l’art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo. L’ambito della responsabilità, posta dall’art. 1669 a carico dell’appaltatore, in mancanza di limitazioni legali, deve ritenersi coincidere con quello generale della responsabilità extracontrattuale e, come tale, include tutte le spese necessarie per eliminare, definitivamente e radicalmente, i difetti medesimi, anche mediante la realizzazione di opere diverse e più onerose di quelle originariamente progettate nel capitolato d’appalto, purché utili a che l’opera possa fornire la normale utilità propria della sua destinazione.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Tribunale Pescara, civile Sentenza 3 gennaio 2019, n. 4

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI PESCARA

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Grazia Roscigno ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1619/2011 promossa da:

Ma. S.r.l. (…), con il patrocinio e dell’avv. RO.CA. e dell’avv. RI.ET.

ATTORE/I

contro

MA. S.r.l. (…), con il patrocinio dell’avv. DI.VI. (…), con il patrocinio dell’avv. LA.LU.

CONVENUTO/I

VI. S.p.A. (…), con il patrocinio dell’avv. CI.PI. e dell’avv. PE.FE. SOCIETA’ L’IDRAULICA DI LO.LU. (…) (già L’I., Lo.Su. e Sp.Cl. s.n.c.), con il patrocinio dell’avv. DI.PA.

TERZI CHIAMATI

Oggetto: Contratto di appalto.

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 18-22 marzo 2011, Ma. S.r.l., nella qualità di committente delle opere di risanamento e ristrutturazione edilizia della propria unità immobiliare sita in Pescara alla via (…), ha evocato in giudizio Ma. s.r.l. e Gi.Ba., nelle loro rispettive qualità di appaltatrice e direttore dei lavori per ottenerne la condanna al risarcimento del danni causati dagli affioramenti idrici emersi dalla pavimentazione del locale seminterrato, – quantificati in Euro 108.683,35 – da loro causati nell’esecuzione dei lavori commessi, oltre al rimborso della spese sostenute nell’ambito del procedimento per a.t.p. r.g. n. 4502/09.

1.1. Ma. S.r.l., costituitasi tempestivamente in data 5 luglio 2011, ha preliminarmente chiesto e ottenuto di essere autorizzata alla chiamata in causa della Vi. S.p.A. e L’I.Lo., Lo.Su. e Sp.Cl. S.n.c., fusa nella Società Id. S.r.l., la quale, a sua volta, ha chiesto e ottenuto di essere autorizzata alla chiamata in causa della propria compagnia di assicurazione, anch’essa Vi. S.p.A.

1.2. La Compagnia di assicurazione ha resistito alle due chiamate in causa a mezzo di due distinti atti di costituzione.

1.3. Si è tardivamente costituito in prima udienza l’altro convenuto, Giuseppe Ba..

1.4. La causa è stata istruita a mezzo di c.t.u., disposta in quanto la prematura morte del c.t.u. nominato nel procedimento per a.t.p. aveva impedito di richiedere approfondimenti circa le osservazioni formulate dalle parti, e di prove orali.

2. La parte attorea ha dedotto:

2.1. di aver conferito all’arch. Gi.Ba. in data 5/5/2005 incarico di progettazione e direzione dei lavori di ristrutturazione dell’unità immobiliare sita in Pescara, alla via (…) e stipulato in data 12/9/2005 contratto di appalto dei medesimi con la Ma. S.r.l.;

2.2. di aver richiesto al d.l., in seguito all’ultimazione dei lavori, con lettera raccomandata del 22/4/2009, il rilascio del certificato di collaudo, contestualmente contestandogli la presenza di infiltrazioni d’acqua nel locale seminterrato, destinato a sala espositiva dell’attività della Ma. S.r.l.;

2.3. che con diffida formale del 15 – 19/5/09 il d.l. e l’appaltatrice furono sollecitata ad eseguire il collaudo delle opere e nel corso delle operazione di verifica delle stesse, alla presenza del professionista di fiducia della committente, ing. La., constatarono la presenza di infiltrazione nel locale seminterrato;

2.4. di aver conferito incarico di indagare le cause delle infiltrazioni all’ing. La., il quale accertava la presenza di acqua all’interno delle tubature corrugate contenenti cavi elettrici e dell’impianto di riscaldamento post sotto la pavimentazione;

2.5. di avere, quindi, promosso ricorso per a.t.p. ex art. 696 c.p.c. nei confronti del d.l. e dell’appaltatrice, all’esito della quale il c.t.u. aveva accertato che la causa dei danni era ascrivibile all’errato posizionamento da parte della Ma. s.r.l. del pluviale del discendente esterno.

2.6. Ha quindi rassegnato le conclusioni così come riportate in premessa.

3. La Ma. s.r.l. ha eccepito:

3.1. che i ritardi nell’esecuzione delle opere erano da ascriversi esclusivamente alla committente, si era ingerita nell’esecuzione delle opere;

3.2. la decadenza e la prescrizione ex art. 1667 cod. civ. del diritto del committente alla garanzia azionata, visto che l’immissione in possesso dell’immobile era avvenuta in data 11.09.2007 e il successivo 9.01.2008 il d.l. aveva redatto, in seguito ai sopralluoghi del 16 e 23/12/2007, certificato di ultimazione dei lavori, per cui la denuncia dei vizi in data 11 giugno del 2009 era tardiva, considerando inoltre che già nel ricorso per a.t.p., depositato in data 28.07.2009, era stata individuata la causa delle infiltrazione nel cattivo posizionamento del pluviale discendente;

3.3. che la causa il pluviale, la cui errata installazione era dal c.t.u. in sede di a.t.p. confermata essere e causa delle infiltrazioni nel piano seminterrato era stato posizionato da L’Id. S.n.c., impresa direttamente incaricata dalla committente e dal d.l. dopo la conclusione dei lavori, a causa della mancata progettazione.

3.4. Ha quindi rassegnato le conclusioni come in premessa.

4. Gi.Ba. ha eccepito:

4.1. la decadenza e la prescrizione dalla garanzia ex art. 1667 cod. civ.;

4.2. Di aver avuto contezza delle infiltrazioni lamentate dalla committente solo con la notifica del ricorso per a.t.p.;

4.3. Di avere depositato in data 30.09.2008 presso il Comune di Pescara (Area Urbanistica – settore edilizia privata) certificato finale di esecuzione delle opere sottoscritto da Pe. e It.Ma., legali rappresentanti della società attorea, ciò a smentire l’inadempimento imputatogli;

4.4. Che il c.t.u. all’esito dell’a.t.p. aveva riconosciuto la responsabilità dell’appaltatrice e, comunque, la incompletezza della relazione del consulente nell’ambito dell’a.t.p., giacché il decesso dello stesso gli aveva impediti di rispondere alla osservazioni delle parti.

5. Ha rassegnato le conclusioni così come riportate in premessa.

6. Id. S.r.l. (già Id. s.n.c.) ha eccepito:

6.1. la decadenza e la prescrizione ex art. 1667 cod. civ. del diritto del committente alla garanzia azionata, essendo essa parte rimasta estranea al procedimento per a.t.p., che di conseguenza non le è opponibile.

6.2. Ha rassegnato le conclusioni come in premessa.

7. Vi. S.p.A. (chiamata da Ma. s.r.l. e da Id. s.r.l.)ha aderito alle difese della proprie assicurata eccependo, in subordine: l’esclusione della garanzia per i danni provocati alle cose sulle quali si eseguono i lavori e comunque dopo l’esecuzione di essi e, rispetto alla Ma. eccepito la violazione dell’art. 1913 cod. civ.

MOTIVI DELLA DECISIONE

8. Qualificazione giuridica dei fatti.

8.1. Si osserva in diritto che

“in materia di appalto, dedotta la situazione di fatto che giustifica la garanzia attribuita dalla legge, l’individuazione del fondamento normativo che la sorregge attiene ad una questione di qualificazione giuridica in relazione alla quale non e configurabile il vizio di extrapetizione.

Quando il giudice si limiti a dare al rapporto una più esatta impostazione giuridica, ovvero a sostituire al titolo enunciato un titolo diverso e più appropriato, non è ravvisabile una pronuncia oltre i limiti della domanda o delle eccezioni, ovvero su questioni non rilevabili di ufficio”” (Cass. sez. 3, Sentenza n. 3550 del 28/10/1969, in questo senso vedi anche Cass. sez. 2, Sentenza n. 12048 del 2010).

8.2. Le Sezioni Unite, componendo il relativo contrasto, hanno inoltre stabilito che l’art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo (Cass. S.U. 7756/2017), come nel caso di specie.

8.3. L’ambito della responsabilità, posta dall’art. 1669 a carico dell’appaltatore, in mancanza di limitazioni legali, deve ritenersi coincidere con quello generale della responsabilità extracontrattuale e, come tale, include tutte le spese necessarie per eliminare, definitivamente e radicalmente, i difetti medesimi, anche mediante la realizzazione di opere diverse e più onerose di quelle originariamente progettate nel capitolato d’appalto, purché utili a che l’opera possa fornire la normale utilità propria della sua destinazione (Cass. n. 18522/2016; Cass. n. 4319/2016).

8.4. Dunque la collocazione del vizio dedotto dalla parte attorea nell’ambito della garanzia per difformità e vizi disciplinata dall’art. 1667 e ss. cod. civ. o in quella per rovina e difetti di cose immobili di cui all’art. 1669 cod. civ. attiene all’attività di qualificazione giuridica del fatto e, quindi, è estraneo al principio della domanda, con la conseguenza che l’invocazione da parte dell’attrice in sede di comparsa conclusionale dell’art. 1669 cod. civ. non può considerarsi una nuova e quindi tardiva, giacché sottratta al sistema delle preclusioni.

8.5. I gravi difetti della costruzione previsti dall’art. 1669 cod. civ. sono configurabili anche in riferimento ad una parte limitata dell’edificio, ricorrente nella controversia in oggetto, interessando le infiltrazioni solo il locale seminterrato dell’unità immobiliare.

Ciò a condizione che incidano in maniera rilevante sulla funzionalità della parte stessa, e comportino, come ulteriore conseguenza, un’apprezzabile menomazione dell’edificio o di una sua frazione, indipendentemente dall’entità della somma di denaro occorrente per la loro eliminazione (Cfr. Cass. 6 febbraio 1998, n. 1203).

8.6. Riguardo alla natura e all’entità del vizio, le verifiche effettuate dal c.t.u. in sede di a.t.p. hanno messo in evidenza la presenza di acqua affiorante sul pavimento del piano seminterrato in corrispondenza dell’ingresso, su entrambi i lati.

Le cause della presenza di acqua affiorata al di sotto del massello del pavimento nei locali seminterrati esaminati sono state individuate dal c.t.u. nell’ambito dell’a.t.p. e confermate anche dal c.t.u. nominato nel presente giudizio, “nella perdita di acqua del tubo discendente pluviale esterno situato a sinistra dell”ingresso al seminterrato ed esterno ad esso”, con la conseguenza che il responsabile è da individuarsi nel soggetto “che ha posizionato il canale di gronda in parola, peraltro senza realizzare un pozzetto d’ispezione.

Va inoltre aggiunto che la perdita di acqua è sicuramente aggravata dalla presenza del tubo di irrigazione del giardino esterno, inopportunamente posizionato all’interno del canale di gronda discendente. nel cattivo posizionamento del pluviale discendente esterno e nella mancata realizzazione di un pozzetto d’ispezione”.

Il c.t.u. nominato nel presente giudizio ha individuato quale causa delle infiltrazioni e dei conseguenti danni anche la mancata realizzazione a regola d’arte della vasca di impermeabilizzazione del piano seminterrato in cemento osmotico, nella zona prospicente “perché se così non fosse, nonostante la perdita del discendente, l’acqua non sarebbe dovuta infiltrarsi all’interno dell’immobile” (v. pag. 4 relazione peritale).

8.7. Ciò, invero, si evince anche dagli accertamenti compiuti in sede di a.t.p., in quanto nel corso del quinto accesso ai luoghi, quando è stata eseguita la prova di allagamento del pluviale discendente esterno sinistro, l’ing. Canonico ha dato atto che “dell’acqua sotto forma di gocce si infiltrava attraverso il muro sottostante la soglia d’ingresso” e che ciò era “segno che l’acqua permeava all’interno dei locali provenendo dall’esterno”. Inoltre il fatto che anche il primo c.t.u. in sede di a.t.p. avesse previsto, nel determinare i lavori da eseguire per eliminare al causa dei danni, la “fornitura e posa in opera di

guaina impermeabilizzante armato all’interno con supporto in fibre di poliestere e preparazione della superficie da impermeabilizzare più impermeabilizzazione delle pareti” (pag. 15 relazione a.t.p.) è indicativo della sussistenza della non corretta impermeabilizzazione della vasca.

8.8. In riferimento all’entità dei danni, il c.t.u. in sede di a.t.p., e quello nominato nel presente procedimento che ha aderito alle conclusioni del primo, ha accertato che le “infiltrazioni che hanno pervaso tutta la zona sotto pavimento contenente l’impianto termico” lo hanno “reso inutilizzabile” così come “tutte le tubazioni che passano nella zona dove è contenuto l’impianto termico stesso si trovano immerse nell’acqua, comprese le tubazioni corrugate dell’impianto elettrico le quali hanno assorbito acqua anche internamente non essendo a tenuta stagna” con conseguente compromissione anche dell’impianto elettrico.

8.9. Tutto quanto detto consente di qualificare come gravi i difetti riscontrati nell’immobile, vista la loro sicura idoneità a compromettere il godimento del bene (v. da ultimo Cass. sez. 2-, Ordinanza n. 24230 del 04/10/2018 e prima Cass. sez. 2, Sentenza n. 21351 del 04/11/2005).

9. La sussunzione dei fatti allegati d al ricorrente nell’alveo della disciplina dettata dall’art. 1669 cod. civ. non impedisce l’esame delle eccezioni di decadenza e prescrizione formulate ai sensi delle norma citata invece che a quelli dell’art. 1667 cod. civ., ciò sulla base del consolidato principio per cui

“In tema di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato dall’ordinamento, mentre la determinazione della durata di questa configura una “quaestio iuris” sulla identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale applicabile, che, previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione, compete al giudice con la conseguenza che non incorre in preclusioni la parte che, proposta originariamente una prescrizione quinquennale (nella specie, in materia di diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione di direttiva comunitaria a favore dei medici specializzandi), invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa” (Cass. sez. 6 – 3, Sentenza n. 1064 del 20/01/2014, conf. Cass. sez. 1, Sentenza n. 15337 del 25/07/2016).

9.1. Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità dell’eccezione di decadenza e di prescrizione avanzata da Giuseppe Ba. in quanto essendo un’eccezione in senso stretto avrebbe dovuto essere proposta con comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata, di contro il citato convenuto si è costituito al verbale della prima udienza (ferma la constatazione che la Cassazione 28/07/2005, n. 15781 a Sezioni Unite, dirimendo il contrasto, ha escluso che i termini di decadenza e di prescrizione previsti dall’art. 2226 c.c. possano applicarsi all’obbligazione del progettista – direttore dei lavori).

9.2. Quanto al momento della consegna dell’opera, rilevante ai fini della maturazione della prescrizione, i convenuti hanno entrambi dedotto che la società attorea fu immessa nel possesso dell’immobile a dicembre del 2007 mentre la loro controparte assume di averlo ricevuto in consegna solo ad aprile del 2009.

9.3. L’esatta collocazione temporale della consegna è nel caso di specie irrilevante alla luce della qualificazione dei fatti appena data. Per quello che concern e all’ultimazione dell’opera (ai fini dell’accertamento della decorrenza del termine di prescrizione decennale dettato dall’art. 1669 cod. civ.) deve ritenersi probante la comunicazione di fine lavori, depositata presso il comune di Pescara in data 30.09.2008 (v. all. 2 fascicolo Ba.) del direttore dei lavori, munita di sottoscrizioni dei legali rappresentanti dell’impresa attorea non disconosciute. È, dunque, scontato che alla data del 5.08.2009, di notifica dell’attrice del ricorso per a.t.p. ed del decreto (“la notificazione del relativo ricorso per a.t.p. con il pedissequo decreto giudiziale determina, ai sensi dell’art. 2943 c.c., l’interruzione della prescrizione, che si protrae fino alla conclusione del procedimento, ritualmente coincidente con il deposito della relazione del consulente nominato “v. Cass. civ. Sez. II Sent., 19/02/2016, n. 3357), non era decorso nemmeno un anno dal compimento dell’opera.

9.4. Passando ad esaminare l’eccezione di decadenza, va rilevato che la giurisprudenza è unanime nel ritenere che il relativo termine decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva del vizio e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2460 del 01/02/2008); tale conoscenza deve ritenersi, di regola, appresa, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione di relazioni peritali effettuate.

9.5. Nel caso di specie il vizio così come denunciato rientra sicuramente in quelli occulti dal momento che la parte attorea ha in un primo momento avuto contezza solo dei sintomi, ossia delle infiltrazioni, e acquisito la conoscenza delle cause solo all’esito del deposito della relazione del c.t.u., ing. Canonico, nell’ambito del procedimento per a.t.p., quindi in data 14.05.2010, per cui da detto momento è iniziato a decorrere il termine di decadenza di un anno di cui all’art. 1669 cod. civ.

Deve altresì ritenersi accertato, in assenza di allegazioni e prove contrarie in tal senso, che la denuncia dei difetti, così come accertati in sede di a.t.p., sia stata eseguita con l’atto di citazione, notificato dall’attrice all’appaltatrice in data 18.03.2011, prima di un anno dal deposito della relazione, pertanto l’eccezione di prescrizione e decadenza avanzata dalla Ma. s.r.l. deve essere rigettata.

10. Quanto all’eccezione di prescrizione e decadenza sollevata dalla terza chiamata Id. s.r.l. ai fini della qualificazione dell’eccezione sollevata, posto che anche rispetto a detta parte deve osservarsi in diritto quanto già detto nell’incipit del presente paragrafo (punto n. 9), è necessario accertare il suo rapporto con la chiamante e con l’attrice, posto che la prima ha negato aver avuto alcun rapporto con la stessa.

10.1. Ebbene, premesso che Id. ha confermato di aver svolto lavori presso l’immobile oggetto di causa, avendo negato di aver realizzato e posizionato il pluviale, ma ammesso di aver provveduto ad effettuare il passaggio della canalina dell’impianto di irrigazione all’interno del pluviale, dalla documentazione prodotta (v. doc. 3 e 4 all. alla comparsa di risposta Ma. e all. alla la memoria n. 2 ex art. art. 183, co. VI, c.p.c. in data 25.06.2012 Ba.) deve ritenersi provato che fu la Ma. S.r.l. ad incaricare Id. dei lavori indicati, poiché è provato che la prima in data 25.06.2007 aveva risposto alla richiesta della Ma. s.r.l di un preventivo. (v. doc. 3 Ba.) di spesa proprio “per l’installazione di una pompa, pozzo e tubazione fino al giardino passando dal tetto, da realizzarsi presso il VS cantiere in via Tiburtina PE”.

Inoltre la circostanza che la fattura per le opere individuate sia stata emessa da L’Idraulica nei confronti della stessa Ma. S.r.l. (v. doc. 4) corrobora l’assunto per il quale le due imprese avessero istaurato un rapporto negoziale sussumibile nel tipo del contratto di subappalto. D’altronde lo stesso legale rappresentante di Id. S.r.l. ha dichiarato, in sede di interrogatorio formale, di essere stato contattato dalla Ma. per eseguire l’opera descritta nel preventivo.

10.2. Né l’appaltatrice ha fornito prove in senso contrario, ossia che Id. avesse svolto la prestazione descritta su commissione diretta dell’attrice o, per essa, del d.l., essendo tale deduzione rimasta un assunto privo di alcun riscontro.

10.3. Detto ciò, deve ritenersi accertato che tra la Ma. e Id. intercorse un rapporto di subappalto, per cui l’eccezione di decadenza e prescrizione sollevata dalla subappaltatrice deve qualificarsi come posta ai sensi dell’art. 1670 cod. civ. a mente del quale “L’appaltatore, per agire in regresso nei confronti dei subappaltatori, deve, sotto pena di decadenza, comunicare ad essi la denunzia entro sessanta giorni dal ricevimento”.

10.4. Va innanzitutto osservato che la collocazione sistematica dell’art. 1670 cod. civ. non lascia dubbi sulla volontà del legislatore che il suo disposto trovi applicazione anche all’ipotesi contemplata dal precedente art. 1669 (v. Cass. civ. Sez. II, 27/08/1997, n. 8109).

10.5. Ebbene, essendo stata già spiegato che la denuncia dei gravi difetti nel caso di specie deve ritenersi eseguita dall’attrice con la notifica all’appaltatrice dell’atto di citazione del 18.03.2011, la denuncia dell’appaltatrice al subappaltatore sarebbe dovuta avvenire entro il 17.05.2011; senonché l’unico atto col quale la Ma. ha assolto all’onere di denuncia è quello giudiziale di chiamata in causa, notificato però a Id. solo in data 18.07.2011.

10.6. Pertanto deve dichiararsi la decadenza della Ma. S.r.l. ai sensi dell’art. 1670 cod. civ.

11. Imputazione dell’illecito.

11.1. Sia il primo c.t.u., nell’ambito dell’a.t.p., sia il c.t.u. incaricato nel presente giudizio, hanno individuato la causa dei danni nella perdita di acqua del tubo discendente pluviale esterno e, per le ragioni già spiegate, anche nella non corretta impermeabilizzazione della vasca del piano seminterrato. Entrambe queste opere sono state appaltate alla Ma. S.r.l. come risulta dalla documentazione versata in atti dalla stessa appaltatrice (v. capitolato dei lavori – fascicolo a.t.p. Ma. – preventivo con computo metrico del 19.01.2006 – all. contrassegnato come n. 1 fasc. merito-) alle quali si aggiunge quella poi subappaltata – come appena accertato – a Id. (v. doc. contrassegnato come n. 2 fasc. merito del 17.05.2007, sottoscritta dalla Ma. e dal direttore dei lavori, indirizzata al legale rappresentante della società attorea).

11.2. È noto che l’art. 1669 cod. civ. introduce una presunzione di responsabilità in capo all’appaltatore e, dagli accertamenti tecnici condotti, è sicura la responsabilità della Ma. s.r.l. rispondendo nei confronti della committente per le opere commesse e tra queste sia per quelle svolte con propria manodopera (l’installazione del pluviale e la realizzazione della vasca del locale seminterrato) sia per quelle subappaltate ad imprese terze (l’installazione della pompa di irrigazione), essendo irrilevante la circostanza, pure dedotta dalla Ma. ma rimasta indimostrata, che la perdita d’acqua proveniente dal pluviale sia stata causata o comunque aggravata dai lavori eseguiti dalla subappaltatrice e ciò anche nei rapporti interni tra la Ma. e Id. alla luce dell’accertata decadenza del diritto di regresso della prima nei confronti della seconda.

11.3. L’assunto dell’appaltatrice per cui la stessa avrebbe agito quale mera esecutrice delle opere, a causa dell’ingerenza della committente e del d.l., è rimasto senza prova, per cui deve affermarsi la responsabilità risarcitoria della Ma. S.r.l. per i gravi difetti e per i danni conseguenti.

D’altro canto “l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo” (Cass. sez. 1 -, Ordinanza n. 23594 del 09/10/2017).

11.4. Riguardo alla responsabilità di Gi.Ba., progettista e direttore dei lavori (v. doc. d’incarico preliminare all. fasc. Ba.), si rammenta che il committente nel corso dell’esecuzione dell’opera ha diritto ex art. 1662 cod. civ. di “controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato”.

11.5. Tale diritto può essere esercitato personalmente oppure a mezzo di un professionista appositamente incaricato: il direttore dei lavori.

11.6. Quest’ultimo è il soggetto tenuto ad esercitare una sorveglianza idonea ad assicurare che l’opera commissionata venga eseguita secondo le regole dell’arte.

11.7. Del resto, la vigilanza di un tecnico indicato dal committente, non esclude l’autonomia dell’appaltatore che è comunque tenuto a seguire nell’esecuzione dell’opera le regole dell’arte e ad assicurare un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente (Cass. 20 luglio 2005, n. 15255).

11.8. La responsabilità del progettista-direttore dei lavori è configurabile sia a titolo extracontrattuale ex art. 1669 cod. civ. che a titolo contrattuale ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., dovendo quest’ultimo accertare la conformità, la progressiva realizzazione dell’opera al progetto, le modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi (Cass. 11 dicembre 2012, n. 22643 e anche Cass. sez. 2-, Ordinanza n. 29218 del 06/12/2017).

11.9. Nella fattispecie deve essere riconosciuta la responsabilità del Ba., sia per l’attività di progettazione, essendo provato che: l’installazione del pluviale fu commissionata successivamente all’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dei lavori, con ogni probabilità condizionandone la collocazione a ridosso dell’ingresso del piano seminterrato, la mancata previsione di un pozzetto d’ispezione ha reso più complicato la prevenzione dei danni e la scelta di istallare la pompa dell’irrigazione attraverso il pluviale, riducendone la sezione di scarico (v. ancora descrizione delle opere del 17.05.2007, fascicolo di Ma.); sia per l’attività di direttore dei lavori, giacché, in quanto tale, tenuto a verificare che il pluviale fosse a tenuta e la vasca del piano seminterrato correttamente impermeabilizzata.

11.10. Il convenuto Ba. non ha fornito la prova dei fatti impeditivi allegati, consistenti nella sua esautorazione dall’incarico da parte della committente, la quale avrebbe consentito lo svolgimento opere e di interventi da parte di imprese terze presso il cantiere, giacché non detta deduzione è rimasta generica e priva di riscontri.

11.11. Entrambi i convenuti, dei quali è stata accertata la responsabilità, hanno chiesto che venisse graduata la loro colpa, ferma la solidarietà nei confronti della committente.

11.12. Alla luce di quanto accertato deve essere riconosciuta in capo a ciascuna delle parti convenute lo stessa percentuale di responsabilità, avendo entrambe concorso a causare i vizi dai quali sono scaturiti i danni.

12. Misura del risarcimento dei danni

12.1. Entrambi i c.t.u. sono concordi nell’individuare i seguenti rimedi:

a) rifacimento del pluviale esterno e sicura coibentazione dello stesso con creazione di pozzetto d’ispezione;

b) eliminazione del passaggio del tubo di irrigazione del giardino all’interno del pluviale

c) rifacimento del pavimento;

d) rifacimento, del massello su cui poggia,

e) rifacimento dell’impianto termico sotto pavimento;

f) rifacimento dell’impianto elettrico.

12.2. I danni, quindi sono stati liquidati nella misura corrispondente ai costi per l’esecuzione delle opere indicate, attualizzati alla data del deposito

della c.t.u., pari a complessivi Euro 25.572,32, oltre iva ed Euro 3.894,00, oltre iva, per spese tecniche. (v. computo metrico allegato alla relazione e chiarimenti)

12.3. L’attrice ha chiesto di essere risarcita anche del danno da mancato godimento del bene, allegando la sua destinazione a locale commerciale, nello specifico a sala espositiva. Sulla base di ciò ha domandato il risarcimento anche per tutti i costi sostenuti per il reperimento e l’allestimento di un locale alternativo, sito in San Giovanni Teatino, vista la inutilizzabilità dell’immobile oggetto di causa.

12.4. La prova della destinazione dell’immobile ad attività commerciale, comportando un aumento della misura del risarcimento, gravava ovviamente sulla danneggiata, la quale ha, a tale scopo, prodotto una serie di fatture ed articolato prove testimoniali.

12.5. Va rilevato come la rappresentazione dei fatti fornita dall’attrice trovi smentita nella stessa documentazione dalla stessa prodotta e dalla prove orali assunte a prova contraria.

12.6. Infatti se la consegna dell’immobile oggetto di causa è avvenuta, a dire della parte attorea ad aprile del 2009 e le manifestazioni delle infiltrazioni a giugno dello stesso anno, posto che solo dalla scoperta delle infiltrazione e dalla conseguente inutilizzabilità del bene sarebbe potuta sorgere la necessità di reperire un immobile alternativo, tuttavia le fatture emesse dalle imprese esecutrici che hanno svolto lavori presso l’immobile “alternativo”, reperito dall’attrice sito a San Giovanni Teatino, sono tutte anteriori al momento della consegna del locale seminterrato oggetto di causa (v. doc. allegati memoria n. 2 sono state emesse in eccetto il doc. n. 1 e il doc. n. 9 è datato 28.04.2009, ma DDT indicato nella fattura è risalente al 2.04.2009, quindi è certo che l’ordine sia precedente alla consegna).

12.7. Le fatture, nella loro integrità, dunque anche rispetto alla loro datazione, sono state confermate dai testi escussi: Pa.Pi. (ud. 28.01.2014), Bo. (11.10.2014), La.Ca. (ud. 30.09.2014) e Di. (3.3.2015).

12.8. Che il locale in parola non fosse destinato a sala espositiva è stato confermato anche dal teste Mo.Fo. (5.5.2015) il quale nel rispondere ai capitoli ammessi della memoria terzo termine ex art. 183, co. VI, c.p.c. depositata in data 13.07.2012 di Ba. Giuseppe, ha riferito (cap. 2: “vero che il locale a piano terra era adibito per il solo uso abitativo”) “Premetto che nell’immobile in questione ho realizzato lavori (impianto termico e sanitario) nel locale taverna situato al piano terra. Preciso che solo ora sento definire tale taverna quale show room.

Ho predisposto gli attacchi per un lavello di cucina e per una lavastoviglie, ho altresì realizzato il bagno sempre facente parte di quel locale”. Anche il teste Al. di Gi. ha confermato il capitolo riportato.

12.9. Dunque sussistono elementi certi che escludono la veridicità delle dichiarazioni rese da Pa.De. (ud. 9.10.13) e Lu.Or. (6.5.2014), i quali nel confermare la circostanza loro sottoposta (n. 14 memoria parte attorea depositata in data 25.06.2012 “vero che a causa dell’allagamento del locale terraneo di proprietà della società attrice, quest’ultima per esporre le merci e le attrezzature da essa commercializzate dovette allestire altro locale espositivo sito in San Giovanni Teatino”) hanno dichiarato un fatto contrario a quello accertato dal momento che l’allestimento di detto locale è sicuramente anteriore alla consegna dell’immobile e, quindi, del locale seminterrato, che, come è stato confermato dai testi Mo. e D’A., era destinato ad uso “taverna”. È escluso che i testi indicati abbiano potuto confondere l’esatta collocazione temporale degli avvenimenti, dal momento che entrambi hanno con decisione confermato la circostanza rappresentata nel capitolo n. 13 della medesima memoria istruttoria nella quale era con precisione indicata la data di consegna dell’immobile oggetto di causa ad aprile del 2009.

12.10. Il Tribunale ordinerà nel dispositivo della presente sentenza la trasmissione degli atti del presente giudizio (copie dei verbali d’udienza, memoria n. 2 con documenti allegati della Ma. S.r.l., memoria n. 3 di Gi.Ba.) alla Procura della Repubblica di Pescara per le valutazioni di competenza in ordine alle dichiarazioni rese da Pa.De. (in data 9.10.2013) e Lu.Or. (in data 6.05.2014) nell’adempimento del loro ufficio di testimoni nel presente giudizio, avendo affermato che il locale seminterrato dell’immobile sito in Pe scara, via (…), di proprietà della Ma. S.r.l. era destinato a sala espositiva dell’attività di detta società e che a causa delle infiltrazioni d’acqua manifestatesi nello stesso la società citata fu costretta a reperire altro immobile in San Giovanni Teatino

12.11. Alla luce di quanto accertato deve escludersi che il locale in parola dovesse essere adibito allo svolgimento dei attività commerciali, né ciò può presumersi, essendo stato smentito per l’appunto dalle prove raccolte, dal classamento dello stesso nella categoria A10 (“Unità immobiliari destinati ad attività professionali”, v. visura allegata alla c.t.u.) giacché la classificazione catastale è rilevante solo ai fini fiscali e comunque inidonea di per sé a fare prova della destinazione d’uso del bene.

12.12. È bene rilevare che la variazione alla categoria A3 (Fabbricati realizzati con caratteristiche e rifiniture economiche sia nei materiali utilizzati che per gli impianti tecnologici ma principalmente di dimensioni contenuti rispetto alla al territorio di cui fanno parte), conseguente ai lavori di ristrutturazione oggetto dell’appalto di cui si tratta, era stata dichiarata dal D.L. Ba. all’atto della comunicazione di ultimazione dei lavori al Comune di Pescara e, dalla visura in atti (v. all. relazione peritale) risalente al 27.05.2008, la variazione del classamento in A10, richiesta in data 27.05.2009, quindi in epoca successiva alla ultimazione delle opere e alla consegna dell’immobile, non era comunque compatibile con la destinazione a sala espositiva allegata dalla parte attorea (la categoria di riferimento per gli immobile destinati a “negozi” è quella del gruppo “C”).

12.13. Pertanto, si ritiene equo determinare il danno risarcibile, utilizzando quale parametro di riferimento il costo medio presumibile del canone di locazione per immobili aventi caratteristiche similari a quello in oggetto, quantificabile in Euro 250,00 mensili, con decorrenza dal giugno del 2009, mese dal quale l’attrice ha avuto la percezione delle conseguenze dannose al momento del deposito della c.t.u. nell’ambito del presente giudizi, ossia 30.01.2017, giacché è da questo momento che è stato accertato, in maniera completa, la causa dei vizi.

12.14. In base al parametro indicato devono essere liquidate ulteriori Euro 500,00, per il danno derivante dal mancato godimento del bene nel tempo (stimato dal c.t.u. in due mesi – Euro 250,00 x 2-) necessario all’esecuzione dei lavori.

Dunque, ricapitolando i convenuti saranno tenuti a pagare in solido tra loro all’attrice, per importi già attualizzati al momento del deposito della c.t.u. (30.01.2017): Euro 25.572,32, oltre iva al 10% (Euro 2.557,232), pari al costo dei lavori da eseguirsi; Euro 3.894,00 per le spese tecniche necessarie per l’esecuzione dei lavori, iva al 22% (pari ad Euro 856,68) e cassa al 4% (pari ad Euro 155,76); Euro 22.750,00 a titolo di danni da mancato godimento del bene (Euro 250,00x 91 mesi, con decorrenza da giugno del 2009 a gennaio 2017); ulteriori Euro 500,00 per mancato godimento del bene nei due mesi stimati per l’esecuzione dei lavori., per un totale di Euro 56.285,992

12.15. “Le somme erogate dalla parte che ha chiesto un accertamento tecnico preventivo per compensare il consulente tecnico di ufficio ed il proprio consulente costituiscono, dopo che gli atti dell’accertamento tecnico sono stati acquisiti nel successivo giudizio di merito, spese giudiziali e non componenti del danno da risarcire e le relative somme non sono pertanto soggette a rivalutazione monetaria, ma debbono essere considerate nella liquidazione delle spese processuali da porre, in tutto o in parte, a carico del soccombente, salvo che il giudice non ritenga di compensarle ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ.” (Sez. 2, Sentenza n. 12759 del 23/12/1993 c. Cass. Sez. 3, Sent. 8.6.2017, n. 14268).

12.16. È stato altresì affermato che le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (Sez. 2, Sentenza n. 84 del 03/01/2013).

12.17. Spetta all’attrice il rimborso del compenso corrisposto al c.t.u. nell’ambito dell’a.t.p. (v. doc. 13 all. alla memoria istruttoria II termine art. 183, co. VI, c.p.c.), pari a complessivi Euro 3.999,03.

12.18. Quanto alle spese sostenute per il proprio consulente di parte, il compenso da costui richiesto è eccessivo (Euro 5.813,88, iva e cassa comprese), rispetto ai parametri dallo stesso utilizzati.

Nella parcella (doc. 14) è indicato quale criterio di liquidazione l’art. 11 delle tabella allegate al – DM 182/2002 – ma considerando quale valore della causa di a.t.p. quello pari ai danni stimati in quella sede riferibile alle attività di cui alla disposizione citata (Euro 48.200,00) ed applicando la tariffa media, non sussistendo i presupposti dell’applicazione della tariffa massima, il compenso sarebbe pari ad Euro 2.691,53, oltre iva al 20% (nella misura vigente all’epoca di emissione della fattura) e cassa la 4%, per un totale di Euro 3.337,4972 (2.691,53 + 107,6612 + 538,306)

12.19. Quanto all’onorario richiesto dal difensore sempre per l’a.t.p. (v. doc. 13) l’importo per i soli onorari di Euro 5.475,99 è sganciato da qualsiasi parametro di riferimento, soprattutto in considerazione del fatto che l’attività difensiva si è risolta nello studio della controversia, nella redazione del ricorso introduttivo, nella notifica dello stesso e nella partecipazione ad una sola udienza, per cui si ritiene equo, ridurre dette spese utilizzando i parametri dettati dal d.m. 127/2004, vigente pro tempore per diritti e Onorari, Euro 2.694,0, per spese (15%) Euro 404,10, per Cassa Avvocati (4%) Euro 123,92, per un totale di Euro 3.222,02, oltre iva al 20%, per un totale di Euro 3.866,424.

13. Domanda di garanzia della Ma. S.r.l. nei confronti della Vi. S.p.A.

13.1. Avendo accertato la responsabilità dell’appaltatrice occorre esaminare la domanda di manleva della stessa nei confronti della propria compagnia assicuratrice.

13.2. La Vi. ha eccepito la inoperatività della garanzia invocando l’art. 3.9 delle condizioni di polizza in atti (v. all. fascicolo Vi. per Ma.) e in particolare le lettere G e N, che escludono dal rischio assicurato i danni alle cose sulle quali si eseguono i lavori e quelli successivi all’esecuzione degli stessi.

13.3. La clausola di cui alla lettera G conferma la volontà delle parti di escludere dalla copertura i danni che siano conseguenza diretta dell’attività lavorativa dell’assicurato e che abbiano riguardato beni non in rapporto di mera occasionalità con lo svolgimento di detta attività. I danni accertati in questa sede riguardano proprio le opere appaltate alla Ma., che comprendevano la ristrutturazione anche del locale seminterrato.

13.4. Pertanto l’eccezione della Compagnia deve essere accolta, con conseguente inoperatività della garanzia assicurativa.

14. Le spese processuali tra l’attrice e i convenuti sono compensate per il 30% visto l’accoglimento della domanda risarcitoria per un importo inferiore a quello richiesto e tenuto conto dell’aggravio dell’istruttoria espletata in riferimento alla destinazione dell’immobile.

14.1. Le spese seguono la soccombenza nel rapporto Ma. e le terza da essa chiamate, ossia Id. S.r.l. e Vi. S.p.A.

14.2. Si ritiene equo compensare le spese di lite tra Id. S.r.l. e la terza chiamata Vi. S.p.A.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

A) accerta la responsabilità solidale di Ma. S.r.l. e Gi.Ba. ai sensi degli artt. 2055. 1218, 2232, 1669 cod. civ. in per i danni occorsi all’immobile sito a Pescara, via (…);

B) condanna Ma. s.r.l. e Gi.Ba., in solido tra loro a risarcire alla Ma. S.r.l. Euro 56.285,992, già attualizzati alla data del deposito della c.t.u., oltre interessi di mora al tasso legale dal 30.01.2017 al saldo;

C) accerta, al fine del riparto interno, che Ma. s.r.l. e Gi.Ba. hanno concorso alla causazione dei danni liquidati al precedente capo nella misura del 50% ciascuno;

D) condanna Ma. s.r.l. e Giuseppe Ba. a pagare, in solido tra loro, alla parte attorea le spese di procedimento per a.t.p., liquidate in Euro 3.337,4972 per compenso del c.t.p., Euro 2.694,0 per compenso d’avvocato, Euro 3.999,03 per compenso del c.t.u., oltre interessi al tasso legale dal pagamento o dalla data di emissione della fattura al saldo.

E) Condanna Ma. S.r.l. e Gi.Ba. a pagare, in solido tra loro, alla parte attorea le spese di lite, che si liquidano in Euro 558,00 per spese vive, Euro 9.401,00 per compensi d’avvocato (scaglione da Euro 52.001 a Euro 260.000, parametri medi, già decurtato del 30%) oltre rimborso forfetario c.p.a e i.v.a., come per legge;

F) condanna Ma. S.r.l. a rifondere a ciascuna delle terze chiamate, L’Id. S.r.l. e a Vi. S.p.A. Euro 7.254 (Valore della Causa: Indeterminabile – complessità bassa, parametri medi), oltre rimborso forfetario del 15% sull’importo dei compensi, c.p.a. e i.v.a., come per legge;

G) compensa per intero le spese di lite tra Id. e Vi. s.p.a.;

H) pone le spese della c.t. u. espletata dall’arch. Santini, già liquidate nel presente procedimento, a carico delle parti convenute nella misura del 50% ciascuna;

I) dispone la trasmissione degli atti del presente giudizio (copie dei verbali d’udienza, memoria n. 2 con documenti allegati della Ma. S.r.l., memoria n. 3 di Gi.Ba.) alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara per le valutazioni di competenza in ordine alle dichiarazioni rese da Pa.De. (in data 9.10.2013) e Lu.Or. (in data 6.05.2014). i quali nell’adempimento del loro ufficio di testimoni hanno affermato che il locale seminterrato dell’immobile sito in Pescara, via (…), di proprietà della Ma. S.r.l. era destinato a sala espositiva della merce di detta società e che a causa delle infiltrazioni d’acqua manifestatesi nello stesso la società citata fu costretta a reperire altro immobile in San Giovanni Teatino, contrariamente a quanto accertato in questa sede.

Così deciso in Pescara il 3 dicembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2019.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.