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quando è la banca ad agire, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca deve dimostrare l’entità del proprio credito mediante la produzione, degli estratti conto a partire dall’apertura del conto e cioè dal saldo zero.
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Corte d’Appello Palermo, Sezione 3 civile Sentenza 29 giugno 2018, n. 1405
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Palermo – Sezione Terza Civile –
riunita in camera di consiglio e composta dai sigg.ri magistrati:
Dott. Michele Perriera – Presidente
Dott. Gioacchino Mitra – Consigliere
Dott. Giuseppe De Gregorio – Consigliere
dei quali il terzo relatore ed estensore, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1563/2013 del R.G. di questa Corte di Appello, vertente in questo grado
tra
(…) S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. VI.IR.
Appellante
contro
(…), (…) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ME.LU.
Appellati
Oggetto: Mutuo bancario
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1340/2013 dei 22 – 27/03/2013, il Tribunale di Palermo ha accollo l’opposizione ex art. 615 II comma c.p.c. proposta da (…) e (…), avverso l’atto di precetto e il pignoramento immobiliare intrapreso nei loro confronti, quali terzi datori di ipoteca, da (…) s.p.a. (n.q. di mandataria di (…) s.p.a.); avevano addotto gli opponenti la nullità del contratto di mutuo del 29.5.1998 concluso dal debitore principale (…) (inadempiente rispetto diverse rate), siccome esclusivamente sorto per ripianare pregresse passività del medesimo (…), a loro volta derivanti da rapporti negoziali (contratti di conto corrente con affidamenti) viziati da diverse clausole nulle.
Avverso tale decisione ha proposto gravame, con atto di citazione dei 24/09-04/10/2013, (…) S.p.A., riproponendo essenzialmente le argomentazioni ed eccezioni prospettate in prime cure, e contestando il vaglio (anche istruttorio) operato dal Tribunale.
Senza incombenti istruttori, all’udienza del 02/02/2018 le parti hanno concluso riportandosi ai rispettivi atti, e la causa è stata posta in decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito degli atti difensivi conclusionali.
Così compendiati i principali fatti di causa, la banca appellante si duole: della mancata qualificazione del rapporto obbligatorio principale in termini di novazione, con conseguente erroneo rigetto dell’eccezione di prescrizione formulata dalla banca; ha pure contestato le risultanze istruttorie poste a fondamento della decisione, sia in punto di acquisizione documentale che di consulenza tecnica contabile espletata, relativa a negozio (contratti di conto corrente con affidamento) chiusi da oltre un decennio alla data di proposizione dell’opposizione.
Gli appellati (…), costituendosi, hanno contestato i motivi di appello (oltre ad eccepire la inammissibilità ex art. 342 c.p.c.), richiamando le deduzioni in punto di collegamento negoziale tra il mutuo e i rapporti di conto corrente, e ribadendo la loro posizione di meri terzi datori di ipoteca, dunque estranei rispetto qualsiasi pretesa “restitutoria” – ciò adducendo per contrastare l’eccezione di prescrizione ribadita dalla banca -.
Ora, gli elementi in tatto su cui si incentra la vicenda possono, in base alle stesse allegazioni delle parti, e a quanto emerge dalla documentazione versata, così sintetizzarsi:
in data 29.5.1998 (…) e (…) s.p.a. (quale mandataria di (…) s.p.a.) sottoscrissero contratto di mutuo fondiario, funzionale alla estinzione delle passività maturate sui diversi conti correnti intrattenuto presso (…) e presso (…) (poi tutte confluite in (…)): precisamente, trattavasi dei conti n. (…) (con saldo a debito di L. 434.323.098) e sul conto n. (…) (saldo a debito Lire 856.076.902), per un totale di Lire 1.290.400.000, pari all’importo oggetto del mutuo;
la clausola n. 2 del contratto espressamente prevedeva tale finalità del contratto di mutuo, accedendo peraltro il correntista poi mutuatario alle agevolazioni previste dall’art. 2 del D.L. n. 244 del 1995 (convertito in L. n. 341 del 1995: “il fondo di garanzia di cui all’art. 9, comma 3, del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 marzo 1995, n. 85, ha lo scopo di migliorare la struttura finanziaria delle piccole e medie imprese operanti nelle aree dell’obiettivo 1 del territorio nazionale, anche attraverso il raggiungimento di più elevati livelli di capitalizzazione. A questo scopo, il fondo concede contributi in conto interessi per operazioni di consolidamento dei debiti a breve termine esistenti verso banche al 30 settembre 1994 e presta garanzie sulle medesime operazioni, nonché su prestiti partecipativi e acquisizioni di partecipazioni”);
alla stipula del contratto di mutuo (redatto ai sensi dell’art. 38 T.U.B.) parteciparono, quali terzi datori di ipoteca, gli odierni appellati, (…) e (…).
La vicenda processuale, come detto, scaturisce dall’opposizione proposta da questi ultimi al precetto e al pignoramento immobiliare promossi dalla banca, in ragione dell’inadempimento del debitore principale rispetto il pagamento delle rate del mutuo, conclusosi favorevolmente per gli opponenti.
(…), quindi, lamenta innanzitutto la qualificazione offerta dal primo giudice rispetto il contratto di mutuo, ribadendo l’estraneità dei pregressi rapporti di conto corrente, oramai oggetto di novazione con la sottoscrizione del mutuo, con conseguente prescrizione di ogni pretesa.
Tali censure non sono fondate. Vale infatti osservare che la struttura dell’operazione posta in essere dalle parti principale integra gli estremi del cd. mutuo di scopo, con profili certamente vicini alla novazione, ma con caratteristiche proprie: il Supremo Collegio ha evidenziato che “nel mutuo di scopo, sia esso legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate entra nella struttura del negozio connotandone il profilo causale” (Cassazione civile, sez. I, 22/12/2015 n. 25793). Dunque, rispetto a quanto accade nella novazione di cui agli artt. 1230 e ss c.c. (ove il negozio si attua attraverso un contratto in base al quale le parti sostituiscono l’obbligazione originaria, che si estingue, con una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso), nella struttura utilizzata dalle parti il mutuo è servito a fornire la provvista per il pagamento del saldo dei conti correnti, con stretto collegamento funzionale e causale, prefigurato dallo stesso legislatore con la norma di cui al citato art. 2 del D.L. n. 244 del 1995.
Ma soprattutto la differenza si coglie considerando che la novazione è un mezzo di estinzione dell’obbligazione non satisfattorio, perché non realizza l’interesse del creditore: nel mutuo di scopo, invece, il rapporto obbligatorio precedente si chiude con l’integrale adempimento, mediante l’impiego della provvista ottenuta, e si apre un nuovo diverso rapporto bancario autonomo ma – come detto – con destinazione vincolata della somma erogata. Tale stretto nesso, poi, comporta che “svanisce la distinzione tra efficacia satisfattiva ovvero estintiva dell’operazione, allorché … il riconoscimento della sua diretta utilità per la banca sia riconducibile non alla contrazione del mutuo fondiario in sé, bensì al suo impiego come fattore ristrutturativo di un passivo almeno in parte e consistentemente diverso, senza che l’operazione di rischio sia nuova e solo nel finanziamento ad essa correlato rinvenga la misura dell’impegno bancario” (cfr. in questi termini Cassazione civile sez. I, 26/02/2018 n. 4513). E in assenza di tale differenza, risulta priva di fondamento l’eccezione di prescrizione, atteso che la chiusura dei conti è stata operazione (oltre che formale) meramente funzionale ad attivare il rapporto collegato, senza soluzione di continuità, conte evidenziato dalla consulenza contabile (chiusura dei conti coeva alla sottoscrizione del collegato mutuo).
Del pari infondate le contestazioni dell’appellante in punto di complessiva ricostruzione del rapporto obbligatorio (di conto corrente) “a monte” del mutuo fondiario: lamenta in particolare la Banca che il primo giudice avrebbe deciso in base a documentazione carente, e per la ricostruzione delle condizioni negoziali dei due contratti di conto corrente, e per l’andamento degli stessi (estratti – conto).
E tuttavia, non risultano – almeno nel rapporto processuale in esame (vi è cenno nelle difese degli appellati alla proposizione di analogo giudizio da parte del correntista, del quale però non è dato sapere lo sviluppo) – pertinenti i richiami ai criteri probatori afferenti le azioni di accertamento negativo proposte dal correntista di una banca, atteso che qui si è dinanzi ad opposizione a precetto ed esecuzione immobiliare, intrapresa in forza del mutuo fondiario (titolo stragiudiziale), quindi con la banca nella posizione di creditrice istante, cui il terzo datore di ipoteca del contratto di mutuo collegato (e non il correntista – debitore) oppone eccezioni che era la banca tenuta a superare.
E’ bene ricordare la pronuncia della Suprema Corte che – nel riaffermare la bontà dell’insegnamento secondo il quale, “quando è la banca ad agire, “una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la banca deve dimostrare l’entità del proprio credito mediante la produzione, degli estratti conto a partire dall’apertura del conto e cioè dal saldo zero” (Cass. 23974/10) – ha altresì ribadito che “l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo” (Cass. 23229/04; Cass. 9099/12).
Era dunque onere della banca, a fronte delle precise contestazioni sollevate, versare gli estratti conto integrali e dare conto delle esatte condizioni negoziali da applicare: in difetto di ciò, correttamente è stata operata ricostruzione contabile che tiene conto della limitata produzione documentale, e con calcoli che vanno quindi confermati in questa sede. Difatti, con la relazione suppletiva il ctu ha effettuato il ricalcolo dei saldi utilizzando il primo estratto conto in atti, e ha escluso la rilevanza dell’eccezione di prescrizione: la bontà di tale esclusione va confermata sia con riguardo a quanto dianzi evidenziato a proposito della natura del rapporto, sia – e ciò con riferimento all’ulteriore profilo evocato dall’appellante – che la banca non aveva neppure sommariamente indicato quali fossero le rimesse solutorie dalle quali, se del caso, fare decorrere l’invocato termine prescrizionale. D’altronde, non è superfluo evidenziare che i due appellati non hanno chiesto la “restituzione” di somme, siccome terzi rispetto al rapporto principale, ma solo l’accertamento della nullità e di conseguenza dell’esatta entità del debito derivante dal mutuo; in altri termini, accertati la minore entità del debito “validamente” contratto dal correntista, e che quest’ultimo aveva pagato somme tali da estinguere gli obblighi derivanti dal mutuo, correttamente il Tribunale ha accolto l’opposizione.
Per tutte tali considerazioni, il gravame va conclusivamente disatteso, con conferma del l’impugnata statuizione.
Anche le spese del presente grado risentono infine della soccombenza, con la liquidazione indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Palermo Sezione III civile, ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione disattese, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, così provvede:
Rigetta l’appello proposto da (…) S.p.A. con atto di citazione dei 24/09-04/10/2013 avverso la sentenza n. 1340/2013 resa dal Tribunale di Palermo in data 22-27/03/2013.
Condanna (…) s.p.a. alla rifusione delle spese processuali in favore di (…) e (…), liquidate in complessivi Euro 8.600,00., per compensi, oltre rimborso forfetario, C.P.A. e I.V.A. come per legge.
Si da atto della sussistenza dei presupposti (ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), per il versamento, a carico degli appellanti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Palermo il 15 giugno 2018.
Depositata in Cancelleria il 29 giugno 2018.