l’esenzione dall’azione revocatoria di cui all’art. 67, comma 3, lettera a), L.F. opera sul piano oggettivo senza alcuna rilevanza degli stati soggettivi dell’accipiens, e la locuzione “pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso” va intesa come comprensiva sia della qualità e tipologia del pagamento, che deve risultare effettuato con un mezzo fisiologico ed ordinario, sia del dato cronologico del tempo del pagamento, con la conseguenza che per l’operatività di siffatta esenzione occorre che il pagamento sia stato eseguito, oltre che con mezzi ordinari, nei tempi previsti dal regolamento negoziale accettato dalle parti”; si è precisato che “ai fini dell’esenzione dall’azione revocatoria prevista dall’art. 67, terzo comma, lett. a), R.D. n. 267 del 1942 (legge fallimentare), per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso, quest’ultima espressione involge sia il profilo delle modalità, sia quello del tempo del pagamento. La causa di esenzione in parola postula dunque l’utilizzo dei mezzi solutori ordinari ed il rispetto dei termini di pagamento originariamente convenuti tra le parti, ovvero resi oggetto di convenzione successiva, esplicitata ovvero chiaramente desumibile dall’analisi del comportamento delle parti.
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Tribunale Pordenone, civile Sentenza 21 giugno 2018, n. 500
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PORDENONE
Il Giudice dr. Francesco Petrucco Toffolo ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1306/2016 del R.G. Trib. in data 22/4/2016, promossa
da
– (…) S.P.A. in amministrazione straordinaria, con sede legale in (…), Viale (…), c.f. (…), in persona del Commissario Straordinario dott. Ma.Ca., rappresentata e difesa dagli avvocati Ca.Ma., Fr.Gr. ed En.Be.;
attrice
contro
– (…) S.r.l., con sede legale in (…), Via (…), c.f. (…), in persona del Presidente del Consiglio di Amministratore e legale rappresentante Dr. Je.Cr., rappresentata e difesa dagli avvocati Pa.Bi., Fr.Ga. e Ma.Zu.;
convenuta
avente per oggetto: azione revocatoria fallimentare (artt. 67 e ss.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione del 7.4.2016, notificato in data 3.5.2016, (…) S.p.A. in amministrazione straordinaria, affermata la revocabilità, ai sensi e per gli effetti dell’art. 67 comma 2 L.F., dei pagamenti effettuati a favore di (…) S.r.l. nel corso del c.d. “semestre sospetto”, compreso tra il 5.6.2012 ed il 5.12.2012, per l’importo complessivo di Euro 975.913,00, domandava la condanna della convenuta alla restituzione.
(…) si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta del 29.7.2016, contestando la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi previsti dall’art. 67, comma secondo, l.f., ai fini dell’azione revocatoria. In particolare, la convenuta eccepiva il fatto che i pagamenti oggetto dell’azione fossero relativi ad attività rientranti nell’esercizio dell’attività di impresa e che fossero stati effettuati nei termini d’uso, con conseguente esenzione da revocatoria ai sensi dell’art. 67 comma terzo lett. a) l.f.; in via subordinata, la difesa di parte convenuta sosteneva l’insussistenza in capo a (…) della conoscenza dello stato d’insolvenza di A. nel c.d. semestre sospetto..
La causa è stata istruita con la mera acquisizione della documentazione prodotta ed è stata trattenuta in decisione all’udienza del 9.2.2018.
Sul presupposto temporale per la revocatoria dei pagamenti
Pur non essendovi contestazione della convenuta sul punto, dev’essere verificata d’ufficio la corretta individuazione da parte attrice del semestre c.d. sospetto.
Si deve ricordare che (…) ha depositato in data 5.12.2012 ricorso per concordato preventivo c.d. prenotativo ex art. 161 comma 6 l.f. (doc. 1 att.), senza depositare poi la proposta nel termine concesso; in data 5.6.2013, la stessa A. ha quindi presentato atto di desistenza e in data 28.6.2013 è stata dichiarata in stato d’insolvenza con sentenza n. 47/2013 del Tribunale di Pordenone (doc. 3 att.); è seguita l’ammissione in data 26.7.2013 alla procedura di amministrazione straordinaria ex D.Lgs. n. 270 del 1999.
La giurisprudenza, consolidatasi ormai anche in sede di legittimità, ha statuito che nel caso in cui, dopo l’ammissione di una società al concordato preventivo, segua la dichiarazione di fallimento, il termine di cui all’art. 67 l.f. per l’esercizio dell’azione revocatoria decorre dalla data di deposito della domanda di concordato e non da quella successiva della sentenza di fallimento (Cass. 2016/7324, Cass. 2012/2335).
Il c.d. decreto “Sviluppo” (D.L. n. 83 del 2012, convertito con modifiche nella L. n. 134 del 7 agosto 2012), novellando l’art. 69 bis, comma 2, l.f., ha recepito il principio della consecuzione delle procedure, così disponendo: “nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i periodi di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”; così che il dies a quo per il calcolo, a ritroso, del periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria è fissato alla data della pubblicazione della domanda di concordato, ove a questo sia seguito il fallimento.
Secondo autorevole dottrina, la disposizione va intesa come indifferentemente riferita alla domanda di concordato “pieno” o “in bianco” (c.d. concordato prenotativo o con riserva) e tale orientamento dev’essere condiviso in considerazione dell’assimilazione (normativa e giurisprudenziale) tra le due fattispecie, anche la seconda delle quali provoca già parte degli effetti propri dell’ammissione alla procedura concorsuale minore. L’introduzione del secondo comma dell’art. 69 bis, inoltre, in quanto privo di ogni riferimento all’esito della domanda dalla cui pubblicazione decorre il semestre sospetto ove in qualsiasi modo segua il fallimento, chiarisce che il principio di consecuzione è applicabile a tutte le ipotesi in cui ad una domanda di concordato, pieno o in bianco, segua la dichiarazione di fallimento, a prescindere dalle ragioni dell’insuccesso della prima procedura, così pervenendosi ad opportuna neutralizzazione, ai fini della revocabilità degli atti anteriori, del periodo occupato dagli adempimenti che fanno necessario seguito al ricorso proposto.
Sulla questione è intervenuta di recente ed in termini risolutivi la Corte di Cassazione, con la sentenza 14/12/2016 n. 25728, nella cui motivazione si legge: “attesa la contestuale previsione della possibilità di presentare una domanda di concordato con riserva (L. Fall., art. 161, comma 6), il legislatore ha inteso eliminare il rischio di un uso strumentale di tale facoltà onde sterilizzare il periodo sospetto. Introdotta la possibilità della domanda di concordato in bianco, e anticipati, quindi, gli effetti protettivi sul patrimonio del debitore all’atto della pubblicazione di una semplice domanda, con riserva di presentare la proposta (e il piano) entro un termine fino a 180 giorni, equivalente alla durata del periodo sospetto per gli atti normali, si è contestualmente fatto decorrere l’inizio del periodo sospetto da quel primo atto. Del tutto coerentemente l’ambito applicativo è stato elaborato a ritroso in rapporto alle domande di concordato pubblicate dopo l’entrata in vigore della medesima norma, per evitare che la presentazione di una domanda di concordato in bianco diventasse facile strumento di vanificazione delle revocatorie. L’esegesi dell’ambito temporale considerato dall’art. 69-bis risponde quindi, nell’unico modo possibile, alla esposta esigenza di bilanciamento, avendo altresì la riforma del 2012 reso irrevocabili gli atti compiuti nel periodo successivo alla presentazione del ricorso di concordato, finanche con riserva. Tenendo presente l’opzione per il regime di stabilità di tutti gli atti legalmente compiuti dopo tale momento (cfr. la L. Fall., art. 67, lett. e) è chiaramente spiegabile anche la regola secondo cui, invece, per gli atti e i pagamenti anteriormente effettuati, e per le garanzie anteriormente iscritte, i termini delle revocatorie decorrono, ove sopravvenga il fallimento, dalla data di pubblicazione della medesima domanda di concordato nel registro delle imprese. In conclusione, la L. Fall., art. 69-bis, comma 2, codifica il principio in relazione a tutte le ipotesi in cui il fallimento sia conseguito a una domanda di concordato, avendo trovato la propria ratio in base alla contestuale previsione di ammissibilità di un concordato con riserva.”
Devono tuttavia essere chiariti i termini di applicabilità dei principi come sopra ricostruiti alla procedura di amministrazione straordinaria (tema sul quale, nei termini di cui infra,, v. già, di recente, Tribunale Roma, sent. 20 gennaio 2017 n. 1025).
Il D.Lgs. n. 270 del 1999, che ha disciplinato ex novo l’istituto, ha espressamente previsto (art. 49, comma 2) che i termini stabiliti per l’esercizio delle azioni revocatorie si computano a decorrere dalla dichiarazione dello stato d’insolvenza (come la legge fallimentare prevede per l’ipotesi “base” che si computino dalla dichiarazione di fallimento). Come si è già osservato, il disposto dell’art. 69 bis, comma 2, l.f., che si deve intendere richiamato dall’art. 49 D.Lgs. n. 270 del 1999, in ipotesi di consecuzione di procedure, stabilisce che il dies a quo per il calcolo del periodo sospetto è quello della data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese, con conseguente retrodazione a tale data degli effetti dell’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. Il rinvio contenuto nell’art. 49 estende infatti all’impresa dichiarata insolvente ex D.Lgs. n. 270 del 1999 le disposizioni espressamente dettate per il fallimento in ordine agli effetti che questo comporta sugli atti pregiudizievoli ai creditori, ed il rinvio è relativo anche ai termini di decorrenza del periodo sospetto, per la cui individuazione non può che farsi riferimento alla disciplina propria delle azioni revocatorie. In buona sostanza, come chiarito già da Cass. n. 5858/99, una volta che le ridette disposizioni siano divenute applicabili (ovvero una volta che, come nel caso di specie è avvenuto in data 5.2.2014, sia stato autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali), il Commissario potrà esperire le singole azioni di inefficacia individuando il periodo sospetto secondo quanto previsto dalle norme che le regolano (così, di recente Cass., sent. 19/01/2016, n. 803).
La stessa giurisprudenza ritiene che la previsione normativa abbia reso superflua ogni indagine circa la riconducibilità delle due procedure alla stessa situazione d’insolvenza che, in precedenza, in mancanza di una previsione normativa, era ritenuta necessaria per giustificare la consecuzione: l’art. 69 bis non include infatti nessun riferimento a tale ulteriore presupposto, richiedendo solo il dato della consecuzione tra le procedure ed addirittura il legislatore ha ritenuto irrilevante la parziale diversità di presupposto oggettivo previsto dagli artt. 5 (art. 3 D.Lgs. n. 270 del 1999 per l’amministrazione straordinaria) e 161 l.f. per l’accesso alle diverse procedure concorsuali. Nella specie, la rinuncia al concordato è stata depositata solo pochi giorni prima dell’istanza per la dichiarazione d’insolvenza.
Si conferma pertanto che il semestre sospetto decorre, come correttamente prospettato da parte attrice, a ritroso dalla pubblicazione della domanda “prenotativa” di concordato del 5 dicembre 2012 e non dalla dichiarazione d’insolvenza del 28 giugno 2013, così che si individua nel periodo compreso tra il 5.6.2012 ed il 5.12.2012.
Sul presupposto oggettivo e sull’esenzione da revocatoria
I pagamenti di (…) nel c.d. semestre sospetto, determinato come sopra ed oggetto di pretesa revocatoria, in favore di (…) si riferiscono alle forniture di componenti industriali effettuate da parte dell’odierna convenuta nei confronti di (…) come da fatture allegate alla citazione unitamente alle relative disposizioni di pagamento (doc. 11 att.).
Si riporta di seguito l’elenco dei pagamenti oggetto di domanda di revocatoria:
1) pagamento di data 22.06.2012 di Euro 172.052,32 relativo alle fatture n. (…) di data 29.02.2012, 50100 di data 29.02.2012, 50101 del 29/02/2012, 50102 di data 29.02.2012, 50073 di data 10.02.2012, 50159 di data 30.03.2012;
2) pagamento di data 20.07.2012 di Euro 201.088,61 relativo alle fatture n. (…) di data 29.03.2012, 50158 di data 30.03.2012, 50160 di data 30.03.2012, 50216 di data 30.04.2012, 50159 di data 30.03.2012;
3) pagamento di data 23.08.2012 di Euro 121.121,84 relativo alla fattura n. (…) di data 31.05.2012 e 50216 di data 30.04.2012;
4) pagamento di data 5.10.2012 di Euro 277.000,00 relativo alle fatture n. (…) di data 31.05.2012 e 50337 del 28.06.2012;
5) pagamento di data 26.10.2012 di Euro 173.000,00 relativo alla fattura n. (…) di data 28.06.2012;
6) pagamento di data 28.11.2012 di Euro 31.650,00 relativo alla fattura n. (…) di data 31.07.2012;
per l’importo complessivo di Euro 975.913,00.
Non contestando i dati sopra riportati, la convenuta ha invocato l’esenzione da revocatoria per essere i pagamenti de quibus avvenuti nei “termini d’uso”, con riferimento a quanto previsto dall’art. 67, comma 3, l.f.) secondo cui “non sono soggetti all’azione revocatoria: a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso”.
L’esenzione presenta, in conformità al dato testuale, i seguenti presupposti: 1) che si tratti di pagamenti di beni o servizi; 2) che essi siano effettuati dall’imprenditore nell’esercizio dell’attività d’impresa; 3) che essi siano avvenuti nei “termini d’uso”.
Pacifica essendo nella fattispecie la sussistenza dei presupposti indicati ai punti 1) e 2), la controversia attiene essenzialmente alla sussistenza del terzo (e notoriamente più problematico) presupposto.
In relazione alla citata disposizione la Suprema Corte ha osservato che “la dizione normativa termini d’uso non è particolarmente chiara, mentre lo è la ratio della norma, intesa a favorire la conservazione dell’impresa nell’ottica dell’uscita dalla crisi, mentre la precedente disciplina della revocatoria era ritenuta di serio ostacolo alle prospettive di risanamento dell’impresa” ed aggiunto che “il riferimento della l. fall., art. 67, comma 3, lett. a), ai “termini d’uso”, ai fini dell’esenzione della revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa, attiene alle modalità di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non già alla prassi del settore economico in questione” (Cass., sez. I, n. 25162/16, in motivazione, par. 2.1; negli stessi termini, di recente, Cass., sez. VI, n. 5587/2018).
L’indicazione è conforme al dominante orientamento della giurisprudenza di merito: “deve intendersi eseguito nei termini d’uso quel pagamento che non solo sia avvenuto con mezzi normali ma anche con una tempistica coerente con il regolamento negoziale accettato dalle parti ovvero, in via subordinata usualmente in essere tra le parti e dunque anch’essa caratterizzata da profili di normalità” (Tribunale di Roma, sez. fall., n. 11407/14; conformi, nn. 10103 e 10102/14; conformi Trib. Marsala, 24/06/2011, Trib. Salerno, n. 1559/13, n. 1196/13 e n. 2484/2013, Trib Milano, n. 2864/2013, n. 5115/2012, n. 12776/12 e. n. 14522/12; Trib. Monza, 24.4.12; Trib. Modena, n. 472/13).
Secondo la Corte d’Appello di Milano (App. Milano Sez. IV, 12.10.2015) “l’esenzione dall’azione revocatoria di cui all’art. 67, comma 3, lettera a), L.F. opera sul piano oggettivo senza alcuna rilevanza degli stati soggettivi dell’accipiens, e la locuzione “pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso” va intesa come comprensiva sia della qualità e tipologia del pagamento, che deve risultare effettuato con un mezzo fisiologico ed ordinario, sia del dato cronologico del tempo del pagamento, con la conseguenza che per l’operatività di siffatta esenzione occorre che il pagamento sia stato eseguito, oltre che con mezzi ordinari, nei tempi previsti dal regolamento negoziale accettato dalle parti”; si è precisato che “ai fini dell’esenzione dall’azione revocatoria prevista dall’art. 67, terzo comma, lett. a), R.D. n. 267 del 1942 (legge fallimentare), per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso, quest’ultima espressione involge sia il profilo delle modalità, sia quello del tempo del pagamento. La causa di esenzione in parola postula dunque l’utilizzo dei mezzi solutori ordinari ed il rispetto dei termini di pagamento originariamente convenuti tra le parti, ovvero resi oggetto di convenzione successiva, esplicitata ovvero chiaramente desumibile dall’analisi del comportamento delle parti” (Trib. Milano, 16.7.2013).
Quanto alle modalità, non sono sicuramente conformi ai termini d’uso i pagamenti con mezzi anomali, quali la datio in solutum: non sembra possibile attribuire importanza dirimente, invece, al fatto che l’imprenditore abbia adottato meccanismi di pagamento differenti ma fra loro “compatibili” quali, ad esempio, il bonifico bancario, l’assegno circolare, la ricevuta bancaria.
Quanto al tempo del pagamento, sarebbero esentati i pagamenti adempiuti alla relativa scadenza mentre resterebbero revocabili, da un lato, quelli effettuati anteriormente a tale data (se ritenuti inefficaci ex art. 65 l.f.), dall’altro, quelli compiuti dopo la scadenza. Con riferimento a quest’ultima ipotesi è stato però opportunamente sottolineato che un’interpretazione esageratamente rigida finirebbe col penalizzare i pagamenti eseguiti con un moderato ritardo, che potrebbe invece rientrare nella normale tolleranza insita nei rapporti commerciali. E, come osservato, il richiamo all'”uso” sembra proprio evocare un intrinseco margine di sopportazione da parte del creditore, anche alla luce della rammentata ratio della norma, individuata nel favor per la continuazione dell’attività d’impresa.
Sarà dunque esentato il pagamento che risulti effettuato nei termini generalmente osservati tra le parti: così anche per il caso del pagamento eseguito all’interno di un ritardo precedentemente già praticato. L’uso temporale sarà quello in vigore al momento in cui è stato effettuato il pagamento, non risultando necessaria una espressa rinegoziazione dei termini. Saranno di contro revocabili i pagamenti che intervengono con un ritardo ulteriore a quello generalmente tollerato – o ancora, quelli effettuati dopo la scadenza di un piano di rientro concordato.
Ebbene, ha osservato l’attrice che il rapporto di fornitura tra (…) e (…) era inizialmente regolato da un accordo, il “new production agreement acc – airlux” sottoscritto in data 4.12.2009 per la durata di tre anni a partire dal 1.1.2010 tra (…) (ora l’odierna convenuta (…) SRL) e H. (prima A. S.p.A.) e riguardante anche le controllate (…) e (…) SpA ora (…) (v. doc. 12 della Citazione): in detto contratto le condizioni di pagamento delle fatture di (…) erano “90 giorni fine mese”.
E’ vero che a partire dal mese di aprile del 2012, (…) aveva operato una modifica restrittiva unilaterale delle condizioni di pagamento applicate, come evidenziato dalle fatture relative alle disposizioni di pagamento sopra elencate ai numeri 2, 3, 4, 5 e 6 che indicano “Bonifico bancario 30 gg fine mese al 20 mese seguente” ed in alcune fatture relative alle disposizioni di pagamento elencate al punto n. 1 che prevedono “RD 40% 60 gg. – 60% 90 gg. fine mese”. Ma, come è pacifico, di modifica unilaterale si è trattato, e per di più rimasta priva di seguito nella prassi, posto che: in primo luogo, essa fu contestata e rifiutata da (…) (v. missiva della dott.ssa (…) per (…) del 15.6.2012); in secondo luogo, come evidenzia la comunicazione di (…) ((…)) del 20.6.2012 (in risposta alla missiva della dott.ssa (…) del 15.06.2012), (…) accettò di mantenere le scadenze precedentemente in vigore e ciò, di fatto, fino alla fine del 2012.
Ripercorrendo il prospetto soprariportato e considerando quale termine pattuito per il pagamento i 90 giorni, si ha che nel semestre sospetto tutti i pagamenti sono avvenuti con un ulteriore ritardo, approssimativamente pari a 20-30 giorni.
Si tratta di un ritardo non significativo, che non può essere ritenuto sufficiente a connotare i pagamenti intervenuti in termini di devianza rispetto all’uso, tanto più che la difesa di parte convenuta ha offerto elementi documentali atti a ritenere che i ritardi intervenuti nel periodo sospetto siano stati conformi a quelli che intervenivano nella fase anteriore (v. docc. nn. 3ab-4-5 conv., che recano indicazioni mai contestate dalla difesa attorea).
Si deve infine osservare come elementi valutativi di senso contrario non si ricavino dal prodotto scambio di corrispondenza tra le parti: se è vero che emerge una costante pressione da parte di (…) per ottenere i pagamenti, si evidenzia come tale pressione sia riconducibile alla difficoltà costantemente dimostrata dalla controparte. E tuttavia, ancora una volta, le sollecitazioni riflettono un atteggiamento collaborativo di entrambe le parti, funzionale a regolare i flussi finanziari con adeguato rispetto delle esigenze delle stesse, senza la formazione di arretrato (nonostante il considerevole valore degli acquisti).
In conclusione: tutti i pagamenti sono avvenuti con mezzo fisiologico e ordinario; nel semestre sospetto non c’è stata variazione nelle modalità di pagamento; quanto al profilo cronologico, i termini di pagamento sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto a quelli già affermatisi inter partes nel periodo precedente; il ritardo con cui i pagamenti sono stati eseguiti è stato sempre relativamente modesto e pari a quello che si presentava nel periodo precedente; non si è formato, nel periodo sospetto, arretrato, né è stato concordato un piano di rientro.
Gli elementi acquisiti, sulla base di una valutazione complessiva che valorizzi opportunamente la ratio della disposizione invocata dalla convenuta, inducono a ritenere che i pagamenti dei quali è stata domandata la revocatoria siano intervenuti nei termini d’uso e vadano pertanto esenti, ex art. 67, terzo comma, lett. a), R.D. n. 267 del 1942, dalla richiesta dichiarazione d’inefficacia.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 37 del 2018.
P.Q.M.
Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa n. 1306/2016 R.G., così decide:
1) rigetta le domande proposte da parte attrice;
2) condanna l’attrice alla rifusione in favore di parte convenuta delle spese di lite, che liquida nell’importo di Euro 22.000,00, oltre rimborso forfetario 15%, nonché Iva e Cna se ed in quanto dovute per legge.
Così deciso in Pordenone l’11 giugno 2018.
Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2018.