il contratto di affiliazione commerciale ha natura di contratto – almeno parzialmente – a comunità di scopo, nel senso che pur essendovi una corrispettività delle prestazioni, la caratteristica tipica del contratto è quella di regolare una attività commerciale, quella dell’affiliante, con partecipazione dell’affiliato. Vi è anche una funzione di scambio, ma presupposto di questo è la collaborazione per una attività commerciale, dalla quale derivano gli utili tanto dell’affiliato che dell’affiliante.

 

Tribunale Milano, Sezione 5 civile Sentenza 21 giugno 2018, n. 6969

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

QUINTA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Federico Botta ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 33661/2014 promossa da:

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. FI.GI. ((…)) VIA (…) 40124 BOLOGNA; CR.GI. ((…)) VIA (…) 40124 BOLOGNA, elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. (…)

ATTORE/I

contro

(…) SRL (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MA.VI. e dell’avv. SU.ST. ((…)) VIA (…) 20121 MILANO; CA.SI. ((…)) VIA (…) 20121 MILANO; CA.LU. ((…)) VIA (…) 20122 MILANO; , elettivamente domiciliato in VIA (…) 20122 MILANO presso il difensore avv. MA.VI.

(…) SRL IN LIQUIDAZIONE (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MA.VI. e dell’avv. SU.ST. ((…)) VIA (…) 20121 MILANO; CAZZANIGA SIMONA MARIA ((…)) VIA (…) 20121 MILANO; CA.LU. ((…)) VIA (…) 20122 MILANO, elettivamente domiciliato in VIA (…) 20122 MILANO presso il difensore avv. MA.VI.

CONVENUTO/I

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Premessa.

1.1. Per quanto riguarda il completo svolgimento del processo, ai sensi del vigente art. 132 c.p.c., si fa rinvio agli atti delle parti e al verbale di causa.

1.2 Si dà atto che la causa è stata trattata ed istruita dal precedente Giudice assegnatario, dott. Fr.Ma., mediante l’assunzione delle prove orali ritenute ammissibili.

1.3. A causa del collocamento a riposo del Giudice assegnatario, il fascicolo è pervenuto allo scrivente Giudice a seguito di provvedimento presidenziale del 23.11.2015: terminata l’attività istruttoria è stata quindi fissata udienza per la precisazione delle conclusioni.

1.4. All’odierna udienza, fissata per la discussione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., i procuratori delle parti hanno richiamato il contenuto dei propri scritti difensivi e il Giudice ha dato lettura della sentenza.

2. Sulle deduzioni istruttorie riproposte dalle parti.

Nelle proprie conclusioni definitive, entrambe le parti hanno reiterato le istanze istruttorie chiedendo l’ammissione di tutti i capitoli di prova orale e dei mezzi di prova (CTU e ordine di esibizione chiesti da parte attrice) non ammessi nella trattazione della causa.

Le istanze non possono trovare accoglimento.

Invero, come già osservato dal Giudice nella Ordinanza del 24.11.2015 le prove dedotte dalle parti in memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2), c.p.c. risultano inammissibili e/o irrilevanti richiamandosi integralmente le motivazioni espresse nella citata ordinanza-

3. Sul merito della presente causa.

3.1. Ritiene il Tribunale che la controversia debba essere definita sulla base delle seguenti considerazioni che, per evidenti esigenze di economia processuale, si concentreranno sui soli profili ritenuti direttamente rilevanti ai fini della decisione, in ossequio al principio per cui al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri argomenti, tesi, rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente e non espressamente esaminati, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. civ., Sez. I, 15/04/2011, n. 8767; Cass. civ., Sez. III, 20/11/2009, n. 24542).

3.2. Nel merito, la domanda attorea, formulata in via principale, di accertamento dell’inadempimento della convenuta è fondata e viene accolta, mentre sono infondate e devono essere rigettate tutte le ulteriori domande attoree nonché le eccezioni e le domande di parte convenuta.

3.3. Va in proposito ricordato il generale principio in tema di riparto dell’onere probatorio, per cui il creditore che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve solo dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, potendosi limitare ad allegare l’inadempimento della controparte, mentre è il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. Cass. SS.UU. n. 13533/2001)

3.4. Ciò premesso, è incontestato che la società attrice e la (…) S.r.l. -titolare dei diritti di sfruttamento commerciale del marchio (…) – hanno stipulato un contratto di affiliazione commerciale, che aveva per oggetto i prodotti (confetti e confezioni porta confetti) contraddistinti dal marchio “(…)”.

Il contratto è stato sottoscritto anche dalla società resistente (…).

Ciò è sufficiente per ritenere sussistente la legittimazione passiva delle convenute.

3.5. Giova premettere che il contratto di affiliazione commerciale ha natura di contratto – almeno parzialmente – a comunità di scopo, nel senso che pur essendovi una corrispettività delle prestazioni, la caratteristica tipica del contratto è quella di regolare una attività commerciale, quella dell’affiliante, con partecipazione dell’affiliato. Vi è anche una funzione di scambio, ma presupposto di questo è la collaborazione per una attività commerciale, dalla quale derivano gli utili tanto dell’affiliato che dell’affiliante.

Nel caso in esame la condotta ascritta dall’attrice alle convenute quale inadempimento, ex articolo 1176 c.c., ovvero come comportamento di malafede, non è direttamente contrastante nè con la L. n. 129 del 2004 né con il regolamento contrattuale: la prima, all’articolo 3 lettera c), prevede come contenuto solo eventuale “l’ambito di eventuale esclusiva territoriale”; il secondo prevede all’art. 1.3. un patto di esclusiva limitato all’apertura di negozi o alla stipulazione di contratti di franchising aventi ad oggetto l’apertura di negozi nel territorio della Regione Piemonte.

3.6. Nel caso in esame non si ritiene sussistente un inadempimento per diretto contrasto con il regolamento contrattuale o con la legge, bensì un inadempimento per violazione del generale canone della buona fede nell’esecuzione del contratto.

Il contratto infatti prevedeva che la libertà imprenditoriale della (…) fosse limitata esclusivamente dal divieto di “aprire propri negozi” e/o di “stipulare altri contratti di franchising aventi ad oggetto l’apertura di negozi” nella medesima zona. Peraltro, come dedotto da parte convenuta, un’interpretazione restrittiva delle clausole contrattuali induce a ritenere che l’esistenza del diritto di esclusiva non fosse più vincolante a partire dal 31/12/2012, data di naturale scadenza del contratto.

Il contratto inter partes tuttavia prevedeva a carico dell’affiliato, oltre al divieto di concorrenza per la durata del contratto, anche:

– limitazioni alla concorrenza relative all’oggetto e ai canali di vendita: l’affiliato aveva l’obbligo di rivendere “al dettaglio nel negozio esclusivamente i prodotti” e non poteva venderli all’ingrosso (cfr. clausole 1.1.1 e 1.1.2.);

-limitazioni alla concorrenza con riguardo all’approvigionamento dei prodotti: l’affiliato aveva l’obbligo di acquistare i Prodotti (confetti e confezioni) esclusivamente dalla (…) (clausola 3.3. che riporta: “l’affiliato venderà nel negozio unicamente i Prodotti i quali dovranno…essere acquistati dalla (…)”);

-limitazioni alla concorrenza con riguardo ai prezzi di vendita: l’affiliato aveva l’obbligo di vendere i prodotti al prezzo “prestabilito senza praticare sconto”, “anche al fine di assicurare gli alti standards qualitativi e di stile propri della (…)” (art. 3.5).

La condotta tenuta dall’affiliante, che ha commercializzato i beni in canali ove venivano venduti a prezzi notevolmente inferiori a quelli imposti all’affiliato, alla luce delle ulteriori limitazioni imposte dal contratto inter partes configura una condotta violativa del canone della buona fede.

Dalla trattazione della causa è infatti emerso che l’affiliante (…) ha messo in commercio i medesimi prodotti -confetti e confezionamenti – presso la grande distribuzione, che li rivendeva a prezzi notevolmente più bassi e inferiori a quelli di acquisto degli affiliati.

In sede di interrogatorio formale, la sig.ra (…), legale rappresentante di (…) (oggi (…)), ha rappresentato che l’attività di vendita di prodotti a marchio (…) presso (…) e (…) ha avuto luogo almeno sino al mese di novembre – dicembre 2014. Nella medesima occasione, venivano riconosciuti i prezzi applicati all’attrice.

La circostanza è stata confermata dalla teste F.O.G., teste delle convenute, che ha affermato che l’attività di vendita fosse proseguita fino alla primavera 2014 (cap. 2) e che gli stessi prodotti erano stati venduti anche alle affiliate, addirittura spiegando che questi fossero delle “… rimanenze del nostro magazzino … dopo la promozione (…) …” (cfr. dichiarazioni sul cap. 3)

Il teste (…) ha affermato di aver visto i prodotti (…) in vendita presso (…) sino fine gennaio 2015.

La teste (…) ha rappresentato che i prodotti (…) erano in vendita presso (…) almeno sino al febbraio 2015, e che comunque i prodotti non si limitavano a quelli mostrati dalle convenute, e che questi erano venduti presso (…) così come presso il negozio dell’affiliata. Inoltre, puntualizzava che non vi fossero molte possibilità di combinazione dei prodotti.

Anche il teste (…) confermava la presenza dei prodotti (…) presso (…).

L’identità dei prodotti venduti risulta infine evidente dal raffronto fotografico e dall’esame dei campioni.

Ciò posto, si rileva che i prezzi praticati dalla grande distribuzione risultano documentalmente dagli scontrini di acquisto, dai cataloghi (…) e dalle riproduzioni fotografiche.

I prodotti sono stati anche oggetto di campagne promozionali presso la grande distribuzione, con vendite a prezzi scontati e notevolmente più bassi rispetto a quelli praticati dagli affiliati sulla base di listini loro imposti, non solo contrattualmente, ma anche di fatto. Le dette circostanze, che erano state ammesse implicitamente nella comparsa, ove le parti si erano limitate a contestare l’illiceità della condotta, sono state accertate documentalmente.

Ora, sebbene la esclusiva in relazione alla zona attribuita all’affiliato non costituisce elemento necessario del contratto e la clausola contrattuale – in una lettura restrittiva e strettamente letterale – non appare essere stata violata, non per questo può essere lasciato all’arbitrio dell’affiliante stabilire una strategia di ubicazione dei canali di vendita ed una strategia commerciale, che comprometta gli interessi dell’affiliato, al quale era contrattualmente imposti prezzi di vendita e approvvigionamenti dei prodotti.

Come si è detto infatti partecipa della causa del contratto di franchising la comunità di scopo, la migliore riuscita cioè dell’attività commerciale di entrambi, al di là dei contributi versati.

Per il principio di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione l’operatore economico non può dirsi completamente libero di massimizzare i suoi profitti, ma deve considerare la dimensione sociale dell’impresa, tanto più quando abbia stretto un contratto di collaborazione quale quello qui considerato.

A tal proposito, anche in materia di franchising, la giurisprudenza con orientamento costante ha stabilito che “in tema di contratti il principio di buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, deve presiedere alla esecuzione del contratto, così come alla sua fase, sicché la clausola generale di buona fede e correttezza è operante tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore nell’ambito del singolo rapporto obbligatorio (art. 1175 c.c.), quanto sul piano del complessivo assetto di interessi sottostanti alla esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), concretandosi nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell’interesse della controparte e ponendosi come limite di ogni realizzazione dell’interesse della controparte e come limite di ogni situazione attiva e passiva, determinando così integrativamente il contenuto e gli effetti del contratto: la buona fede pertanto si atteggia come impegno ed obbligo di solidarietà che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte (Cass. 07.06.2006, n, 13345; Cass. 18.10.2004, n. 20399)”.

In ossequio a tale probante principio, la convenuta per come sopra detto non ha tenuto fede agli obblighi assunti nella fase di attuazione del contratto, quindi, i principi di cui agli artt. 1175 e 1176 che si pongono questi come dei veri e propri principi regolatori del diritto in adesione alla statuizione della Cass., SS.UU n. 23726/07 la quale ha sancito l’inderogabilità di tali principi nell’ambito di ogni rapporto contrattuale instauratosi tra le parti.

Le considerazioni sopra svolte, assorbenti rispetto ad ogni ulteriore deduzione delle parti, impongono di ritenere sussistente l’inadempimento delle convenute.

3.7. Ciò posto, venendo alla domanda attorea di condanna al risarcimento dei danni e di restituzione, ritiene questo Giudicante che non possa essere riconosciuto alcunché a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante, non avendo l’attrice fornito elementi sufficienti al fine di provare la sussistenza e – a fortiori – l’entità di siffatto pregiudizio.

Al riguardo, va evidenziato che “in tema di responsabilità contrattuale spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore; l’art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, infatti, non modifica l’onere della prova che incombe sulla parte che abbia agito per l’accertamento di tale inadempimento, allorché si tratti di accertare l’esistenza del danno” (Cass. civ. n. 21140/2007).

E ancora, “è onere del danneggiato fornire al giudice del merito i necessari elementi di prova funzionali a dimostrare, sul piano processuale, tanto l’esistenza quanto l’entità delle conseguenze dannose risarcibili asseritamente subite a seguito del prodursi di un evento di danno connotato dal carattere del contra ius e del non iure, non essendo legittimamente predicabile, in seno al sottosistema civilistico della responsabilità, alcuna fattispecie di danni in re ipsa” (Cass. civ. n. 22890/2012).

Del resto, la Corte di Cassazione ha più volte precisato che, qualora una parte abbia richiesto la condanna dell’altra al risarcimento del danno ed alla liquidazione di questo nello stesso processo, il giudice del merito deve liquidare il danno in base agli elementi acquisiti al processo, oppure rigettare la domanda per difetto di prova, dovendosi inoltre escludere la possibilità di procedere a liquidazione equitativa, che è consentita solo ove si tratti di danno che non può essere provato nel suo esatto ammontare e non anche allorché manchi la prova della sua entità (cfr. Cass. civ. n. 5997/2007, n. 4487/2000, n. 8795/2000 e n. 2124/1994). Ed invero non può parte attrice provare il danno con i suoi “bilancini” (docc. 46 – 51 fasc. parte attrice), perché si tratta di documenti – quelli prodotti agli atti – di formazione unilaterale, a lei stessi riferibili e quindi verrebbe a poter creare una prova in suo favore, mentre la prova credibile deve essere oggettiva e quindi non provenire dalle parti stesse. Ciò a prescindere dal fatto che dai bilancini prodotti agli atti emergono variazioni degli utili e del volume d’affari in negativo negli anni 2012, 2013, 2014 di modesta entità di modo che non è possibile – neppure presuntivamente- ricondurre eziologicamente le perdite di reddittività o le perdite del volume di affari lamentate alla condotta ascritta alle convenute.

Neppure può essere riconosciuto il danno emergente subito in termini di spese e costi sostenuti per spese ed impegno personale sostenuti per l’avvio dell’attività, per accorsare il negozio, per le fiere promozionali, per la perdita dell’avviamento commerciale, anche in considerazione del fatto che le fatture prodotte sub docc. 41-45 risalgono per la maggior parte all’anno 2009 e non vi è prova alcuna che i danni lamentati da esse derivanti siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento delle convenute. Va inoltre rilevato che la produzione documentale massiva di fatture non può assumere alcun valore probatorio in mancanza di specifica allegazione della parte: spetta infatti alla parte l’onere di illustrare specificamente la rilevanza di ciascuna produzione documentale rispetto alla tesi difensiva tale onere non appare adeguatamente soddisfatto dall’attrice, su cui esso incombeva.

Per le carenze assertive e probatorie evidenziate la domanda di risarcimento del danno va integralmente rigettata.

Quanto alle ulteriori domande attoree, si osserva che, non essendo stata formulata domanda di risoluzione del contratto, non possono essere riconosciute le domande restitutorie, le quali trovano fondamento negli effetti retroattivi conseguenti allo scioglimento del contratto: vanno pertanto rigettate la domanda di “rimborso” di quanto corrisposto a titolo di “diritto di ingresso” pattuito tra le parti e la domanda di restituzione dell’importo di Euro 25.000,00, costituente la differenza tra quanto a lei pagato dall’attrice per l’acquisto dei (…) ed il minor prezzo praticato sul mercato dalla reale produttrice Soc. (…) S.n.c.

Quanto al profilo del danno da lesione dell’immagine commerciale, che la parte attrice ricomprende nella voce del danno da lucro cessante, ritiene questo Giudicante che esso debba essere sussunto nel genus del danno non patrimoniale: ebbene non è stato provato alcun pregiudizio idoneo a superare quella soglia di sufficiente gravità e compromissione dei diritti lesi, individuata, in sede interpretativa, dalle Sezioni Unite dell’11.11.2008, quale limite imprescindibile al risarcimento del danno non patrimoniale. Soglia che nasce dall’esigenza di contemperare le esigenze risarcitorie con il dovere di tolleranza cui è tenuto ciascun individuo nei riguardi degli altri consociati e che rinviene un ancoramento costituzionale nell’art. 2 Cost..

La domanda, quindi, anche sotto siffatto profilo non può essere accolta.

3.8. Accertato l’inadempimento ascrivibile alla condotta delle convenute ed in carenza di specifiche allegazioni, vanno rigettate le domande riconvenzionali di risoluzione del contratto di franchising ai sensi dell’art. 1453 c.c. per fatto imputabile alla ditta individuale (…) e di pagamento della somma di Euro 8.941,06.

4. Sulle spese processuali del presente giudizio.

Attesa la reciproca soccombenza delle parti, le spese processuali vanno dichiarate compensate per intero.

P.Q.M.

il giudice, definitivamente pronunciando in contraddittorio delle parti, disattesa ed assorbita ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede:

– accerta e dichiara l’inadempimento delle parti convenute;

– rigetta le ulteriori domande proposte dalla parte attrice;

– rigetta le domande riconvenzionali formulate dalle convenute;

– dichiara compensate per intero tra le parti le spese processuali.

Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.

Così deciso in Milano il 21 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.