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l’adempimento di un obbligo informativo in un settore negoziale ad alto contenuto tecnico quale quello in esame non può mai essere dimostrato mediante la sottoscrizione di dichiarazioni generiche, unilateralmente predeterminate e predisposte in via generale, essendo necessaria l’allegazione e la prova del contenuto e delle concrete modalità di messa a disposizione dell’affiliato della documentazione dettagliatamente elencata nel citato art. 4 L. 129/2004 in relazione alla quale vi è l’obbligo di preventiva consegna.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di franchising o di affiliazione commerciale si consiglia il seguente articolo:
Il contratto di franchising o di affiliazione commerciale
Tribunale Trento, civile Sentenza 30 maggio 2014, n. 629
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Trento
Contenzioso Ordinario CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Giuliana Segna ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. 1919/2010 R.G. promossa da:
MO.FA., con il patrocinio degli avv. MA.LU. e AD.GI. DOM. C/O AVV. LU.MA., 38100 TRENTO;, elettivamente domiciliato in 38100 TRENTO, presso il difensore avv. MA.LU.
ATTORE
contro
UN. S.r.l. con il patrocinio dell’avv. VO.ST. e elettivamente domiciliato in 38100 TRENTO presso lo studio dell’avv. VO.ST.
CONVENUTO
Riunita alla causa civile di I Grado iscritta al n. 1252/2010 R.G. promossa da:
MO.FA.(c.f. (…)), con il patrocinio degli avv. MA.LU. e AD.GI. DOM. C/O AVV. LU.MA., 38100 TRENTO;, elettivamente domiciliato in 38100 TRENTO, presso il difensore avv. MA.LU.
ATTORE
contro
UN. S.r.l. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. VO.ST. e elettivamente domiciliato in 38100 TRENTO presso lo studio dell’avv. VO.ST.
CONVENUTO
CONCLUSIONI
ATTORE: come da foglio allegato all’udienza del 18 dicembre 2013; CONVENUTO: come da foglio allegato all’udienza del 18 dicembre 2013.
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 3.6.2010 Fa.Mo., in proprio e quale titolare della ditta individuale Nu.En., ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 425/10 in forza del quale era stata condannata a corrispondere all’Un. S.r.l. la somma di Euro 16.000,00 quale corrispettivo del contrato di affiliazione concluso con la convenuta.
Ha asserito che controparte non aveva in precedenza sollecitato il pagamento e che controparte era inadempiente in quanto non aveva consegnato il materiale previsto all’art. 1 del contratto, non aveva mai tenuto il corso necessario a fornire il know-how ai nuovi affiliati, non aveva effettuato la pubblicità prevista nel contratto e non aveva fornito le informazioni previste dalla L. n. 129/2004.
Ha affermato che il contratto era già stato risolto stragiudizialmente ad controparte in forza della diffida ad adempiere dd. 27.8.2009.
Ha precisato che controparte si era presentata come produttrice dei beni in oggetto, ma che in realtà si limitava a distribuire i beni prodotti da altri e che aveva promosso messaggi pubblicitari suggestivi ed inveritieri per convincere l’attore ad affiliarsi.
Ha chiesto, pertanto, che il contratto fosse risolto per inadempimento della convenuta e che la stessa fosse condannata a risarcire i danni; che fosse dichiarata la nullità del contratto ex art. 1 regolamento n. 4087/88 CE e art. 1419 c.c. e che la convenuta fosse condannata a restituire l’acconto già ricevuto; che il contratto fosse annullato per dolo ovvero per errore.
Con comparsa dd. 4.11.2010 si è costituita, la Un. S.r.l. contestando le asserzioni avversarie e chiedendo il rigetto della domanda.
Con separato atto di citazione Fa.Mo. notificato il 9.4.2010 ha convenuto in giudizio la Un. S.r.l. avanzando le medesime richieste; anche in tale procedimento si è costituita la Un. S.r.l. chiedendo il rigetto delle domande attoree.
I due procedimenti venivano riuniti.
Deve essere dichiarata, preliminarmente, infondata l’eccezione di improcedibilità dell’opposizione per tardiva costituzione dell’opponente ex art. 645 c.p.c.
Invero, la Suprema Corte ha stabilito che (sentenza n. 7792 del 17/05/2012) “in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 218 del 2011, il quale, per i procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, autenticamente interpretando l’art. 165, primo comma, cod. proc. civ., esclude che la dimidiazione del termine di costituzione dell’opponente sia automatica e ragionevolmente la correla all’eventuale scelta acceleratoria compiuta dall’opponente stesso tramite assegnazione all’opposto di un termine di comparizione inferiore a quello dell’art. 163-bis, primo comma, cod. proc. civ.; invero, nella materia civile, sono pienamente legittime disposizioni retroattive, non solo interpretative, ma anche innovative, se giustificate sul piano della ragionevolezza e non contrastanti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, come la norma in questione, che non realizza un’indebita intrusione del legislatore nei procedimenti in corso, né un irragionevole attentato ai diritti del giusto processo “.
Per quanto concerne l’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 425/10, essa è fondata ed il decreto deve essere revocato.
Invero, risulta documentalmente che Fa.Mo. aveva stipulato con la Un. S.r.l. un contratto di affiliazione commerciale (franchising) prodotto in causa sub doc. 1 opposta
In particolare, risulta documentalmente che tra le parti è stato concluso in data 28.7.2008 un contratto di franchising, cioè un “contratto di affiliazione commerciale in forza del quale un produttore o rivenditore di beni od offerente di servizi (“franchisor”) ed un distributore (“franchisee”), al fine di allargare il proprio giro commerciale e di aumentare le proprie capacità di penetrazione nel mercato – creando una rete di distribuzione senza dover intervenire direttamente nelle realtà locali, concede, verso corrispettivo, di entrare a far parte della propria catena di produzione o rivendita di beni o di offerta di servizi ad un autonomo ed indipendente distributore (“franchisee”), che, con l’utilizzarne il marchio e nel giovarsi del suo prestigio ha modo di intraprendere un’attività commerciale e di inserirsi nel mercato con riduzione del rischio (sentenza n. 647 del 15/01/2007).
Tale contratto prevedeva che l’affiliato versasse un c.d. diritto di ingresso (art. 6) cioè il pagamento di una somma fissa pari ad Euro 30.000,00 (di cui Euro 10.000,00 iva compresa a titolo di caparra alla firma del contratto, e di ulteriori Euro 15.000,00 – iva inclusa – e di Euro 11.000,00 – iva inclusa – “alla consegna del punto vendita”) e che, inoltre, versasse successivamente canoni periodici annuali pari al 5 % del volume di affari eccedenti Euro 100.00,00 annuali.
La Un. S.r.l. ha riconosciuto che controparte ha pagato la caparra al momento della stipula del contratto ed ha successivamente versato la somma di Euro 10.000,00; pertanto, ha chiesto con il decreto ingiuntivo il saldo pari ad Euro 16.000,00.
L’opponente ha chiesto sia che venga accertata la intervenuta risoluzione del contratto per invio della lettera doc. 6 dd. 27.8.2009 o che venga dichiarata la risoluzione per inadempimento della convenuta (lamentando l’inadempimento degli obblighi informativi e della consegna del materiale previsto dall’art. 1 del contratto) e che “in ogni caso” sia dichiarata la nullità del contratto per violazione del regolamento CEE n. 4087/88, a causa dell’imposizione del prezzi di vendita, ovvero sia che tale contratto venga annullato per mancanza di informazioni e per mancata consegna della documentazione di cui all’art. 4 L. n. 129/2004.
Deve, in primo luogo, escludersi che la lettera dd. 27.8.2009 inviata dal legale dell’opponente possa costituire una diffida ad adempiere ex art. 1456 c.c., ovvero che fosse presente nel contratto una clausola risolutiva espressa di cui l’attrice si sia avvalsa, ovvero sussistano altre ipotesi in cui possa operare una risoluzione al di fuori di una pronuncia giudiziale in tal senso; invero, il semplice richiamo all’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (contenuto in tale lettera) non è idoneo a determinare la risoluzione del rapporto contrattuale.
E’ evidente che la questione della nullità e dell’annullamento del contratto precede logicamente e giuridicamente quello della sua risoluzione per inadempimento, concernendo questa una sopravvenuta anomalia del contratto stesso e presupponendo, perciò, necessariamente l’originaria validità di esso.
Per quanto concerne la previsione all’art. 4 dell’obbligo dell’affiliato di “attenersi ai prezzi di listino consigliati dall’affiliante per la vendita dei prodotti: all’uopo l’affiliato riceverà periodicamente precise indicazioni circa i prezzi di mercato “, non può trovare applicazione il regolamento CEE n. 4087/88 (sostituito successivamente da quello n. 2790/00) in quanto tale normativa riguardava “gli accordi di collaborazione commerciale tra imprese di un medesimo settore appartenenti a diversi stati membri della Comunità, ma anche agli accordi tra imprese dello stesso stato quando essi costituiscono la base di una rete di rapporti che possano estendersi al di là dei confini del singolo stato membro ed interessare soggetti appartenenti ad altri Stati della Comunità” (Tribunale di Milano sentenza 13.11.1989).
In ogni caso, tale eventuale violazione comporterebbe la nullità di tale clausola (in relazione alla quale non è dato sapere neppure se sia stata applicata concretamente) e non dell’intero contratto.
Fondata è, invece, la domanda di annullamento per mancata consegna della documentazione prevista dall’art. 4 L. 129/2004.
Tale norma, invero, prevede che “almeno trenta giorni prima della sottoscrizione di un contratto di affiliazione commerciale l’affiliante deve consegnare all’aspirante affiliato copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato dei seguenti allegati, ad eccezione di quelli per i quali sussistano obiettive e specifiche esigenze di riservatezza, che comunque dovranno essere citati nel contratto: a) principali dati relativi all’affilante, tra cui ragione e capitale sociale e, previa richiesta dell’aspirante affiliato, copia del suo bilancio degli ultimi tre anni o dalla data di inizio della sua attività, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni;
b) l’indicazione dei marchi utilizzati nel sistema, con su estremi della relativa registrazione o del deposito, o della licenza concessa all’affiliante dal terzo, che abbia eventualmente la proprietà degli stessi, o la documentazione comprovante l’uso concreto del marchio:
c) una sintetica illustrazione degli elementi caratterizzanti l’attività ossetto dell’affiliazione commerciale;
d) una lista degli affiliati al momento operanti nel sistema e dei punti vendita diretti dell’affiliante;
e) l’indicazione della variazione, anno per anno, del numero degli affiliati con relativa ubicazione negli ultimi tre anni o dalla data di inizio dell’attività’ dell’affiliante, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni;
f) la descrizione sintetica degli eventuali procedimenti giudiziari o arbitrali, promossi nei confronti dell’affiliante e che si siano conclusi negli ultimi tre anni, relativamente al sistema di affiliazione commerciale, in esame, sia da affiliati sia da terzi privati o da pubbliche autorità, nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy”.
Tali obblighi di informazione mirano ad assicurare una tutela effettiva all’aspirante franchisee e nel caso in cui l’affiliante ometta di fornire le informazioni dovute ovvero le indichi in maniera incompleta o inesatta il contratto è suscettibile di annullamento ai sensi dell’art. 8 della L. 129/2004 (“se una parte ha fornito false informazioni, l’altra parte può chiedere l’annullamento del contratto ai sensi dell’articolo 1439 del codice civile nonché’ il risarcimento del danno, se dovuto”).
Nel caso in esame non risulta che tale documentazione (elencata in modo preciso e dettagliato dalla normativa sopra citata) sia stata consegnata all’attrice (invero, pare significativo – al riguardo – anche il fatto che nessuno – neppure l’opposta su cui gravava il relativo onere probatorio – abbia provveduto a depositare in giudizio tali documenti).
Anche le circostanze capitolate al riguardo dalla Universal S.r.l. (cap.4 e 5 della memoria dd. 27.1.2011) erano del tutto generiche al riguardo, facendo riferimento a mere “informazioni relative alla Un. S.r.l. e al know how della medesima” senza nessun’altra specificazione.
Così come anche i testi di parte convenuta (Pi. e Pe.) – significativamente – non sono stati in grado di essere più specifici e dettagliati al riguardo.
Si deve, inoltre, escludere che la sottoscrizione della clausola precostituita e prestampata contenuta nell’art. 11 del contratto (“l’affiliato conferma di aver ricevuto nei termini stabiliti copia del presente contratto corredata da tutti i documenti previsti dalla legge di cui al presente articolo”) possa costituire una idonea confessione stragiudiziale in merito alla consegna di tale specifica e plurima documentazione.
E’ evidente che una dichiarazione riassuntiva e generica (e tra l’altro precostituita dall’affiliante) che attesti l’avvenuta avvenuta completezza della documentazione consegnata non può essere considerata una valida confessione stragiudiziale essendo necessaria – al fine di poter attribuire a tale sottoscrizione una reale valenza confessoria – la piena consapevolezza e la volontà di ammettere un fatto specifico sfavorevole per il dichiarante e favorevole all’altra parte che determini la realizzazione di un obiettivo pregiudizio (Cass. 16127 del 2002; 23495 del 2010).
In altri termini, l’adempimento di un obbligo informativo in un settore negoziale ad alto contenuto tecnico quale quello in esame non può mai essere dimostrato mediante la sottoscrizione di dichiarazioni generiche, unilateralmente predeterminate e predisposte in via generale, essendo necessaria l’allegazione e la prova del contenuto e delle concrete modalità di messa a disposizione dell’affiliato della documentazione dettagliatamente elencata nel citato art. 4 L. 129/2004 in relazione alla quale vi è l’obbligo di preventiva consegna (si veda, in ipotesi analoga, sentenza n. l 1412 del 06/07/2012).
Ne consegue che il contratto deve essere annullato ex art. 8 L. 129/04.
Tale decisione rende superfluo l’esame dell’ulteriore domanda di risoluzione del contratto per inadempimento (ed, in particolare, in relazione alla lamentata mancata consegna dei materiali di cui all’art. 1 del contratto).
La sentenza che accoglie l’azione di annullamento del negozio ha efficacia retroattiva ed importa il ripristino della situazione di fatto e di diritto preesistente al negozio annullato (sentenza n. 6756 del 15/06/1995).
Tale fatto comporta, pertanto, che Mo.Fa. ha diritto ad ottenere la restituzione della somma versata alla Un. S.r.l. a titolo di caparra e pari ad Euro 10.000,00, iva inclusa, oltre ad interessi legali dal 28.7.2008 al saldo e della ulteriore somma di Euro 10.000 (iva inclusa). Non essendo stata precisata la data del versamento (di cui tuttavia la convenuta ha dato atto nel ricorso) ne consegue che deve presumersi che quantomeno tale somma sia stata corrisposta da tale data e conseguentemente gli interessi decorreranno dal 2.4.2010 al saldo.
Per quanto concerne il maggior danno su tali somme, si rileva che secondo la Suprema Corte (Sez. U sentenza n. l9499 del 16/7/2008) “nel caso di ritardato adempimento di ma obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali. Ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne sia la qualità soggettiva o l’attività svolta (e quindi tanto nel caso di imprenditore, quanto nel caso di pensionato, impiegato, ecc.), fermo restando che se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi”.
La attrice non ha allegato né provato in che periodo e che misura il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali e, pertanto, la relativa domanda non può essere accolta.
Non può, infine, essere riconosciuta alcuna somma a titolo di risarcimento per le asserite – e non adeguatamente – spese per la esecuzione del contratto, ovvero, per il c.d. danno all’immagine, essendo anch’esso sfornito di prova.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza; tali spese vanno liquidate in base ai nuovi parametri fissati dal D.M. 140/2012 (Cass. S.U. n. 17405/2012), considerato che l’attività difensiva si era esaurita prima dell’entrata in vigore del D.M. n. 55/14, tenendo conto del valore della controversia e con riferimento ai valori medi; pertanto:
fase di studio: Euro 1.900,00
fase introduttiva: Euro 1.000,00
fase istruttoria: Euro 2.000,00
fase decisoria: Euro 2.600,00
totale Euro 7.500,00 per competenze ed Euro 724,56 per spese, oltre ad iva e cnpa.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trento, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede:
1. Revoca il decreto ingiuntivo n. 425/10;
2. Annulla ex art. 8 L. 129/04 il contratto di franchising stipulato dalle parti in data 28.7.2008;
3. Condanna la Un. S.r.l. a restituire a Mo.Fa. la somma di Euro 20.000,00, iva inclusa, oltre ad interessi legali sulla somma di Euro 10.000,00 dal 28.7.2008 e sulla somma di Euro 10.000,00 dal 2.4.2010 al saldo;
4. Condanna la Un. S.r.l. a rimborsare a Mo.Fa. le spese di lite che liquida in Euro 7.500,00 per competenze ed Euro 724,56 per spese, oltre ad iva e cnpa.
Così deciso in Trento, il 23 maggio 2014.
Depositata in Cancelleria il 30 maggio 2014.