l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicchè incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima.
Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo: La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade
Tribunale Milano, Sezione 10 civile Sentenza 14 febbraio 2019, n. 1455
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
DECIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Damiano Spera ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 53339/2016 promossa da:
(…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’avvocato CA.DA.;
ATTRICE
contro
(…) – SOCIETA’ PER AZIONI (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’avvocato CO.VI.;
CONVENUTA
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto ritualmente notificato, (…) ha citato in giudizio (…) S.p.A., deducendo che in data 10 novembre 2014, mentre si trovava nell’androne di ingresso dell’ufficio di (…) S.p.A. di viale (…), a causa della pavimentazione bagnata, era caduta violentemente al suolo, riportando lesioni personali.
Parte attrice ha chiesto pertanto la condanna di (…) S.p.A. al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali e patrimoniali subiti a causa di tale caduta, in quanto responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. e comunque ex art. 2043 c.c..
Si è costituita in giudizio (…) S.p.A. chiedendo il rigetto della domanda di parte attrice in quanto infondata e, in subordine, l’accertamento del concorso di colpa dell’attrice e la conseguente riduzione dell’entità del risarcimento ai sensi dell’art. 1227 c.c..
Instaurato regolarmente il contraddittorio, il G.I. ha ammesso parzialmente le prove testimoniali dedotte dalle parti, oltre a disporre CTU medico legale sulla persona dell’attrice.
All’udienza del 23 gennaio 2019, le parti hanno precisato le conclusioni come da verbale.
Il G.I ha ordinato la discussione orale della causa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., assegnando alle parti termine sino al 4 febbraio 2019 per il deposito di note conclusive.
Nell’udienza odierna, dopo breve discussione, il giudice ha dato lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
1. Sulla domanda di risarcimento del danno ex art. 2051 c.c.
Ritiene il Tribunale che parte attrice non abbia provato i fatti costitutivi della propria pretesa e che pertanto la domanda non sia meritevole di accoglimento.
In particolare, nel proprio atto introduttivo (…), di anni 76 all’epoca dei fatti, ha affermato che, in data 10/11/2014, alle ore 10.30 circa, mentre si trovava nell’androne di ingresso dell’ufficio postale di via G. n. 6, a causa del pavimento bagnato, privo di alcuna segnalazione di pericolo, era caduta, provocandosi una contusione alla spalla destra (doc. 3 parte attrice – verbale di pronto soccorso). Presso il pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, ove si è recata il giorno successivo al sinistro, le è stata diagnosticata una frattura del collo chirurgico omerale e distacco del trochide della spalla destra.
Parte attrice ha prodotto una consulenza tecnica di parte (doc. 11, dott. Galeazzi) dalla quale risulta che, dal trauma subito per effetto del sinistro, sarebbe conseguito un “periodo di inabilità temporanea biologica parziale, mediamente al 75% di 60 giorni, cui sono da aggiungere 40 giorni, mediamente al 50%, nonché ulteriori 40 al 25%, concludendo per un’invalidità permanente valutabile intorno al 12-13% con riferimento al danno biologico” (pag. IV doc. 11).
Sulla dinamica del sinistro è stato sentito il teste N.C., il quale non era presente al momento della caduta, e si è limitato a confermare di avere “… visto l’attrice per terra mi sono avvicinato per aiutarla ad alzarsi …”. Sentito in merito alla presenza o meno di acqua sul pavimento dell’androne, il teste ha dichiarato che “… il pavimento era bagnato ma non con delle chiazze d’acqua, non ricordo se stava piovendo, in ogni caso il pavimento era umido in quanto l’androne è come se fosse all’aperto, visto che viene chiuso con delle saracinesche aperte a “rettangolari”; sul cap.3: confermo che il pavimento è scivoloso in quanto in marmo …” (verbale udienza 20/10/2017).
Ritiene il Tribunale che detta testimonianza non sia idonea a fornire adeguata prova del fatto che la caduta dell’attrice sia stata determinata dallo stato dei luoghi, attesa la genericità e scarsa completezza della dichiarazione del teste, che non è stato in grado di fornire una descrizione chiara dello stato in cui si trovava il pavimento dell’androne dell’ufficio postale il giorno 10/11/2014. Pertanto, considerato che il teste è intervenuto in soccorso dell’attrice subito dopo la caduta, ma non vi ha assistito, non è possibile ritenere provato che l’attrice sia scivolata a causa dello stato del pavimento.
Allo stesso modo, i testi U. e R., dipendenti della convenuta, in servizio presso l’ufficio postale di via G. n. 6 il giorno del sinistro, non hanno saputo ricordare se quel giorno il pavimento fosse bagnato o meno, confermando d’altra parte che in caso di umidità al suolo, è prassi collocare un apposito cartello giallo con segnalazione di pericolo (circostanza confermata anche dal teste A., che tuttavia, il giorno del sinistro, non era presente presso l’ufficio di via G. n. 6). Gli stessi d’altra parte nulla hanno saputo riferire in merito alla caduta dell’attrice, per non avervi assistito personalmente (verbale di udienza 20/10/2017).
Queste ultime testimonianze, rese da dipendenti della convenuta, ritenuti capaci ai sensi dell’art. 246 c.p.c., sono state valutate con particolare rigore in considerazione del vincolo di subordinazione con il datore di lavoro.
Si veda, in merito, Cassazione civile , sez. III , 29/01/2013 , n. 2075, secondo cui: “… L’interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, a norma dell’art. 246 c.p.c., è l’interesse giuridico, personale, concreto, che legittima l’azione o l’intervento in giudizio, sicché il lavoratore dipendente di una parte in causa non è, per ciò solo, incapace di testimoniare, né può ritenersi, per questa sola ragione, scarsamente attendibile …”.
Nessuno dei testi sentiti è stato in grado di ricordare se il giorno 10/11/2014 piovesse o meno.
L’istruttoria orale svolta, pertanto, non ha consentito di ritenere provata la dinamica dei fatti secondo la prospettazione di parte attrice, con particolare riferimento al nesso di derivazione del danno dalla cosa in custodia.
D’altra parte la documentazione fotografica prodotta da parte attrice sub doc. 2, ove è rappresentato l’androne di ingresso del suddetto ufficio postale, non consente in alcun modo di riscontrare la presenza di acqua o altri liquidi sulla pavimentazione dello stesso al momento dell’incidente.
Dunque non può affatto escludersi, stante l’assenza di prove in senso contrario, che parte attrice sia caduta accidentalmente e autonomamente nell’androne del suddetto ufficio postale.
Da quanto sopra consegue che nessuna responsabilità può essere ascritta a (…) Spa ai sensi dell’art. 2051 c.c. per eventuali danni occorsi a parte attrice in seguito alla caduta avvenuta in data 10/11/2014.
Come noto, in punto di responsabilità per cose in custodia, la Suprema Corte, con le c.d. sentenze gemelle del 2018 (Cass. 2480/2018; 2481/2018; n. 2482/2018), ha precisato che: “… a) “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicchè incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;
b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;
c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;
d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost..
Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benchè astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”.
Manca nel caso di specie, la prova del nesso causale tra danno e cosa in custodia, il cui onere incombe sul danneggiato, pertanto la domanda di parte attrice va rigettata.
Parimenti infondata è la domanda di condanna della convenuta al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., stante la mancanza di prova dei fatti costitutivi della stessa, con particolare riferimento al profilo del nesso causale, come sopra rilevato, oltre alla carenza di prova dell’elemento soggettivo.
2. Sulle spese di lite
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto della quantificazione del danno proposta in atti da parte attrice. Appare equo porre le spese della consulenza tecnica d’ufficio per metà a carico di parte attrice e per l’altra metà a carico della convenuta.
La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:
– rigetta le domande proposte dall’attrice;
– pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio per metà a carico di parte attrice e per l’altra metà a carico della convenuta;
– condanna parte attrice a rifondere alla convenuta le spese processuali, che liquida in Euro 4.000,00 per compenso professionale di avvocato, oltre I.V.A. e C.P.A, oltre rimborso forfetario nella misura del 15%;
– dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva;
– la presente sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte di questo giudice ed è immediatamente depositata in cancelleria.
Così deciso in Milano il 13 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2019.