Non può trovare accoglimento la domanda di accertamento della nullità dell’atto di donazione meglio sopra identificato per carenza di elemento essenziale (animus donandi quale causa del contratto): l’animus donandi, per interpretazione pacifica, è da intendersi quale spirito di liberalità, l’attribuzione di un bene, connotata da un intento altruistico, in assenza di quello che sarebbe il normale corrispettivo per il trasferimento del bene; i motivi sottesi a tale atto (l’allegato amore di una madre per il figlio) rimangono estranei alla causa e non sono pertanto idonei ad incidere sulla nullità dell’atto. In tema di donazione, lo spirito di liberalità che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione,giuridica o morale. Tale spontaneità dell’attribuzione patrimoniale non è incompatibile con l’esasperata conflittualità esistente tra le parti al momento del contratto, la quale si atteggia come elemento fattuale del tutto neutro rispetto alla causa della donazione, non integrando né un’ipotesi di cogenza giuridica, né un’ipotesi di costrizione morale, salva l’eventuale rilevanza di motivi di annullamento del contratto per vizio della volontà.
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Tribunale|Milano|Sezione 4|Civile|Sentenza|15 settembre 2022| n. 7173
Data udienza 12 settembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
Sezione QUARTA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonella Cozzi
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 14062/2020 promossa da:
(…) (C.F. (…) ), con il patrocinio dell’avv. DI.GI., elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in MILANO, Via (…);
ATTRICE
contro
(…) (C.F. (…) ), nella qualità di madre esercente la potestà genitoriale esclusiva della minore (…) (C.F. (…)) con il patrocinio dell’avv. LA.MA. e dell’avv. PE.EN., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. La. in Milano in Via (…);
CONVENUTA
(…) (C.F. (…) ), con il patrocinio dell’avv. DE.LA. elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore sito in Cerro Maggiore in Via (…);
INTERVENUTO
MOTIVAZIONE
1. Con atto di citazione dell’11 marzo 2020 (…) ha convenuto in giudizio (…), in qualità di unica esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia minore (…), nata a S. il (…). La (…), nonna per parte del figlio (…) della minore, ha allegato di aver donato a quest’ultima, in data 25 marzo 2015, la nuda proprietà di un appartamento ad uso abitazione, sito nel Comune di Segrate, Condominio 15 “Residenza delle (…)”, C. Residenziale (…), con ingresso dalla Via (…) n. 15, P. P., riservando a proprio vantaggio l’usufrutto sullo stesso immobile ed indicando dopo di lei, quale successivo usufruttuario, il figlio (…), padre della bambina; parte attrice ha allegato inoltre come quest’ultimo sia deceduto in circostanze tragiche in data 17 gennaio 2020 e, pertanto, ha chiesto che venisse dichiarato il proprio diritto in qualità di donante a sostituire il successivo beneficiario in (…) (figlio della (…) e fratello dell'(…)), con pronuncia di una sentenza costitutiva che modificasse in tal senso l’atto di donazione. In via subordinata parte attrice ha chiesto altresì che venisse accertato e dichiarato il diritto di revoca della donazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1373, I comma, c.c. con effetto ex tunc per la “pre-morienza” del terzo riservatario (…), configurandosi tale evento quale valido presupposto del legittimo esercizio del diritto del donante (…) previsto dagli Artt. 1411 e 1412 c.c. In ulteriore subordine, (…) ha chiesto che venisse annullata/dichiarata nulla la donazione in parola perché effettuata in assenza di animus donandi; in merito a questo ultimo punto, le allegazioni di parte attrice si sono concretizzate nella ricostruzione del rapporto tra (…) e (…) in termini assai burrascosi: i due si sarebbero conosciuti nel 2004, quando la (…) era ancora minorenne, la stessa sarebbe rimasta incinta di (…) ed avrebbe abortito a L. nel 2007 e, dopo una breve separazione, si sarebbero rimessi insieme nel 2011, anno in cui è nata (…). Stando a quanto affermato dall’attrice, in questo periodo (…), di umili origini, avrebbe approfittato dei sentimenti nutriti nei suoi confronti dal ben più abbiente (…), chiedendo costose regalie ed imponendo alla di lui madre (…) la donazione di un immobile, minacciandola di interrompere la relazione con (…) e, addirittura, di impedire la nascita di (…), ricorrendo ancora una volta alla pratica dell’aborto londinese. A supporto di tali allegazioni l’attrice ha prodotto l’atto di donazione, documentazione attestante la morte di (…), e documentazione (in parte stralciata) a riprova del “ricatto” ordito dalla (…) contro (…).
Si è costituita in giudizio (…) che ha contestato in fatto ed in diritto le pretese attoree, eccependo preliminarmente l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria, il proprio difetto di legittimazione passiva, essendo unica parte sostanziale la figlia (…) quale donataria dell’immobile oggetto del contratto, la mancata integrazione del contraddittorio verso (…). Circa la domanda principale, la convenuta ha contestato il fondamento giuridico della pretesa così come svolta dall’attrice, non essendo attribuito dall’ordinamento il diritto/facoltà, per il donante con riserva di usufrutto, di poter nominare un ulteriore usufruttuario in caso di premorienza dell’originario riservatario successivo. Ha contestato altresì la prima domanda subordinata, non essendo stato pattuito, nell’atto di donazione, un diritto di revoca in capo al donante. Infine, ha contestato il fondamento della domanda subordinata di annullamento/dichiarazione di nullità del contratto per difetto dell’animus donandi: secondo la convenuta, in particolare, lo scambio di corrispondenza, avvenuto nel 2011, tra (…) e (…), oltre a non dimostrare il presunto ricatto descritto da parte attrice, non sarebbe idoneo a dimostrare un vizio in grado di incidere sull’atto di donazione del 2015; sul punto, al fine di smentire la descrizione della relazione (…)-G. allegata dall’attrice, la convenuta ha allegato le circostanze in cui la coppia ha iniziato a frequentarsi, delle problematicità legate alle vicende legali di (…) e degli accordi, intervenuti nel 2011, tra (…), (…) stesso e la madre di questo. A supporto della propria ricostruzione, la convenuta produceva le comunicazioni avvenute nel 2011 di cui sopra.
All’esito dell’udienza del 21 ottobre 2020 è stato rilevato il mancato esperimento della mediazione, condizione di procedibilità della domanda, ed è stata ordinata la chiamata, ai sensi dell’art. 107 c.p.c., di (…). Esperito il tentativo di mediazione e integrato in contraddittorio (si costituiva infatti (…), facendo propria in buona sostanza alla prospettazione attorea ed aderendo alla domanda svolta in via principale da (…)), all’udienza del 7 aprile 2021, celebratasi a trattazione scritta stante l’emergenza C., sono stati concessi i termini di cui all’art. 183, sesto comma c.p.c. e, nella successiva udienza del 8 luglio 2021, stante la concorde richiesta delle parti ed in assenza di istanze istruttorie, è stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni al 18 maggio 2022, in cui le parti hanno concluso come sopra riportato.
2. Preliminarmente, si osserva come sia stato correttamente instaurato il contraddittorio tra le parti, avendo parte attrice citato in giudizio la Sig.ra (…), in qualità di madre esercente la responsabilità genitoriale in via esclusiva/legale – essendo deceduto l’altro genitore, (…) – e rappresentante della minore/donataria (…) nata a S. il 17 Dicembre 2011, in forza della previsione di cui all’art. 320 c.c..
2.1 Circa la domanda preliminare di parte attrice di cui al punto A, nella doverosa premessa che, per giurisprudenza granitica l’apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all’oggetto della lite, nonché l’emanazione o meno dell’ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell’art. 89 c.p.c., integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità (così ex multis Cass. Civ., Sez. II, Ord. 14364/2018), si osserva che, ai fini della disposizione in parola, le espressioni che si vogliono censurare riguardano il defunto (…) e, sebbene riferite ad eventi certamente spiacevoli e tragici riguardanti la vita e la morte di (…), non possono essere considerate sconvenienti, in quanto aventi ad oggetto vicende di natura giudiziaria e di pubblico dominio. Inoltre non possono essere considerate non attinenti ai fatti di causa, avendo la stessa parte attrice, a sostegno delle proprie domande subordinate di cui ai punti F e G, introdotto nel presente giudizio argomenti e allegazioni riguardanti il rapporto di coppia tra il figlio defunto e (…), convenuta nel presente giudizio quale rappresentante legale della figlia (…): pertanto le espressioni utilizzate e la produzione del documento n. 2, volte a gettare una luce in parte diversa sulla natura del rapporto rispetto alla narrazione della controparte, rappresentano una lecita espressione del diritto di difesa e come tali non sono censurabili.
Pertanto, la domanda di cui al punto A di parte attrice deve essere rigettata.
3. Nel merito, devono essere tutte rigettate le domande di parte attrice nei termini che seguono
3.1. B e C: la donazione con riserva di usufrutto ex art. 796 c.c.
La tesi di parte attrice, secondo cui il donante, che abbia riservato a proprio vantaggio e, dopo di sé, a vantaggio di un’altra persona l’usufrutto sui beni donati, ha il diritto, in caso di premorienza del secondo, a designare automaticamente un nuovo “beneficiario” non trova un puntuale riscontro normativo. Sul punto si osserva come l’art. 796 c.c. prevede la possibilità per il donante di riservare l’usufrutto a proprio vantaggio e, dopo la propria morte o trascorso un dato periodo a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone, ma solo congiuntamente (c.d. usufrutto congiuntivo) e non già successivamente, in ed in pari quote con eventuale clausola di accrescimento. Si ha in tal caso non già una doppia attribuzione (donazione della proprietà piena al donatario e costituzione tra questi e il donante del diritto di usufrutto) ma un’unica vicenda: donazione della nuda proprietà con un’automatica costituzione dell’usufrutto, atta delimitare l’oggetto della donazione cosicché il proprietario donante muta la natura del suo diritto di godimento, mutando allo stesso modo il titolo del suo possesso. La contestuale attribuzione del diritto di usufrutto, da parte del donante, ad un’altra persona in un momento successivo costituisce una parziale deroga al divieto generale di usufrutto successivo posto dall’articolo 698 c.c. e da luogo, secondo condivisibile ricostruzione, a due distinti atti di liberalità: la donazione della nuda proprietà a favore del donatario e una contestuale donazione sospensivamente condizionata (all’evento morte del donante) di usufrutto a favore del terzo, il quale dovrebbe a sua volta accettare la donazione nelle forme previste dell’art. 782 c.c. (cosa verificatasi nel caso di specie, avendo il terzo designato, (…), partecipato all’atto di donazione del 25 marzo 2015).
Alla luce di queste sintetiche coordinate ermeneutiche, la tesi di parte attrice, fatta propria dal terzo chiamato, deve essere respinta e le conseguenti domande rigettate.
In primo luogo, in data 25 marzo 2015, al momento della stipula dell’atto di donazione, la donante si è privata della piena proprietà sull’appartamento sito nel Comune di Segrate, “Residenza delle Botteghe”, trasferendo la nuda proprietà alla nipote e riservando il diritto d’usufrutto a sé ed in successione al defunto (…). Da quel momento, venute meno tutte le facoltà dominicali, la donante, ormai divenuta usufruttuaria, può, in assenza di apposita pattuizione, solo godere o disporre del diritto di usufrutto nei modi previsti dagli art. 978 e ss. c.c., senza poter in alcun modo pregiudicare i diritti del nudo proprietario oltre suddetti limiti (costituendo un diritto reale ulteriore). In questo senso, la premorienza alla donante di (…) rappresenta un elemento inidoneo ad incidere sulle rispettive facoltà del nudo proprietario e dell’usufruttuario.
In secondo luogo, se anche si fosse espressamente convenuto che in caso di premorte di (…) il diritto di usufrutto sospensivamente condizionato sarebbe passato al fratello (…), tale pattuizione sarebbe stata nulla poiché in aperto contrasto il divieto espresso sancito dall’art. 796 c.c.: illogico sarebbe quindi attribuire adesso alla donante una facoltà che era preclusa nella stipula del negozio originale.
Infine – e forse è l’argomento meno sottile – la tesi dell’attrice non merita accoglimento per totale difetto di una previsione normativa a riguardo: l’asserita facoltà della donante di poter indicare un diverso usufruttuario successivo, in caso di premorte del primo, si inserirebbe infatti in una previsione che ha già di per sé natura eccezionale e, come tale, non suscettibile di interpretazione analogica. La soluzione prospettata, pertanto, non può essere abbracciata in via ermeneutica ma dovrebbe trovare puntuale riscontro nella legge.
Pertanto, le domande di cui ai punti B e C di (…) e nn. 1 e 2 di (…) devono essere rigettate.
3.2 D ed E: la revoca della donazione ex art. 1373 c.c.
Sul punto, giova evidenziare come l’art. 1373 c.c., invocato dalla parte attrice, permetta di recedere dal contratto che non abbia avuto un principio di esecuzione solo se questa facoltà sia espressamente convenuta dalla parte, cosa che non trova alcun riscontro nel caso di specie, non essendo stata inserita nell’atto di donazione del 25 marzo 2015 clausola siffatta. Se di revoca della donazione si vuol parlare occorre far riferimento alle ipotesi tassativamente previste nell’art. 800 c.c., che permette al donante di revocare la donazione in caso di ingratitudine del donatario e di sopravvenienza di figli. Tale norma, che costituisce un’eccezione rispetto al principio generale in materia di contratti, secondo cui solo con il consenso di entrambe le parti è possibile sciogliere il contratto, è volta a tutelare interessi di ordine morale o familiare che, nell’atto di liberalità, si considerano superiori rispetto all’interesse del donatario. Anche a voler riqualificare in questi termini la domanda di revoca della donazione svolta dall’attrice, essa non può trovare accoglimento, non avendo la stessa allegato né l’ingratitudine della donataria (nel caso, una bambina di dieci anni rimasta orfana di padre) né la sopravvenienza di altri figli.
Pertanto, anche le domande subordinate di cui ai punti D ed E di (…) devono essere rigettate.
3.3F e G: l’annullabilità e la nullità della donazione per carenza dell’animus donandi.
Non può trovare accoglimento la domanda di accertamento della nullità dell’atto di donazione meglio sopra identificato per carenza di elemento essenziale (animus donandi quale causa del contratto): l’animus donandi, per interpretazione pacifica, è da intendersi quale spirito di liberalità, l’attribuzione di un bene, connotata da un intento altruistico, in assenza di quello che sarebbe il normale corrispettivo per il trasferimento del bene; i motivi sottesi a tale atto (l’allegato amore di una madre per il figlio) rimangono estranei alla causa e non sono pertanto idonei ad incidere sulla nullità dell’atto. Sul punto la Giurisprudenza ha infatti chiarito come in tema di donazione, lo spirito di liberalità che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione,giuridica o morale. Tale spontaneità dell’attribuzione patrimoniale non è incompatibile con l’esasperata conflittualità esistente tra le parti al momento del contratto, la quale si atteggia come elemento fattuale del tutto neutro rispetto alla causa della donazione, non integrando né un’ipotesi di cogenza giuridica, né un’ipotesi di costrizione morale, salva l’eventuale rilevanza di motivi di annullamento del contratto per vizio della volontà (così Cass. Civ., Sez. II, n. 8018/2012).
Né possono ravvisarsi motivi per dichiarare l’annullamento ai sensi degli artt. 1441 e ss. c.c. del contratto in parola. Secondo le allegazioni di parte attrice, la stessa sarebbe stata costretta a donare l’immobile alla nipotina sotto la minaccia che la madre di questa, (…), abortisse – come già ebbe a fare nel 2007 – e troncasse la propria relazione col figlio (…). A supporto di tale ricostruzione l’attrice ha fornito una ricostruzione del rapporto tra (…) e (…) a tinte fosche, descrivendo quest’ultima come un’approfittatrice pronta a ricorrere all’aborto pur di far valere la propria influenza sul soggiogabile (…) e di mettere le mani sull’ingente patrimonio della sua famiglia.
Tale ricostruzione, puntualmente contestata dalla convenuta, non può trovare riscontro nella documentazione prodotta dall’attrice, arbitrariamente omissata e censurata in molte sue parti, senza che, né ricorressero presupposti, né esistessero provvedimenti di secretazione come previsti dal codice di procedura penale: l’inserimento di tali omissis è lesivo del diritto del contraddittorio ed impedisce, tanto alle altre parti quanto al giudice, di analizzare le produzioni documentali nella loro interezza. Con riferimento agli scambi di mail prodotte da entrambe le parti (e pertanto da entrambe accettate nel loro contenuto) non emergono elementi dai quali possa emergere in maniera univoca che la donazione in parola sia stata effettuata per scongiurare un male ingiusto prospettato da (…).
Emerge infatti dalla comunicazione a firma (…) del 5 agosto 2011 come sia quest’ultima a prospettare delle condizioni volte a stabilire il sereno ingresso della (…) e della nascitura nella famiglia G.-(…). È poi agevole constatare come tali comunicazioni, anche a voler ravvisare in esse un intento ricattatorio, risalgano al 2011, epoca di gran lunga antecedente alla stipula del contratto di donazione, avvenuta nel 2015 e siano pertanto inidonee a dimostrare un collegamento diretto e permanente tra quanto prospettato nel carteggio e l’atto di liberalità in parola. Infine, è evidente che non potesse trovare attuazione la minaccia dell’interruzione della gravidanza rispetto alla donazione, essendo (…) già nata da diversi anni al momento del rogito dell’atto.
Non si approfondisce la questione per la sussistenza delle ragioni più liquide suesposte per rigettare la domanda, ma è fortemente dubbio che la prospettazione o di una interruzione della gravidanza (facoltà che il nostro ordinamento permette ai sensi della L. n. 194 del 1978) o dell’interruzione di una relazione sentimentale possano integrare la nozione di male ingiusto e notevole ai sensi dell’art. 1434 c.c..
Pertanto, anche le domande subordinate di cui ai punti F ed G di (…) devono essere rigettate.
4. Le spese di lite di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014, considerando il valore della causa non determinato, la presenza di due parti soccombenti con identiche le questioni di diritto affrontate, con la riduzione del compenso per la fase istruttoria stante la natura documentale della causa.
4.1 Ai sensi dell’art. 96, u.c., c.p.c., si condanna altresì la sola parte attrice, che si è vista soccombente in tutte le domande svolte, principali e subordinate, al pagamento a favore della convenuta nella somma determinata equativamente per la temerarietà della lite instaurata. Come si è avuto modo di sviluppare nel percorso argomentativo della presente decisione, le domande di parte attrice si sono fondate su prospettazioni manifestamente erronee sia in fatto che in diritto, idonee quantomeno ad integrare il requisito della colpa grave, previsto nella fattispecie di cui al primo comma dell’art. 96 c.p.c., che la giurisprudenza ritiene dover ricorrere anche nella particolare ipotesi prevista dal terzo comma del suddetto. In particolare, la prospettazione di cui alle domande B e C, per quanto ipotesi non disciplinata da puntuale disposizione legislativa, si è ridotta ad una mera asserzione apodittica di una facoltà difficilmente argomentabile stante la lettera della legge ed i principi generali in materia di diritti reali su cosa altrui; la prospettazione di cui alle domande D ed E, oltre che essere concettualmente erronea (differenza tra recesso e revoca del contratto), è stata formulata pur nell’assenza evidente tanto di un requisito legalmente predeterminato (la pattuizione specifica del diritto di recesso) quanto delle condizioni tassativamente disciplinate dall’art. 800 c.c. Infine, oltre a confondere la causa coi motivi del contratto, le ultime domande, di cui ai punti F e G, sono state formulate sulla base di circostanze di fatto (risalenti all’estate del 2011) totalmente inidonee a decidere circa l’annullabilità di un atto posto in essere quasi quattro anni dopo (25 marzo 2015). Alla luce del valore della causa e delle spese processuali liquidate appare equo determinare in Euro 5.000,00 la somma dovuta dalla parte attrice in favore della parte convenuta.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1. Rigetta le domande proposte da (…);
2. Rigetta le domande proposte da (…);
3. Condanna (…) e (…), in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore della parte convenuta (…) in persona
della madre (…), che si liquidano in Euro 10.000,00 per compenso, oltre 15% per spese forf., c.p.a. e i.v.a.;
4. Condanna (…) al pagamento in favore di (…) in persona della madre (…) della somma di Euro 5.000,00, ex art. 96 c.p.c..
Così deciso in Milano il 12 settembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 15 settembre 2022.
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