l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte d’Appello Cagliari, Sezione 1 civile Sentenza 27 settembre 2018, n. 820

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

PRIMA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati

Dott.ssa Maria Mura – Presidente

Dott.ssa Donatella Aru – Consigliere

Dott.ssa Emanuela Cugusi – Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 594 del Ruolo generale Affari Contenziosi Civili per l’anno 2015, promossa da:

(…), elettivamente domiciliato in Cagliari presso lo studio dell’avv. Em.Co., che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale resa a margine ricorso introduttivo del primo grado del giudizio;

appellante

contro

(…) S.r.l., in persona del suo legale rappresentante, geom. (…), e (…), elettivamente domiciliati in Cagliari presso lo studio degli avv.ti Ma.Fe. e Si.Mo., che li rappresentano e difendono per procura resa a margine delle rispettive comparse di risposta del giudizio di primo grado;

appellati

IN FATTO E IN DIRITTO

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. (…) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari la (…) s.r.l. e il geometra (…) esponendo di aver conferito alla prima l’incarico di realizzare in appalto la copertura in legno lamellare della sua abitazione in corso di costruzione, lavori la cui direzione era stata affidata al geom. (…); che il corrispettivo era stato stabilito dalle parti secondo preventivo, a corpo, in Euro 38.345,00; che al momento del conferimento dell’incarico il (…) aveva corrisposto, a titolo di acconto sull’intero prezzo, la somma di Euro 26.600,00, mentre il residuo avrebbe dovuto essere versato al compimento dell’opera; che nel corso di un sopralluogo presso la propria abitazione, alla presenza delle controparti, egli aveva immediatamente constatato che l’opera era stata realizzata in difformità rispetto agli elaborati progettuali e che presentava gravi vizi e difetti di costruzione.

Ciò posto, il (…) domandò che fosse accertato l’inadempimento contrattuale dei convenuti per essere stata eseguita l’opera con gravi vizi e difetti costruttivi, quali verificati in sede di accertamento tecnico preventivo e, segnatamente; mancato rispetto della sporgenza della copertura di legno prevista per 30 cm, mancanza del telo antivapore e insufficiente coibentazione; dedusse, inoltre, l’ inadempimento del geometra (…) per aver omesso di vigilare sulla corretta esecuzione dell’opera e sull’utilizzo dei materiali, nonché di riferirgli sull’esecuzione dei lavori.

Il ricorrente chiese, pertanto, la condanna della (…) S.r.l. alla riduzione del prezzo convenuto per l’esecuzione dell’opera ex art. 1668 c.c. e la condanna di entrambi i convenuti, in solido, al risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, commisurato al pagamento della somma necessaria per la rimessione in pristino secondo le regole dell’arte, come da quantificazione effettuata dal consulente incaricato dal giudice nel procedimento per accertamento tecnico preventivo, pari a Euro 25.923,63 oltre iva, per un totale di Euro 31.367,59.

La (…) S.r.l. e il geom. (…) si costituirono in giudizio contestando la fondatezza delle domande e chiedendone il rigetto; domandarono, inoltre, in via riconvenzionale la condanna del (…) al pagamento in favore della Società (…) S.r.l. della somma di Euro 19.614,00, asseritamente ancora dovuta a saldo del corrispettivo.

In particolare, precisarono che la mancanza della barriera a vapore, lamentata dal ricorrente, non poteva essere considerata alla stregua di un inadempimento, in quanto la sua realizzazione non era prevista nel preventivo; che i lavori di coibentazione erano stati in realtà eseguiti correttamente, avendo il consulente tecnico errato nel calcolare il valore di trasmittanza; che, infine, il mancato rispetto della sporgenza del manufatto prevista per 30 cm in realtà era dovuto alla realizzazione da parte del committente di un cappotto sull’esterno della muratura.

La causa, previa acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio espletata in sede di accertamento tecnico preventivo ante causam, istruita ulteriormente con produzioni documentali e CTU, è stata decisa con sentenza del Tribunale di Cagliari n. 838/2015.

Il Tribunale ha accolto la domanda di riduzione del prezzo proposta da (…), riducendo l’importo dovuto dallo stesso alla (…) S.r.l., a titolo di corrispettivo del contratto d’appalto, in Euro 12.845,00 oltre i.v.a. a fronte dell’importo di Euro 38.345,00, originariamente convenuto; ha rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta contro la (…) S.r.l. e (…); ha rigettato la domanda riconvenzionale della (…) S.r.l.; ha condannato la (…) S.r.l. alla rifusione delle spese processuali in favore dell’attore e ha dichiarato le spese del giudizio integralmente compensate tra (…) e (…).

Il primo giudice ha ritenuto provata, attraverso la consulenza tecnica d’ufficio, la sussistenza di gravi vizi dell’opera ai sensi dell’art. 1668 c.c.

Nella specie, dalle risultanze della predetta consulenza, congruamente motivata, era chiaramente emerso che il manufatto realizzato presentava un insufficiente valore di trasmittanza termica periodica prescritto per le nuove costruzioni della stessa tipologia, e che la realizzazione della copertura era avvenuta senza la preventiva posa di una barriera al vapore, come richiesta dalle regole tecniche comunemente applicate e perfino dalla scheda tecnica degli elementi utilizzati, in vista del contenimento del rischio di formazione di condensa.

Ciò posto, il giudice di primo grado, ha rilevato come la responsabilità della (…) S.r.l. non potesse essere esclusa dal semplice fatto che nel preventivo predisposto e sottoposto al committente non era stata prevista la realizzazione della barriera al vapore; l’appaltatore non aveva, infatti, agito come nudus minister ma la sua autonomia nell’esplicare la propria attività comportava una sua diretta responsabilità per i vizi e difetti anche nel caso di affidamento dell’incarico sulla base di un progetto predisposto e di riconducibilità degli stessi vizi e difetti a carenze del progetto medesimo; ha dunque ritenuto congrua una riduzione del corrispettivo dovuto, nella misura corrispondente all’importo di Euro 25.500,00 oltre iva, individuata dal CTU quale costo per la ricostruzione della copertura nel rispetto delle regole dell’arte.

Inoltre, pur ritenuto accertato l’inadempimento del geometra (…) nella sua qualità di direttore dei lavori, ha tuttavia ritenuto di non poter accogliere la domanda risarcitoria nei suoi confronti, in quanto ciò avrebbe comportato “una duplicazione degli effetti della pronuncia costitutiva, mentre l’attore non ha dedotto e comunque dimostrato l’esistenza di ulteriori danni patrimoniali eziologicamente riconducibili agli inadempimenti contrattuali dei convenuti comunque accertati”.

Con atto di citazione tempestivamente notificato, (…) propone appello avverso la predetta sentenza domandone la parziale riforma.

In primo luogo l’appellante censura, per la verità in modo non del tutto perspicuo, la sentenza impugnata nella parte in cui, pur riconoscendo l’inadempimento del geom. (…), non ne ha poi fatto discendere la condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno in solido con la società appaltatrice, sul presupposto che “l’accoglimento della domanda si tradurrebbe in una duplicazione degli effetti della pronuncia costitutiva”.

Ad avviso dell’appellante, infatti, il geom. (…), come riconosciuto nella sentenza impugnata, era direttamente responsabile unitamente alla società appaltatrice, sia come progettista che come direttore dei lavori, della causazione di gravi vizi e difetti riscontrati nella realizzazione della copertura in questione. Ciò posto, chiede la condanna del predetto, in solido con la (…) S.r.l., al pagamento di una somma corrispondente all’ulteriore costo delle opere necessarie per eliminare i vizi e le difformità dell’opera (stimato complessivamente dal CTU in Euro 25.500,00) da quantificarsi, ad avviso dell’appellante, nella somma di Euro 11.945,00 oltre iva; importo che si andrebbe ad aggiungere a quello di Euro 13.555,00 indebitamente incassato dalla (…) S.r.l. e del quale chiede, con il secondo motivo d’appello, la restituzione. Il (…), al riguardo, sostiene di aver versato a titolo di acconto Euro 26.400,00, importo superiore rispetto a quanto effettivamente dovuto in base alla sentenza di primo grado, che aveva ridotto il corrispettivo dell’appalto a Euro 12.845,00, oltre IVA.

Con terzo motivo l’appellante domanda la condanna della (…) S.r.l. e del geom. (…) in solido al risarcimento del danno extracontrattuale, da individuarsi nelle spese ulteriori che l’appellante ha dovuto sopportare a seguito dell’inadempimento contrattuale in questione, con particolare riferimento alle spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, pari a Euro 450,00, e agli oneri della procedura di mediazione espletata, pari a Euro 120,00.

Infine, chiede l’ulteriore condanna delle controparti al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., sostenendo che in più occasioni, all’esito sia dell’accertamento tecnico preventivo che della successiva consulenza d’ufficio svolta nel corso del procedimento di primo grado, il (…) aveva invitato le controparti a trovare una soluzione conciliativa, avendone tuttavia sempre riscontrato la totale indisponibilità.

Gli appellati, costituendosi in giudizio, hanno chiesto il rigetto dell’appello contestandone la fondatezza; hanno, inoltre, proposto appello incidentale censurando la sentenza nella parte in cui ha accolto la domanda attorea di riduzione del prezzo e nella parte in cui non ha accolto la domanda riconvenzionale della (…) S.r.l., volta ad ottenere il pagamento del saldo del corrispettivo pari ad Euro 19.614,00.

L’appello è infondato.

Con riferimento al primo motivo si osserva che la censura proposta dell’appellante risulta del tutto scollegata dall’iter argomentativo posto a fondamento della decisione impugnata.

Invero è del tutto corretta e conforme alla disciplina di legge la decisione del primo giudice che, pur di fronte all’accertato l’inadempimento contrattuale del geom. (…), nei termini ivi descritti, ha ritenuto tuttavia che la tutela azionata ai sensi dell’art. 1668 c.c. trovasse piena realizzazione attraverso il solo accoglimento della domanda di riduzione del prezzo azionata dall’attore nei confronti della società appaltatrice.

Giova, infatti, ricordare che in tema di appalto la citata norma, nell’enunciare il contenuto della garanzia prevista dall’art. 1667 c.c., attribuisce al committente in via alternativa, l’azione per l’eliminazione dei vizi dell’opera a spese dell’appaltatore, o di riduzione del prezzo, ovvero quella di risoluzione del contratto, alle quali si aggiunge l’azione di risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore; quest’ultima riguarda “il ristoro dei pregiudizi patrimoniali non realizzabile tramite l’esperimento dell’azione per la eliminazione dei vizi o di quella di riduzione del prezzo, in quanto concerne la lesione di interessi del committente tutelati dall’ordinamento, quali il danno a persone o a cose derivanti dai vizi o le spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente; pertanto, nell’ambito di tale azione risarcitoria rientrano i danni conseguenti al ridotto godimento dell’immobile di proprietà del committente riconducibili alla necessità di procedere ad interventi finalizzati alla eliminazione dei vizi dell’opera appaltata o ancora quelli relativi al ritardo nell’adempimento, essendo configurabile un pregiudizio derivante al committente dalla eventuale ridotta utilizzazione dell’appartamento conseguente all’ingiustificata protrazione dei lavori da eseguire rispetto ai termini pattuiti” (Cass. civ. n. 25921/2005).

Nella specie, si osserva che il (…) nel domandare la condanna solidale dei convenuti al risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, non ha allegato alcuno dei profili di danno sopra enucleati, ma ha specificamente richiesto a tale titolo la corresponsione della somma necessaria alla rimessione in pristino dell’opera secondo le regole dell’arte.

Deve dunque ritenersi, conformemente a quanto stabilito dal tribunale che la riduzione del prezzo del corrispettivo dell’appalto originariamente pattuito costituisce un congruo ristoro per i vizi e i difetti dell’opera. Non può dunque, come preteso dall’appellante, essere richiesta la riduzione del prezzo statuito nel contratto e, contemporaneamente, anche la realizzazione di quella situazione che sarebbe conseguita all’esatto adempimento del medesimo, determinandosi altrimenti un illegittimo duplice beneficio conseguente dalla restituzione di ciò che si è dato e dal conseguimento dell’utilità che l’adempimento avrebbe determinato (Cfr. Cass. Cass. civ. n. 8889/2011).

Avuto riguardo, invece, alla domanda di restituzione delle somme ricevute dal committente a titolo di anticipazione e indebitamente incassate dalla (…) S.r.l., occorre rilevare che dall’espositiva del ricorso ex art. 702 bis c.p.c. si evince che il (…) aveva chiesto al Tribunale di accertare l’inadempimento contrattuale dei convenuti e, per l’effetto, condannare la società appaltatrice alla riduzione del prezzo convenuto per l’esecuzione dell’opera ex art. 1668, ed entrambi i convenuti, in solido, al risarcimento del danno.

Il (…) non ha, dunque, formulato alcuna domanda di restituzione alla parte di corrispettivo ricevuta senza titolo, non potendosi ipotizzare, tantomeno, che tale domanda sia contenuta nella domanda di riduzione, la quale può essere proposta anche quando il corrispettivo dell’appalto non è ancora stato pagato.

Ciò posto, tale domanda proposta, per la prima volta in sede odierna è, evidentemente, inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c. Peraltro, quand’anche la stessa potesse ritenersi implicitamente proposta nelle memorie autorizzate dell’11.03.2015 (v. pag. 6 e 7 del doc. cit.), come adombrato dall’appellante in sede di memorie conclusionali, essa sarebbe, in ogni caso, tardiva.

Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla domanda di risarcimento del danno extracontrattuale individuate dall’appellante nelle “ulteriori spese sostenute in conseguenza dell’inadempimento contrattuale degli appellati” (quali spese per le consulenze tecniche di parte, oneri della mediazione).

La Corte osserva, infatti, che, a prescindere dalla sua fondatezza o meno, si tratta anche in questo caso di domanda nuova poiché formulata per la prima volta in questa sede; essa sarebbe tardiva, altresì, qualora si potesse ritenere formulata in sede di memorie finali autorizzate dell’11.03.2015.

Quanto, infine, alla domanda diretta al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 comma primo cod. proc. civ., si osserva che ai sensi del citato articolo la responsabilità aggravata può essere riconosciuta solo se espressamente richiesta; inoltre, essa “può essere proposta per la prima volta nella fase di gravame solo con riferimento a comportamenti della controparte posti in atto in tale grado del giudizio” (Cass. civ. sez. III, n. 22226/2014), diversamente si deve considerare soggetta al regime delle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c.

Nella specie, pur riferendosi a fatti risalenti al procedimento di prime cure (mancata partecipazione alla procedura conciliativa espletata all’esito dell’accertamento tecnico preventivo e all’esito della consulenza tecnica d’ufficio svolta in corso di causa), la predetta azione non è stata esercitata in tale giudizio ove l’odierno appellante, nel rassegnare le proprie conclusioni, non ha formulato nessuna domanda in tal senso; del tutto inconferente appare, inoltre, la circostanza dedotta dall’appellante in base alla quale la pronuncia del giudice ex art. c.p.c. sia stata meramente sollecitata, sebbene tardivamente, nelle memorie di replica autorizzate dell’11.03.2015.

Alla stregua di tali osservazioni l’appello deve essere pertanto rigettato.

Passando ora all’esame delle censure proposte dagli appellanti incidentali si osserva che, in primo luogo, questi ultimi sostengono che nessuna responsabilità poteva essere ascritta alla (…) S.r.l., in quanto nel preventivo predisposto e sottoscritto dal committente “non era stata prevista la realizzazione della barriera al vapore per il semplice motivo che il committente non intendeva installarla per risparmiare sul costo dell’opera da realizzare”.

Ad avviso degli appellanti, pertanto, i lavori eseguiti dalla (…) S.r.l. e diretti dal geom. (…) erano stati eseguiti sulla base di un preciso preventivo sottoscritto dalla committenza, il quale non solo sarebbe stato puntualmente rispettato, ma, addirittura, migliorato.

Il motivo non è fondato.

Preliminarmente occorre ribadire che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale correttamente richiamato e applicato dal primo giudice, l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. (Cass. civ. n. 8016/2012).

Nella specie, attraverso la CTU disposta nel giudizio di primo grado è stato accertato che la (…) S.r.l. ha realizzato l’opera per cui è causa nel mancato rispetto delle regole tecniche comunemente applicate.

Al riguardo si osserva che quanto sostenuto dagli appellanti incidentali, circa la volontà del committente di escludere dal contratto di appalto la realizzazione di una barriera a vapore, oltre a costituire una mera allegazione priva alcun riscontro probatorio, non può ritenersi idoneo a dimostrare che l’appaltatore abbia agito quale nudus minister, ovvero che il committente, nonostante le opportune segnalazioni fatte dall’appaltatore circa il proprio dissenso, abbia comunque imposto l’esecuzione dell’opera come preventivata nel progetto.

Alla stregua dei principi esposti, si ritiene dunque che la (…) S.r.l. debba essere ritenuta responsabile per i vizi dell’opera, posto che la prestazione da essa dovuta implicava anche il controllo e la correzione degli eventuali errori nel progetto, oltre il dovere di segnalare tali errori o carenze al committente, condotte nella specie omesse dalla appaltatrice.

Gli appellanti sostengono, inoltre, che il primo giudice abbia errato nel condividere le risultanze della CTU, ritenendola congruamente motivata.

In proposito essi si limitano, tuttavia a riproporre in tale sede le medesime e testuali osservazioni già presentate in sede di CTU, dal consulente tecnico di parte, ing. Daniele Tatti (v. all. 4 alla consulenza tecnica d’ufficio depositata il 20 novembre 2014, fasc. di primo grado); osservazioni che, ad avviso della Corte, sono state puntualmente esaminate e disattese dal primo giudice il quale ha fatto proprie le risultanze della relazione peritale.

Al riguardo si osserva che trattasi di impugnazione proposta sotto la vigenza dell’attuale formulazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., norma che, secondo il più recente orientamento espresso dalle Sezioni Unita deve essere interpretata “nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (…)” ( Cass. Sezz. U.U. n. 27199 del 16 novembre 2017). Il summenzionato articolo “impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata, nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata” (Cass. sez. VI, ord. n. 21336 del 14/09/2017). La Suprema Corte ribadendo un principio giurisprudenziale ormai pienamente consolidatosi, ha richiamato il dovere della parte appellante di porre il giudice superiore nella condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto delle censure proposte dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché siano censurabili.

Nella specie, gli appellanti sostengono che i valori di trasmittanza dedotti nella consulenza tecnica d’ufficio dovevano essere rapportati e confrontati con le indicazioni normative vigenti all’epoca della concessione originaria, ovvero la n. 25 del 2008, essendo la progettazione del fabbricato ascrivibile a tale data, non potendo pertanto applicarsi il D.P.R. n. 59 del 2009 come invece indicato nella relazione peritale.

Dinanzi a tale osservazione, tuttavia, il consulente tecnico d’ufficio ha fornito una congrua motivazione dalla quale il giudice di prime cure non ha inteso discostarsi e che non risulta specificamente censurata dagli odierni appellanti; segnatamente, a pag. 14 della CTU si legge: “come dimostrato dagli atti a disposizione l’edificazione del fabbricato oggetto di accertamento fu assentita per la prima volta in data 23.12.2008, con il rilascio dell’autorizzazione edilizia n. 25/2008 per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione, a fronte del progetto presentato dalla committenza e redatto dal geom. (…). Tale titolo abitativo – come evidentemente richiamato nella nuova autorizzazione edilizia n. 2/2010 del 02/02/2010 richiesta dalla committenza alla data del 26.01.2010 prot. (…) – si intendeva decaduto ai sensi dell’art. 18 del regolamento edilizio comunale richiamato con nota dell’ufficio Tecnico di Furtei Prot. N. (…) del 03.03.2009). Pertanto come evidenziato nel rilascio del nuovo titolo abitativo “la Ditta in epigrafe richiede una nuova concessione edilizia” e versa in data 29.01.2010 gli oneri dovuti per i diritti di istruttoria della nuova pratica edilizia, presentando dei nuovi elaborati progettuali. (…) Ogni copia di elaborato progettuale presente in atti è vidimata dal responsabile del Servizio alla data del rilascio del nuovo titolo abilitativo. Ovvero, sul cartiglio dei nuovi elaborati depositati dalla committenza e vidimati dal progettista dell’opera, per l’ottenimento del nuovo titolo edilizio, non risulta la sovrapposizione di alcun riferimento ad elaborati precedenti ed ascrivibili all’autorizzazione edilizia decaduta n. 25/2008 del 23.12.2008. tantomeno nel nuovo titolo abilitativo si trova alcun riferimento asseverativo ad elaborati depositati precedentemente alla nuove richiesta. (…) Per quanto riportato nella presente relazione, e nella premessa alle osservazioni ricevute, il CTU ritiene che alla data di richiesta della nuova autorizzazione a costruire del 26.01.2010, il D.P.R. n. 59 del 2009 fosse pienamente in vigore. Pertanto ogni verifica nei termini di legge doveva essere rapportata ai limiti ivi disposti….”.

Gli appellanti incidentali deducono, altresì, che la mancata realizzazione della barriera al vapore derivi dal fatto che non essa non fosse inserita nel preventivo approvato dalle parti; inoltre, si limitano ad affermare che le considerazioni del CTU, che si basano sul metodo di verifica della norma, sono del tutto personali e “volte a sindacare la norma ma non ad applicarla”; tali affermazioni non sono, tuttavia, idonee a confutare il corretto iter logico – argomentativo adottato nella relazione peritale e fatto proprio dal giudice di prime cure.

All’interno della predetta relazione, in risposta alle osservazioni del consulente di parte, il CTU ha infatti ribadito quanto già affermato nella scheda tecnica dallo stesso fornita. Nel caso di specie, si era già potuto constatare, infatti, che, “la stratigrafia posta in opera ( …) non risulta corretta, in quanto durante la stagione invernale la membrana accoppiata all’estradosso del coibente potrebbe ostacolare significativamente la fuoriuscita di condense, mentre ne favorirebbe la diffusione verso il lato interno dell’ambiente residenziale durante il periodo estivo. Affidandosi alle regole di una corretta progettazione, sarebbe stato necessario proprio per il tipo di isolante prescelto, l’inserimento di una barriera al vapore all’estradosso dell’assito in legno(…). Tale condizione di posa è peraltro richiesta anche nella relativa scheda tecnica dell’elemento isolante, a prescindere dall’elemento di supporto su cui si va a poggiare il pannello. Per tale motivo, si cita anche la norma UNI 8627, che per la realizzazione delle coperture discontinue con elemento termoisolante, considera nello schema funzionale della copertura a falda senza strato di ventilazione ( o con strato di micro – ventilazione), fondamentale nella stratificazione del pacchetto della copertura, l’inserimento di uno strato di schermo vapore/barriera al vapore all’estradosso dell’elemento strutturale di supporto, ovvero in corrispondenza dell’intradosso dell’elemento termoisolante” (v. pagg. 10-11 della CTU, cit.).

Ha inoltre aggiunto, in risposta alle questioni sollevate dal CTP, che “tale modalità di posa può anche semplicemente verificata attraverso l’utilizzo dei programmi strutturati per la progettazione ed esecuzione delle coperture continue a tetto, (…) e (…), forniti gratuitamente dalla ditta (…) spa, produttrice del coibente e delle guaine utilizzate nella realizzazione del pacchetto di copertura in oggetto(…) in particolare tale accorgimento è sempre richiesto nella realizzazione di una stratigrafia di un tetto caldo su assito in legno con coibente in polimeri” ( v. pag. 17 doc. cit.)

Avuto riguardo, infine, al calcolo del deprezzamento del valore dell’opera rispetto a quello indicato nel preventivo, gli appellanti lamentano che il CTU abbia confuso il deprezzamento dell’opera col valore di ricostruzione, con materiali e tecnologie differenti rispetto a quelle che il committente ha chiesto in sede di preventivo.

Tuttavia, anche in questo caso la censura è generica e prescinde totalmente dalle risultanze peritali, congruamente motivate e richiamate nella sentenza impugnata, in base alle quali: “il ridotto valore dell’opera è stimato con il criterio del valore del costo di ricostruzione delle opere idonee a riportare il bene ad uno stato ordinario di fruizione. Ovvero valutando la realizzazione di una copertura a norma, secondo le prescrizioni sopra citate, vigenti all’epoca di ottenimento del permesso di costruire n. 02 del 02.02.2010. Considerando il bene non ancora utilizzabile, poiché in costruzione, non è applicato alcun deprezzamento dovuto ad una mancata produttività dello stesso, in conseguenza del danno cagionato” (v. pag. 12 doc. ult. cit.). Tale criterio, “tiene conto del solo tetto caldo, ed è quello ritenuto più idoneo al deprezzamento proporzionale dell’opera. (…) il deprezzamento dell’opera si basa, come chiaramente evincibile dal computo metrico allegato, sulla ricostruzione della porzione di tetto con l’utilizzo dei medesimi materiali e tipologie costruttive dei lavori già realizzati, ed in talune lavorazioni(…) si prevede addirittura il recupero del 90% dei materiali già utilizzati, non deprezzando la fornitura di essi” (v. pag. 18 doc. ult. cit.)

Ciò posto, ad avviso della Corte, le esposte censure devono ritenersi inammissibili.

Con secondo motivo gli appellanti incidentali chiedono che il (…) sia condannato al pagamento in proprio favore della somma di Euro 19.614 dovuta a saldo del corrispettivo dell’appalto, posto che a fronte di un preventivo di spesa pattuito pari a Euro 38.345,00 più IVA, l’appellante ha corrisposto un acconto di Euro 26.400,00. Inoltre, chiedono l’integrale restituzione della somma di Euro 18.153,50 corrisposta a favore dell’appellante a titolo di spese processuali del giudizio di primo grado.

Il motivo è infondato.

Le ragioni fin qui esposte comportano il rigetto di tale domanda, stante l’accertata responsabilità della società appaltatrice ed essendo incontestato il pagamento da parte del committente di somme superiori rispetto a quanto è risultato dovuto.

Alla stregua di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere pertanto integralmente confermata.

Stante la reciproca soccombenza, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., le spese del presente grado di giudizio devono essere compensate.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte d’appello, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, definitivamente decidendo, così provvede:

1. rigetta l’appello proposto da (…) avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 839/2015, pubblicata l’11.03.2015;

2. rigetta l’appello incidentale proposto avverso il detto provvedimento da (…) S.r.l. e (…) e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

3. Compensa integralmente le spese processuali.

4. Dichiara che sussistono i presupposti richiesti dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 30 maggio 2002 comportanti l’obbligo del versamento da parte dell’appellante e degli appellanti incidentali dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello versato.

Così deciso in Cagliari il 13 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 27 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.