in tema di responsabilita’ professionale del medico chirurgo, un’ accurata ricognizione del complesso rapporto intercorrente tra la fattispecie del nesso causale e quella della colpa, con specifico riferimento ai rispettivi, peculiari profili probatori, consente la enunciazione dei seguenti principi:
1) il nesso di causalita’ e’ elemento strutturale dell’illecito che deve provare l’attore deducente, e pertanto corre – su di un piano strettamente oggettivo e secondo una ricostruzione logica di tipo sillogistico – tra comportamento (dell’autore del fatto) astrattamente considerato (e non ancora utilmente qualificabile in termini di “damnum iniuria datum”) e l’evento;
2) nell’individuazione di tale relazione primaria tra condotta ed evento, si prescinde, in prima istanza, da ogni valutazione di prevedibilita’, tanto soggettiva quanto “oggettivata”, da parte dell’autore del fatto, essendo il concetto logico di “previsione” insito nella categoria giuridica della colpa (elemento qualificativo dell’aspetto soggettivo del torto, la cui analisi si colloca in una dimensione temporale successiva in seno alla ricostruzione della complessa fattispecie dell’illecito);
3) il nesso di causalita’ materiale tra condotta ed evento e’ quello per cui ogni comportamento antecedente (prossimo, intermedio, remoto) che abbia generato, o anche solo contribuito a generare, tale obbiettiva relazione col fatto deve considerarsi “causa” dell’evento stesso;
4) il nesso di causalita’ giuridica e’, per converso, relazione eziologica per cui i fatti sopravvenuti, di per se’ soli idonei a determinare l’evento, interrompono il nesso con il fatto di tutti gli antecedenti causali precedenti;
5) la valutazione del nesso di causalita’ giuridica, tanto sotto il profilo della dipendenza dell’evento dai suoi antecedenti fattuali, quanto sotto l’aspetto della individuazione del “novus actus interveniens”, va compiuta secondo criteri a) di probabilita’ scientifica, ove questi risultino esaustivi; b) di logica, se appare non praticabile (o insufficientemente praticabile) il ricorso a leggi scientifiche di copertura; con l’ulteriore precisazione che, nell’illecito omissivo, l’analisi morfologica della fattispecie segue un percorso affatto speculare – quanto al profilo probabilistico – rispetto a quello commissivo, dovendosi, in altri termini, accertare il collegamento evento/comportamento omissivo in termini di probabilita’ inversa, onde inferire che l’incidenza del comportamento omesso si pone in relazione non/probabilistica con l’evento (che, dunque, si sarebbe probabilmente avverato anche se il comportamento fosse stato posto in essere), a prescindere, ancora, dall’esame di ogni profilo di colpa intesa nel senso di mancata previsione dell’evento e di inosservanza di precauzioni doverose da parte dell’agente.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|23 maggio 2019| n. 13950

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 21490/2016 proposto da:

(OMISSIS) SPA in persona del suo dirigente e procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA in persona del legale rappresentante p.t. A.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro:

(OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;

– intimati –

Nonche’ da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) SPA, gia’ (OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante Prof. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 2519/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2019 dal Consigliere, Dott.ssa FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 23/09/2016 per via postale e per via telematica, (OMISSIS) S.p.A., gia’ (OMISSIS) S.p.A., ricorre per cassazione della sentenza numero 2519/16, emessa dalla Corte d’appello di Milano il 7 giugno 2016, depositata il 20 giugno 2016 e notificata il 28 giugno 2016, la cui relata di notifica telematica risulta regolare in quanto munita di attestazione di conformita’ sottoscritta in calce alla copia analogica dal legale della ricorrente che l’ha ricevuta.

2. Il ricorso e’ affidato a quattro motivi, tutti inerenti alla pronuncia di condanna alla manleva assicurativa pronunciata dalla Corte d’appello in relazione alla polizza assicurativa sottoscritta dall’assicurato, medico chirurgo ritenuto responsabile per i danni causati da piu’ interventi chirurgici di mastoplastica additiva effettuati dal medico assicurato sulla persona di (OMISSIS) dal (OMISSIS), a causa dei quali e’ stato condannato a risarcirle il danno biologico.

Il medico chirurgo (OMISSIS), assicurato mediante la polizza claims made mista, ha notificato controricorso con ricorso incidentale condizionato affidato a due molivi, per chiedere la riforma della sentenza con riguardo alla condanna al risarcimento pronunciata nei suoi confronti o la dichiarazione di inammissibilita’ Dell’appello non pronunciata dalla Corte ai sensi dell’articolo 348 bis. c.p.c.. (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) S.p.A., rispettivamente parte lesa e istituto in cui il medico ha operato l’intervento, hanno resistito can controricorso, in particolare chiedendo il rigetto del ricorso incidentale condizionato del medico.

La (OMISSIS) S.p.A. ha chiesto che venga preso atto del passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, non impugnata da nessuna parte.

3. La questione principale, portata all’esame della Corte di cassazione, riguarda essenzialmente l’efficacia della polizza con riguardo all’estensione temporale della clausola claims mista stipulata tra le parti a copertura di comportamenti colposi del medico chirurgo risalenti a non oltre due anni ((OMISSIS)) prima della data del contratto, che la Corte d’appello, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, ha ritenuto efficace per coprire il danno interamente prodotto, sull’assunto che gli interventi causativi del danno alla persona si inscrivessero nel periodo di vigenza della polizza assicurativa.

4. In particolare, la sentenza di 13 grado depositata dal Tribunale di Milano il 2 aprile 2013, aveva assolto la (OMISSIS) S.p.A. da ogni domanda dell’attrice (OMISSIS); aveva condannato il medico chirurgo (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) S.p.A. di (OMISSIS) a pagare all’attrice l’importo di Euro 162.654,71, oltre interessi legali rivalutazione, ritenendoli solidalmente responsabili per lesioni; aveva accolto parzialmente la domanda di rivalsa dell’ (OMISSIS) S.p.A., limitando la condanna a 1/2 di quanto il medico fosse tenuto a pagare alla paziente danneggiata; aveva condannato il medico a rifondere le spese di lite della terza chiamata (OMISSIS) S.p.A. che lo aveva assicurato nel periodo antecedente in cui aveva operato presso l’istituto privato del (OMISSIS); accoglieva parzialmente la corrispondente domanda di garanzia del medico nei confronti di (OMISSIS), nei limiti del 22,5% dell’importo di risarcimento, e compensava interamente le restanti spese di lite, ponendo a carico dei convenuti (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS) le spese di ATP e di CTU.

5. La Corte d’appello si pronunciava sull’appello proposto dall’ (OMISSIS) S.p.A., sull’appello incidentale di (OMISSIS) S.p.A. qui ricorrente principale e sull’appello incidentale del medico (OMISSIS), qui resistente e ricorrente in via incidertele subordinata. In tale giudizio si era costituita la (OMISSIS) S.p.A. per chiedere conferma del rigetto di ogni domanda formulata nei propri confronti, mentre (OMISSIS) S.p.A. non si costituiva e rimaneva contumace.

Si era costituita, per ordine di integrazione disposto dalla Corte d’appello, anche (OMISSIS) che proponeva appello incidentale per chiedere la condanna nei piu’ ampi termini di cui alle conclusioni di primo grado nei confronti medico e dell’ (OMISSIS), nonche’ nei confronti della (OMISSIS). Il medico (OMISSIS) replicava anche in ordine a tale appello incidentale.

6. La Corte d’appello, per quanto qui di interesse,dopo aver fissato l’udienza di precisazione delle conclusioni, si pronunciava con sentenza con cui accoglieva l’appello dell’ (OMISSIS) S.p.A., rendendola non responsabile della condotta del medico; accoglieva l’appello incidentale proposto da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., volto ad accertare il diritto ad essere coperto per l’intero ammontare del risarcimento e, in accoglimento della domanda di garanzia, svolta nei confronti di (OMISSIS), condannava quest’ultima a tenere indenne il medico dell’importo che era tenuto a versare in forza della sentenza, detratta la franchigia del 10%, oltre interessi legali; condannava quindi il medico a rifondere all’ (OMISSIS) le spese del primo grado di giudizio; condannava (OMISSIS) a rifondere le spese del 1 e del 2 grado di giudizio del medico e confermava nel resto la sentenza impugnata, compensando integralmente tra le altre parti le spese del grado.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la societa’ assicuratrice ricorrente denuncia violazione di legge ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione dell’articolo 1917 c.c., comma 1, della clausola n. 17 delle condizioni assicurative e dell’articolo 1372 c.c., comma 1; deduce altresi’ la nullita’ della sentenza ex articolo 360, n. 4, per violazione dell’articolo 115 c.p.c..

Il motivo attiene alla pretesa erronea inclusione, nella co)ertura assicurativa, dei fatti colposi compiuti dall’assicurato prima della data d’inizio dell’operativita’ della garanzia, il (OMISSIS), in violazione delle norme che regolano i contratti di assicurazione e del contratto assicurativo che, all’articolo 17 condizioni assicurative, determinava la durata del contratto non oltre 2 anni prima della data di effetto del contratto stipulato il (OMISSIS) ed avente efficacia anche retroattivamente per le conseguenze dannose relative a fatti verificatisi fino a 2 anni prima della data indicata la garanzia assicurativa.

1.1. Il motivo si palesa inammissibile ex articolo 366 c.p.c., n. 4.

1.2. La Corte d’appello, con riferimento alla ricniesta di danni formulata nei confronti della casa di cura del (OMISSIS) S.p.A. ove era stato eseguito il primo intervento, ha motivato il r getto della domanda svolta dall’attrice (OMISSIS) nei confronti del Policlinico sulla considerazione che tra il primo e il secondo intervento, quest’ultimo effettuato dallo stesso medico chirurgo il (OMISSIS), fosse trascorso un ampio lasso temporale in cui la paziente non aveva lamentato danni, essendosi poi nuovamente rivolta allo stesso chirurgo, qui resistente, che era intervenuto presso l’ (OMISSIS) per esaudire la richiesta della paziente di intervenire chirurgicamente sulla medesima area interessata dal primo intervento (vedi pagina 7, paragrafo 2 della sentenza).

La Corte d’appello aveva tuttavia ritenuto che la garanzia si riferisse a condotte colpose rilevabili nel periodo intercorrente tra il (OMISSIS) e (OMISSIS) (in piena vigenza della polizza in questione) e che, se anche il CTU aveva affermato che la responsabilita’ del medico potesse risalire al primo intervento per un errore di “progettazione e di opzione chirurgica” (individuabile nel fatto di non avere adeguatamente considerato che la paziente praticava culturismo ed evidenziava caratteristiche fisiche e abitudini di vita che sconsigliavano l’intervento estetico praticato), la condotta negligente e imperita si era articolata in una serie di numerosi interventi e “si era protratta” anche nel periodo di vigenza della copertura assicurativa ove, in diverse occasioni, dal (OMISSIS) al (OMISSIS), era stato effettuato un reimpianto di protesi e ulteriori interventi di drenaggio e di successivo espianto delle protesi in assenza di un doveroso inquadramento psicologico della paziente, e senza sconsigliare l’operazione, continuando cosi’ ad utilizzare le medesime tecniche operatorie, ritenute inadeguate dal CTU; riteneva pertanto che la domanda di manleva assicurativa dovesse essere accolta perche’ riferita a danni prodotti in concreto nel periodo di efficacia della polizza, anziche’ solo in una parte di esso, come erroneamente ritenuto dal giudice di primo grado.

1.3. Quanto sopra succintamente sintetizzato dimostra innanzitutto che le considerazioni oggetto di censura riguardano valutazioni “in fatto” che non denotano un’erronea applicazione della norma riferita al contratto di assicurazione, sulle quali questa Corte non ha potere di interloquire; la censura – infatti- non considera la ratio decidendi nel suo insieme, da cui si deduce chiaramente che il danno, come quantificato dal CTU nel suo intero ammontare, fosse riferibile agli interventi chirurgici praticati dal medico successivamente, nell’ (OMISSIS), allorche’ il medico, a distanza di tre anni dal primo, aveva praticato tutta una sequenza di ulteriori e devastanti interventi persistendo nell’errore di valutazione iniziale circa la inopportunita’ di procedere con le stesse tecniche adottate, date le particolari condizioni in cui si trovava la sua assistita a causa dell’attivita’ competitiva praticata.

Nella sentenza difatti si da’ atto che la paziente risultava avere subito un primo danno sin dal primo intervento, eseguito da un cl verso chirurgo gia’ prima del (OMISSIS), e che tale constatazione aveva indotto lo stesso giudice di primo grado a detrarre dalla misura del danno biologico rilevata dal CTU, la quota parte di danno biologico non riferibile alla condotta negligente del medico convenuto, gia’ presente al tempo del primo intervento che, in base a un insindacabile giudizio valutativo, i giudici di merito hanno ritenuto di dovere decurtare dalla percentuale del 30% a quella del 22,5%, riferibile al complesso degli interventi e cure intraprese dal medico qui resistente.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ex articolo 360 c.p.c., 1 comma, n. 4, violazione degli articoli 346 e 99 c.p.c., per avere la Corte d’appello accolto una domanda del medico non riproposta in sede di appello, da intendersi quindi come rinunciata e passata in giudicato.

2.1. Il motivo e’ inammissibile.

2.2. Nell’appello principale il medico ha chiesto di riformare la sentenza di primo grado che lo condannava al risarcimento del danno respingendo le domande dell’attrice e, in via subordinata, in caso di mancato accoglimento della domanda di essere ritenuto estraneo ai fatti, chiedeva, in riforma del capo della sentenza impugnata relativa ai rapporti tra il medico e la (OMISSIS), di condannare l’istituto assicurativo a tenerlo integralmente manlevato e indenne, “sempre per le ragioni di cui alle precedenti difese e con la pronuncia al riguardo di ogni inerente e conseguente provvedimento di legge e del caso”.

L’assunto della societa’ impugnante e’ nel senso che la domanda subordinata del medico ci condannare la compagnia assicuratrice in caso di mancato accoglimento della sua domanda principale di riforma della sentenza di condanna al risarcimento del danno, e non anche in caso di accoglimento della domanda dell’ (OMISSIS) di riformare la domanda di regresso nei suoi confronti (ipotesi poi verificatasi in concreto), in sostanza non potesse valere per tale ultima ipotesi, non essendo stata svolta un’autonoma richiesta di riforma della pronuncia di primo grado che aveva limitato la manleva della Carie rei suoi confronti.

Deduce che la relativa domanda dovesse intendersi rinunciata ex articolo 345 c.p.c..

2.3. In proposito si osserva che, in tema di interpretazione delle domande giudiziali, il giudice non e’ condizionato dalle parole utilizzate dalla parte e deve tener conto dell’intero contesto dell’atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutandone la formulazione testuale e il contenuto sostanziale in relazione all’effettiva finalita’ che la parte intende perseguire (V. Sez. L -, Ordinanza n. 19435 del 20/07/2018; Sez. L, Sentenza n. 21208 del 02/11/2005).

Pertanto, sotto tale profilo, l’interpretazione data alla domanda da parte del Giudice dell’impugnazione non e’ sindacabile in tale sede.

La Corte pertanto ha inteso che nel contesto dell’impugnazione fosse ricompresa anche tale domanda di estensione della manleva assicurativa che ovviamente, riguarda tutta la responsabilita’ attribuita al medico-chirurgo, a prescindere dalle ripartizioni effettuate all’interno della solidarieta’ tra medico e struttura ospedaliera.

2.4. In ogni caso, la censura non dimostra solidi argomenti logici, in quanto la domanda di riforma della condanna di (OMISSIS) e’ stata correttamente ritenuta contenuta nella domanda subordinata condizionata (appello incidentale condizionato), da delibare in caso di rigetto dell’appello principale volto a ottenere la riforma della pronuncia di condanna del medico al risarcimento che, in quanto debitore sol dale, era tenuta al pagamento dell’intero ammontare, salve le azioni di rivalsa interna tra i co-sodali.

Si tratta dunque di appello incidentale condizionato svolto conformemente ai principi indicati da questa Corte, essendo logicamente susseguente al mancato accoglimento dell’appello principale, ivi compresa la domanda di regresso dell’ (OMISSIS) svolta nei confronti del medico, che ovviamente riguarda lo stesso danno subito dalla paziente.

2.5. Il caso riguarda, come sopra visto, la domanda di riforma della condanna, disposta in via solidale con il medico, della struttura ospedaliera privata in cui aveva operato il medico-chirurgo, e della conseguente statuizione in ordine al diritto di regresso riconosciuto alla struttura sanitaria nei confronti del medico relativamente alla sua quota parte di responsabilita’ interna.

Difatti in tal caso la Corte di merito, in accoglimento della domanda della struttura ospedaliera, ha accolto l’appello della struttura sanitaria e ha attribuito al solo medico l’obbligo di risarcire l’intero danno provocato alla paziente, derivante da una sua esclusiva condotta colposa non riconducibile ad un difetto di organizzazione delle cure all’interno della struttura sanitaria.

2.6. Il presupposto fondamentale della domanda di manleva assicurativa, quando si tratta di obbligazioni solidali che derivano da un danno provocato da un’unica condotta colposa realizzatasi in un unico contesto di luogo e di tempo, come avviene nel campo della responsabilita’ sanitaria, non risiede tanto nella eventuale riforma della domanda di regresso accolta dal giudice di primo grado a favore di uno dei convenuti condannato in via solidale a risarcire il danno (o parte di esso) alla vittima, bensi’ nella conferma della sentenza di condanna dell’assicurato al risarcimento dell’intero danno preteso dall’attore che ha agito, rispetto alla quale la manleva assicurativa dell’assicurato condannato copre tutte le conseguenze coperte dal contratto assicurativo, anche se in ipotesi correlate al venir meno della solidarieta’ interna tra i due co-sodali (struttura sanitaria e medico curante).

Il titolo da cui origina l’obbligazione risarcitoria di natura solidale e’ difatti unico, proprio perche’ il medico e la struttura sanitaria sono chiamati normalmente a rispondere del danno derivato dagli interventi effettuati sui pazienti dal medico all’interno della struttura di cui si e’ avvalso.

2.7. Pertanto l’appello incidentale condizionato del medico sulla statuizione della manleva assicurativa per le prestazioni rese all’interno di una struttura sanitaria riguarda indifferentemente sia il caso in cui venga respinto l’appello principale del medico in ordine alla statuizione di condanna a rispondere del danno tout court, sia il caso in cui venga accolto l’appello della struttura sanitaria a che venga riconosciuto per intero il suo diritto di regresso nei confronti del medico per quanto e’ chiamato a versare in ragione della solidarieta’, sia – infine – il caso in cui la struttura sanitaria venga riconosciuta estranea ai fatti di causa.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ex articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1218 c.c. e articolo 2697 c.c., comma 1, in quanto la Corte non avrebbe valutato l’onere dell’assicurato di provare la realizzazione dell’evento assicurato, non gravante automaticamente sull’assicuratore; ex articolo 360, n. 4, denuncia anche violazione degli articoli 112 e 114 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe stimato “equitativamente” il danno nella misura del 25% in assenza di una concorde richiesta delle parti a procede a una “stima equitativa”.

3.1. I motivi sono inammissibili.

3.2. Quanto alla prima questione, la societa’ ricorrente deduce che il medico non abbia chiesto di provare le conseguenze lesive riferibili all’assicurazione stipulata, mediante una integrazione della CTU, reiteratamente chiesta, invece, dalla compagnia assicuratrice. La carenza di attivita’ propulsiva della parte interessata pertanto avrebbe avuto avere ripercussioni solo sulla parte onerata.

Sotto questo profilo, la censura mira a colpire la discrezionalita’ propria del giudice del merito nella stima del danno non patrimoniale, il quale sulla base delle evidenze raccolte ha ritenuto di potere autonomamente scorporare, sulla scorta della CTU acquisita nel giudizio di primo grado e tenendo conto delle date e degli esiti degli interventi invasivi effettuati dal medico, la quota parte di danno biologico riferibile – in termini di causalita’ adeguata – all’attivita’ del medico convenuto effettuata al tempo di vigenza dell’assicurazione “claims made mista”, dal danne biologico complessivamente valutato dal CTU, riferito anche a un intervento pregresso e non eseguito dal medico convenuto.

3.3. La censura mossa in tali generici termini ron e’ in grado di intaccare la motivazione resa su un piano di valutazione logico giuridica degli eventi riscontrati gia’ sulla base della CTU medico legale disposta.

Difatti, in tema di responsabilita’ professionale del medico chirurgo, un’ accurata ricognizione del complesso rapporto intercorrente tra la fattispecie del nesso causale e quella della colpa, con specifico riferimento ai rispettivi, peculiari profili probatori, consente la enunciazione dei seguenti principi:

1) il nesso di causalita’ e’ elemento strutturale dell’illecito che deve provare l’attore deducente, e pertanto corre – su di un piano strettamente oggettivo e secondo una ricostruzione logica di tipo sillogistico – tra comportamento (dell’autore del fatto) astrattamente considerato (e non ancora utilmente qualificabile in termini di “damnum iniuria datum”) e l’evento;

2) nell’individuazione di tale relazione primaria tra condotta ed evento, si prescinde, in prima istanza, da ogni valutazione di prevedibilita’, tanto soggettiva quanto “oggettivata”, da parte dell’autore del fatto, essendo il concetto logico di “previsione” insito nella categoria giuridica della colpa (elemento qualificativo dell’aspetto soggettivo del torto, la cui analisi si colloca in una dimensione temporale successiva in seno alla ricostruzione della complessa fattispecie dell’illecito);

3) il nesso di causalita’ materiale tra condotta ed evento e’ quello per cui ogni comportamento antecedente (prossimo, intermedio, remoto) che abbia generato, o anche solo contribuito a generare, tale obbiettiva relazione col fatto deve considerarsi “causa” dell’evento stesso;

4) il nesso di causalita’ giuridica e’, per converso, relazione eziologica per cui i fatti sopravvenuti, di per se’ soli idonei a determinare l’evento, interrompono il nesso con il fatto di tutti gli antecedenti causali precedenti;

5) la valutazione del nesso di causalita’ giuridica, tanto sotto il profilo della dipendenza dell’evento dai suoi antecedenti fattuali, quanto sotto l’aspetto della individuazione del “novus actus interveniens”, va compiuta secondo criteri a) di probabilita’ scientifica, ove questi risultino esaustivi; b) di logica, se appare non praticabile (o insufficientemente praticabile) il ricorso a leggi scientifiche di copertura; con l’ulteriore precisazione che, nell’illecito omissivo, l’analisi morfologica della fattispecie segue un percorso affatto speculare – quanto al profilo probabilistico – rispetto a quello commissivo, dovendosi, in altri termini, accertare il collegamento evento/comportamento omissivo in termini di probabilita’ inversa, onde inferire che l’incidenza del comportamento omesso si pone in relazione non/probabilistica con l’evento (che, dunque, si sarebbe probabilmente avverato anche se il comportamento fosse stato posto in essere), a prescindere, ancora, dall’esame di ogni profilo di colpa intesa nel senso di mancata previsione dell’evento e di inosservanza di precauzioni doverose da parte dell’agente (Sez. 3, Sentenza n. 7997 del 18/04/2005; Sez. 3 -, Sentenza n. 3704 de I 15/02/2018; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 23197 del 27/09/2018).

3.4. Quanto all’asserita violazione delle norme che impongono al giudice di valutare secondo diritto e non secondo equita’, la censura si dimostra altrettanto inammissibile, atteso che l’equita’ utilizzata dal giudice attiene al piano della valutazione dei danni alla persona non altrimenti determinabili, prevista nella disposizione di cui all’articolo 1226 c.c., e dunque il riferimento corretto corrisponde alla c.d. equita’ integrativa e non decisoria.

In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, e’ censurabile in sede di legittimita’ l’esercizio del potere equitativo del giudice di merito ove questi si sia limitato a richiamare genericamente i criteri utilizzati, senza precisare in quali termini l’importo liquidato sia conforme ai criteri medesimi, anche alla luce delle peculiarita’ del caso concreto (C:ass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 16908 del 27/06/2018).

Pertanto, al fine di evitare che la relativa decisione si presenti coma arbitraria e sottratta ad ogni controllo, e’ necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli e’ proprio, i criteri seguiti per determinare l’entita’ del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al “quantum” (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 2327 del 31/01/2018).

4. Con il quarto motivo la ricorrente:leduce la viol azione dell’articolo 2909 c.c. e difetto di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5. La Corte di appello avrebbe errato nel riconoscere il diritto del medico alla rifusione delle spese di giudizio di primo e secondo grado, non tenendo cento del fatto che il ricorrente avrebbe violato il patto di gestione della lite indicato nella polizza e che il giudice di primo grado ne ha dato atto, senza che tale punto sia stato oggetto di impugnazione.

4.1. Il motivo e’ inammissibile.

4.2. Nessun giudicato si e’ formato in ordine alla liquidazione delle spese del primo grado dal momento che, tra finite l’appello incidentale condizionato, nei confronti della compagnia assicuratrice ritenuta essere tenuta a una piena manleva del medico, e’ stato rimesso in discussione l’assetto generale dei rapporti tra i due soggetti processuali e la decisione sulle spese, pertanto, appare conforme al principio della soccombenza.

4.3. Le spese di lite di cui al patto di gestione in tesi violato dall’assicurato nell’assumere autonomamente una propria difesa tecnica, inoltre, non riguardano il caso in cui le due parti hanno un interesse concreto contrastante con la gestione comune delle lite, come nel caso in questione dove la compagnia assicuratrice ha eccepito l’inefficacia della polizza, dimostrando cosi’ un intrinseco conflitto di interessi con l’assicurato.

Difatti, l’obbligazione dell’assicuratore della responsabilita’ civile di tenere indenne l’assicurato delle spese erogate per resistere all’azione del dannecgiato, ai sensi dell’articolo 1917 c.c., comma 3, ha natura accessoria rispetto all’obbligazione principale e trova il suo naturale limite nel perseguimento di un risultato utile per entrambe le parti, interessate nel respingere la detta azione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 667 del 18/01/2016; Cass. Sez. 3, sentenza 19176/2014).

5. Stante l’inammissibilita’ del ricorso principale non si procede all’esame dei due motivi di ricorso incidentale condizionato del medo’co qui resistente, da ritenersi assorbiti, in cui si deduce l’omessa considerazione del nesso causale tra danno patito e comportamento del medico, ex articolo 310 c.p.c., n. 5 e la violazione o falsa applicazione dell’articolo 348 bis c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 4.

6. Conclusivamente il ricorso principale viene dichiarato inammissibile, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato, e con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 a favore delle parti resistenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e, assorbito il ricorso incidentale condizionato, condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 8.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge, in favore di ogni parte processuale.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.