Difatti, per la determinazione giudiziale della misura del corrispettivo, a norma dell’articolo 1657 c.c., e’ necessario che essa sia possibile allo stato degli atti, occorrendo che il giudice disponga di elementi sufficienti per decidere sul quantum spettante all’appaltatore. Il potere di determinare il corrispettivo (se le parti non ne abbiano pattuito la misura, ne’ stabilito il modo per calcolarlo o non abbiano concordato i criteri di determinazione con riferimento a precisi prezzi unitari, ove non possa farsi riferimento alle tariffe esistenti ed agli usi), e’ esercitabile solo ove non siano in discussione gli elementi di fatto indispensabili per la quantificazione o che le parti abbiano assunto a base di calcolo del corrispettivo, atteso che, in caso, e’ necessario darne piena prova nei modi ordinari, non potendosi stabilire il prezzo di attivita’ non adeguatamente specificate ed accertate, ne’ potendosi aggirare l’onere probatorio che grava sulle parti.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23557

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 852/2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza del tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Fasano, n. 229/2012, depositata in data 24.11.2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8.5.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha convenuto in giudizio (OMISSIS) dinanzi al Giudice di pace di Fasano, esponendo di aver realizzato la vari di scavo e il trasporto di materiali di risulta per conto del resistente, per un corrispettivo complessivo di Euro 7463,98, di aver ricevuto acconti di Euro 4906,34 e di vantare un credito residuo di Euro 2551,30.

Ha chiesto la condanna al pagamento del saldo con vittoria di spese processuali.

Il Giudice di pace ha accolto la domanda, ma la pronuncia e’ stata integralmente riformata dal Tribunale di Brindisi, che, in accoglimento dell’appello del (OMISSIS), ha respinto la domanda di pagamento, ritenendo che, sebbene l’appaltatore avesse dedotto che il corrispettivo doveva esser quantificato in base al numero di ore di impiego dei mezzi di scavo e al numero dei viaggi eseguiti per il trasporto in discarica dei materiali di risulta, non fossero stati dimostrati il numero di ore di utilizzo dei mezzi, la distanza percorsa per ciascun trasporto e i prezzi per ciascun viaggio e ciascuna ora di lavoro.

Ha infine ritenuto incontestato che il corrispettivo fosse stato concordato in Euro 5407,30, ma ha concluso che il saldo insoluto di Euro 500,96, non poteva essere riconosciuto poiche’ il ricorrente non aveva proposto appello incidentale.

Per la cassazione di questa sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso in cinque motivi. L’intimato non ha svolto attivita’ difensive.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione degli articoli 1657 e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 113 c.p.c., comma 1 e articolo 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonche’ l’esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la sentenza, pur avendo accertato l’effettuazione dei lavori da parte dell’appaltatore, ha respinto la domanda di pagamento richiedendo al ricorrente la prova delle opere eseguite e dei prezzo pattuito, sebbene il corrispettivo potesse essere quantificato n base agli usi o alle tariffe vigenti anche in assenza di prova dell’accordo sul prezzo, non occorrendo la dimostrazione della quantita’ e della tipologia dei lavori eseguiti. li tribunale non avrebbe, poi, considerato che il convenuto, sin dalla comparsa di costituzione e risposta, aveva sostenuto che il prezzo doveva essere determinato con rinvio ai prezzi mediamente praticati nella zona e non aveva contestato la nota lavori che elencava le opere appaltate con le relative misurazioni, potendosi gia’ sulla base di tali elementi, quantificare il prezzo.

2. Il secondo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 1657 e 2225 c.c. e articolo 12 preleggi, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli articoli 113 e 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 2, n. 4 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza omesso di quantificare il corrispettivo in assenza di un accordo sul prezzo o sulle modalita’ di determinarlo, pur potendo applicare analogicamente l’articolo 2225 c.c., tenendo conto del risultato conseguito e dei lavoro necessario per ottenerlo, avendo, per contro, ritenuto incontestato l’importo dichiarato dal committente, trascurando le altre risultanze di causa.

Il terzo motivo censura la violazione degli articoli 61, 191 e 115 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, degli articoli 1657 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, infine l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non aver il Tribunale omesso di disporre una consulenza tecnica sebbene non occorresse accertare quali opere erano state eseguite ma solo quantificare il prezzo dell’appalto, per cui la c.t.u. non poteva considerarsi meramente esplorativa.

Il quarto motivo censura – letteralmente la violazione dell’articolo 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, articoli 134, 245 e 255 c.p.c., articolo 118 disp. att. c.p.c. e articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza ritenuto che non fossero stati acquisiti elementi indispensabili per la quantificazione del compenso, non avvedendosi che il ricorrente aveva chiesto l’escussione del teste (OMISSIS) che era stato chiamato a deporre proprio sull’effettuazione dei lavori elencati nella nota lavori prodotta in giudizio; che il tribunale avrebbe dovuto procedere all’escussione dei teste allo scopo di provvedere sulla domanda di pagamento.

Il quinto motivo censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 343 e 346 c.p.c.” in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per aver la sentenza erroneamente negato le condanna del committente al pagamento del saldo di Euro 500,96, ritenendo necessaria la proposizione dell’appello incidentale avverso la decisione di primo grado da parte dell’appaltatore.

3. I primi tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente data la loro stretta connessione sono infondati.

Il ricorrente aveva chiesto in primo grado di condannare il committente al pagamento di Euro 7463.18 quale corrispettivo dei lavori appaltati e, a fronte di detta richiesta, il convenuto aveva sostenuto che le parti avevano stabilito che il corrispettivo dovesse essere determinato in base ai prezzi praticati nella zona.

La sentenza, preso atto di tali deduzioni difensive, ha rilevato che il convenuto, nel corso dell’interrogatorio formale, aveva riconosciuto l’effettuazione, ad opera dell’appaltatore, dei lavori di scavo di una cisterna, la realizzazione del tracciato per collegare l’immobile alla rete fognaria, a rimozione di uno strato di roccia per livellare una rampa ed aveva effettuato 130 viaggi con la ruspa e 40 con i camion. Ha pero’ ritenuto, con accertamento in fatto e sulla base di quanto asserito dallo stesso ricorrente, che le parti avessero stabilito che il corrispettivo doveva essere quantificato in base al numero di viaggi e al numero di ore di utilizzo dei mezzi di scavo a prescindere dalla cubatura del materiale escavato; ha percio’ ritenuto che la quantificazione del corrispettivo non fosse possibile mancando la prova della distanza percorsa per giungere dal cantiere al luogo di deposito dei residui delle lavorazioni, del numero di ore di utilizzo dei mezzi di scavo e dei prezzi unitari di ciascun viaggio e per ciascuna ora di lavorazione.

Tale statuizione non e’ incorsa nella denunciata violazione di legge poiche’ il giudice di merito non poteva prescindere dal criterio di quantificazione del corrispettivo concordato dalle parti e, per poterlo applicare, occorreva la prova di quale distanza fosse stata coperta per il trasporto in discarica dei materiali di risulta e quale fosse stato il numero di ore di utilizzo dei mezzi di scavo.

Difatti, per la determinazione giudiziale della misura del corrispettivo, a norma dell’articolo 1657 c.c., e’ necessario che essa sia possibile allo stato degli atti, occorrendo che il giudice disponga di elementi sufficienti per decidere sul quantum spettante all’appaltatore (Cass. 18.12.1970, n. 2713).

Il potere di determinare il corrispettivo (se le parti non ne abbiano pattuito la misura, ne’ stabilito il modo per calcolarlo o non abbiano concordato i criteri di determinazione con riferimento a precisi prezzi unitari, ove non possa farsi riferimento alle tariffe esistenti ed agli usi), e’ esercitabile solo ove non siano in discussione gli elementi di fatto indispensabili per la quantificazione o che le parti abbiano assunto a base di calcolo del corrispettivo, atteso che, in caso, e’ necessario darne piena prova nei modi ordinari, non potendosi stabilire il prezzo di attivita’ non adeguatamente specificate ed accertate, ne’ potendosi aggirare l’onere probatorio che grava sulle parti (Cass. 13.9.2016, n. 17959 s. 29.3.1989, n. Cass. 13.4.1987, n. 3672).

Per altro verso la decisione non e’ censurabile per non aver disposto la c.t.u., poiche’ quest’ultima non e’ qualificabile come mezzo di prova in senso proprio ed e’ sottratta alla disponibilita’ delle parti, essendo affidata all’apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’ (Cass. 13.3.2009, n. 6155). Era infine preclusa la possibilita’ di applicare analogicamente l’articolo 2225 c.c., poiche’ il ricorso all’analogia presuppone una lacuna normativa che non e’ ravvisarle in materia di appalto, in cui la mancata determinazione del compenso e’ espressamente regolata dall’articolo 1657 c.c.

Quanto al fatto che sentenza abbia ritenuto che l’importo di Euro 5407,30 costituisse un “congruo corrispettivo dei lavori complessivamente eseguiti dall’appaltatore”, il tribunale, in mancanza di altri elementi utili per procedere alla quantificazione secondo gli usi e le tariffe esistenti, ha valorizzato il fatto che il fatto che tale somme fosse richiesta dall’appaltatore al termine dei lavori era incontestato e, con apprezzamento in fatto, ne ha tenuto conto per decidere la controversia, facendo applicazione del disposto dell’articolo 1657 c.c. laddove rimette al giudice la quantificazione del corrispettivo sulla base delle acquisizioni processuali.

3. Il quarto motivo e’ infondato.

Il ricorrente lamenta che il giudice di appello non abbia escusso il teste (OMISSIS) la cui deposizione era stata ammessa in primo grado e successivamente revocata “per esigenze di celere trattazione del giudizio”, ma deve considerarsi che dalle circostanze capitolate, trascritte nel ricorso, risulta che la testimonianza era volta a confermare il contenuto della nota lavori prodotta in primo grado, il cui contenuto non e’ stato trascritto nel ricorso, il che preclude lo stesso esame di rilevanza della prova, non potendo questa Corte accedere all’esame diretto degli atti di causa, stante la natura del vizio denunciato.

Difatti, non risulta che la nota lavori contenesse l’indicazione del numero di viaggi e delle ore di impiego dei mezzi meccanici, che il giudice di merito ha ritenuto imprescindibili per quantificare il corrispettivo e percio’ neppure puo’ stabilirsi se la prova era decisiva per superare quelle lacune probatorie che la sentenza ha considerato ostative per l’accoglimento della domanda, per cui la sua mancata ammissione non puo’ integrare la violazione denunciata, configurabile solo rispetto a mezzi istruttori indispensabili per la decisione della causa.

4. Il quinto motivo e’ fondato.

Il giudice di appello ha ritenuto incontestato che il prezzo dell’appalto fosse pari ad Euro 5407,30 ma ha ritenuto che, pur non essendovi prova del pagamento del residuo importo di Euro 500,96, il ricorrente avrebbe dovuto impugnare in via incidentale la sentenza di primo grado.

Il ricorrente era, pero’, risultato totalmente vittorioso in primo grado, avendo ottenuto la condanna al pagamento dell’intero importo richiesto in citazione per cui non era tenuto a proporre l’impugnazione incidentale avverso la sentenza del Giudice di pace. La contestazione circa l’avvenuto pagamento del saldo era stata implicitamente accolta dai giudice di pace ed essa integrava, inoltre, una mera difesa, volta a negare il fatto estintivo (il pagamento) dedotto dal committente, conseguendone che la questione poteva essere devoluta al giudice dell’appello ai sensi dell’articolo 346 c.p.c.

Difatti, solo qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte della parte rimasta vittoriosa quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non’ essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex articolo 345 c.p.c., comma 2, (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’articolo 329 c.p.c., comma 2), ne’ sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, e a fortiori ove detta eccezione sia stata accolta. (v. anche SU n. 11799/2017).

La sentenza e’ quindi incorsa nei vizio denunciato e va, pertanto, cassata. Non essendovi altri accertamenti da effettuare la causa puo’ esser decisa nel merito, con condanna del resistente al pagamento di Euro 500,96, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, e con regolazione delle spese di lite come da dispositivo, con compensazione in misura del 50%, dati l’esito globale della lite e l’accoglimento parziale della domanda di pagamento.

P.Q.M.

rigetta il orlino, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, accoglie il quinto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda proposta dal ricorrente e condanna (OMISSIS) al pagamento di Euro 500,96, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, oltre alla meta’ delle spese di giudizio, che si liquidano per l’intero in Euro 20,00 per esborsi ed Euro 450,00 per compenso per il giudizio di primo grado, in Euro 50,00 per esborsi ed in Euro 500,00 per compenso per il giudizio di appello, in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 800,00 per compenso per il presente giudizio di legittimita’, oltre iva, cna e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 50%, dichiarando compensata la residua frazione.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.