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La presunzione di condominialita’ riguarda il solaio in se stesso considerato e non anche lo spazio pieno o vuoto che esso occupa, con la conseguenza che non e’ consentito al proprietario di uno degli appartamenti limitare o restringere la proprieta’ esclusiva dell’altro appartamento occupando gli spazi vuoti.
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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 11 giugno 2018, n. 15048
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27848/2013 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1519/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/12/2017 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex articolo 703 c.p.c., (OMISSIS), proprietario dell’appartamento sottostante quello di proprieta’ di (OMISSIS), esponeva che nel corso di lavori di ristrutturazione della sua abitazione aveva rimosso la controsoffittatura ed aveva accertato che il (OMISSIS) aveva invaso la sua proprieta’, installando tubi e condutture a servizio del suo appartamento; chiedeva, pertanto, di essere reintegrato nel possesso dello spazio di sua proprieta’.
Il Tribunale di Venezia rigettava la domanda e, su appello del (OMISSIS), la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 24.6.2013 rigettava l’appello e confermava la decisione di primo grado.
Propone ricorso in cassazione (OMISSIS) articolato in quattro motivi; (OMISSIS) e’ rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli articoli 1102, 1117 e 1125 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto che lo spazio vuoto posto tra il solaio ed il controsoffitto costituisca bene condominiale.
Con il secondo motivo viene dedotta la violazione di legge in relazione agli articoli 1140 e 1125 c.c., per avere la corte territoriale escluso che il (OMISSIS) non abbia dedotto e provato l’esercizio del possesso nell’area controsoffittata.
I motivi, da trattarsi congiuntamente, perche’ attinenti all’esercizio del possesso, sono fondati.
La corte territoriale ha negato la tutela possessoria al (OMISSIS) in relazione allo spoglio subito attraverso l’allocazione da parte del (OMISSIS) di tubi e condutture nella controsoffittatura, ritenendo che il solaio fosse nel compossesso dei due appartamenti e che, in ogni caso, il (OMISSIS) non avesse ne’ dedotto ne’ provato l’esercizio del possesso dell’area asseritamente occupata dai tubi.
In materia condominiale, e’ pacifico che il solaio esistente, che separa il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio appartenente a proprietari diversi, deve ritenersi, salvo prova contraria, di proprieta’ comune dei due piani perche’ ha la funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore. Esso infatti costituisce l’inscindibile struttura divisoria tra le due proprieta’, con utilita’ ed uso uguale per entrambe e correlativa inutilita’ per altri condomini. Coerentemente con questa funzione, l’articolo 1125 c.c., disciplina il regime delle spese prevedendo che le spese per la manutenzione dei soffitti siano sostenute in parti uguali dai proprietari dei due piani, restando a carico del piano superiore la copertura del pavimento ed a carico del proprietario inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Tale situazione di comunione parziale inerisce solo alla parte strutturale, in quanto le eventuali opere che accedono al soffitto o al pavimento e che apportano dei benefici solo ad uno dei due proprietari, cosi come tutto cio’ che non ha il carattere dell’essenzialita’ per la struttura, restano esclusi dalla comunione e possono essere utilizzati dal condomino nell’esercizio del diritto dominicale. La presunzione iuris tantum di proprieta’ comune di solai divisori tra un piano e l’altro vale, quindi, per tutte le strutture che hanno una funzione di sostegno e copertura.
La presunzione di condominialita’ riguarda il solaio in se stesso considerato e non anche lo spazio pieno o vuoto che esso occupa, con la conseguenza che non e’ consentito al proprietario di uno degli appartamenti limitare o restringere la proprieta’ esclusiva dell’altro appartamento occupando gli spazi vuoti (Cass. 23.3.1991 n. 3178, Cass. 23.3.1995 n. 2286).
Poiche’ la situazione di comunione parziale inerisce solo alla parte strutturale, le eventuali opere che accedono al soffitto o al pavimento e che apportano dei benefici solo ad uno dei due proprietari, cosi come tutto cio’ che non ha il carattere dell’essenzialita’ per la struttura, restano esclusi dalla comunione e possono essere utilizzati dal condomino nell’esercizio del diritto dominicale. Va, pertanto, escluso che tra il soffitto del piano inferiore e il pavimento del piano superiore possano esistere altre opere le quali non facciano parte del solaio e delle quali bisogna accertare di volta in volta la destinazione, al fine di verificare a chi appartengano (Cass. 21.10.1976 n. 3715).
La corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Risulta dal testo della sentenza impugnata che i tubi ed i cavi allocati dal (OMISSIS) corrono in parte tra le assi di sostegno delle travi del pavimento dell’appartamento soprastante, e, quindi, nella sua esclusiva proprieta’, ed in alcuni punti immediatamente al di sotto delle stesse in un’area erroneamente considerata in comune tra le parti, perche’ destinata a contenere la struttura divisoria tra i due immobili.
L’affermazione del giudice d’appello, secondo cui il soffitto dell’appartamento sottostante e’ rappresentato dal controsoffitto in cannicciato contrasta con il principio pacificamente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, (Cassazione civile, sez. 2 07/06/1978, n. 2868) secondo cui, quando gli spazi pieni o vuoti, che accedano al soffitto od al pavimento, non siano essenziali alla struttura divisoria, rimangono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell’esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto dominicale.
Ne consegue che, facendo passare i tubi nella controsoffittatura realizzata dal (OMISSIS), il (OMISSIS) lo ha spogliato nel possesso dello spazio vuoto sovrastante il suo appartamento, poiche’ la controsoffittatura non ha una funzione portante o divisoria dei due appartamenti ma una funzione meramente decorativa.
Di essa il (OMISSIS) aveva il possesso solo animo, contrariamente a quanto sostenuto dalla corte territoriale che non ha ravvisato la presenza di atti di esercizio del possesso. E’ pacifico, infatti, che per la conservazione del possesso, non occorre la materiale continuita’ dell’uso ne’ l’esplicazione di continui e concreti atti di godimento, essendo sufficiente che la cosa, anche in relazione alla sua natura e destinazione economico sociale, possa ritenersi rimasta nella virtuale disponibilita’ del possessore. Il possesso puo’ essere mantenuto anche solo animo, purche’ il soggetto abbia la possibilita’ di ripristinare il corpus quando lo voglia.
In particolare, un comportamento passivo del possessore relativamente ad un bene immobile che possa essere goduto anche con il non uso, in tanto puo’ costituire manifestazione inequivoca della volonta’ di dismissione del possesso in quanto l’attivita’ altrui sul bene impedisca il ripristino del corpus, mentre fino a quando cio’ non accada l’inerzia del possessore solo animo non ha significato univoco. (Cass. Sez. 2 11.11.1997 n. 11119).
Nella fattispecie in esame, il (OMISSIS) esercitava il possesso sullo spazio occupato dalla controsoffittatura, tanto che ha potuto agevolmente rimuoverla per eseguire i lavori di ristrutturazione del suo appartamento.
Il terzo motivo e quarto motivo sono assorbiti.
La sentenza va pertanto cassata in ordine ai primi due motivi e rinviata per nuovo esame innanzi ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.