l’art. 1130, n. 4 c.c., che attribuisce all’amministratore del condominio il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alla parti comuni dell’edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato e quindi anche quelli riferiti ai singoli appartamenti di proprietà dei privati.
Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di condominio, si consiglia invece la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf
Per ulteriori approfondimenti in materia condominiale si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
La responsabilità parziaria e/o solidale per le obbligazioni condominiali
Lastrico solare ad uso esclusivo regime giuridico e responsabilità
L’impugnazione delle delibere condominiali ex art 1137 cc
L’amministratore di condominio: prorogatio imperii
La revoca dell’amministratore di condominio
La responsabilità (civile) dell’amministratore di condominio.
Corte d’Appello Palermo, Sezione 2 civile Sentenza 11 febbraio 2019, n. 274
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI PALERMO
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta da
1) Dott. Michele Perriera – Presidente
2) Dott. Gioacchino Mitra – Consigliere
3) Dott. Marcello Petitto – Giudice Ausiliario
dei quali il terzo relatore ed estensore, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n.1880/2014 del R.G. Cont. Civ. di questa Corte di Appello, posta in decisione all’udienza collegiale del 2/3/2018 e promossa in questo grado
DA
(…) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in A. C.da (…), elettivamente domiciliato a Palermo, Via (…) presso lo studio dell’Avv. Ar.Pi. e rappresentata e difesa dall’Avv. Vi.Mu., per procura in calce all’atto di appello
Appellante
CONTRO
CONDOMINIO VIA (…), in persona dell’Amministratore pro tempore elettivamente domiciliato in Palermo, Via (…), presso lo studio dell’Avv. En.Ma. e rappresentato e difeso dall’Avv. Ro.Ca. per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta
Appellato
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 30.10.2008, l’Amministratore del Condominio di Via Roma n.23 di Aragona, munito di valida procura come da delibera condominiale 8/7/2008, adiva il Tribunale di Agrigento, per sentir dichiarare (…) srl responsabile, ex art.1669 c.c., dei gravi difetti costruttivi del prospetto dello stabile, nonché delle infiltrazioni d’acqua piovana subite dagli appartamenti del Condominio; condannare (…) srl al rifacimento delle parti di prospetto lesionate, nonché al risarcimento dei danni nella misura di Euro 6.000,00.
Costituitasi la (…), contestava il difetto di legittimazione attiva del Condominio in merito ai lamentati danni, nonché l’infondatezza della domanda ex art. 1669 c.c. proposta dal Condominio per gravi difetti costruttivi e la inapplicabilità, nella fattispecie, della domanda ex art. 1668 c.c.
In via riconvenzionale, la (…) srl chiedeva la condanna del Condominio al pagamento della somma di Euro 8.756,28 per i lavori effettuati.
In via istruttoria veniva ammessa CTU, la quale concludeva affermando che la causa delle lesioni sul prospetto sud, fosse da imputare all’intervento eseguito dall’impresa e quantificava il danno in Euro 10.496,88, mentre per il ripristino dei danni interni agli appartamenti in Euro 3.474,44.
Trattenuta in decisione la causa veniva definita con sentenza n.829/2013 del 2/10/2013, con la quale la (…) srl veniva condannata al pagamento della somma di Euro 13.971,62 pari al costo dei lavori necessari per l’eliminazione dei danni patiti dall’immobile condominiale in conseguenza dell’imperfezione delle opere realizzate dalla stessa.
Contro questa decisione ha proposto appello (…) srl, riproponendo tutte le eccezioni, deduzioni e richieste già formulate in primo grado e affidando il gravame ai seguenti motivi: illegittimità della sentenza per non avere accolto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Condominio in merito ai lamentati danni; per non avere accolto la domanda inerente l’infondatezza della domanda ex art. 1669 c.c. proposta dal Condominio per gravi difetti costruttivi ed illegittimità della sentenza per non avere censurato la CTU, ritenuta erronea; per non avere accolto la domanda riconvenzionale proposta.
Costituitasi in giudizio il Condominio, chiedeva il rigetto del gravame con conferma integrale della sentenza di primo grado.
Con ordinanza 4.6.2015, la Corte di Appello, accogliendo le richieste dell’appellante, disponeva la nomina di Ctu al fine di verificare ed accertare vizi e/o difetti del prospetto sud dello stabile per cui è causa.
La Ctu evidenziava che “il fenomeno umifero lamentato fosse riconducibile al carente sistema di protezione di copertura che si lascia permeare dall’acqua piovana, che la formazione di lesioni localizzate nell’ossatura è stata causata all’inefficienza dello impianto di copertura nonché alla mancata effettuazione e mal esecuzione del risanamento dell’ossatura/telaio delle travi/pilastri. In conclusione la CTU individuava le cause delle lesioni nell’errata previsione progettuale d’intervento nonché la “coeva errata modalità di intervento intrapresa dall’impresa”.
Indi, sulle conclusioni delle parti, la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di gravame, l’appellante si duole dell’illegittimità della sentenza per non avere accolto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Condominio in merito ai lamentati danni ex art. 1669 c.c.
Il motivo è infondato.
Come è noto, la Suprema Corte ha affermato e ribadito il principio secondo cui in tema di responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore, il difetto di costruzione che, ai sensi dell’art.1669 c.c., legittima il committente alla relativa azione, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione della opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (Cass. n.11740/2003, n.117/2000 ed altre, precedenti e successive, conformi).
Ciò posto, per pacifica giurisprudenza, sussiste la legittimazione ad processum dell’amministratore, anche a prescindere dall’esistenza, dalla prova e dal quorum della delibera di autorizzazione a proporre la domanda giudiziale (che peraltro, nel caso di specie, sussiste; v. Delib. 8 luglio 2008) ed a proporre l’azione di cui all’art.1669 c.c., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale, anche senza preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale (Cass. Civ. n.9911 del 19/4/2017).
In relazione alla legittimazione del Condominio circa i danni interni agli appartamenti dei condomini sempre causati dai predetti gravi difetti costruttivi del prospetto dello stabile, la questione è stata risolta da una sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione a mente della quale “l’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art.1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione” (Cass. SS.UU. 6 agosto 2010 n. 18331).
Il principio espresso nella pronuncia, riferita ad un caso di impugnazione di sentenza sfavorevole, è in realtà applicabile anche ai semplici casi di costituzione in giudizio ab origine.
E’ stata la Cassazione (Sez. II 31/1/2018 n. 2436) ad affermare che l’art. 1130, n. 4 c.c., che attribuisce all’amministratore del condominio il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alla parti comuni dell’edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato e quindi anche quelli riferiti ai singoli appartamenti di proprietà dei privati.
In tal senso, in relazione al caso di specie, ed ai danni interni -creati dai gravi difetti costruttivi del prospetto condominiale- ad alcuni appartamenti, può affermarsi che non sussiste il difetto di legittimazione attiva in capo all’amministratore dell’intero condominio, quale unico soggetto fornito di rappresentanza processuale in ordine a qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (art.1131 c.c.), ma si verifica la restrizione degli effetti della sentenza, nell’ambito dei rapporti interni, ai soli condomini interessati.
Quanto alle successive doglianze relative all’illegittimità della pronuncia per non avere accolto l’eccezione inerente l’infondatezza della domanda ex art. 1669 c.c. proposta dal Condominio per gravi difetti costruttivi ed illegittimità della sentenza per non avere censurato la CTU, ritenuta erronea, giova precisare quanto segue.
Dalle emergenze peritali scaturite all’esito delle indagini espletate dal CTU di primo grado, ben è emersa l’esistenza dei vizi lamentati dal Condominio.
A tali conclusioni è pervenuto altresì il CTU nominato in questo grado di giudizio, su richiesta dell’appellante: la CTU ha evidenziato che “il fenomeno umifero lamentato fosse riconducibile al carente sistema di protezione di copertura che si lascia permeare dall’acqua piovana; che la formazione di lesioni localizzate nella ossatura, è stata causata all’inefficienza dell’impianto di copertura nonché alla mancata effettuazione e mal esecuzione del risanamento dell’ossatura/telaio delle travi/pilastri”; e, in conclusione, non discostandosi dalle conclusioni del primo CTU, ha individuato le cause delle lesioni nell’errata previsione progettuale d’intervento, non corretto in corso di esecuzione delle opere (cosa che esclude l’eventuale concorso di colpa del condominio) nonché nella “errata modalità di intervento intrapresa dall’impresa”.
Ergo, fermo restando che il giudice di primo grado ben possa pone a fondamento della decisione le conclusioni del consulente, anche senza indicarne le ragioni -tanto più che sono state confermate anche dal nominato CTU in sede di appello- la censura appare infondata.
Occorre evidenziare che il consulente, richiamato per ulteriori chiarimenti, ha precisato che i vizi in questione erano da ricondurre non esclusivamente ad errore progettuale, imputabile alla stazione appaltante, non corretto in corso di esecuzione delle opere, ma altresì all’impresa e al direttore dei lavori, per la difettosa impermeabilizzazione e copertura delle superfici dell’immobile.
Orbene, giova al riguardo ricordare, che per pacifica e consolidata giurisprudenza, in tema di contratto di appalto, la diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c., che impone all’appaltatore di realizzare l’opera a regola d’arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attività esercitata, onde soddisfare l’interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rilevi anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui; di conseguenza, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l’appaltatore debba rispondere dei vizi della opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientra nella sua prestazione (Cass. 2/02/2016, n. 1981; Cass. 31/5/2006, n. 12995).
Né l’appellante può invocare all’uopo l’applicazione dell’art. 1227 c.c., in quanto, non possedendo il Condominio alcuna competenza tecnica e specifica riguardo alle opere da effettuare -a fronte della diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c., dell’appaltatore – ha riposto affidamento a quest’ultima.
Quanto al motivo di appello relativo al rigetto della domanda riconvenzionale proposta in primo grado dalla (…) srl in cui richiedeva di accertare e dichiarare che il Condominio fosse debitore nei propri confronti della somma di Euro 8.756,28 oltre interessi legali e moratori in quanto spettante in esecuzione del contratto di appalto, correttamente il Tribunale ha ritenuto infondata la domanda, in quanto in virtù di scrittura privata 18/3/2005, riguardante altri vizi diversi per cui l’appaltatore assume per intero la responsabilità per avere eseguito male le opere, la (…) rinunciò a tale somma inserita nel decreto ingiuntivo n.71/2005, proprio a causa delle contestazioni inerenti i vizi dell’opera la cui responsabilità, controllo e correzione rientravano indubbiamente nella sua prestazione.
L’appello, per tutte le ragioni suesposte, deve, pertanto, essere integralmente rigettato, con condanna dell’appellante alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello proposto da (…) srl avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento n.829/2013 che conferma;
Condanna l’appellante, in favore del Condominio Via (…), in persona dell’Amministratore pro tempore, alle spese del grado liquidate in complessivi Euro 2.050,00 di cui Euro.750,00 per competenze e Euro 1.300,00 per onorari, oltre al rimborso forfettario spese generali, cpa e iva come per legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al comma 1-quater dell’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art.1, comma 17 L. 24/12/12, n. 228.
Così deciso in Palermo il 10 marzo 2018.
Depositata in Cancelleria l’11 febbraio 2019.