La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva, prescindendo quindi dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode, ma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare sia l’esistenza di un effettivo potere fisico del soggetto convenuto sulla res, al quale inerisce il dovere di custodire la cosa stessa, cioè di vigilarla e di mantenerne il controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi, sia il nesso causale tra le cose stesse e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione posseduta dalla cosa o per l’insorgenza in essa di agenti dannosi. Provati tali due elementi, la responsabilità del custode è esclusa soltanto dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi ad esso come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio.
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Tribunale Gorizia, civile Sentenza 23 luglio 2018, n. 324
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GORIZIA
in persona del Giudice dr.ssa Francesca Ciocchiatti ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nelle causa civile iscritta al n. 485/2013 di Ruolo Generale vertente
tra
Sc.Ri. – rappresentato e difeso in calce all’atto di citazione dall’avv. CO.DA.;
– parte attrice –
e
Co.Po. – rappresentata e difesa in calce all’atto di citazione notificato, dall’avv. BE.CA.;
– parte convenuta –
e
con la chiamata in causa di
Co.Sv. rappresentata e difesa in calce all’atto di citazione di terzo notificato, dall’avv. KR.EL. e dall’avv. Lu.Sp.;
– parte terza chiamata –
Oggetto: Altre ipotesi di responsabilità Extracontrattuale non ricomprese nelle altre materie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I) Con atto di citazione dd. 13.3.12, l’attore citava in giudizio la Compagnia Portuale di Monfalcone addebitandole la responsabilità di un infortunio sul lavoro avvenuto presso la sede della convenuta, a Monfalcone, via (…), e chiedendone la condanna al risarcimento di ogni danno arrecato in quell’occasione.
A sostegno delle proprie richieste, il dott. Sc. affermava che il 13.05.09, era scivolato sui gradini della scala che conduce agli uffici della Compagnia Portuale, siti in un immobile di proprietà del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Monfalcone, cadendo per due rampe di scale e procurandosi così un trauma con dinamica maggiore, frattura scomposta al polso sinistro, ferite lacero contuse al piatto tibiale sinistro, trauma cranico non commotivo.
Si costituiva in giudizio la Compagnia Portuale di Monfalcone, nulla contestando riguardo la dinamica dei fatti, ma sottolineando che la responsabilità dei fatti dovesse essere addebitata ad altro soggetto.
Assumeva, infatti, la convenuta che l’immobile adibito ad uffici in uso alla Compagnia Portuale era (ed è) di proprietà del Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Comune di Monfalcone, in ragione di un contratto di locazione finalizzato alla concessione in uso delle unità immobiliari presso la palazzina servizi di Portorosega di proprietà del Consorzio in via (…) a Monfalcone. A tale locazione, la scala su cui era avvenuto il sinistro era estranea, essendo manufatto a servizio di tutto l’immobile, anche di altri spazi utilizzati da soggetti terzi rispetto le odierne parti in causa, e quindi rimasta nella detenzione ed in custodia del proprietario.
In virtù di tali considerazioni, la Compagnia Portuale negava qualsivoglia propria responsabilità come datore di lavoro, non essendo i luoghi ove era accaduto il sinistro di sua competenza riguardo il rispetto delle misure antiinfortunistiche e chiedeva, dunque, la citazione in causa del terzo Consorzio Industriale, unitamente ad Al. S.p.A., con cui aveva in corso di validità polizza per gli infortuni.
Ammessa dal Giudice la chiamata in causa dei terzi, si costituivano in giudizio il Consorzio Industriale, che respingeva ogni forma di responsabilità per il sinistro, assumendo l’assenza di pericoli della scala ed il pieno rispetto delle misure di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori, mentre Al. S.p.A. respingeva la domanda di manleva, non ritenendo operante, per le circostanze del caso, la polizza stipulata con la Compagnia Portuale.
Dichiarata l’estinzione del procedimento nei confronti di Al., una volta rinunciata la domanda nei suoi confronti da parte di questa difesa, il giudice, in accoglimento della richiesta attorea, disponeva procedersi con due distinte CTU, la prima rivolta alla verifica medico – legale sulle lesioni subite dall’attore e la seconda orientata alla disamina delle caratteristiche tecniche della scala ove era avvenuto il sinistro ed al rispetto delle condizioni necessarie di sicurezza della stessa.
All’esito del deposito dei due elaborati peritali, il Giudice, valutate come superflue le residue richieste istruttorie delle parti, tratteneva in decisione la causa ed assegnava i termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
II) La pretesa risarcitoria va esaminata sotto il profilo della responsabilità da cose in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c.
La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva (v. tra le altre, Cass. 24.2.2011, n. 4476), prescindendo quindi dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode, ma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare sia l’esistenza di un effettivo potere fisico del soggetto convenuto sulla res, al quale inerisce il dovere di custodire la cosa stessa, cioè di vigilarla e di mantenerne il controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi, sia il nesso causale tra le cose stesse e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione posseduta dalla cosa o per l’insorgenza in essa di agenti dannosi (v. Cass. ord. n. 5910 del 11.3.2011). Provati tali due elementi, la responsabilità del custode è esclusa soltanto dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi ad esso come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio (v. Cass. 7.4.2010, n. 8229).
Al danneggiato compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo: più nello specifico, la prova che il danneggiato deve dare, anche a mezzo di presunzioni, consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia; spetta invece al custode provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale (confr. Cass. civ. 19 maggio 2011, n. 11016; Cass. civ. 2 febbraio 2007, n. 2308).
III) Ciò posto, incontroversa la custodia, in capo alla terza chiamata del luogo) in cui si verificò la caduta dell’attrice, ai fini dell’accertamento dell’ulteriore elemento costitutivo della fattispecie (il nesso causale tra l’evento lesivo e le condizioni della cosa) va ricostruita, sulla base delle risultanze dell’istruttoria e delle circostanze non specificamente contestate ex art. 115, I co. c.p.c., la dinamica del fatto.
A tal fine si deve rammentare che la terza chiamata ha contestato sin dalla comparsa di costituzione in giudizio, non soltanto l’assenza del nesso di causalità tra la cosa e il danno, ma la stessa ricostruzione del sinistro per come prospettata da parte attrice sin dall’atto di citazione.
A fronte di tali contestazioni, nella memoria dai data 16.06.2014 la difesa attorea aveva formulato alcune istanze istruttorie (cap. 7, 8 e 9) volte a provare l’esatta dinamica del sinistro ed il nesso di casualità tra la cosa e il danno, e tali istanze erano state rigettate dal Giudice procedente.
Successivamente, al momento della precisazione delle conclusioni tali istanze non sono state reiterate.
A tal proposito merita ricordare che “la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni poiché, diversamente, le stesse debbono intendersi rinunciate e non possono essere riproposte in appello. Tale onere non è assolto attraverso il richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi, atteso che la precisazione delle conclusioni deve avvenire in modo specifico, coerentemente con la funzione sua propria di delineare con precisione il “thema” sottoposto al giudice e di porre la controparte nella condizione di prendere posizione in ordine alle (sole) richieste – istruttorie e di merito – definitivamente proposte” (Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, n. 19352).
Deve, pertanto, ritenersi che parte attrice abbia inteso rinunciare alle istanze istruttorie formulate nella memoria sopra indicata.
La dinamica dell’incidente, quindi, per quanto emerso dalle risultanze probatorie è ricostruibile relativamente al solo fatto della caduta e del conseguente danno, non risultando provata la causa della stessa.
L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale conduce a ritenere carente uno dei presupposti della domanda: questo preclude ogni altra considerazione relativa al quantum debeatur e agli aspetti di corresponsabilità dei convenuti.
Non avendo il danneggiato assolto all’onere di provare che l’evento è stato realmente provocato da una anomalia della scala, non potendo quindi ritenersi provato, neppure presuntivamente, l’esatta dinamica della caduta, la sua domanda non può essere accolta. Le spese di ctu, già liquidate come da separati decreti, sono poste definitivamente a carico dell’attore.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate secondo l’effettivo scaglione di pertinenza delle lite e secondo i valori medi, attesa la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale di Gorizia in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa n. 485/2013 R.G., ogni diversa domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) rigetta la domanda attorea;
2) pone definitivamente a carico della parte attrice le spese di ctu, già liquidate come da separati decreto;
2) condanna l’attore alla rifusione in favore della convenuta e della terza chiamata delle spese di lite, liquidate per ciascuna delle controparti in Euro 4.835,00 per compensi, oltre a spese generali forfetarie, CPA e IVA ex lege.
Così deciso in Gorizia il 20 luglio 2018.
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2018.