Solo il mancato svolgimento dell’attività propria dell’amministratore o la mancata ottemperanza a gran parte degli obblighi di legge (v. artt. 1130 e 1130 bis c.c.) e non anche eventuali inadempimenti che abbiano integrato finanche motivi di revoca ai sensi dell’art. 1129 c.c. potrebbero giustificare il comportamento del mandante che non corrisponda il compenso rendendosi in tal modo gravemente inadempiente alla propria fondamentale obbligazione quando abbia continuato ad avvalersi dell’operato dell’amministratore (al riguardo mette conto di evidenziare che l’opponente non ha avanzato domanda di risoluzione o di risarcimento dei danni ma ha solo invocato l’altrui inadempimento per essere mandato esente dall’obbligo di versare il corrispettivo).
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La responsabilità (civile) dell’amministratore di condominio.
Tribunale Roma, Sezione 5 civile Sentenza 26 marzo 2019, n. 6356
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il dott. Roberto Ghiron, in funzione di Giudice Unico di primo grado, V Sezione Civile del Tribunale di Roma ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 29451/17 Ruolo Generale Contenzioso
TRA
SUPERCONDOMINIO IN R. VIA (…)
elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio degli avv. Ni.El. e Ma.To. che lo rappresentano e difendono in forza di procura in atti
OPPONENTE
E
(…)
elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avv. Da.Tr. che lo rappresenta e difende in forza di procura in atti
OPPOSTO
FATTO E DIRITTO
Con citazione in opposizione al d.i. n. 4688/17 emesso dal Tribunale di Roma il Supercondominio in epigrafe esponeva quanto segue.
Che l’opposto gli aveva notificato il decreto suindicato per la somma di Euro12432,45 oltre interessi e spese per importi asseritamente anticipati all’ente di gestione nel corso sua attività di amministratore (per Euro 4706,14) e per compensi non corrisposti (per complessivi Euro 7726,31).
Che era stato revocato dall’incarico in data 4-2-2015.
Che non vi era prova delle anticipazioni mentre i compensi non erano stati versati a cagione del fatto che il mandato era stato eseguito senza la necessaria diligenza in particolare perché le operazioni elencate nel libro cassa erano state effettuate utilizzando contante e perché la cattiva gestione contabile aveva generato confusione ed aveva costretto i condomini talora a pagare somme non dovute.
Ciò premesso chiedeva la revoca del decreto opposto e, in via subordinata, che la pretesa economica fosse limitata ai soli importi dovuti.
Si costituiva l’opposto contestando le avverse eccezioni e chiedendo il rigetto dell’opposizione con conseguente condanna di controparte al pagamento della somma ingiunta. Laddove ritenuta non sufficientemente provata la propria pretesa chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa (…), il nuovo amministratore, onde sentirlo condannare in solido con l’opponente al pagamento della somma ingiunta.
Non autorizzata la richiesta chiamata di terzo e rigettata l’istanza ex art. 648 c.p.c., all’esito del giudizio le parti precisavano le conclusioni come in atti e, all’udienza del 12-12-2018, la causa veniva trattenuta in decisione con i termini ex art. 190 c.p.c..
Premesso che, trattandosi di atto conservativo, l’amministratore è legittimato a proporre opposizione avverso decreto ingiuntivo conseguito dall’ex amministratore nei confronti dell’ente di gestione senza che occorra previa delibera dell’assemblea (Cass. 19151/17) si osserva quanto segue.
Il (…), quale amministratore uscente del Condominio indicato in epigrafe, ha innanzitutto richiesto la restituzione della somma di Euro4706,14 oltre accessori asseritamente anticipata nel corso della sua gestione fondando la domanda in particolare sulla base di un “riconoscimento di debito” da parte dell’amministratore entrante.
Ma l’opposto non ha provato il suo credito.
E’ bene all’uopo premettere che i dati contabili predisposti unilateralmente dall’amministratore – verbale di consegna e di approvazione di bilanci tout court da parte dell’assemblea- non possono assumere alcuna valenza probatoria in favore dell’amministratore stesso.
E la sottoscrizione, da parte del nuovo amministratore, del verbale di consegna, da cui risulti il credito dell’ex amministratore, non ha alcun valore in quanto il riconoscimento di debito presuppone che chi lo effettui abbia la disponibilità della vicenda giuridica cui si riferisce. Pertanto solo l’assemblea condominiale può validamente effettuare (v. Cass. 8498/12) una ricognizione di debito (che deve essere espressa e chiaramente indirizzata al creditore).
In particolare il potere di rappresentanza ex mandato che lega l’amministratore al condominio è contenuto nei limiti delle attribuzioni indicate dall’art.1130 c.c., limiti che possono essere superati solo se il regolamento di condominio o l’assemblea gli conferiscano maggiori poteri.
Non rientra allora tra le attribuzioni dell’amministratore del condominio, quale organo di rappresentanza dell’ente di gestione deputato all’ordinaria amministrazione dei beni comuni, il potere di effettuare una ricognizione di debito che inevitabilmente si riflette sulla sfera giuridico-patrimoniale dei singoli condomini, senza apposita autorizzazione assembleare, mancante nel in esame.
E la circostanza che l’assemblea abbia anche conferito mandato al nuovo amministratore di revisionare la contabilità redatta dal precedente amministratore non può in alcun modo essere interpretata alla stregua di un mandato a riconoscere l’altrui credito ma solo di valutare la correttezza dell’operato del precedente mandatario, da sottoporre all’esame dell’assemblea.
Inoltre secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 10153/11, Cass. 15401/14 e Cass. 3892/17) la deliberazione dell’assemblea che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo ha valore di riconoscimento di debito (per eventuali anticipi) opponibile dall’amministratore solo in relazione a poste passive specificamente indicate ed approvate a tale stregua poiché è richiesto un atto di volizione da parte dell’assemblea su di un oggetto specifico posto all’esame dell’organo collegiale (Cass. 10153/11) non essendo fra l’altro sufficiente, invece, l’esistenza di un mero disavanzo di cassa fra entrate ed uscite per lasciar presumere in via deduttiva che, per conseguire il pareggio di bilancio, le minor entrate siano state colmate da anticipi versati dall’amministratore all’ente di gestione.
Ebbene, nel caso in esame, non risultano approvare delibere di bilancio con le quali sono state espressamente riconosciute anticipazioni.
Donde, esclusa ogni rilevanza del verbale di consegna, la controversia può essere decisa sulla base dei soli documenti contabili versati in atti dalle parti.
Ebbene, come emerso dai documenti prodotti, si deve concludere nel senso che l’opposto, che ha veste sostanziale di attore nel presente giudizio, ha ulteriormente mancato di dimostrare, mediante prova documentale, la provenienza delle anticipazioni asseritamente godute dall’ente di gestione mediante somme tratte dal proprio patrimonio (ad esempio mediante bonifico proveniente dal proprio c/c in favore del c/c del Condominio).
Laddove non costituisce valido riscontro il mero transito di danaro da o in favore di patrimoni di terzi che ben avrebbero potuto essere pagati, dall’amministratore, con danaro non proveniente dal patrimonio dello stesso (prova, come detto, non altrimenti conseguibile se non mediante la produzione di documenti alla luce dei limiti previsti dalla norma di cui all’art. 2721 c.c., non derogabili considerate le qualità rivestite dall’opposto e la natura dell’ufficio dell’amministratore: Cass. 8498/12).
A diversa conclusione si deve pervenire con riguardo alla domanda volta a conseguire il pagamento dei compensi maturati per complessivi Euro 7726,31.
Parte opponente non contesta l’avvenuta maturazione dei compensi per le prestazioni effettuate né la loro quantificazione ma eccepisce solo che controparte non avrebbe diritto al compenso in quanto l’inadempimento agli obblighi derivanti dal mandato sarebbe stata così grave da consentirgli di rifiutare il proprio adempimento, così paralizzando l’avversa domanda.
Al riguardo si deve osservare che occorre procedere ad una valutazione comparativa dei comportamenti delle parti tenendo in particolare conto dei rapporti di causalità e proporzionalità fra le prestazioni inadempiute e la loro incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte ai sensi dell’art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia di buona fede e quindi non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460 comma 2 c.c. (Cass. 22626/16).
Inoltre la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti è da valutare non in relazione alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione all’oggettiva proporzione degli inadempimenti con riferimento all’intero equilibrio del contratto e, come detto, al principio della buona fede sancito dall’art. 1375 c.c.
Solo il mancato svolgimento dell’attività propria dell’amministratore o la mancata ottemperanza a gran parte degli obblighi di legge (v. artt. 1130 e 1130 bis c.c.) e non anche eventuali inadempimenti che abbiano integrato finanche motivi di revoca ai sensi dell’art. 1129 c.c. potrebbero giustificare il comportamento del mandante che non corrisponda il compenso rendendosi in tal modo gravemente inadempiente alla propria fondamentale obbligazione quando abbia continuato ad avvalersi dell’operato dell’amministratore (al riguardo mette conto di evidenziare che l’opponente non ha avanzato domanda di risoluzione o di risarcimento dei danni ma ha solo invocato l’altrui inadempimento per essere mandato esente dall’obbligo di versare il corrispettivo).
Ebbene, nel caso in esame, il Supercondominio ha eccepito l’uso di contanti da parte dell’amministratore (con conseguente difficoltà di rendere tracciabili le operazioni) ed un generico ‘disordine contabile’ che avrebbe portato i condomini a pagare somme non dovute.
Ma nessuna prova, neanche documentale, parte opponente, onerata di dimostrare il fatto costitutivo dell’eccezione, ha fornito a riscontro di quanto dedotto ed in particolare con riguardo ad asseriti danni patrimoniali subiti dai condomini.
Donde avendo mancato, la parte che ha sollevato l’eccezione ex art. 1460 c.c., di dimostrare la gravità dell’inadempimento di controparte ed il pregiudizio del proprio interesse (pur a fronte di un mandato espletato: l’amministratore ha presentato i bilanci ed ha svolto l’attività di competenza, seppur non diligentemente, per stessa ammissione dell’opponente) deve ritenersi che il rifiuto opposto dal Supercondominio di adempiere alla propria fondamentale obbligazione non sia giustificato.
Segue la condanna dell’opponente a corrispondere i compensi dovuti nella misura richiesta.
All’accertata infondatezza, seppur parziale, della pretesa creditoria segue la revoca del decreto.
Alla fondatezza di uno solo dei due capi di domanda segue la compensazione delle spese di lite a mente dell’art. 92 c.p.c. (Cass. 21684/13 e Corte Cost. n. 77 del 2018).
P.Q.M.
Definitivamente decidendo revoca il decreto ingiuntivo meglio descritto in narrativa. Condanna l’opponente al pagamento, in favore di controparte, della somma di Euro 7726,31 a titolo di compensi.
Spese compensate.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2019.
Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2019.