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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23594
il principio secondo cui l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli (articolo 1176 c.c., comma 2), e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo: in mancanza di tale prova, l’appaltatore sia tenuto, pertanto, a titolo di responsabilita’ contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per i ritardi, le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne’ l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23594
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14146/2014 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.p.a.), in proprio e nella qualita’ di mandataria delle (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.r.l. riunite in associazione temporanea di imprese, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
Agenzia per lo Svolgimento del XX Giochi Olimpici Invernali “Torino 2006”, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1682/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 31/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/07/2017 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
con sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1682, reg. cron. n. 1456/2013, depositata il 31 luglio 2013, e’ stata parzialmente riformata, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dall’Agenzia per lo svolgimento dei XX Giochi Olimpici Invernali “Torino 2006”, la decisione del Tribunale di Torino n. 4181/2011, con la quale era stata accolta in parte la domanda proposta dall’impresa (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) di condanna dell’appaltante Agenzia al pagamento delle somme dovute in relazione alle diverse riserve formulate dall’appaltatrice, con riferimento al contratto di appalto stipulato tra le parti il 9 novembre 2004, avente ad oggetto la realizzazione della variante alla S.S. (OMISSIS);
per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso (OMISSIS) s.p.a. nei confronti dell’Agenzia per lo svolgimento dei XX Giochi Olimpici Invernali “Torino 2006” e dell’ing. (OMISSIS), direttore dei lavori, affidato a dodici motivi, illustrati con memoria ex articolo 378 c.p.c., ai quali entrambi i resistenti hanno replicato con controricorso, e l’Agenzia anche con memoria;
Ritenuto che:
in via pregiudiziale, debba essere disattesa la richiesta del resistente ing. (OMISSIS) di essere estromesso dal presente giudizio, non essendo stato evocato in prime cure dalla societa’ appaltatrice (OMISSIS) s.p.a., ma solo, in garanzia impropria, dalla committente Agenzia, sulla base di un rapporto – obbligo di direzione e controllo tecnico, contabile ed amministrativo dell’esecuzione dei lavori, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articolo 123 – diverso dal contratto di appalto del 9 novembre 2004;
la causa di garanzia – propria o impropria – dia, invero, luogo ad una situazione di pregiudizialita’-dipendenza tra cause, con conseguente sussistenza di un litisconsorzio processuale in fase di impugnazione, ogni qual volta il convenuto abbia scelto di estendere l’efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato, dell’accertamento relativo al rapporto principale (Cass. Sez. U. 04/12/2015, n. 24707), e nei casi in cui quest’ultimo, chiamato a manlevare il convenuto dalle eventuali conseguenze pregiudizievoli dell’azione proposta dall’attore, non si limiti a contrastare la domanda di manleva, ma contesti anche il titolo dell’obbligazione principale, quale antefatto e presupposto della garanzia azionata (Cass. 16/05/2013, n. 11968);
nel caso di specie, come si desume dall’intestazione dell’impugnata sentenza, il (OMISSIS) aveva contestato, in primo e secondo grado, non soltanto la domanda di garanzia spiegata nei suoi confronti, ma anche il rapporto principale, con specifico riferimento alla riserva n. 22, in relazione alla quale parte attrice aveva evidenziato profili di responsabilita’, sicche’ il medesimo e’ stato correttamente evocato nel presente giudizio quale litisconsorte processuale;
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) s.p.a. – denunciando l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – censura l’impugnata sentenza per avere la Corte d’appello, in relazione alla questione relativa al ritardo nell’esecuzione dell’opera ed all’influenza – su tale ritardo – delle 151 istruzioni operative fornite dal direttore dei lavori, aderito acriticamente alla disposta c.t.u., “limitata ai soli tredici ordini di servizio, senza alcuna considerazione delle suddette istruzioni operative”, immotivatamente non prendendo in alcuna considerazione le prove documentali acquisite agli atti, determinanti ai fini di valutare l’imputabilita’, o meno, del ritardo all’impresa appaltatrice;
Ritenuto che:
nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile alle sentenze pubblicate – come nella specie – dopo l’11 settembre 2012 – non sia piu’ configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti;
sia, pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (articolo 111 Cost.), in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie in atti (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 06/07/2015, n. 13928);
nel caso concreto, non sia di certo ravvisabile il difetto di motivazione costituzionalmente rilevante, nel senso suindicato, per il fatto che la Corte territoriale abbia recepito, con riferimento alla questione suindicata, le conclusioni del c.t.u., atteso che il giudice del merito non e’, per vero, tenuto a giustificare diffusamente le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione (Cass. 20/05/2005, n. 10668; Cass. 19/06/2015, n. 12703), laddove nella specie – la ricorrente non ha neppure dedotto di avere, sul punto, mosso critiche specifiche alla relazione di consulenza;
l’omessa considerazione delle prove documentali in atti non sia idonea ad integrare – come dianzi detto – il vizio di cui al novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
che, pertanto, la censura non possa essere accolta;
Considerato che:
con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articoli 128 e 134, Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 2007, articoli 152 e 161 e del Decreto Ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, articolo 10, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la (OMISSIS) s.p.a. lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto, di conseguenza ascrivendo il ritardo nell’esecuzione dell’opera all’impresa appaltatrice, che le 151 istruzioni rivestano una natura giuridica diversa rispetto agli ordini di servizio, trattandosi di modifiche suggerite dall’appaltatore nel suo esclusivo interesse, talche’ il tempo occorso per eseguire quanto in esse previsto non potrebbe essere imputato ad un’iniziativa della stazione appaltante;
la Corte di merito avrebbe, inoltre, errato nel ritenere che il progetto originario fosse eseguibile, nonostante le diverse condizioni geologiche riscontrate in corso d’opera, e che, comunque, – essendo tale progetto conosciuto dall’impresa ab origine – questa avrebbe dovuto rispettare comunque la tempistica indicata in sede di cronoprogramma dell’opera;
Rilevato che:
la Corte d’appello – sulla base delle analitiche risultanze della c.t.u. ha escluso che, nel caso di specie, si verta in una ipotesi di cd. “appalto a regia”, nel quale il controllo esercitato dal committente sull’esecuzione dei lavori esula dai normali poteri di verifica ed e’ cosi’ penetrante da privare l’appaltatore di ogni margine di autonomia, riducendolo a strumento passivo dell’iniziativa del committente, si’ da giustificarne l’esonero da responsabilita” per difetti dell’opera, una volta provato che abbia assunto il ruolo di “nudus minister” del committente (Cass. 11/02/2005, n. 2752);
Ritenuto che:
debba – di conseguenza – trovare applicazione, nel caso concreto, il principio secondo cui l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli (articolo 1176 c.c., comma 2), e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo:
in mancanza di tale prova, l’appaltatore sia tenuto, pertanto, a titolo di responsabilita’ contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per i ritardi, le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne’ l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (Cass. 21/05/2012, n. 8016; Cass. 29/01/1983, n. 821);
Rilevato che:
nel caso di specie, dall’esame dell’impugnata sentenza risulta che il progetto dell’opera era “conosciuto dall’impresa al momento dell’offerta”, e cha la medesima aveva “confermato la tempistica originaria in sede di cronoprogramma redatto da tre mesi dopo la consegna dei lavori”, senza proporre rilievo alcuno, ne’ in relazione alla situazione geologica dei luoghi, ne’ sotto altri profili;
di piu’, la Corte territoriale ha affermato che non era dato rinvenire in alcuna parte della c.t.u. “un giudizio circa l’esistenza del nesso di causalita’ fra le istruzioni operative ed il ritardo”, avendo anzi il consulente evidenziato che il protrarsi dei lavori era da ascrivere piuttosto “alla errata previsione iniziale indicata dall’impresa in sede di offerta e ribadita in sede di cronogramma e alle carenze organizzative dell’impresa inidonee al rispetto di detto cronoprogramma”, sicche’ “nulla autorizza a ritenere che i ritardi dell’impresa siano ascrivibili alle modalita’ di lavoro dettate dalla d.l. (p. 26);
tale ratio decidendi dell’impugnata sentenza non e’ stata neppure specificamente e compiutamente impugnata dalla (OMISSIS) s.p.a.;
la doglianza non puo’, pertanto, essere accolta;
Considerato che:
con il terzo e quarto motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 145, articolo 117, Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 e Decreto Ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, articolo 22, nonche’ l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui, disattendendo la pretesa della (OMISSIS) s.p.a. in relazione alla riserva n. 22, relativa alla esecuzione delle cabine tecnologiche, non avrebbe tenuto conto dell’incidenza che la consegna da parte dell’appaltante, avvenuta solo il 9 maggio 2006, dei relativi disegni progettuali, e la necessita’ per l’appaltatore di effettuare la redazione dei particolari costruttivi, ultimata il 18 luglio 2006, avevano avuto sullo slittamento dei lavori al 18 dicembre 2006, data comunque ricompresa nel termine finale per l’ultimazione dell’opera, stabilito al 31 dicembre 2006;
di conseguenza, nessuna penale avrebbe dovuto essere applicata all’impresa appaltatrice e, comunque, il giudice di merito avrebbe dovuto ridurre la penale – i mancanza di una domanda dell’appaltatore – anche d’ufficio;
Ritenuto che:
il terzo motivo (vizio di motivazione) sia inammissibile, per le ragioni suindicate, non essendo applicabile ratione temporis l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che – nel testo originario – consentiva di dedurre l’insufficienza e la contraddittorieta’ della motivazione;
in relazione, al quarto motivo, per quanto concerne l’applicazione della penale, incomba sull’appaltatore l’onere di fornire la prova che il ritardo nell’ultimazione dei lavori non sia al medesimo imputabile, con conseguente esonero di pagare la relativa penale (Cass. 29/04/1998, n. 4350);
nel caso concreto, per contro, l’impugnata sentenza abbia accertato in fatto – con valutazione incensurabile in questa sede – che il ritardo nella consegna dei progetti delle cabine tecnologiche, da parte dell’Agenzia, non aveva in alcun modo influito sulla protrazione dei tempi di esecuzione dell’opera, posto che l’impresa a tale data (9 maggio 2006) “non aveva affatto ultimato tutti i lavori diversi dalle cabine tecnologiche”, e che i disegni in questione erano stati consegnati comunque due mesi prima del completamento dello scavo, senza il quale la (OMISSIS) s.p.a. non avrebbe neppure potuto iniziare siffatta lavorazione, e la ricorrente non ha fornito neppure in questa sede elementi tali da consentire di ritenere non imputabile alla medesima il ritardo in parola;
quanto alla riduzione della penale, e’ bensi’ vero che il potere del giudice di ridurre l’importo della penale prevista in un contratto, ex articolo 1384 c.c., puo’ essere esercitato d’ufficio, e tuttavia e’ pur sempre necessario che la parte obbligata al pagamento abbia correttamente allegato e provato i fatti dai quali risulti l’eccessivita’ della penale stessa (Cass. 04/10/2013, n. 22747; Cass. 18/11/2010, n. 23273), onere al quale la (OMISSIS) s.p.a. non risulta avere adempiuto, risultando, per converso, dall’impugnata sentenza, che la medesima non aveva neppure contestato “la misura della penale cosi’ come determinata dal D.L.” (p. 53);
pertanto, il mezzo debba essere rigettato;
Considerato che:
con il quinto motivo di ricorso – denunciando la violazione del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, articolo 53, L. 11 febbraio 1994, n. 109, articolo 19, L. 20 marzo 1865, n. 2248, articoli 326 e 329, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la (OMISSIS) s.p.a. si duole del fatto che la Corte territoriale, abbia respinto la domanda dell’impresa in relazione alla riserva n. 28, concernente il dedotto non corretto allibramento dei corrispettivi a seguito della seconda perizia di variante, atteso che – non essendovi stato alcun cambiamento nella realizzazione dei lavori a corpo relativi all’interno della galleria, ma solo in quelli all’esterno – non avrebbe dovuto essere ricomputato il corrispettivo in relazione “alle quantita’ dei lavori non interessati dalle modifiche qualitative e per le quali era fissato un corrispettivo a forfait: ovvero quelli eseguiti all’interno della galleria”;
Ritenuto che:
in tema di appalto di opere pubbliche, nel caso di appalto “a corpo”, nel quale il corrispettivo e’ determinato, per tutte o per talune categorie di lavori, in una somma fissa e invariabile, l’eventuale difformita’ tra il prezzo globale e quello ottenuto applicando i prezzi unitari alle quantita’ previste dal computo metrico non dia luogo ad un errore di calcolo, ai sensi dell’articolo 1430 c.c., ne’ rivesta rilevanza alcuna nell’economia del rapporto, poiche’ cio’ che conta e’ solo il prezzo finale che, quando e’ accettato, e’ vincolante per l’appaltatore, mentre il richiamo ai prezzi unitari e ai calcoli contenuti nel computo metrico ha valore di semplice traccia indicativa delle modalita’ di formazione del prezzo globale, ed e’ destinata a restare fuori dal contenuto del contratto (Cass. 07/06/2012, n. 9246);
Rilevato che:
nel caso di specie, la decisione di appello ha dato atto che, secondo quanto accertato dal c.t.u., “per effetto delle perizie in variante l’importo del compenso a corpo e’ diminuito e non aumentato e che dunque non e’ riconoscibile alcun ulteriore compenso” all’impresa appaltatrice, e che – non avendo, come riconosciuto dalla stessa (OMISSIS), il computo metrico natura di atto negoziale – cio’ che rileva contrattualmente e’ solo il compenso finale globale, non potendosi al suo interno distinguersi “una parte afferente alle opere oggetto di variante ed una parte concernente opere che invece non sono state oggetto di variante”;
peraltro, la istante non ha neppure riprodotto gli articoli 2 e 7 del contratto di appalto, il cui tenore assume essere “in insanabile contrasto” con a determinazione del corrispettivo a corpo operata dalla stazione appaltante, ne’ ha specificamente impugnato la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, secondo cui “anche il presupposto di fatto da cui trae origine la riserva dell’impresa, ossia che le varianti abbiano comportato solo una variazione di opere a corpo esterne, non risulta affatto accertato ne’ provato”;
Ritenuto che:
il motivo debba, di conseguenza, essere rigettato;
Considerato che:
con il sesto motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articoli 128 e 134, Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, articoli 152 e 161 e del Decreto Ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, articolo 10, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la (OMISSIS) s.p.a. si duole del fatto che la Corte d’appello abbia rigettato la domanda dell’impresa relativa alla riserva n. 11, avente ad oggetto il riconoscimento del compenso per l’intero periodo occorso per la esecuzione della “centina puntone”, tenendo conto soltanto di quanto rilevato dal c.t.u. circa la mancata previsione di tale opera nel progetto, senza considerare che la centina puntone era stata inclusa nella perizia di variante e costituiva un elemento strutturale calcolato, rispetto al quale l’appaltatore non aveva alcuna discrezionalita’;
Ritenuto che:
quando nel ricorso per cassazione e’ denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, debba essere dedotto, a pena di inammissibilita’, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimita’ (Cass. 16/01/2007, n. 828; Cass. 15/01/2015, n. 635);
per contro, la istante non abbia in alcun modo evidenziato in qual modo le affermazioni contenute, sul punto, nella sentenza di appello si pongano in contrasto con le diverse norme succitate, essendosi limitata a dedurre che il progetto di variante includeva espressamente tale opera, senza, peraltro, neppure riprodurne i passaggi essenziali, nel rispetto del principio di autosufficienza;
la doglianza non possa, pertanto, trovare accoglimento;
Considerato che:
con il settimo, nono, decimo e dodicesimo motivo – denunciando l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la (OMISSIS) s.p.a. censura l’impugnata sentenza nelle parti in cui – con motivazione del tutto incongrua e contraddittoria – ha respinto: a) la domanda suindicata, relativa alle “centine puntone”; b) la richiesta di rinnovo della c.t.u.; c) la domanda di pagamento dei maggiori oneri sopportati “per l’illegittima protrazione dell’obbligazione contrattuale per il periodo successivo alla data di ultimazione dei lavori prevista contrattualmente” (riserva n. 17); d) la domanda di pagamento dei maggiori oneri sopportati “per la protrazione illegittima dell’obbligazione contrattuale che ha costretto la stessa ad eseguire i lavori in periodo di costi crescenti, secondo gli indici relativi alla lievitazione del costo del lavoro”;
Ritenuto che:
le suesposte censure siano inammissibili, per le ragioni suindicate, non essendo applicabile ratione temporis l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che – nel testo originario – consentiva di dedurre l’insufficienza e la contraddittorieta’ della motivazione;
Considerato che:
con l’ottavo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la istante lamenta che la Corte d’appello sia incorsa nella violazione delle norme suindicate, con conseguente nullita’ dell’impugnata sentenza, per avere ritenuto che l’organico di cui disponeva l’impresa e la consistenza dei mezzi impiegati fossero del tutto inidonei per il compimento di un’opera ingente come quella per cui e’ causa;
Ritenuto che:
la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., sia configurabile soltanto nell’ipotesi in il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma, ovvero abbia erroneamente ritenuto adempiuto detto onere dalla parte sul quale incombe (Cass. 17/06/2013, n. 15107);
inoltre, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., possa porsi solo allorche’ si alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 27/12/2016, n. 27000);
Rilevato che:
nel caso di specie, per contro, la sentenza di seconde cure non ha operato ne’ un’inversione dell’onere della prova, ne’ e’ incorsa in nessun altro modo nella violazione delle disposizioni succitate, non ravvisandosi – a fortiori – alcuna possibile nullita’ della pronuncia, essendosi limitata ad affermare che il fatto che (OMISSIS) “lavorasse sette giorni su sette e 24 ore su 24 (…) non dimostra che la forza lavoro in campo e l’organizzazione della stessa fosse sufficiente per affrontare un’opera come quella per cui e’ causa”, ovverosia semplicemente che la ditta appaltatrice non aveva fornito la prova di essere dotata di uomini e mezzi sufficienti per il compimento dell’opera appaltata;
la censura va, di conseguenza, rigettata;
Considerato che:
con l’undicesimo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la (OMISSIS) s.p.a. lamenta che la Corte d’appello non abbia accolto la domanda di pagamento dei maggiori oneri sopportati “per la protrazione illegittima dell’obbligazione contrattuale che ha costretto la stessa ad eseguire i lavori in periodo di costi crescenti, secondo gli indici relativi alla lievitazione del costo del lavoro”, sul presupposto che si trattasse di domanda di revisione prezzi, laddove l’impresa avrebbe, invece, proposto una domanda di risarcimento danni per inadempimento contrattuale;
il mezzo e’ infondato, avendo la Corte territoriale rilevato che mancava del tutto la prova, da parte dell’appaltatrice, di un danno risarcibile, come del resto evidenziato dalla stessa ricorrente nel ricorso per cassazione, laddove ha trascritto le risultanze della c.t.u. sul punto, secondo cui non poteva riconoscersi alcun pregiudizio all’impresa, essendo risultato lo scostamento dei prezzi in questione di “entita’ trascurabile”;
Ritenuto che:
il ricorso, per tutte le ragioni suesposte, debba essere, pertanto, integralmente rigettato, con condanna della ricorrente soccombente alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore dei controricorrenti, alle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, per ciascuno di essi, in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.