. 14243; v., in termini, Cass. 14.2.2006, n. 3183; Cass. 3.10.2013, n. 22592; Cass. 10.5.2013, n. 11118).

5.1 Disattesa dunque l’opposta tesi della prescrizione quinquennale sostenuta dai due resistenti, si osserva che il primo atto interruttivo ricevuto dal (…) è costituito dalla lettera raccomandata a.r. inviata dalla ricorrente il 12.2.2013 e ricevuta il 18.2.2013 (doc. 7).

5.1.1 Ove si consideri che, per le ragioni di seguito esposte, non sussiste responsabilità solidale tra i due resistenti, e non trova quindi applicazione l’art. 1310, I co. c.c., quanto alla D. rileva quale primo atto interruttivo la comunicazione, mediante lettera raccomandata dd. 25.11.2015, della domanda di mediazione presentata da (…) S.p.A. (doc. 2 della resistente; v. comma 6 dell’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, secondo cui “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”).

5.2 Pertanto, con riguardo al (…), risulta prescritto il diritto della ricorrente al pagamento dell’indennità per il periodo anteriore al 18.2.2003.

5.2.1 Non si pone, invece, una questione di prescrizione nei confronti della D., in quanto la stessa ricorrente ha indicato nel 2007 (e quindi nell’ambito del decennio anteriore all’atto interruttivo) la data di decorrenza dell’obbligo (“In ogni caso dal 2007 in poi l’indennità di occupazione è dovuta anche dalla sig.ra (…) alla quale veniva assegnata la casa coniugale a seguito di separazione legale”; pag. 8 del ricorso).

6. A tale ultimo riguardo, si rileva che con decreto dd. 27.9.2005 il Tribunale di Trieste omologò la separazione consensuale tra i coniugi (…) e (…), assegnando la casa coniugale, costituita dall’alloggio di cui alla presente causa, già locato al primo, alla seconda (doc. 9 allegato dal (…)).

Quanto alla data in cui l’immobile venne effettivamente rilasciato dal (…) nella disponibilità della moglie, risultano prodotti dal resistente gli atti dell’esecuzione promossa dalla (…) per il rilascio (docc. 2-4), da cui emerge che, prima dell’11.4.2007, l’alloggio non era stato ancora abbandonato (v. verbale dd. 26.2.2007 dell’Ufficiale Giudiziario di rinvio dello “sfratto” all’11.4.2017).

In seguito, il solo elemento certo è costituito dal certificato di residenza, da cui emerge che in data 2.5.2007 il F. trasferì la residenza da via G. 77 a via O. 7 (doc. 8).

Che tale trasferimento sia stato effettivo, e che di esso (…) S.p.a. venne informata, risulta dall’invio e dalla ricezione, presso l’indirizzo di via (…), della lettera raccomandata a.r. dd. 19.12.2007, con cui l’odierna ricorrente invitò il (…) a stipulare un nuovo contratto di locazione e a sanare l’esposizione debitoria nelle more maturata (doc. 7 (…)).

6.1 L’intervenuta cessazione del contratto di locazione per scadenza del termine anteriore al decreto di omologa della separazione, impedisce la successione, prevista dall’art. 6, II co. L. n. 392 del 1978, nel contratto stesso (ormai cessato) del coniuge assegnatario.

Nondimeno, la (…) subentrò, dal 2.5.2007, al marito nell’occupazione di fatto dell’immobile, risultando quindi da allora obbligata al pagamento della relativa indennità in favore dell’ex locatore.

Alla medesima data deve altresì intendersi venuto meno l’obbligo di pagamento dell’indennità in capo al F., la cui occupazione dell’alloggio cessò con la sua consegna alla moglie separata a seguito dell’assegnazione giudiziale, consegna che integra al contempo una forma di riconsegna, sia pure figurativa, dell’immobile a (…) S.p.A., resa edotta (come sopra evidenziato) dell’assegnazione alla (…), e senza quindi che possa configurarsi la necessità, per il (…), di una concreta immissione in possesso del bene (ad esempio mediante consegna delle chiavi) nella disponibilità all’ex locatrice (v., in tema di successione ex art. 6, II co. L. n. 392 del 1978, Cass. 17.7.2008, n. 19691).

7. Conseguentemente, (…) è tenuto al pagamento dell’indennità di occupazione e degli oneri condominiali (la domanda della ricorrente è comprensiva pure di questi ultimi, come emerge dal prospetto allegato sub 6 al ricorso, sulla cui base è stata determinata la somma richiesta nel ricorso, pari a Euro 130.776,49; e, del resto, la (…) ha chiesto siano dedotti dall’ammontare della somma pretesa dalla ricorrente gli importi versati dagli occupanti anche a detto titolo, v. doc. 3) dal 18.2.2003 al 2.5.2007, e (…) dal 2.5.2007 al 30.4.2016 (nelle conclusioni il termine finale del credito della ricorrente è stato indicato nell'”aprile 2016″, e non nella data del rilascio).

7.1 In ordine all’ammontare delle somme dovute per il godimento dell’alloggio, non potendo più invocarsi, stante l’intervenuta cessazione per scadenza del termine, il regime del canone c.d. sociale (v. art. 3 del regolamento ministeriale D.M. 19 luglio 1994 di attuazione della L. 10 febbraio 1982, n. 33, art. 9), trovano applicazione i parametri previsti dalla L. n. 431 del 1998 (nelle more entrata in vigore), in quanto, “cessata l’assegnazione (avente durata massima di sei anni) e … intervenuta la trasformazione dell’Amministrazione in soggetto privato, … si determina la “sostituzione” (cfr. Cass. cit.) della disciplina pubblicistica con quella comune delle locazioni ad uso abitativo” (Cass. 29.4.2015, n. 8697).

7.2 La determinazione dell’indennità di occupazione ha costituito oggetto di c.t.u., affidata al geom. Gi.Te., dai cui esiti – adeguatamente motivati, fondati su una scrupolosa verifica della documentazione e delle condizioni dell’immobile, e non specificamente contestati dalle parti – non vi è motivo di discostarsi.

Il c.t.u. ha applicato i criteri di calcolo di cui alla L. n. 431 del 1998, oltre a quelli previsti dal D.I. dd. 30 dicembre 2002 (con il quale sono stati fissati i criteri per la determinazione dei canoni di locazione agevolati nella contrattazione territoriale), dall’Accordo Territoriale del 2003 nel Comune di Trieste, e dall’Accordo Aggiuntivo – Integrativo di (…) S.p.a. del 25.9.2001 (stipulato ai sensi del terzo comma dell’art. 2 L. n. 431 del 1998) che prevede l’applicazione del canone locativo minimo aumentato del 20%.

L’ammontare del canone (sulla base dei calcoli sviluppati alle pagine 4-6 della relazione) è stato determinato in Euro 6.571,49 annui per il 2003, successivamente rivalutato per gli anni successivi secondo gli indici ISTAT – FOI al 75%.

7.2.1 Quanto, in primo luogo, al F., l’importo dovuto per indennità di occupazione dal 18.2.2003 al 2.5.2007 è pari a Euro 28.844,43, da cui vanno detratti i versamenti di Euro 5.409,30, per un residuo debito di Euro 23.435,13.

Quello per oneri condominiali è pari a Euro 1.283,93, da cui vanno detratti i versamenti effettuati dal resistente per Euro 975,00, residuando un debito di Euro 308,93.

La somma totale a carico del (…) è quindi pari a Euro 23.744,06.

7.2.2 Il debito della (…) dal 2.5.2007 al 30.4.2016 viene invece così determinato:

a) per indennità di occupazione: dovuti Euro 66.563,03 (il totale stimato dal c.t.u. è superiore, Euro 78.881,54, in quanto ricomprende pure i canoni successivamente maturati sino al 15.11.2017, data dell’udienza successiva al deposito della relazione, pari a Euro 12.318,51, che vengono quindi esclusi); versati Euro 2.852,80; differenza Euro 63.710,23;

b) per oneri condominiali: dovuti Euro 2.675,00 (anche in tale caso il totale stimato dal c.t.u. è, per il motivo sopra indicato, superiore, Euro 3.150,00; dallo stesso sono stati esclusi gli oneri condominiali, pari a Euro 25,00 mensili, per i mesi da maggio 2016 a novembre 2017 inclusi, pari a complessivi Euro 475,00); versati Euro 500,00; differenza Euro 2.175,00;

Somma totale dovuta dalla resistente: Euro 65.885,23.

8. Pertanto, (…) viene condannato al pagamento, in favore di (…) S.p.a., della somma di Euro 23.744,06, oltre agli interessi dalla domanda (v. Cass. 3183/2006 cit.) al saldo; (…) viene condannata al pagamento, in favore di (…) S.p.A., della somma di Euro 65.885,23, oltre agli interessi dalla domanda al saldo.

9. La circostanza, incontroversa, che l’alloggio sia tuttora occupato dalla D. nonostante l’intervenuta cessazione, per scadenza del termine, del contratto di locazione, e in difetto di altro titolo idoneo, comporta l’accoglimento della domanda di rilascio formulata dalla ricorrente.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate d’ufficio, in difetto di nota, nella misura indicata in dispositivo, applicati, sulla base dello scaglione di riferimento (da Euro 52.000,01 a Euro 260.000,00), valori inferiori a quelli medi previsti dal D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto, in particolare, della limitazione dell’istruttoria alla sola c.t.u., e applicato l’art. 97 c.p.c. che, nell’ipotesi di una pluralità di parti soccombenti, impone di condannare ciascuna di esse “in proporzione al rispettivo interesse nella causa”, interesse prevalente in capo alla (…), debitrice della maggior somma, rientrante nell’ambito del suddetto scaglione (e quindi tenuta per intero alle spese come liquidate), e soccombente pure in ordine alla domanda di rilascio, rispetto al (…), che appare congruo condannare alle spese stesse nella misura (proporzionale al rapporto tra la somma dallo stesso dovuta e quella totale) di un quarto.

10.1 Gli oneri della c.t.u. sono posti a definitivo carico dei resistenti in solido.

11. Viene infine fissato, ex art. 429, I co. c.p.c., in giorni 60 il termine per il deposito della sentenza.

P.Q.M.

Il Tribunale di Trieste, nella suindicata composizione monocratica, esaurita la discussione orale, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definisce il giudizio come appresso:

– accerta e dichiara che l’alloggio sito in T., via G. n. 77, piano V, interno 15, è attualmente occupato senza titolo da (…);

– condanna (…) al pagamento, in favore di (…) S.p.a., della somma di Euro 23.744,06, a titolo di indennità di occupazione dal 18.2.2003 al 2.5.2007, oltre agli interessi dalla domanda al saldo;

– condanna (…) al pagamento, in favore di (…) S.p.A., della somma di Euro 65.885,23, a titolo di indennità di occupazione dal 2.5.2007 al 30.4.2016, oltre agli interessi dalla domanda al saldo;

– condanna (…) a rilasciare nella disponibilità della società ricorrente, libero da persone e cose, l’alloggio sopra indicato;

– condanna i resistenti alla rifusione delle spese di lite in favore della società ricorrente, liquidate d’ufficio in Euro 9.500,00 per compensi ed Euro 942,08 per esborsi, oltre a spese generali, CPA e IVA – se dovuta – ex lege, ponendole a carico per intero della (…), e per un quarto del (…) in solido;

– pone gli oneri della c.t.u. a definitivo carico dei resistenti in solido;

– fissa, ex art. 429, I co. c.p.c., in giorni 60 il termine per il deposito della sentenza.

Così deciso in Trieste il 20 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.