l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore e’ tenuto, a titolo di responsabilita’ contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne’ l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. In particolare, l’appaltatore, per andare esente da responsabilita’, deve dimostrare non solo di aver manifestato il proprio dissenso, ma anche di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed “a rischio di quest’ultimo” .
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15340
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere
Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29012/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., con sede in (OMISSIS) (C.F. e P.IVA: (OMISSIS)), in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante (OMISSIS), rappresentata e difesa in questo giudizio dagli Avv.ti (OMISSIS), come da mandato in calce al ricorso, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), con sede legale in (OMISSIS) (C.F. e P.IVA: (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS) in (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e
(OMISSIS) s.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 27/2014 emessa dalla CORTE D’APPELLO di TRIESTE in data 20/01/2014 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella udienza camerale del 13/04/2018 dal Consigliere Dott. Andrea Penta.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di citazione notificato in data 17.5.2008 la (OMISSIS) s.n.c., premesso di aver concluso con la (OMISSIS) s.r.I., in data 15.5.2007, un contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di serramenti in alluminio, di parapetti per terrazze e di rivestimenti esterni in alluminio per otto unita’ abitative facenti parte di un condominio sito nella localita’ balneare di (OMISSIS), deduceva che, nel mese di febbraio del 2008, successivamente alla consegna dei lavori (avvenuta nel giugno del 2007), si erano manifestate fioriture di ruggine sui parapetti in alluminio delle terrazze, denunciate all’appaltatrice con raccomandata del 5.2.2008;
tanto dedotto, citava in giudizio la (OMISSIS) s.r.l., chiedendo ex articolo 1668 c.c. la condanna della stessa alla eliminazione dei difetti, nonche’ al risarcimento dei danni, anche di “immagine”, con compensazione giudiziale delle somme residue pretese dalla convenuta per i lavori svolti.
La convenuta si costituiva, chiedendo il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna dell’attrice al pagamento della trattenuta del 5% (pari ad Euro 5.625,65, oltre IVA) di cui alla clausola n. 2 del contratto d’appalto e della somma di Euro 24.089,92, oltre IVA, a titolo di corrispettivo per ulteriori lavori eseguiti in appalto su commissione della (OMISSIS); in via preliminare, chiedeva ed otteneva l’autorizzazione a chiamare in causa, per esserne manlevata, la societa’ (OMISSIS) s.p.a., quale incorporante della (OMISSIS) s.p.a., societa’ fornitrice dei materiali in acciaio utilizzati per eseguire l’opera appaltata. Quest’ultima si costituiva, chiedendo il rigetto della domanda svolta dalla convenuta nei suoi confronti per infondatezza e per intervenuta decadenza ex articolo 1495 c.c..
In corso di causa, veniva espletata A.T.P. ed il nominato c.t.u. geom. (OMISSIS) riscontrava la presenza di “chiazze ossidate piu’ o meno marcate” su tutti gli elementi metallici dei parapetti messi in opera dalla convenuta; accertava altresi’ che l’acciaio fornito dalla terza chiamata ed utilizzato dalla (OMISSIS) s.r.l. per dare esecuzione all’appalto era privo di difetti intrinseci e che la causa della ruggine era da individuarsi in un’erronea scelta della materia prima, essendo stato utilizzato Acciaio Inox del tipo AISI 304, che presentava caratteristiche di resistenza alla corrosione che la rendevano inadatto alla zona marittima nella quale era stato impiegato.
Il Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 183/11 del 26.1.2011, rigettava le domande proposte dalla (OMISSIS) s.n.c. (ritenendo che la societa’ convenuta avesse eseguito le opere “conformemente alle richieste formulate dalla (OMISSIS) s.n.c., dovendosi imputare esclusivamente a quest’ultima le conseguenze dell’erronea scelta della materia prima, scelta evidentemente motivata da ragioni economiche”) ed accoglieva quella riconvenzionale della convenuta. Con atto di citazione notificato in data 7.6.2011, la (OMISSIS) s.n.c. proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendo che fossero accolte le domande proposte in primo grado per i seguenti motivi:
1) il giudice di prime cure aveva errato nell’escludere ogni responsabilita’ dell’appaltatrice per i difetti dell’opera ritenendola una mera esecutrice di ordini della committente (cd. nudus minister), circostanza, questa, non solo non provata, ma addirittura smentita dal contratto, da cui risultava che l’appaltatrice aveva mantenuto una propria autonomia decisionale e organizzativa;
2) il giudice aveva ulteriormente errato nel condannarla alla rifusione delle spese sostenute dalla terza chiamata, in quanto la causa del vizio era, a suo dire, riconducibile ad un’erronea scelta della convenuta in ordine al materiale da utilizzare rispetto alla zona cui era destinato.
L’appellata si costituiva, chiedendo il rigetto del gravame per essere la scelta del materiale, a suo dire, ascrivibile in via esclusiva alla committente (OMISSIS) s.n.c. e considerato che l’appaltatrice, in base al contratto, era tenuta “all’osservanza piena ed assoluta delle norme condizioni e modalita’” cola’ riportate; comunque, per avere la committente accettato l’opera senza riserve.
La terza chiamata si costituiva a sua volta chiedendo la conferma della impugnata sentenza nella parte in cui escludeva la sussistenza di vizi, difetti e difformita’ del materiale dalla stessa fornito alla (OMISSIS) s.r.l..
La Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 10.12.2013, in parziale accoglimento del gravame, condannava la (OMISSIS) s.r.l. ad eliminare, a sua cura e spese, gli accertati vizi delle componenti metalliche dei parapetti e dichiarava integralmente compensate le spese del primo grado di giudizio nei rapporti tra l’attrice e la convenuta, condannando la convenuta-appellata alla rifusione delle spese del secondo grado di giudizio sostenute dalla terza chiamata e dall’attrice-appellante, il tutto sulla base, per quanto ancora qui rileva, delle seguenti considerazioni:
1) la precisazione operata dall’attrice, alla luce delle risultanze della c.t.u., con la prima memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, nel senso che la causa dei difetti rilevati era da individuare, anziche’ in vizi intrinseci del materiale utilizzato per i lavori, nella errata scelta – tenuto conto della zona interessata – della lega metallica adoperata dall’appaltatrice, non aveva introdotto una nuova causa petendi ne’ un nuovo thema decidendum;
2) la causa dell’ossidazione degli elementi metallici dei parapetti era da ricondursi, alla luce dell’a.t.p. espletata, al tipo di materiale impiegato (nel senso che il metallo presentava caratteristiche di resistenza alla corrosione insufficienti rispetto alla zona di impiego, ben nota all’appaltatrice), incidendo invece la tipologia costruttiva e la manutenzione periodica solo sui tempi di degrado;
3) l’appaltatrice non aveva assolto l’onere di dimostrare di aver manifestato il proprio dissenso rispetto al tipo di acciaio utilizzato e di essere stata indotta, quale nudus minister, ad eseguire, cio’ nonostante, il progetto (peraltro, nel caso di specie, materialmente redatto da un architetto della stessa appaltatrice) e le istruzioni della committente;
4) peraltro, la clausola n. 5 del contratto prevedeva che la (OMISSIS) s.r.l. dovesse identificare e segnalare alla committente e al d.l. eventuali discordanze lavorative;
5) non vi erano elementi per affermare che vi fosse stata accettazione, sia pure tacita, dell’opera, atteso che non era stato redatto il verbale di ultimazione dei lavori senza riserve previsto nel contratto, l’accettazione dell’opera non libera l’appaltatore per i vizi occulti dell’opera stessa, la segnalazione del 30.8.2007 da parte di un condomino riguardava macchie di ruggine concernenti la componente metallica di un parapetto di un’unica unita’ abitativa (con la conseguenza che poteva escludersi che a quella data la committente avesse acquisto un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della sussistenza e della gravita’ del difetto) e solo dopo il versamento del saldo dovuto la (OMISSIS) s.n.c. aveva potuto apprezzare l’effettiva entita’ del vizio;
6) anche gli ulteriori lavori, peraltro non aventi ad oggetto parapetti, erano stati commissionati prima di acquisire consapevolezza obiettiva sulle cause del difetto;
7) era irrilevante che gli appartamenti avessero ottenuto l’abitabilita’ e fossero stati in parte acquistati ed utilizzati da terzi o posti in vendita, dal momento che il vizio denunciato non era tale da rendere le singole unita’ abitative inadatte alla loro destinazione. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS) s.r.l., sulla base di quattro motivi. La (OMISSIS) s.n.c. ha resistito con controricorso. In prossimita’ dell’udienza pubblica, poi differita, con ordinanza interlocutoria, all’udienza camerale del 13.4.2018, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1667 e 1668 c.c. e articoli 112 e 345 c.p.c. (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte territoriale ritenuto ammissibile la domanda (di accertamento) nuova proposta dalla controparte in sede di appello, laddove, in luogo di denunciare nuovamente, come fatto nell’atto di citazione, l’errata fornitura, da parte della (OMISSIS) s.r.l., di materiale con vizi intrinseci (ovvero l’acciaio INOX AISI 304), aveva lamentato la mancata utilizzazione (recte, la scelta) di materiale (in)idoneo per la realizzazione dei parapetti in ambienti salinei.
1.1. Il motivo e’ infondato.
In primo luogo, avendo la corte d’appello espressamente affermato (cfr. pag. 12 della sentenza) che l’attrice aveva precisato in primo grado, gia’ con la prima memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, la domanda, nel senso di lamentare la inidoneita’ della lega metallica adoperata dall’appaltatrice, la ricorrente avrebbe dovuto, in osservanza del principio di autosufficienza, trascrivere, almeno nei suoi passaggi salienti, la detta memoria, onde porre questa Corte nelle condizioni di verificare se effettivamente la (OMISSIS) s.n.c. avesse in quella sede confermato la domanda originaria. Di contro, quest’ultima, nel trascrivere parti dell’atto di citazione e della memoria datata 9.4.2009 (cfr. pagg. 10-12 del controricorso), ha evidenziato, da un lato, con il primo, di aver gia’ introdotto nel giudizio la questione della necessita’ di utilizzare un materiale resistente alla corrosione (in ragione della ubicazione del sito in una localita’ balneare esposta alla salsedine marina) e, dall’altro, con la seconda, che l’appaltatrice aveva utilizzato, per la costruzione dei parapetti, una lega metallica non adatta per la zona interessata. Peraltro, la stessa (OMISSIS) s.r.l., sin dall’atto di costituzione in primo grado (cfr. pag. 12 del controricorso), ha preso espressa posizione sull’addebito concernente l’inidoneita’ dell’acciaio INOX 304 messo in opera, pur sostenendo che cio’ era avvenuto su espressa richiesta della committente e del d.I..
In secondo luogo, fermo restando che nel caso di specie, a tutto concedere, sarebbe mutata la causa petendi, la modificazione della domanda ammessa ex articolo 183 c.p.c. puo’ riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda cosi’ modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, percio’ solo, si determini la compromissione delle potenzialita’ difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015).
Del resto, il riferimento operato alla inidoneita’ del materiale non ha determinato l’ingresso di una domanda nuova che si e’ aggiunta a quella originaria, ma la sua sostituzione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1665, 1667 e 1668 c.c. (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per averla la corte di merito condannata ad eliminare, a sue cura e spese, i vizi del materiale riscontrati e alla sostituzione delle componenti metalliche difettose, senza considerare che nel corso delle trattative le parti avevano a lungo discusso sull’impiego di acciaio AISI 316 o 304 e che la scelta della (OMISSIS) s.n.c. era caduta, nonostante le riserve da essa espresse, su quest’ultimo tipo.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
In primo luogo, in violazione del principio di autosufficienza, la ricorrente ha omesso di trascrivere l’offerta n. 69 del 16.10.2006 (cfr. pag. 22 del ricorso), dalla quale si sarebbe dovuto evincere, a suo dire, la circostanza che aveva avvertito la committente della inidoneita’ dell’acciaio AISI 304 (in identica inosservanza la ricorrente incorre per quanto concerne il disegno tecnico di cui al doc. sub 32, peraltro tardivamente indicato solo con la memoria illustrativa del 10.1.2018), e i documenti, dai quali si sarebbe dovuto desumere che la scelta della (OMISSIS) s.n.c. fosse ricaduta, per motivi esclusivamente economici, su tale materiale, nonostante avesse proposto, dapprima, parapetti in alluminio e, poi, l’utilizzo di acciaio INOX AISI 316.
Inoltre, la censura non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, alla cui stregua l’appaltatrice, da un lato, avrebbe dovuto dimostrare di aver manifestato il proprio dissenso in ordine alla scelta effettuata dalla committente e di aver eseguito l’opera a causa delle insistenze di quest’ultima e, dall’altro lato, non avrebbe dovuto nemmeno proporre la soluzione consistente nell’utilizzo dell’acciaio AISI 304 (cfr. pag. 18 della sentenza impugnata e pag. 19 del controricorso).
Anche di recente questa Corte ha ribadito che l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore e’ tenuto, a titolo di responsabilita’ contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne’ l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (Sez. 1, Ordinanza n. 23594 del 09/10/2017). In particolare, l’appaltatore, per andare esente da responsabilita’, deve dimostrare non solo di aver manifestato il proprio dissenso, ma anche di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed “a rischio di quest’ultimo” (Sez. 2, Sentenza n. 8016 del 21/05/2012).
Va, peraltro, ricordato che l’appaltatore viene ridotto a mero nudus minister solo quando e’ direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilita’ di iniziativa o vaglio critico (Sez. 2, Sentenza n. 1981 del 02/02/2016).
Inconferente e’, infine, il richiamo operato, nello sviluppo del motivo, alla disciplina della vendita di aliud pro alio (cfr. pag. 26 del ricorso), essendosi al cospetto di un contratto di appalto.
3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1665 c.c., comma 4, (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte locale considerato che la Rossit s.n.c. aveva accettato l’opera, tenuto conto che aveva ottenuto l’agibilita’ dell’immobile, aveva venduto la maggior parte degli appartamenti, un suo cliente, in data 5.9.2007, aveva denunciato l’esistenza di macchie di ruggine, e, cio’ nonostante, aveva successivamente saldato il prezzo dovuto e le aveva affidato ulteriori lavori; per aver erroneamente, a suo dire, ritenuto che si fosse in presenza di vizi occulti, nonostante la denuncia ricevuta dalla Rossit s.n.c. da parte del suo cliente.
3.1. Il motivo e’ inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione, come nel caso di specie, di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006 e, di recente, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016).
A ben vedere, la ricorrente sollecita una rivalutazione, non consentita nella presente sede, delle risultanze istruttorie e, quindi, denuncia un vizio che, a tutto concedere, avrebbe dovuto far valere ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
In tal senso va ricordato che, in tema di appalto l’articolo 1665 c.c., comma 4, prevede come presupposto dell’accettazione tacita dell’opera soltanto la sua consegna al committente, ossia la sua materiale traditio e, come fatto concludente, la sua ricezione senza riserve da parte del committente stesso ancorche’ non si sia proceduto alla verifica. La concreta esistenza di tali circostanze costituisce una quaestio facti rimessa all’apprezzamento del giudice del merito (Sez. 2, Sentenza n. 4353 del 07/04/2000).
3.2. In ogni caso, la corte triestina ha, con dovizia di particolari, escluso la configurabilita’ di un’accettazione, sia pure tacita, delle opere, evidenziando che:
1) non era stato redatto il verbale di ultimazione dei lavori senza riserve previsto nel contratto, l’accettazione dell’opera non libera l’appaltatore per i vizi occulti dell’opera stessa, la segnalazione del 30.8.2007 da parte di un condomino riguardava macchie di ruggine concernenti la componente metallica di un parapetto di un’unica unita’ abitativa (con la conseguenza che poteva escludersi che a quella data la committente avesse acquisto un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della sussistenza e della gravita’ del difetto) e solo dopo il versamento del saldo dovuto la (OMISSIS) s.n.c. aveva potuto apprezzare l’effettiva entita’ del vizio;
2) anche gli ulteriori lavori, peraltro non aventi ad oggetto parapetti, erano stati commissionati prima di acquisire consapevolezza obiettiva sulle cause del difetto;
3) era irrilevante che gli appartamenti avessero ottenuto l’abitabilita’ e fossero stati in parte acquistati ed utilizzati da terzi o posti in vendita, dal momento che il vizio denunciato non era tale da rendere le singole unita’ abitative inadatte alla loro destinazione.
4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per averla la corte territoriale condannata a rifondere le spese sostenute dalla terza chiamata in causa (OMISSIS) in primo e secondo grado.
4.1. Il motivo e’ inammissibile e, comunque, infondato.
In primo luogo, la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, l’atto di citazione, dal quale, a suo dire, si sarebbe dovuto evincere che la (OMISSIS) s.r.l. le aveva contestato (in via esclusiva) di aver utilizzato, nell’esecuzione dell’opera, un materiale diverso da quello pattuito nel contratto.
In secondo luogo, le spese sostenute dal terzo chiamato in giudizio a titolo di garanzia impropria sono legittimamente poste, in applicazione del principio di causalita’, a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia (Sez. 3, Sentenza n. 4958 del 02/03/2007; conf. Sez. 2, Sentenza n. 23552 del 10/11/2011).
5. In definitiva, il ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. In applicazione del principio secondo cui, in tema di spese giudiziali, quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto e’ previsto dall’articolo 75 disp. att., specificando la somma domandata, il giudice non puo’ attribuire alla parte a titolo di rimborso delle spese, una somma di entita’ superiore (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11522 del 14/05/2013), non puo’ essere riconosciuto una voce per le spese vive, non avendo il difensore della resistente invocato alcunche’ a tale titolo.
Ricorrono altresi’ i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre rimborso del 15% per spese forfettarie ed accessori di legge.
Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.