l’assegno bancario privo di data di emissione, benché nullo ex art. 2 comma 1 R.D. n. 1736 del 1933, vale come promessa di pagamento.

Corte d’Appello|Salerno|Sezione 2|Civile|Sentenza|22 agosto 2023| n. 1067

Data udienza 14 giugno 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI SALERNO

II SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Salerno II Sezione Civile riunita in camera di consiglio nelle persone di:

dr. Bruno de Filippis – Presidente

dr.ssa Maria Assunta Niccoli – Consigliere

dr.ssa Rosa D’Apice – Consigliere rel. est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel procedimento civile n. 1126/2019 avente ad oggetto l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 1582/2019 depositata in data 8/5/2019

TRA

(…) rappresentato e difeso dagli avvocatiti Ro.Pu. e Gi.Fo., elettivamente domiciliato presso lo studio dei predetti difensori in S. Giorgio a Cremano (NA) via (…) – Appellante

E

(…) rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Mi., elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto difensore in Salerno via (…) – Appellata

Ragioni in fatto e in diritto

1. Il Tribunale di Salerno con decreto n. 874/2016 emesso il 6/4/2016 ha ingiunto a (…) il pagamento della somma di Euro 15.700.00 oltre interessi legali in favore di (…), in forza dell’assegno bancario n. (…) emesso il 14/5/2013 tratto sulla (…), titolo rilasciato – per come si legge nel ricorso introduttivo – a garanzia di un prestito, di pari importo, concesso da (…) al fratello (…), e non presentato in banca per l’incasso per evitare che il debitore, non disponendo dei fondi necessari, venisse protestato.

1.1. (…) ha proposto opposizione avverso il suindicato provvedimento monitorio e l’adito Tribunale di Salerno con sentenza depositata in data 8/5/2019 ha rigettato l’opposizione, ha confermato il decreto ingiuntivo ed ha condannato l’opponente al pagamento delle spese processuali. In sintesi, il Giudice a quo ha così argomentato: 1) l’eccezione di improcedibilità dell’azione per mancanza della preventiva costituzione in mora ex art. 1219 c.c. è infondata perché “alcuna norma impone tale obbligo”; 2) l’eccezione di pagamento parziale della somma ingiunta sollevata da (…) è rimasta sfornita di prova in quanto (…) ha tempestivamente disconosciuto la firma opposta sulle ricevute di pagamento prodotte in giudizio senza che l’opponente formulasse l’istanza di verificazione; inoltre la prova testimoniale articolata da (…) è inammissibile ai sensi dell’art. 2721 c.c..

1.2. La suindicata sentenza è stata impugnata da (…) con atto di citazione notificato il 9/12/2019; l’appellante ha criticato le ragioni della decisione impugnata, ed ha concluso affinché l’adita Corte di Appello accogliesse l’interposto gravame con vittoria delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

1.3. (…), costituitasi in giudizio, ha resistito ed ha chiesto il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali.

1.4. La Corte all’udienza celebrata in data 27/10/2022, nelle forme della trattazione scritta, ha assegnato la causa in decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

2. L’appello è infondato e, pertanto, va rigettato.

3. (…) ha censurato la sentenza di primo grado, lamentando che il Giudice di prime cure ha respinto l’eccezione di improcedibilità dell’azione per mancanza dell’atto di costituzione in mora con una “motivazione scarna”, argomentando che non sussiste alcuna norma che impone al creditore di costituire in mora il debitore prima di richiedere l’emissione del decreto ingiuntivo. L’appellante ha evidenziato che prima dell’instaurazione del procedimento monitorio non ha ricevuto né un atto di costituzione in mora né una diffida ad adempiere; ha aggiunto che la domanda è improcedibile anche per l’assenza del tentativo di mediazione obbligatoria e per il mancato esperimento della procedura di negoziazione assistita.

Le critiche sono prive di pregio.

In primo luogo si osserva che il preventivo atto di costituzione in mora del debitore ex art. 1219 c.c. da parte del creditore non condiziona nè la proposizione della domanda giudiziale né l’emissione del decreto ingiuntivo ( cfr. in termini motivazione Cass. n. 21313/2017); analoghe considerazioni valgono per la diffida ad adempiere, tanto più ove si consideri che, come emerge dalla disciplina dettata dall’art. 1454 c.c., tale istituto è finalizzato a conseguire, in caso di mancato adempimento nei termini indicati nella diffida, la risoluzione di diritto del contratto, mentre la domanda articolata da (…) è tesa ad ottenere l’adempimento dell’obbligazione assunta da (…) con la sottoscrizione dell’assegno bancario posto a fondamento del ricorso monitorio.

E allora correttamente il Tribunale ha respinto l’eccezione di improcedibilità della domanda per non essere stata preceduta né dalla costituzione in mora né dalla diffida ad adempiere.

Riguardo alle ulteriori censure incentrate anche esse sull’improcedibilità della domanda la Corte osserva che dalla disciplina dettata dall’art. 5 comma 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010 emerge che il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda soltanto per le controversie relative alle materie espressamente contemplate dalla suindicata disposizione normativa; ne consegue che nel caso di specie la prospettata improcedibilità della domanda è da escludere in radice in quanto la presente controversia involge una materia non richiamata dall’art. 5 comma 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010.

Merita ancora di essere evidenziato che l’improcedibilità, come previsto dall’art. 5 comma 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010, deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal Giudice, non oltre la prima udienza ( cfr. Cass. n. 25155/2020).

Nella fattispecie in esame dalla disamina del fascicolo di ufficio di primo grado si evince che l’opponente non ha sollevato l’eccezione in questione nel rispetto del limite temporale fissato dalla predetta disposizione normativa, avendo formulato l’eccezione per la prima volta in appello.

E allora l’intervenuta decadenza rende evidente come, anche per tale ragione, non vi sia spazio per l’accoglimento della censura in esame.

Analoghe considerazioni valgono per la negoziazione assistita obbligatoria, caratterizzata dalla sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale nel caso di mancato esperimento della procedura, giacché tale procedura, come previsto dall’art. 3 D.L. n. 132 del 2014 convertito con modificazioni in L. n. 162 del 2014, non trova applicazione “nei procedimenti per ingiunzione inclusa l’opposizione”; inoltre l’eccezione di improcedibilità, anche in questo caso, deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal Giudice, non oltre la prima udienza con la conseguenza che l’intervenuta decadenza preclude l’invocata declaratoria di improcedibilità della domanda.

4. L’appellante ha criticato ulteriormente la sentenza impugnata, deducendo che il Giudice a quo ha trascurato di considerare che l’assegno posto a fondamento della pretesa creditoria azionata è stato sottoscritto “in bianco, senza apposizione di data”, e per di più non è stato posto all’incasso sicché non vi è alcuna prova che il “conto corrente d’appoggio fosse privo dell’importo richiesto” Ed invero – precisa (…) – “qualora parte opposta lo avesse posto all’incasso, e fosse risultato non coperto, avrebbe potuto essere esercitata un’azione cartolare che, come è noto, si prescrive in sei mesi dal giorno in cui è stato presentato l’assegno per l’incasso della somma; nel caso che ci riguarda ciò non è avvenuto ed il ricorso per decreto ingiuntivo è stato presentato dopo ben tre anni dall’emissione dell’assegno senza che sia mai stata inviata alcuna missiva con cui si richiedeva l’adempimento dell’appellante”.

Le censure sono prive di pregio.

In ordine alla prima critica è sufficiente replicare che l’assegno in questione risulta completo in ogni sua parte, sicché non si comprende come il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto del fatto che il titolo risultasse sottoscritto senza data (cfr. assegno in atti completo di data, importo, sottoscrizione e indicazione del beneficiario).

Quanto agli ulteriori rilievi va evidenziato che (…), come emerge dall’univoco tenore del ricorso introduttivo, ha proposto un’azione causale e non già un’azione cartolare atteso l’espresso riferimento al rapporto sotteso all’emissione dell’assegno bancario posto a fondamento della domanda.

Riguardo, poi, all’assenza di una preventiva richiesta di pagamento valgono le argomentazioni già espresse al precedente punto 3 della presente sentenza cui si rinvia.

5. L’appellante, inoltre, ha sostenuto che l’assegno prodotto in giudizio da (…) non può valere come promessa di pagamento poiché al momento dell’emissione non era completo di tutti gli elementi previsti dalla legge; ha aggiunto di avere restituito parte dell’importo oggetto dell’assegno, con pagamenti periodici, ovvero a mezzo di dodici versamenti dell’importo di Euro 1.000,00 ciascuno, restando così debitore soltanto del residuo importo di Euro 3.700,00. Il Tribunale, prosegue l’appellante, non ha tenuto conto del fatto che le sottoscrizioni di (…) apposte sulle ricevute dei suindicati pagamenti “non sono mai state riconosciute come artefatte da parte di quest’ultima nella comparsa di costituzione, né è stata data prova della loro falsità, e la restituzione è stata pacificamente ammessa; il (…), inoltre, ha confermato tali pagamenti come avvenuti nel libero interrogatorio delle parti.” L’appellante, infine, dopo aver precisato che il prestito concesso dall’appellata non trae origine da un contratto scritto, ma da un accordo verbale, si duole del fatto del fatto che il Giudice di primo grado non ha ammesso, ai sensi dell’art. 2721 c.c., la prova testimoniale attraverso la quale intendeva dimostrare “non che sia avvenuto il pagamento degli importi periodici suddetti, che risulta pacifico, ma che tali pagamenti erano riferibili al debito per cui è causa, stante anche la mancanza di un contratto scritto”.

Le doglianze non possono trovare ingresso.

La Corte osserva che l’appellante ha dedotto genericamente che l’assegno al momento dell’emissione era incompleto; tale genericità può essere superata valorizzando quanto prospettato dallo stesso appellante nella precedente censura vale a dire che il titolo è stato emesso ” in bianco, senza data”. Ciò posto, va replicato che l’assegno – come già rimarcato al precedente punto 4 della presente sentenza cui si rinvia – si presenta completo in ogni sua parte, né risulta provato che al momento dell’emissione non fosse completo (cfr. assegno in atti).

Ad ogni modo l’eventuale incompletezza dell’assegno al momento della sua emissione – a differenza di quanto sostenuto dall’appellante – non incide sulla sua qualificazione come promessa di pagamento.

In particolare la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’assegno bancario privo di data di emissione, benché nullo ex art. 2 comma 1 R.D. n. 1736 del 1933, vale come promessa di pagamento ( cfr. Cass. 20449/2016; Cass. n. 19349/2006).

Chiarito tale profilo, la Corte ritiene che non sussiste la prova del pagamento parziale dell’importo oggetto del decreto ingiuntivo in esame.

Dalla disamina del fascicolo di ufficio di primo grado si evince che (…) ha disconosciuto le sottoscrizioni apposte sulle ricevute di pagamento prodotte in giudizio da (…) che, a sua volta, non ha proposto istanza di verificazione con la conseguenza che i documenti in questione sono privi di rilevanza probatoria e, dunque, del tutto inidonei ad orientare il convincimento della Corte.

In particolare la parte opposta nella comparsa di costituzione – dopo avere segnalato che l’opponente non avevano prodotto la ricevuta di pagamento richiamata nell’atto introduttivo del giudizio – ha precisato ” ad ogni modo, di qualunque documento di tal genere si trattasi, laddove prodotto, verrà impugnato e disconosciuto anche relativamente alla presunta sottoscrizione da parte dell’opposta in ogni sua parte” ( cfr. comparsa costituzione pag. 2); successivamente l’opposta ha disconosciuto la conformità all’originale delle ricevute di pagamento prodotte in copia dall’opponente , disconoscendo espressamente le relative sottoscrizioni e, a seguito del deposito delle ricevute in originale, ha nuovamente disconosciuto le sottoscrizioni ivi apposte ( cfr. memoria ex art. 183 c.p.c. depositata telematicamente il 28/11/2016 dall’opponente con allegata documentazione in fotocopia; memoria ex art. 183 c.p.c. depositata telematicamente il 14/12/2016 dall’opposta; verbale di udienza dell’11/7/2018).

L’assenza di valenza probatoria delle ricevute in esame trova fondamento nella disciplina dettata dagli artt. 214 e 216 c.p.c. sicchè non è condivisibile la tesi dell’appellante secondo cui (…) avrebbe dovuto allegare e comprovare la falsità delle sottoscrizioni apposte sui documenti in questione, così come pure nessuna rilevanza può attribuirsi alla circostanza che (…) nel corso del libero interrogatorio ha confermato che i pagamenti erano stati effettuati giacchè l’opponente, a fronte del disconoscimento operato dall’opposta in relazione alle sottoscrizioni presenti sulle ricevute di pagamento, avrebbe dovuto proporre istanza di verificazione.

L’appellante, infine, non può dolersi del fatto che il Giudice di prime cure ha ritenuto inammissibile la richiesta di prova testimoniale da lui articolata sulla base della disciplina dettata dall’art. 2721 c.c.. Giova premettere che i capitoli di prova testimoniale risultano così formulati: ” 1) ” Vero che il sig. (…) ha restituito alla sig.ra (…) l’importo di Euro 12.000,00 mediante pagamenti periodici di Euro 1.000,00 ciascuno”; 2) ” Vero che i suddetti pagamenti di Euro 1.000,00 ciascuno erano somme relative alla restituzione della somma di Euro 15.700,00 prestata al (…) dalla sig.ra (…) mediante assegno nel maggio 2013″”.

Orbene la Corte osserva che l’art. 2721 c.c. prevede che “La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede Euro 2,58. Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza”; tale disciplina è applicabile anche al pagamento in forza dell’art. 2726 c.c. sicchè correttamente il Tribunale non ha dato ingresso alla prova testimoniale.

Nella fattispecie in esame, infatti, il pagamento supera di gran lunga il limite di valore fissato dall’art. 2726 c.c.; né risultano circostanze – peraltro neppure prospettate con l’interposto gravame – idonee a giustificare il superamento dei suindicati limiti, dovendosi rimarcare che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite previsto dall’art. 2721 c.c. è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l’esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni inerenti a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta ( cfr. Cass. n. 7940/2020).

Per completezza si osserva che il primo capitolo della prova testimoniale non può essere ammesso in quanto è stato formulato in maniera estremamente generica atteso il mancato riferimento ai tempi e alle modalità dei pagamenti periodici; ne discende che in assenza della prova degli intervenuti pagamenti – che va ribadito, in considerazione del tenore delle critiche in esame, non può essere desunta dalla prova documentale prodotta in quanto le sottoscrizioni apposte sulle ricevute di pagamento sono state disconosciute dalla creditrice, (…) – non vi è spazio neppure per l’ammissione del secondo capitolo di prova giacchè, essendo incentrato sul collegamento di tali pagamenti con il contratto di mutuo intercorso tra le parti in causa, postula la prova degli intervenuti pagamenti.

6.Le argomentazioni esposte conducono al rigetto del gravame e alla conseguente conferma della sentenza di primo grado.

La regolamentazione delle spese processuali del presente grado di giudizio segue la soccombenza.

(…), pertanto, va condannato al pagamento delle spese processuali in favore di (…), da liquidarsi come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività espletata.

Infine va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 (comma introdotto dalla L. n. 228 del 2012) per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la presente impugnazione.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Salerno, II Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) nei confronti di (…) avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 1582/2019 depositata in data 8/5/2019, così provvede:

1. rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;

2. condanna (…) al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio in favore di (…), spese che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario spese generali, I.V.A. e C.P.A. nella misura e come per legge;

3. dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 (comma introdotto dalla L. n. 228 del 2012) per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la presente impugnazione.

Così deciso in Salerno il 14 giugno 2023.

Depositata in Cancelleria il 22 agosto 2023.

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