in sede di accertamento di un credito portato da delibera assunta ai sensi dell’art. 1136 c.c. in sede diversa dal giudizio seguito ad impugnazione ex art. 1137 c.c., è consentito esaminare solo l’idoneità formale del verbale che documenta la delibera (che costituisce idoneo titolo anche in sede di opposizione) per verificarne l’esistenza ovvero per accertare l’idoneità sostanziale della pretesa azionata con riferimento alla documentazione posta a sostegno dell’ingiunzione, se sia effettivamente pertinente alla pretesa, ovvero alla persistenza dell’obbligazione dedotta in giudizio con particolare riferimento ai fatti estintivi/modificativi dell’obbligazione stessa successivi alla consacrazione del credito nella delibera e non, invece, a quelli consacrati nella delibera stessa non esaminabili se non nell’alveo dello strumento esplicitamente accordato all’uopo dal legislatore, previsto chiaramente per evitare l’incertezza nei rapporti fra i partecipanti al condominio.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di condominio, si consiglia invece  la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione  che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

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La responsabilità dell’amministratore di condominio in conseguenza del potere – dovere di curare l’osservanza del regolamento condominiale.

La responsabilità (civile) dell’amministratore di condominio.

Tribunale Roma, Sezione 5 civile Sentenza 22 febbraio 2019, n. 1467

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE DI ROMA

SEZ. QUINTA

Il dott. Roberto Ghiron, in funzione di Giudice Unico di secondo grado, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero 74228 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2016

TRA

(…)

elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’Avv. Pi.Pa. che lo rappresenta e difende con procura in atti

APPELLANTE

E

CONDOMINIO VIA (…)

elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’Avv. Fr.Ro. che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. It.Di. con procura in atti

APPELLATO

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato il (…) conveniva in giudizio il Condominio di cui in epigrafe proponendo appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 17892/16, pubblicata in data 23-5-2016, con la quale il giudice di prime cure aveva rigettato l’opposizione il decreto ingiuntivo n. 6365/14 emesso dal Giudice di Pace di Roma per il mancato pagamento della somma di Euro 3201,55 richiesta a titolo di oneri condominiali non corrisposti pur essendo il credito non dovuto (attesa l’illegittimità della delibera che lo fondava) e condannando esso appellante alla refusione delle spese di lite.

Deduceva che il Giudice di Pace aveva errato, violando l’art. 34 c.p.c., nell’essersi limitato ad evidenziare che, in sede di opposizione a d.i., non erano sindacabili gli eventuali vizi della delibera senza, invece, rilevare d’ufficio (come ritenuto dalla SC, Cass. 305/16) la nullità della delibera il cui vizio, costituito dalla convocazione dell’assemblea da parte di un amministratore revocato, era stato oggetto di allegazione ed aveva errato altresì in quanto non aveva tenuto in cale ulteriore vizio costituito dalla mancata convocazione di tutti i condomini ed in quanto non aveva esaminato la documentazione prodotta al riguardo: emergenze che avrebbero dovuto condurre alla revoca del decreto.

Ciò premesso, in riforma integrale della sentenza, chiedeva che il decreto opposto fosse revocato dichiarando altresì che nulla doveva.

In subordine chiedeva la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione della controversia, pendente presso il Tribunale di Roma, che aveva ad oggetto la delibera fondante il credito.

Con la refusione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

Si costituiva il Condominio chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dell’appello per la violazione della norma di cui all’art. 342 c.p.c. e la conferma della sentenza appellata, con vittoria di spese da distrarre.

All’esito del giudizio venivano precisate le conclusioni e, all’udienza del 10-10-2018, la causa veniva trattenuta in decisione con i termini ex art. 190 c.p.c. per note conclusionali e repliche.

Deve essere rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte appellata.

Invero la forma dell’appello risulta contenere tutti i requisiti previsti dalla norma di cui all’art. 342 c.p.c. atteso il puntuale riferimento alle parti della sentenza impugnati (talvolta riportati per esteso), attese l’indicazione delle modifiche richieste e considerata l’indicazione delle circostanze da cui deriva l’affermata violazione di legge con riferimento alla norma che si assume violata (irrilevante se il richiamo sia, in concreto, inconferente) ed al principio di diritto che il giudice di prime cure non avrebbe seguito e segnatamente “il rilievo d’ufficio della nullità di un atto negoziale” quale la delibera fondante il credito.

Occorre quindi evidenziare che, in sede di precisazione delle conclusioni e quindi in sede di memoria ex art. 190 c.p.c., l’appellante ha richiamato e prodotto sentenze/ordinanze che avrebbero nelle more annullato la delibera fondante il credito e/o sospeso la sua efficacia. Il rilievo è destituito da ogni fondamento in quanto l’ordinanza e le sentenze prodotte con la memoria conclusiva palesemente riguardano l’impugnazione di altre e diverse delibere approvate in epoche diverse rispetto a quella in esame (approvata il 19-12-2012).

Tardiva è da affermarsi l’eccezione con la quale solo con la memoria conclusiva l’appellante ha affermato l’inesistenza dei poteri in capo all’amministratore pro tempore che ha dato mandato ai difensori di costituirsi nel presente giudizio. Eccezione infondata peraltro anche nel merito, come rilevato dal Condominio nella seconda memoria ex art. 190 c.p.c., laddove pacificamente evidenzia che la sentenza che ha annullato la delibera di nomina dell’amministratore è stata pubblicata solo l’8-5-2018 (quindi in data ben successiva alla costituzione nel presente giudizio) donde, ove anche in regime di prorogatio, aveva i poteri per conferire mandato ai difensori.

Ciò posto si osserva che, nel merito, l’appello risulta palesemente infondato.

Con riguardo alle eccezioni, le sole esaminabili in quanto riproposte in appello (inerenti i vizi di cui appresso della delibera, peraltro già impugnata in altra sede), avverso le pretese del creditore si deve osservare che, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, detti motivi di opposizione non colgono nel segno atteso che involgono questioni esaminabili solo in sede di impugnazione ex art. 1137 c.c. perché attinenti alla validità delle stesse delibere fondanti il credito oggetto dell’ingiunzione (convocazione dell’assemblea da parte di amministratore revocato e mancata convocazione di tutti i condomini).

Le delibere sono vincolanti ed efficaci ai sensi e per gli effetti di cui all’art.1137 c.c.. Pertanto il condomino è obbligato a corrispondere la quota di spesa risultante dalle delibere medesime perché le delibere costituiscono idoneo titolo fondante il credito potendo solo l’annullamento o la declaratoria di nullità delle stesse, a seguito di ricorso ex art. 1137 c.c., far cessare tale obbligo.

E può formare oggetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo solo l’accertamento esterno in ordine alla perdurante efficacia della delibera.

Non è consentito, invece, accertare la validità intrinseca della delibera, che può essere fatta valere, come detto, solo mediante l’impugnazione ex art. 1137 c.c.

In altri termini, in sede di accertamento di un credito portato da delibera assunta ai sensi dell’art. 1136 c.c. in sede diversa dal giudizio seguito ad impugnazione ex art. 1137 c.c., è consentito esaminare solo l’idoneità formale del verbale che documenta la delibera (che costituisce idoneo titolo anche in sede di opposizione) per verificarne l’esistenza ovvero per accertare l’idoneità sostanziale della pretesa azionata con riferimento alla documentazione posta a sostegno dell’ingiunzione, se sia effettivamente pertinente alla pretesa, ovvero alla persistenza dell’obbligazione dedotta in giudizio con particolare riferimento ai fatti estintivi/modificativi dell’obbligazione stessa successivi alla consacrazione del credito nella delibera e non, invece, a quelli consacrati nella delibera stessa non esaminabili se non nell’alveo dello strumento esplicitamente accordato all’uopo dal legislatore, previsto chiaramente per evitare l’incertezza nei rapporti fra i partecipanti al condominio.

Interesse quest’ultimo, teso a cristallizzare il dettato assembleare, ritenuto prevalente dall’ordinamento rispetto ai contrapposti diritti dei partecipanti al condominio (in tal senso v. Cass. SS.UU. 4421/07).

Tale sistema normativo si fonda sul rilievo prevalente che il legislatore, attraverso le norme di cui agli artt. 1130 e 1137 c.c., 63 disp. att. c.c. in relazione agli artt. 633 e 634 c.p.c., garantisce preminenza all’interesse della collettività condominiale rispetto a quello dei singoli condòmini consentendo al condominio, che agisca nei confronti del condòmino per conseguire le quote da questi dovute, di ottenere, sulla sola base della delibera approvata e del piano di riparto allegato, prova del credito di per sé sufficiente anche nell’eventuale giudizio ordinario, decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e titolo per iniziare l’espropriazione forzata non sospendibile con la sola impugnazione.

Ciò al fine di consentire al condominio di conseguire in concreto la sua istituzionale finalità di conservazione e gestione della cosa comune nei confronti della collettività dei partecipanti mediante la possibilità di far fronte con regolarità al pagamento delle spese necessarie.

Il che postula la puntuale riscossione dei contributi dovuti secondo il piano di riparto approvato.

Con la conseguenza che laddove si proceda, come avviene in sede di decreto di ingiunzione, al recupero di contributi non versati è assai limitato l’ambito entro il quale l’ingiunto può sollevare domande o eccezioni proprio per evitare che il corretto funzionamento del condominio possa essere compromesso dall’introduzione di eccezioni volte a paralizzare il diritto dell’ente di gestione alla rapida e sollecita riscossione dei contributi. Laddove il partecipante debitore, rimosse dapprima le delibere, riterrà di avere pagato più volte lo stesso debito o di essere creditore ben potrà agire separatamente per la ripetizione o per il conseguimento del dovuto con autonoma azione (Cass. SS.UU. 4421/07 e Cass. 19519/05).

Da tali presupposti discende altresì l’inesistenza di rapporti di pregiudizialità fra i giudizi di opposizione a d.i. e di impugnazione ex art. 1137 c.c. (sul punto v. la citata sentenza della S.C. a Sezioni Unite).

Orbene, nel caso in esame, non potendosi valutare la legittimità della delibera e procedere così al suo eventuale annullamento, si deve solo prendere atto della sua efficacia e vincolatività (non contestata).

Ed il sollecito al giudice di prime cure di rilevare d’ufficio “la nullità” della delibera non coglie nel segno posto che i motivi addotti non riguardano questioni idonee a determinare la nullità della delibera ma solo l’annullamento in quanto involgono non diritti ma questioni inerenti il procedimento di formazione della volontà dell’assemblea che, se non conforme a legge, può determinare il solo annullamento della delibera (Cass. SS 4806/05).

Inoltre il rilievo di ufficio, ove anche dover ritenere condivisibile il peraltro isolato orientamento giurisprudenziale evocato dall’appellante, deve riguardare solo vizi così gravi del negozio (oggetto illecito, mancanza della forma prevista ex lege ex art. 1350 c.c., ecc.) che icto oculi possano integrare la nullità del negozio e non fatti controvertibili come, in ogni caso, nella fattispecie in oggetto anche a voler diversamente opinare sulla natura del vizio. Si deve altresì rilevare che il (…) ha già separatamente impugnato la delibera (senza conseguire pronuncia di sospensione, non rilevata dal giudice la sussistenza di gravi motivi) laddove ha instato anche per l’annullamento della delibera donde non può erroneamente invocare un principio non confacente al caso in esame ed utilmente richiedere che un giudice debba rilevare d’ufficio un vizio, già oggetto di esame in altro giudizio non pregiudiziale (Cass. SSUU 4421/07), che icto oculi non sia così grave da costituire motivo di nullità.

Al rigetto dell’appello segue la condanna di parte appellante a corrispondere, a controparte, le spese di lite di questo grado. Spese distratte.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando rigetta l’appello.

Condanna l’appellante alla refusione delle spese lite del presente grado, in favore dell’appellato, che si liquidano in complessivi Euro3200,00 per compensi, oltre iva, cpa e spese generali. Spese distratte.

Così deciso in Roma il 21 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.