il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, in riferimento agli appalti endoaziendali, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attivita’, ancorche’ strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione meramente lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore – datore di lavoro – i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 27 marzo 2017, n. 7796
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente
Dott. MANNA Antonio – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5469/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.C.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10608/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/02/2014 r.g.n. 235/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2017 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza n. 10608/2013 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia n. 164/2010 emessa dal Tribunale della stessa citta’ con cui, in accoglimento parziale della domanda proposta da (OMISSIS), era stata dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 18.5.2005 con (OMISSIS) spa condannando l’incorporante (OMISSIS) spa al ripristino del rapporto con riammissione del suddetto (OMISSIS) nell’esercizio delle mansioni in precedenza svolte e con ogni altra conseguenza di legge. La originaria pretesa del ricorrente di prime cure era fondata sul fatto di avere lavorato alle dipendenze della (OMISSIS) spa dal 18.5.2005 al 30.6.2006 nonostante il rapporto fosse stato solo fittiziamente formalizzato attraverso l’assunzione da parte della (OMISSIS) srl (d’ora in poi (OMISSIS) srl), societa’ non autorizzata alla fornitura di lavoro temporaneo.
2. La Corte territoriale, rigettando tutte le censure mosse, ha condiviso le conclusioni del primo giudice con argomentazioni che possono cosi’ sintetizzarsi: a) si trattava di un appalto cd. endoaziendale in cui non era stato dimostrato che il personale della societa’ appaltatrice, tra cui l’appellato, fornisse un quid pluris rispetto alla mera capacita’ professionale dei lavoratori impiegati nonche’ che il capitale, il know how, il software ed in genere i beni immateriali aventi rilievo preminente nell’economia dell’appalto, fossero stati in concreto forniti dall’appaltatrice (OMISSIS) srl; b) quanto al rischio economico, la difesa appellante aveva svolto argomentazioni specifiche tardive mentre il gravame si riduceva ad alcune considerazioni di carattere generale; c) con riguardo all’esercizio del potere direttivo, dalle dichiarazioni testimoniali in atti era emerso che era (OMISSIS) spa a fornire direttive ai dipendenti, a predisporre l’orario di lavoro e a coprire il servizio in caso di ferie; d) la questione sui limiti della responsabilita’ della committente, relativa ai contratti a progetto stipulati con l’appaltatrice dal (OMISSIS), era una questione nuova e, comunque, cio’ che acquisiva rilevanza era lo schema del rapporto di lavoro venuto in essere con l’appaltante e che assumeva la natura di lavoro subordinato. In conclusione, pertanto, era stata ritenuta l’assenza, in capo all’appaltatrice (OMISSIS) srl, di una effettiva organizzazione della prestazione lavorativa resa dal (OMISSIS), rimessa integralmente alla committente salvo che per gli aspetti meramente amministrativi.
3. Per la cassazione propone ricorso la (OMISSIS) Scpa, nuova denominazione sociale della (OMISSIS) Scpa, incorporante della (OMISSIS) Scpa, a sua volta incorporante della (OMISSIS) spa, affidato a quattro motivi.
4. Resiste con controricorso (OMISSIS).
5. La societa’ ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la societa’ lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29 e della L. n. 1369 del 1960 (articolo 360 c.p.c., n. 3) nonche’ la nullita’ della sentenza e del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4). In particolare, deduce l’erroneita’ della sentenza nella parte in cui e’ stato ritenuto illegittimo il contratto di appalto pur deponendo le premesse in fatto per la sua genuinita’ in considerazione del servizio appaltato. Lamenta l’errore di diritto in cui sarebbero incorsi i giudici di seconde cure allorquando hanno appunto escluso il know-how oggetto di appalto, mentre questo era un dato accertato per cui non poteva operare la presunzione di illegittimita’ dell’appalto endoaziendale. Obietta che la legge Biagi, quanto alla titolarita’ dei mezzi di produzione, aveva abrogato la L. n. 1369 del 1960, rifiutando la presunzione relativa alla proprieta’ di tali mezzi e rendendo inutile la verifica di tale aspetto. In altri termini si duole che la Corte territoriale, disattendendo i principi di diritto vivente statuiti nella giurisprudenza di legittimita’, pur avendo riconosciuto ed accertato l’oggettivo apporto personale dell’esperto informatico e del know-how della societa’ appaltatrice ed essendo irrilevante la problematica sul rilievo giuridico dell’utilizzo di macchine e attrezzature fornite dall’appaltante, aveva poi ritenuto applicabile la cd. presunzione di non genuinita’ dell’appalto prevista per il caso di appalti endoaziendali. Ne’ poteva avere rilievo, secondo la societa’, il fatto che, in assenza del (OMISSIS), il servizio venisse svolto da dipendenti di (OMISSIS) perche’ non poteva incidere sulla genuinita’ e legittimita’ di un appalto di servizi la circostanza che, in ipotesi di temporanea assenza, l’appaltante “tamponasse” la situazione con altri collaboratori e consulenti.
2. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3); la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., la nullita’ della sentenza e del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4). Si sostiene la erroneita’ della sentenza nella parte in cui e’ stato ritenuto non provato il know-how oggetto di appalto.
3. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 112 c.p.c., la nullita’ della sentenza e del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4). La ricorrente deduce l’erroneita’ della sentenza nella parte in cui e’ stata ritenuta controversa l’assunzione di rischio economico della societa’ appaltatrice quando, invece, era un dato processuale non contestato.
4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29 e della L. n. 1369 del 1960 (articolo 360 c.p.c., n. 3) e, specificamente, l’erroneita’ della sentenza nella parte in cui e’ stato ritenuto dimostrato l’esercizio di un potere direttivo di (OMISSIS) spa nei confronti del (OMISSIS) mentre, invece, si trattava solo di espressione di un potere di coordinamento. Rileva, infine, che l’esercizio del potere direttivo era stato considerato dalla cd. legge Biagi come avente funzione solo eventuale in punto di differenziazione fra somministrazione e appalto.
5. I primi due motivi, per la loro connessione logico-giuridica, devono essere esaminati congiuntamente.
6. Entrambi sono infondati.
7. La Corte territoriale, partendo dalla premessa che si trattava di un appalto endoaziendale e tenuto conto della natura oggetto dell’appalto (gestione del servizio di posta elettronica e delle postazioni blackberry, attivita’ di assistenza nell’area tecnologie-architetture web, attivita’ di consulenza in ambito sistematico Microsoft) ha ritenuto che non era stato dimostrato che il personale della societa’ appaltatrice (e, quindi, il (OMISSIS)) avesse fornito un “quid pluris” rispetto alla mera capacita’ professionale dei lavoratori impiegati: circostanza esclusa dal fatto che, in caso di assenza del citato (OMISSIS), il servizio veniva svolto da altri dipendenti della committente. Inoltre, i giudici di seconde cure hanno precisato che la societa’ aveva omesso di allegare e dimostrare il capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni e, in genere, per sostenere il costo del lavoro) il know-how, il software e i beni immateriali, aventi rilievo preminente nell’economia dell’appalto, in concreto forniti dalla appaltatrice (OMISSIS) srl.
8. In primo luogo, quindi, va evidenziato che non e’ fondata la censura che i presupposti finalizzati a dimostrare la genuinita’ dell’appalto fossero stati provati essendo, invece, stata posta a base della ratio decidendi una prova contraria a tale assunto (risultanze dell’escussione del teste (OMISSIS) circa la sostituzione del (OMISSIS)) e un difetto di allegazione, sul punto, non contrastato in modo specifico con il motivo di cassazione: generico, infatti, anche in questa sede, deve considerarsi il mero richiamo all’oggetto del contratto di appalto, dianzi riportato, ai fini di provare l’elevato grado di professionalita’ rivestita dal (OMISSIS), senza alcuna concreta precisazione sulla effettiva sussistenza di competenze e conoscenze in capo al lavoratore superiori a quelle proprie dell’attivita’ svolte.
9. Quanto, invece, alla problematica sulla illegittimita’ dell’appalto, giova sottolineare che, nell’appalto endoaziendale, si configura l’intermediazione vietata di manodopera quando al committente e’ messa a disposizione una prestazione meramente lavorativa: cio’ anche se l’appaltatore non e’ una societa’ fittizia, tuttavia si limiti alla mera gestione amministrativa della posizione relativa al lavoratore, senza una reale organizzazione della prestazione lavorativa.
10. La giurisprudenza della Sezione lavoro di questa Corte (tra le altre cfr., Cass. 3.6.2014 n. 12357) ha costantemente affermato il principio, cui si intende dare continuita’, secondo il quale il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, in riferimento agli appalti endoaziendali, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attivita’, ancorche’ strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione meramente lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore – datore di lavoro – i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.
11. Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha applicato correttamente tale principio perche’ ha, da un lato, confermato quanto gia’ sostenuto nella sentenza di primo grado circa l’esistenza di un potere direttivo di (OMISSIS) spa e non di (OMISSIS) srl nei confronti del (OMISSIS) (pag. 5 punto 2c della sentenza di appello); dall’altro, ha ritenuto non allegato e non provato, come si e’ detto, con valutazione non sindacabile in sede di legittimita’, l’esistenza di un know-how da parte del lavoratore, inteso come fattore distinto dalla manodopera e consistente in un patrimonio di conoscenze e di pratiche di uso non comune, non brevettate, derivanti da esperienze e prove, che avrebbero costituito quel quid pluris rispetto alla mera capacita’ professionale dei lavoratori impiegati tale da rendere legittima l’utilizzazione della manodopera stessa.
12. Sotto questo profilo la gravata pronuncia si e’ conformata anche ad altro principio di questa Corte, in materia, statuito dalla sentenza del 19.3.2010 n. 6726.
13. Non e’, pertanto, ravvisabile alcuna violazione del Decreto Legislativo n. 273 del 2003, articolo 29, comma 1, che recita: “Ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione di mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che puo’ anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonche’ per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio di impresa”.
14. Ne’ puo’ essere indifferente la circostanza, anche in ipotesi di temporanea assenza, della avvenuta sostituzione del personale dell’appaltatore con collaboratori del committente.
15. I lavoratori dell’appaltatore, ai fini della genuinita’ dell’appalto, devono essere riconosciuti come tali e non vi puo’ essere confusione o interferenza con i lavoratori dell’appaltante perche’, in caso contrario, sarebbe ravvisabile una inammissibile intromissione del committente nell’esecuzione dell’appalto che priverebbe quest’ultimo del carattere di liceita’.
16. Il terzo motivo non coglie nel segno.
17. In ordine al “rischio economico” la Corte ha rilevato, in primo luogo, che relativamente a tale aspetto, si fosse argomentato per la prima volta in sede di appello. In secondo luogo, ha evidenziato la genericita’ delle doglianze senza specifici riferimenti agli accordi intercorsi con la (OMISSIS) srl; anzi, erano stati richiamati stralci di contratti di appalto stipulati tra soggetti diversi e che si riducevano a clausole generali di risoluzione del contratto per inadempimento.
18. Non e’, pertanto, pertinente – a fronte di tali argomentazioni – la censura circa una presunta violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere ritenuto controverso un dato processuale (rischio economico) non controverso, in assenza, peraltro, di idonee specificazioni dirette a contrastare l’assunto dei giudici di merito.
19. Il quarto motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
20. La doglianza si sostanzia in una contestazione sulla ricostruzione del fatto (esercizio del potere direttivo da parte di (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS)) sindacabile in sede di legittimita’ soltanto quando la motivazione manchi del tutto ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi ed obiettivamente incomprensibili (Cass. Ord. 9.6.2014 n. 12928).
21. Ipotesi, queste, non ravvisabili nella fattispecie in esame ove vi e’ stata un’analisi completa delle dichiarazioni rese dai testi e, in particolare, di quelle di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (riportate in sentenza) ed un controllo attento della censura dell’appellante caratterizzata da genericita’ e da mancata contestazione, come sottolineato dai giudici di seconde cure, sugli elementi decisivi gia’ posti a base della decisione del Tribunale.
22. Deve, poi, deve sottolinearsi che non e’ condivisibile l’assunto dell’odierno ricorrente secondo cui, con la legge cd. Biagi, il potere direttivo rivestirebbe una funzione solo eventuale in punto di differenziazione tra somministrazione ed appalto.
23. E’ chiaro che la norma fa riferimento al potere direttivo dell’appaltatore, quale criterio eventualmente sussidiario, unitamente al rischio di impresa, per valutare la genuinita’ dell’appalto rispetto ad una somministrazione irregolare (Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 27), e non a quello del committente.
24. Nella fattispecie concreta, invece, e’ stato accertato, con verifica preclusa in questa sede – come si e’ detto – ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., n. 5, applicabile ragione temporis, la sussistenza di un potere direttivo nei confronti del (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) spa (nei cui uffici questi occupava una stanza unitamente ad altri dipendenti della Banca, utilizzandone le attrezzature, ricevendo indicazioni dai funzionari di quest’ultima cui si rapportava direttamente anche ai fini di concordare come organizzare il servizio in caso di sua assenza per ferie e venendo sostituito dai medesimi dipendenti di (OMISSIS)) e, di contro, la mancanza di prova circa la esistenza di indicazioni, direttive o rapporti tra il (OMISSIS) stesso e la appaltatrice (OMISSIS) srl.
25. Si trattava, pertanto, relativamente a quelle emanate da (OMISSIS) spa, di disposizioni riconducibili al potere direttivo e non di meri suggerimenti o indicazioni finalizzati ad ottimizzare il risultato del prodotto facente comunque capo all’organizzazione e gestione proprie dell’appaltatore.
26. In relazione a tale aspetto, per concludere, e’ opportuno anche evidenziare che, vertendosi in una fattispecie di appalto in cui la prestazione richiedeva esclusivamente l’impiego di manodopera, non puo’ non riconoscersi che il criterio dell’effettivo esercizio del potere di organizzazione e di direzione, da parte dell’appaltatore o del committente, assumeva valore decisivo ai fini di valutare la genuinita’ o meno dell’appalto.
27. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
28. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.