una volta risolto il contratto, non vengono piu’ in rilevo le inadempienze delle parti rispetto ad obblighi nascenti da un contratto ormai piu’ non esistente, ma il danno emergente ed il lucro cessante dovuti all’inadempimento della stazione appaltante devono esser dedotti e dimostrati secondo le regole ordinarie, senza che sia, in particolare, possibile trasformare tout court in poste risarcitorie le inadempienze dedotte con le riserve.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con partilare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 6 febbraio 2018, n. 2806
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15236/2012 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 693/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/09/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto che Codesta Suprema Corte voglia rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 13 dicembre 1993, la (OMISSIS) s.a.s. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma la S.p.A. (OMISSIS) (ora (OMISSIS) S.p.A.),chiedendo che fosse dichiarato risolto per inadempimento della convenuta, che aveva disposto la sospensione dei lavori per 1087 giorni, il contratto di appalto stipulato da (OMISSIS) e nel quale essa attrice era subentrata, avente ad oggetto la realizzazione di lavori di manutenzione di alcune linee ferroviarie, con conseguente condanna al risarcimento dei danni. Stabilitosi il contraddittorio e prestata adesione all’eccezione d’incompetenza per territorio del giudice adito, la causa veniva riassunta innanzi al Tribunale di Napoli, davanti al quale la committente eccepiva l’improcedibilita’ e l’infondatezza della domanda e la decadenza dell’attrice dal diritto ex articoli 41 e 42 del capitolato di appalto, proponendo altresi’ domanda riconvenzionale. Con sentenza non definitiva del 9 novembre 1999, il Tribunale di Napoli rigettate le eccezioni preliminari, dichiarava la responsabilita’ della convenuta per l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ma la decisione veniva riformata dalla Corte d’Appello di Napoli, che, con sentenza del 6 maggio 2002 dichiarava la decadenza della (OMISSIS) dalla pretesa risarcitoria per i danni collegati alle sospensioni dei lavori e conseguentemente rigettava la domanda di risoluzione del contratto. In parziale accoglimento del terzo motivo di ricorso della (OMISSIS), questa Corte, con sentenza n. 388 del 2006, cassava con rinvio la decisione d’appello, da una parte, ribadendo il principio secondo cui la risoluzione del contratto d’appalto d’opera pubblica e’ ammissibile, qualora sussistano fatti di inadempimento, comportamenti illegittimi e colposi della p.a. – tali non potendo configurarsi le sospensioni legittimamente disposte – senza che il potere dell’appaltatore di dedurre il grave inadempimento del committente sia condizionato da adempimenti formali riconducibili al genus della riserva, che riflette solo e sempre i maggiori costi che il committente potrebbe sopportare a seguito dell’esecuzione dell’opera e non anche la sorte del contratto, la nullita’ o la risoluzione medesimo e, dall’altra, aggiungendo che la mancata contestazione dei presupposti giustificativi del provvedimento di sospensione nel verbale che la dispone o in quello di ripresa, a seconda del carattere originario o sopravvenuto delle ragioni di illegittimita’ e del tempo in cui l’appaltatore ha potuto averne consapevolezza, se non comporta la decadenza dall’azione puo’ rilevare allo scopo di valutare se la sospensione debba ritenersi o meno legittima, nella specie, alla stregua dei presupposti di cui al Decreto Ministeriale n. 687 del 1981, articolo 29 e, quindi, il difetto di contestazione puo’ assumere rilevanza allo scopo di accertare l’esistenza di un inadempimento della committente.
Con la sentenza n. 639 del 27.2.2012, la Corte napoletana ha accolto la domanda di risoluzione del contratto ritenendo sussistere la gravita’ dell’inadempimento della (OMISSIS) S.p.A., che ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, ai quali la (OMISSIS) ha resistito con controricorso. Il PG ha depositato conclusioni scritte e le parti memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con i tre motivi del proposto ricorso, la ricorrente deduce rispettivamente: 1) la violazione e falsa applicazione degli articoli 29 e 5 del Capitolato generale delle (OMISSIS) approvato con Decreto Ministeriale n. 687 del 1981, nonche’ vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale considerato legittime le disposte sospensioni dei lavori ed infondate le pretese avversarie; 2) la violazione e falsa applicazione dei principi di diritto posti in seno alla sentenza di questa Corte n. 388 del 2006, che aveva disposto il rinvio, dell’art 115 c.p.c., “in ordine all’accertamento delle sospensioni da ritenere illecito inadempimento”, oltre che vizio di motivazione; 3) la violazione e falsa applicazione degli articoli 1453-1455 c.c. e articolo 115 c.p.c., “in ordine all’accertamento delle sospensioni da ritenere illecito inadempimento sotto il profilo della valutazione del comportamento delle parti e della natura e della esecuzione del contratto 567”, nonche’ vizio di motivazione, e violazione e falsa applicazione dell’articolo 1181 c.c.. 2. Con essi, la ricorrente lamenta, in sintesi, che i giudici a quo: a) non hanno tenuto conto della portata e dell’oggetto del contratto, la cui esecuzione era per sua natura notevolmente frazionata nel tempo e soggetta ad interruzioni che non davano diritto ad alcun compenso, tanto che erano stati pattuiti 1250 giorni per lavori che avrebbero potuto essere realizzati in appena 200 giorni consecutivi; b) non hanno considerato che tutte e tre le disposte sospensioni erano legittime, e tale era pure quella di cui al verbale del 7.3.1992, unica da loro apprezzata in modo del tutto erroneo sia nel ritenere che la stessa, originariamente legittima, fosse divenuta illegittima dopo il periodo di 30 giorni, sia nel valutarne la portata temporale, non rispondendo al vero che la sospensione si fosse protratta fino al 13.12.1993, per avere essa committente convocato invano (OMISSIS) il 6.7.1993 ed averla invitata il successivo giorno 15, senza che l’appaltatrice riprendesse i lavori sulla scorta di argomentazioni pretestuose, erroneamente ritenute giustificabili in considerazione di una supposta, ma inesistente, antieconomicita’ della ripresa dei lavori per un solo tratto ed in violazione del principio di buona fede; c) hanno errato nel non valutare la mancanza di constestazioni ex adverso in merito alle disposte sospensioni prima della notifica della citazione introduttiva, come invece imponeva la sentenza rescindente, e nel non considerare la mancata iscrizione di riserve ne’ nei verbali di sospensione dei lavori ne’ in quelli di ripresa; d) hanno errato nel ritenere di non scarsa importanza l’inadempimento in riferimento alle caratteristiche del contratto, ed alla gia’ avvenuta esecuzione di gran parte delle prestazioni, sicche’ la sospensione dei lavori non aveva alterato il sinallagma contrattuale, non avendo integrato dal punto di vista oggettivo un grave inadempimento e dal punto di vista soggettivo non avendo provocato, per svariati mesi, alcuna reazione da parte dell’appaltatrice; e) non hanno erroneamente considerato il numero e la tipologia dei macchinari effettivamente impiegati nel cantiere, utilizzati anche in cantieri diversi e comunque presi a nolo, ne’ rilevato che la (OMISSIS) non aveva provato la consistenza delle maestranze impiegate, essendo suo onere quello di dimostrare il danno.
3. I motivi, da valutarsi congiuntamente, sono in parte inammissibili ed in parte infondati. 4. Occorre premettere che le statuizioni rese in seno alla sentenza di cassazione operano non in via astratta ma agli effetti della decisione finale della causa, e che esse sono vincolanti, non solo, per il giudice di rinvio (innanzi al quale e’ preclusa ex art 394 c.p.c., la formulazione di nuove conclusioni, salvo che la necessita’ sorga dalla stessa sentenza di cassazione) ma anche per questa stessa Corte, quando, come nella specie, venga nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di rinvio. Nella specie, in base al principio di diritto posto in seno alla sentenza rescindente, e riassunto in narrativa, ogni qualvolta si faccia questione di invalidita’ del contratto e dei modi della sua estinzione, quale e’ appunto la risoluzione per inadempimento, le pretese derivanti dall’inadempimento della stazione appaltante non incontrano remore procedimentali nell’inosservanza dell’onere di tempestiva iscrizione, ma seguono i principi generali di cui agli articoli 1453 e 1458 c.c., ed, al riguardo, il contegno della parte adempiente che non contesti la legittimita’ della sospensione dei lavori nel verbale che la dispone o in quello di ripresa, a seconda del carattere originario o sopravvenuto delle ragioni di illegittimita’ e del tempo in cui l’appaltatore ha potuto averne consapevolezza, costituisce un indicatore della scarsa importanza dell’inadempimento, che il giudice del merito, cui e’ demandato il relativo apprezzamento, puo’ porre a base del suo convincimento, ad un esame complessivo di tutte le circostanze, oggettive e soggettive.
5. In esecuzione dell’indagine che le era stata demandata la Corte territoriale ha, anzitutto, ritenuto illegittimo, al lume del disposto del Decreto Ministeriale n. 687 del 1981, articolo 29, il perdurare della sospensione disposta l’8.3.1992 a decorrere dalla data in cui ha affermato esser cessate le ragioni che inizialmente la avevano sorretta (maggiore traffico ferroviario dovuto alla competizione elettorale del 1992 – 5 e 6 aprile – ed al periodo pasquale – Pasqua caduta il 19 aprile) fino alla data della proposizione della domanda del 13.12.1993; ha, al riguardo, escluso che sia stata validamente ordinata dalla stazione appaltante la ripresa dei lavori per il giorno 14 luglio 1993, per essere la raccomandata, che conteneva il relativo ordine, stata inviata il giorno successivo e ricevuta il 17 luglio, ha quindi dato conto del silenzio mantenuto dalla committente alla richiesta di fissazione di un’ulteriore data, aggiungendo, ad abundantiam, che l’eventuale inottemperanza a detto ordine sarebbe stata sorretta dall’inadempimento delle Ferrovie, che aveva disposto la ripresa per lavori significativamente inferiori rispetto a quelli oggetto del contratto; ha, infine, affermato che tale illegittimo protrarsi della sospensione per circa 20 mesi costituiva, per la sua lunga durata, un inadempimento di non scarsa importanza, considerate pure le “reazioni” poste in essere dall’appaltatrice, che aveva inviato numerose raccomandate alla stazione appaltante, volte a sollecitare la ripresa dei lavori.
6. Ora, nonostante siano state formalmente svolte censure di violazioni di legge, risultano in realta’ formulati, solo, vizi motivazionali, in quanto le dedotte violazioni di legge deriverebbero non gia’ dall’erronea ricostruzione della portata precettiva delle disposizioni asseritamente violate e neppure dall’erronea applicazione di norme che non dovevano essere applicate, o, viceversa, dalla mancata applicazione di disposizioni che avrebbero dovuto regolare il caso, ma sarebbero conseguenti all’erronea ricognizione delle risultanze di causa, id est dalla ricostruzione dei fatti, riferiti, appunto alla legittimita’ della sospensione in relazione alle sue cause, alla durata del relativo periodo, all’apprezzamento della sussistenza dell’inadempienza della committente ed della gravita’ di tale inadempimento, ai fini della declaratoria di risoluzione. Ed, a tale stregua, i motivi oltre a presentare profili di novita’, laddove iteratamente sottolineano la questione, mai considerata in precedenza, della modalita’ frazionata dell’appalto (argomento che peraltro proverebbe troppo, in quanto tale natura risulterebbe gia’ considerata nella durata del contratto, pari, come riporta la ricorrente a 1250 giorni a fronte di opere che, come la stessa riferisce, avrebbero potuto esser eseguite in soli 200 giorni), ed, in parte, ad incentrarsi su elementi estranei alla ratio decidendi (in riferimento alla precedenti sospensioni che non sono state considerate dalla Corte del merito ed all’argomento svolto ad abundantiam relativo all’antieconomicita’ della ripresa di parte dei lavori), muovono da dati fattuali – durata inferiore della sospensione ed inesistenza di constestazioni ex adverso – diversi rispetto a quelli accertati dal giudice del merito, tendendo, in conclusione, ad una diversa valutazione dei predetti dati ai fini della valutazione dell’importanza dell’inadempimento e della declaratoria di risoluzione, compito che tuttavia e’ rimesso in via esclusiva al giudice del merito, e’ del tutto estraneo al presente giudizio di legittimita’ ed e’ insindacabile in questa sede quando, ed il caso ricorre nella specie, l’accertamento sia sorretto da argomenti logici ed adeguatamente motivati, alla stregua del disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis.
7. Le questioni relative al danno patito dall’appaltatrice sono, infine, del tutto fuori tema nell’ambito del presente giudizio – in cui si discute della sola statuizione risolutoria – e, dunque, correttamente non valutate dalla Corte territoriale, apparendo solo il caso di precisare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, una volta risolto il contratto, non vengono piu’ in rilevo le inadempienze delle parti rispetto ad obblighi nascenti da un contratto ormai piu’ non esistente, ma il danno emergente ed il lucro cessante dovuti all’inadempimento della stazione appaltante devono esser dedotti e dimostrati secondo le regole ordinarie, senza che sia, in particolare, possibile trasformare tout court in poste risarcitorie le inadempienze dedotte con le riserve (cfr. Cass. n. 22277 del 2016).
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre a spese generali e ad accessori come per legge.