Nel caso in cui il contratto d’opera concerna la redazione di un progetto edilizio destinato all’esecuzione, tra gli obblighi del professionista rientra quello di redigere un progetto conforme, oltre che alle regole tecniche, anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione su un dato territorio, in modo da non compromettere il conseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all’esecuzione dell’opera, essendo questa qualità del progetto una delle connotazioni essenziali di un tale contratto di opera professionale.
Corte d’Appello Napoli, Sezione 7 civile Sentenza 24 luglio 2018, n. 3730
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
VII SEZIONE CIVILE (Già III BIS)
nella persona dei Magistrati:
dott. Stefano Chiappetta – Presidente
dott. Erminia Baldini – Consigliere rel.
dott. Giorgio Sensale – Consigliere
riuniti in Camera di Consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile N. 4471/10 RG
TRA
(…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), quali eredi di (…), rappresentati e difesi dall’avv. Lu.D’A. in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione depositata in data 1.2.2013, elettivamente domiciliati presso lo stesso in Napoli, viale (…);
Appellanti
E
(…), rappresentato e difeso dall’avv. Lu.Ca. ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Frattamaggiore, via (…), in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione in appello;
Appellato – appellante incidentale
E
(…) e (…), elettivamente domiciliate in Frattamaggiore, via (…), presso gli avv.ti Gi.Ca. e Mi.Ca., i quali le rappresentano e difendono in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione in appello;
Appellate
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 23.4.2004 (…) esponeva di essere proprietaria dell’immobile sito in F., via (…), acquistato da (…). Nel periodo intercorso tra la stipula del preliminare ed il rogito definitivo sia (…) che le condomine (…) e (…), sorelle del primo, avevano conferito al geom. (…) l’incarico di progettista e direttore dei lavori in relazione ad alcune opere edili da realizzare nel fabbricato. La (…) aveva allora conferito al medesimo geom. (…) l’incarico di progettazione e direzione dei lavori di ampliamento e sopraelevazione, con sovrastante tetto termico, dell’immobile acquistato.
Tali opere ricadevano su aree condominiali per cui (…) e (…), con dichiarazione sostituitiva di notorietà datata 28.9.1998, avevano prestato il proprio assenso affinché la (…) eseguisse i lavori. In data 15.1.1999 il Comune di Frattamaggiore aveva rilasciato la concessione edilizia n. 3998, che trovava presupposto nella relazione tecnica descrittiva e nei grafici predisposti dal geom. (…).
Successivamente, però, le germane (…) avevano revocato il consenso prestato.
In data 4.5.1999 il Comune di Frattamaggiore aveva sospeso la concessione edilizia e, con ordinanza n. 84 datata 11.5.1999, aveva annullato la concessione stessa. Aveva rilevato in proposito che erano emerse difformità tra lo stato dei luoghi e quanto riportato nei grafici allegati alla richiesta di concessione con un aumento del volume dei corpi di fabbrica di mc. 237,32 rispetto a quello riportato nei grafici.
Con successiva ordinanza n.183 del 10.12.1999 il Comune di Frattamaggiore aveva ingiunto la demolizione delle opere edilizie sino ad allora realizzate e l’attrice aveva ottemperato.
Su ricorso dell’attrice il Tar Napoli aveva annullato gli atti sanzionatori emessi dal Comune di Frattamaggiore ma l’ente locale aveva riproposto l’atto di ritiro annullato.
Tanto premesso, la D. assumeva che dalle motivazioni riportate nel provvedimento dell’ente locale si evinceva che l’annullamento della concessione era dipeso dagli errori progettuali posti in essere dal (…) e dall’illecito comportamento delle germane (…), le quali avevano prima acconsentito alla esecuzione delle opere da parte della (…) e poi avevano immotivatamente ritirato tale autorizzazione, cagionando all’esponente un danno ingentissimo ed irreparabile.
La (…) conveniva pertanto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, (…), (…) e (…). Chiedeva la pronuncia di risoluzione del contratto di prestazione professionale per grave inadempimento del (…) e, per l’effetto, la condanna del convenuto alla restituzione del corrispettivo ricevuto, pari ad Euro 981,26.
Chiedeva poi l’affermazione della responsabilità delle convenute (…) per avere cagionato danno all’attrice tramite la revoca dell’atto di assenso previamente emesso. Chiedeva la condanna dei convenuti in solido, o di chi tra essi ritenuto responsabile, al risarcimento del danno per aver pagato alla ditta appaltatrice il corrispettivo per i lavori realizzati sino alla sospensione ordinata dal Comune nonché per ottemperare all’ordinanza di demolizione, quantificati in Euro 26.142,20, oltre interessi e rivalutazione. Chiedeva la condanna dei convenuti in solido, o di chi tra essi ritenuto responsabile, al risarcimento del danno per la perdita di chance, quantificato in Euro 25.000,00 o della diversa somma ritenuta dal giudice. Chiedeva infine la condanna dei convenuti in solido, o di chi tra essi ritenuto responsabile, al risarcimento del danno esistenziale, quantificabile in via equitativa. Con vittoria di spese.
Si costituivano tutti i convenuti. Il (…) proponeva domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna della (…) al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 76.000,00 o nella diversa misura ritenuta dal giudice.
Il Tribunale, con sentenza n. 109/2010, depositata il 30.3.2010, dichiarava la risoluzione del contratto di prestazione professionale concluso dalla (…) e dal (…) per grave inadempimento di quest’ultimo; condannava il (…) al pagamento, in favore di (…), della somma di Euro 723,04,oltre interessi legali, a titolo di ripetizione di indebito nonché della somma di Euro 401,73, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno; rigettava le altre domande proposte dalla (…) nonché la domanda riconvenzionale proposta dal (…); compensava le spese di lite tra tutte le parti e poneva le spese di ctu a carico del solo (…).
Avverso detta sentenza (…) ha proposto appello, con atto inviato per posta per la notifica in data 8.10.2010, iscritto in data 18.10.2010, per i motivi ivi esposti. Ha chiesto, oltre alla conferma della sentenza in punto risoluzione del contratto,: “Riformare la sentenza impugnata, nella parte in cui si condanna il geom. (…) al pagamento, in favore della sig.ra (…), della somma di Euro 723,04, oltre interessi legali, a titolo di ripetizione dell’indebito, e per l’effetto condannare il geom. (…), a titolo di ripetizione dell’indebito, alla restituzione in favore della sig.ra (…) della somma di Euro 981, 27 (pari a Lire 1.900.000), oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria dalla debenza al soddisfo;
riformare la sentenza impugnata, nella parte in cui si condanna il geom. (…) al pagamento, in favore della sig.ra (…), della somma di Euro 401,73 oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno, e quindi, accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 1218 c.c., del convenuto (…) per aver inadempiuto all’obbligo contrattuale assunto con la parte attrice;
accertare e dichiarare la responsabilità ex art. 2043 c.c. delle convenute (…) e (…) per aver, a mezzo dell’illecita revoca dell’atto di assenso previamente emesso, cagionato il danno di cui l’appellante chiede in tale sede il risarcimento;
accertare e dichiarare il diritto della sig.ra (…) al risarcimento del danno patrimoniale subito, nei termini di danno emergente, per aver costei pagato alla ditta appaltatrice, impresa (…) da Sant’Arpino, l’importo complessivo di Euro 25.822,00 (pari a Lire 50.000.000) a titolo di corrispettivo per i lavori realizzati sino alla sospensione ordinata dal Comune di Frattamaggiore in data 4.5.99, nonché per ottemperare all’ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Frattamaggiore in data 10.12.99, e per l’effetto:
condannare gli appellati, in solido, o chi tra essi ritenuto responsabile, al pagamento in favore dell’appellante della somma dovuta per il danno anzidetto, quantificata in Euro 25.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria alla data dell’effettivo soddisfo;
accertare e dichiarare il diritto dell’appellante al risarcimento del danno per la perdita di chance subita che si quantifica, così come da CTU depositata nel giudizio di primo grado, nella somma di Euro 219.218,20 o di quella che riterrà più giusta ed equa l’Ecc.mo Giudicante, pur ricorrendo a valutazioni equitative, e per l’effetto:
condannare i convenuti in solido o chi tra essi ritenuto responsabile, al pagamento delle somme dovute per i danni anzidetti, pari a Euro 219.218,20 oltre interessi e rivalutazione monetaria alla data dell’effettivo soddisfo;
accertare e dichiarare il diritto dell’appellante al risarcimento del danno esistenziale subito a causa dell’illegittimo ed illecito comportamento perpetrato dai sigg.ri (…), (…) e (…) e per l’effetto condannare gli appellati, in solido o chi tra essi ritenuto responsabile, al pagamento delle somme dovute per il danno anzidetto, nella misura quantificata in Euro 25.000,00 ovvero in quella maggiore e/o minore che riterrà più gusta ed equa l’ecc.mo Collegio, pur ricorrendo al suo prudente apprezzamento equitativo.
Il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria alla data dell’effettivo soddisfo;
– accertare e dichiarare il diritto dell’appellante al risarcimento del danno morale subito a causa dell’illegittimo ed illecito comportamento perpetrato dai sigg.ri (…), (…) e (…), e per l’effetto condannare gli appellati, in solido o chi tra essi ritenuto responsabile, al pagamento delle somme dovute per il danno anzidetto, nella misura quantificata in Euro 25.000,00 ovvero in quella maggiore e/o minore che riterrà più giusta ed equa l’On.le Giudicante, pur ricorrendo al suo prudente apprezzamento equitativo.
Il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria alla data dell’effettivo soddisfo;
condannare gli appellati in solido, o chi tra essi ritenuto responsabile, alla corresponsione di tutte le spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio da distrarsi al sottoscritto procuratore anticipatario”.
Si sono costituiti gli appellati ed hanno chiesto il rigetto dell’impugnazione. Il (…) ha proposto appello incidentale, chiedendo dichiararsi la risoluzione del contratto avente ad oggetto l’incarico di progettazione della sopraelevazione per inadempimento della (…); condannare quest’ultima al risarcimento dei danni ed alle spese, comprensive di quelle di ctu, del doppio grado, con attribuzione al difensore anticipatario.
In data 1.2.2013 si sono costituiti gli eredi di (…), deceduta nelle more, indicati in epigrafe, riportandosi all’atto di appello.
Precisate le conclusioni, il Collegio si è riservato la decisione, assegnati i termini ex art.190 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si rileva che è agli atti la copia della relazione del ctu di I grado, ing. An.De., destinata alle convenute (…), e depositata dalle medesime nel presente grado nel loro fascicolo di parte ricostruito, depositato il 13.7.2017. Gli appellanti, principali ed incidentale, non hanno contestato tale copia, peraltro dotata degli allegati. Si aggiunge che le parti non hanno censurato quanto affermato dal primo giudice sugli eseguiti accertamenti del ctu in ordine agli errori progettuali commessi dal (…) ed alla preesistenza di opere edilizie abusive che avrebbero comunque impedito il rilascio di qualsiasi concessione edilizia (cfr., in particolare, pag.19 e pag. 28 della sentenza impugnata),accertamenti che anzi richiamano nelle loro difese.
Dalla sentenza si evince pure che l’espletamento della ctu è stata l’unica attività istruttoria espletata nel precedente grado.
Si rileva pure che il difensore del (…) all’udienza del 16.11.2017 ha chiesto termine per verificare la conformità agli originali dei documenti depositati dall’appellante principale in sede di ricostruzione del fascicolo. Alla successiva udienza di precisazione delle conclusioni, all’esito della quale la Corte si è riservata la decisione, il difensore del (…) non è però comparso e non ha sollevato alcun rilievo sul punto nella comparsa conclusionale, per cui deve ritenersi non contestata la conformità dei documenti ricostruiti all’originale.
E’ stato comunque rinvenuto il fascicolo originario di parte (…) del presente grado (contenente anche quello di parte di I grado).
Tanto premesso, va in primo luogo esaminato l’appello incidentale proposto da (…) perché preliminare rispetto ad ogni altra questione, in quanto censura la declaratoria di risoluzione del contratto intercorso tra il predetto e (…) per grave inadempimento del primo.
Il (…) lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale articolata in primo grado sui “gravi motivi familiari” che gli avrebbero impedito di eseguire i rilievi del fabbricato all’interno del quale si trova l’unità immobiliare della (…). Deduce che se la prova fosse stata espletata sarebbe emerso che egli aveva accettato l’incarico di redigere il progetto, ignorando che nel fabbricato esistevano dei manufatti abusivi, il che, come affermato dal ctu, rendeva impossibile comunque il rilascio della concessione edilizia. Aggiunge che la (…) non solo non lo aveva informato della esistenza dei manufatti abusivi ma lo aveva tratto in inganno, in violazione del dovere di buona fede ex art. 1337 c.c., per avergli consegnato l’atto di notorietà a sua firma autenticata con cui aveva, tra l’altro, dichiarato che nel fabbricato non erano state realizzate opere abusive per cui non era stata presentata alcuna domanda di condono edilizio.
Ne conseguirebbe che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento di (…).
Il (…) aggiunge che il Tribunale avrebbe dovuto ascrivere la responsabilità della revoca della concessione edilizia in via principale a (…) e in via subordinata alle germane (…) e (…), le quali avevano revocato il consenso alla sopraelevazione progettata da (…).
Il motivo non coglie nel segno.
Ed invero il Tribunale ha del tutto condivisibilmente evidenziato che il professionista:” mediante l’accettazione dell’incarico conferitogli dall’istante si era obbligato a redigere una descrizione dei luoghi fedele e veritiera, tale da consentire la presentazione di un progetto suscettibile di essere accolto dall’ente locale territoriale competente, allo scopo di far conseguire all’attrice sig.ra (…)” il rilascio di una concessione edilizia. Il Tribunale ha altresì precisato, richiamando quanto affermato dalla sentenza della Cassazione civile, sez. II, 16/02/1996, n. 1208: “Nel caso in cui il contratto d’opera concerna la redazione di un progetto edilizio destinato all’esecuzione, tra gli obblighi del professionista rientra quello di redigere un progetto conforme, oltre che alle regole tecniche, anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione su un dato territorio, in modo da non compromettere il conseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all’esecuzione dell’opera, essendo questa qualità del progetto una delle connotazioni essenziali di un tale contratto di opera professionale”.
Il Tribunale ha quindi condivisibilmente affermato che costituiva preciso dovere del (…) eseguire gli indispensabili sopralluoghi e rilievi valevoli a permettergli un corretto, completo e puntuale assolvimento dell’incarico di progettazione che gli era stato conferito. Ciò avrebbe certamente consentito al professionista di avvedersi della preesistenza di abusi edilizi tali da impedire il rilascio della concessione edilizia.
Ne consegue, come già affermato dal primo giudice, l’irrilevanza dell’atto di notorietà consegnato dalla (…) al (…) perché tale dichiarazione sulla inesistenza di abusi edilizi all’interno del fabbricato non poteva esimere il professionista dalla esecuzione dei necessari sopralluoghi e rilievi.
Sul punto il primo giudice ha pure aggiunto che, come accertato dalla Polizia Municipale, gli abusi edilizi erano stati realizzati nel fabbricato anteriormente all’atto di acquisto da parte della (…), la quale doveva pertanto ritenersi all’oscuro degli illeciti stessi.
Il Tribunale ha poi affrontato anche la questione della asserita impossibilità, per il (…), di adempiere correttamente agli obblighi scaturenti dal rapporto contrattuale, dedotta dalla parte sotto il profilo di “gravi motivi familiari”. Il Tribunale ha correttamente evidenziato la genericità di tale deduzione perché la parte non aveva mai chiarito in cosa consistevano i “gravi motivi familiari”, non consentendo in tal modo al giudice di accertare se gli stessi risultassero concretamente valevoli ad integrare gli estremi dell’impossibilità ad adempiere. Ciò giustificava altresì la mancata ammissione della prova testimoniale sul punto, attinente a circostanze generiche e, pertanto, prive del requisito della rilevanza ai fini della decisione.
Il (…) nel presente grado non ha censurato specificamente le argomentazioni del primo giudice, in particolare quelle in ordine alla mancata specificazione dei gravi motivi familiari. Egli si è limitato a ribadire l’esistenza dei gravi motivi familiari e l’ammissibilità della prova richiesta ed ha assunto che, se la prova si fosse svolta, sarebbe emerso che la (…) era stata informata che egli in quel periodo doveva assistere la moglie, colpita da grave malattia che la condusse al decesso in pochi mesi, e che i rilievi del fabbricato sarebbero stati eseguiti solo sulla base della documentazione fornita dalla committente. La parte in tal modo vorrebbe far emergere dall’espletamento della prova (dandone peraltro già per scontato il risultato) la precisazione di circostanze che vanno invece allegate prima dell’attività istruttoria.
Consegue a tutto quanto sin qui argomentato l’irrilevanza della revoca del consenso prestato dalle germane (…) alla sopraelevazione, che ha fatto venir meno una delle condizioni per il rilascio della concessione. Invero la pronuncia di risoluzione del contratto di prestazione professionale è fondata sull’accertato grave inadempimento contrattuale del (…) alle obbligazioni sul medesimo gravanti e giustifica non solo la condanna del medesimo alla restituzione del corrispettivo ricevuto ma anche il risarcimento del danno corrispondente all’ingiustificato esborso per oneri concessori sostenuto dalla (…).
Invero il Tribunale ha efficacemente rilevato che se la (…) fosse stata tempestivamente resa edotta “della preesistenza di abusi edilizi che, in quanto tali, impedivano il rilascio di una legittima concessione ad aedificandum, si sarebbe ben guardata dal richiedere quest’ultima e non avrebbe, dunque, dovuto sostenere le spese relative agli oneri concessori corrisposti in favore della competente Pubblica Amministrazione locale”. La condotta inadempiente del (…) è quindi causalmente collegata con siffatto danno, a prescindere dall’eventuale comportamento illegittimo delle (…).
Con il secondo motivo il (…) lamenta il rigetto della domanda riconvenzionale proposta in I grado e diretta al risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento non corretto di (…) (la quale aveva tratto in inganno il professionista con la citata falsa dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio relativa alla inesistenza di opere abusive) dal quale erano scaturite due denuncie e carico del deducente, con l’apertura di due procedimenti (uno penale ed un altro disciplinare).
Il Tribunale ha rigettato la domanda riconvenzionale sulla base di due argomenti: 1) il professionista doveva imputare esclusivamente a sé stesso ed alla propria condotta negligente gli errori compiuti nell’espletamento dell’incarico di progettazione conferitogli dalla (…) e tutte le conseguenze negative (anche per il procedimento penale e per quello disciplinare) che ne erano derivate a suo carico, per le ragioni in precedenza esposte; 2) il convenuto non aveva documentato in alcun modo lo “stato d’ansia” da cui sarebbe rimasto affetto in conseguenza dei suddetti procedimenti, peraltro entrambi conclusi con l’archiviazione e, quindi, senza conseguenze sfavorevoli per il professionista.
Il (…) censura il secondo argomento rilevando che un siffatto danno può essere provato anche per presunzioni.
Osserva la Corte che, a tutto voler concedere, è sufficiente la prima motivazione del rigetto della domanda riconvenzionale, che trova fondamento in tutte le argomentazioni esposte a proposito del primo motivo dell’impugnazione incidentale e che è relativa, in generale, a tutti i danni lamentati dal (…) (quindi anche ai danni professionali che, secondo il predetto, non sarebbero invece stati riconosciuti dal Tribunale senza alcuna motivazione).
Il terzo motivo dell’appello incidentale attiene alla condanna al pagamento delle spese di ctu ed alla compensazione delle spese del giudizio tra le parti per cui verrà esaminato in seguito.
Venendo ora all’esame dell’impugnazione principale, con il primo motivo si lamenta il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma di Euro 723,04, versata dalla (…) al (…) a titolo di corrispettivo, che il professionista è stato condannato a restituire alla attrice per effetto della risoluzione del contratto. Il primo giudice ha correttamente escluso la rivalutazione perché si tratta di un debito di valuta. L’appellante si limita a richiamare una sentenza del Consiglio di Stato che afferma il risarcimento del danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 2 co. c.c., ove risulti provato anche per presunzioni o fatti notori il pregiudizio patrimoniale subito, senza però allegare alcunché in proposito.
Nello stesso motivo l’appellante si duole della mancata restituzione della somma di Euro 258,23 (pari a Lire 500.000), oltre accessori, che il Tribunale ha ritenuto versata dall’attrice quale compenso da corrispondere in favore del geologo (…). La parte assume che la somma, ancorché relativa all’attività espletata dal geologo, era stata versata nelle mani del (…), in quanto il medesimo aveva provveduto alla scelta del professionista al quale affidare la perizia geologica.
Anche in tal caso la sentenza impugnata va confermata proprio perché l’importo è stato versato dall’attrice a titolo di compenso della prestazione professionale eseguita dal geologo, quindi per un titolo del tutto estraneo al contratto di prestazione professionale intercorso con il (…) e risolto dal primo giudice.
Con il secondo motivo si lamenta il mancato riconoscimento del danno da lucro cessante (qualificato come perdita di chance) relativamente alla mancata realizzazione da parte di (…) del manufatto che intendeva edificare che, secondo la stima del ctu, avrebbe avuto all’epoca dei fatti il valore di Euro 219.218,20.
Il Tribunale ha escluso siffatto danno perché, come era desumibile dalla documentazione in atti e dalla ctu, anche in assenza degli errori progettuali commessi dal (…), la preesistenza di opere edilizie abusive avrebbe comunque impedito in radice il rilascio di qualsiasi concessione edilizia.
L’appellante replica che, come emerge dall’atto di annullamento, la concessione edilizia n. 3998/99, inizialmente rilasciata, non è stata successivamente ritirata a causa della preesistenza di volumi abusivi sull’immobile ma a seguito dell’accertamento degli errori progettuali e di calcolo commessi dal (…). Deduce altresì che alcuna norma vieta di richiedere autorizzazioni edilizie relative ad immobili che presentino abusi poiché tali illegittimità, se realizzate in zone suscettibili di aumenti volumetrici, potrebbero essere concesse in sanatoria unitamente all’atto amministrativo che abilità alla creazione di nuove cubature.
Orbene, va in primo luogo evidenziata l’irrilevanza, ai fini della decisione, del fatto che il primo giudice abbia in un primo momento disposto l’espletamento di una ctu onde accertare, tra l’altro, la cubatura del manufatto che l’attrice avrebbe potuto realizzare e il valore di mercato dello stesso, ed abbia poi, in sede di decisione, escluso il danno da lucro cessante. Ciò è verosimilmente dipeso da una più attenta e completa valutazione delle emergenze processuali.
Ciò posto, le argomentazioni di parte appellante non sono condivisibili alla luce della natura del danno da cd. perdita di chance efficacemente illustrata dal primo giudice. Quest’ultimo ha infatti definito tale tipo di danno, alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, quale danno emergente da perdita di una possibilità attuale, con la conseguenza che la chance è anch’essa una entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, la cui perdita integra un danno che, se allegato e provato, deve essere risarcito. Per il riconoscimento di siffatta voce di danno è poi necessario che il presunto danneggiato fornisca la prova del fatto che, in assenza della condotta che si assume dannosa, vi sarebbe stata la ragionevole probabilità del raggiungimento del risultato utile sperato. Non è quindi sufficiente una mera e generica aspettativa.
Ciò posto, il Tribunale ha comunque escluso il danno perché, come chiaramente affermato dal ctu, la preesistenza di opere edilizie abusive avrebbe impedito in ogni caso il rilascio della concessione edilizia.
L’appellante fa riferimento alla possibilità di una concessione in sanatoria senza però provare la ragionevole probabilità del rilascio di un siffatto provvedimento che, inoltre, presuppone un’attività del soggetto interessato (presentazione della domanda corredata della necessaria documentazione e pagamento dell’oblazione).
Si rileva a questo punto che nelle conclusioni dell’atto di appello l’appellante ripropone, nei confronti di tutti gli appellati, anche la domanda di risarcimento del danno subito per avere pagato alla ditta appaltatrice l’importo complessivo di Euro.25.822,00, a titolo di corrispettivo dei lavori realizzati sino alla sospensione ordinata dal Comune di Frattamaggiore in data 4.5.1999, nonché per ottemperare all’ordinanza di demolizione emessa dal Comune il 10.12.1999. La parte non censura però le argomentazioni del primo giudice, il quale ha rigettato siffatta domanda per carenza di prova, non avendo l’istante prodotto alcuna documentazione idonea a provare tali esborsi.
Con il terzo motivo si censura il mancato accertamento della illiceità del comportamento posto in essere dalle convenute V.Gi. e (…) e del diritto dell’attrice al risarcimento, a titolo di danno extracontrattuale, conseguente a detto comportamento.
Ci si riferisce alla pretesa illecita revoca, da parte delle germane (…), del consenso alla cessione di cubatura necessaria per l’approvazione del progetto edilizio presentato dal (…).
Il Tribunale ha rigettato la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni: 1) la documentazione prodotta dalle (…) provava che la revoca del consenso prestato dalle stesse era dovuta essenzialmente agli errori progettuali compiuti dal convenuto (…), sicché solo quest’ultimo poteva essere ritenuto responsabile del danno emergente subito dalla (…) in termini di oneri concessori versati a fronte dell’avvenuto rilascio della concessione edilizia successivamente venuta meno a seguito dell’annullamento da parte della PA (sul punto ha fatto riferimento alla nota datata 1 aprile 1999 inviata dalle convenute (…) al Commissario Prefettizio del Comune di Frattamaggiore e prodotta in copia dalle stesse, con cui esse avevano revocato il consenso per la cessione di cubatura sulle parti comuni in favore della (…)); 2) in ordine alle ulteriori voci di danno richieste dall’attrice valevano tutte le considerazioni già svolte con riguardo alla posizione del (…) “in termini di mancato assolvimento all’onere della prova gravante a carico della parte attrice, nonché di insussistenza di una seria possibilità di raggiungimento del risultato utile sperato e, dunque, di un pregiudizio patrimoniale suscettibile di essere qualificato come perdita di chance”.
Il Tribunale ha quindi precisato che le considerazioni appena sviluppate consentivano di superare la necessità di esaminare la tematica concernente la natura giuridica della cd. cessione di cubatura.
L’appellante censura le argomentazioni del Tribunale riportate sub 1) assumendo che dalla documentazione agli atti si evincerebbe che le germane (…) conoscevano lo stato dei luoghi ed il contenuto del progetto del (…) già prima di acconsentire alla cd. cessione di cubatura poi revocata.
Osserva la Corte che, a tutto voler concedere, la parte appellante nelle conclusioni dell’atto di appello non chiede la condanna delle (…) al risarcimento del danno emergente subito in termini di oneri concessori.
Per quanto riguarda gli altri danni la questione è in ogni caso superata dalla mancata prova dei pregiudizi lamentati dalla (…) (ed ora dai suoi eredi), in quanto valgono sul punto le osservazioni svolte in ordine alla domanda risarcitoria proposta nei confronti di (…) e, per quanto riguarda il danno esistenziale e morale, quanto si osserva di seguito nell’esame del quarto motivo.
Con il quarto motivo si censura il mancato accertamento del diritto dell’attrice al risarcimento del danno esistenziale e morale.
Il Tribunale ha rilevato che il danno non patrimoniale “risulta essere rimasto confinato al piano delle mere asserzioni generiche, peraltro sfornite di qualsiasi elemento probatorio a sostegno delle stesse”.
L’appellante replica che si tratta di danni che scaturiscono automaticamente dal comportamento inadempiente dell’autore dell’illecito senza che sia necessario fornire elementi diversi dalla prova del fatto, essendo rimesso alla discrezionalità del giudice il potere di accertarne l’an secondo la comune esperienza e di determinarne il quantum per via equitativa. Rileva che nella specie è evidente il danno di tipo esistenziale, se non altro perché la (…), convivente con la madre anziana e vedova, si era trovata impossibilitata ad abitare l’immobile acquistato perché mancante dei servizi igienici.
La censura è infondata.
Invero, come affermato dalle note sentenze della Suprema Corte a sezioni unite, (Cass. sez. un., 11 novembre 2008 n. 26972, 26973, 26974 e 26975; Cassazione civile, sez. un., 16/02/2009, n. 3677), il danno non patrimoniale costituisce in primo luogo una categoria ampia ed onnicomprensiva che comprende sia il danno morale (risarcibile solo nei casi determinati dalla legge ex art. 2059 c.c.) che il c.d. danno esistenziale, inteso quale “pregiudizio alle attività non remunerative della persona” causato dal fatto illecito lesivo di un diritto costituzionalmente garantito. Più recentemente siffatto orientamento è stato confermato dalla sentenza della Cassazione civile, sez. III, 27/03/2018, n. 7537.
Orbene nella specie il pregiudizio non patrimoniale dedotto non è risarcibile né sotto il profilo del danno morale (mancando l’ipotesi di reato) né sotto il profilo del danno cd. esistenziale che, come anticipato, spetta solo in caso di lesione di un diritto costituzionalmente garantito.
Il danno non patrimoniale va poi, in ogni caso, provato (cfr. Cassazione civile, sez. III, 17/01/2018, n. 901).
In conclusione entrambi gli appelli vanno rigettati.
Le ragioni già evidenziate dal Tribunale (complessità delle questioni affrontate e natura del giudizio) nonché l’esito del giudizio di appello costituiscono giusti motivi per compensare tra tutte le parti anche le spese del presente grado.
Ne consegue l’infondatezza del terzo motivo di appello incidentale in ordine alla compensazione delle spese di lite. Il motivo è parimenti infondato per quanto riguarda il disposto accollo al (…) delle spese di ctu, motivato dal Tribunale con l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento dello stesso, confermata nel presente grado.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli, pronunciando sull’appello principale proposto da (…), alla quale sono subentrati gli eredi (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…), avverso la sentenza n.109/10, pronunciata dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, nonché sull’appello incidentale proposto da (…), così provvede:
a) rigetta entrambi gli appelli;
b) compensa le spese del grado tra tutte le parti.
Così deciso in Napoli il 29 maggio 2018.
Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2018.