non è proponibile l’azione di cui all’art. 2041 c.c. contro la P.A. in quanto, qualora non vi sia un contratto valido tra la stessa e colui che esegue lavori e servizi, il rapporto ” contrattuale ” si crea fra quest’ultimo e l’amministratore o funzionario che con la sua condotta in violazione delle regole contabili in merito alla gestione degli enti locali, relativamente ai beni ed ai servizi acquisiti, realizza una vera e propria frattura o scissione ope legis del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la Pubblica Amministrazione, con conseguente esclusione della riferibilità a quest’ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto dalla norme c.d. ad evidenza pubblica.
Tribunale|Latina|Sezione 2|Civile|Sentenza|3 luglio 2019| n. 1728
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LATINA
SEZIONE SECONDA
In composizione monocratica in persona del, giudice designato Dr.Alfonso Piccialli,
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa di primo grado iscritta al n.7164 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016 riservata a sentenza all’udienza di precisazione delle conclusioni del 4.04.2019 e vertente
TRA
Comune di Sermoneta, rappresentata e difesa come da delega in atti, dall’avv. Di.Lu. ed elettivamente domiciliata in Latina alla via (…) presso il proprio studio legale;
– Attore opponente –
E
(…), rappresentata e difeso dall’avv. Ca.Zo. come da mandato in atti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio legale sito in Latina, Via (…)
– Convenuto opposto –
OGGETTO: opposizione avverso decreto ingiuntivo n. 1924/20156 emesso dal Tribunale di Latina , notificato il 17.10.2016;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre brevemente premettere in fatto che l’odierno giudizio ha ad oggetto l’opposizione spiegata dal Comune di Sermoneta avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Latina e notificato in data 17.10.2016, con il quale era stato ingiunto alla amministrazione opponente di pagare la somma di Euro 29.192,20 oltre interessi al tasso legale e spese processuali in favore della arch. (…), credito sorto quale dal corrispettivo di un presunto contratto di prestazioni professionali avente ad oggetto lo svolgimento per conto dell’opposta di attività di fornitura di opere di pubblicità ed artistiche nell’ambito del più ampio appalto di lavori di completamento del restauro e della valorizzazione dell’antica Chiesa di San Michele Arcangelo e delle mura urbane.
A fondamento della spiegata opposizione deduceva l’amministrazione comunale l’inesistenza o comunque la nullità del contratto posto alla base della pretesa monitoria, atteso che la determinazione del Responsabile del Procedimento dell’Area 3 n. 352 del 3.12.2012 con la quale sarebbe stato conferito l’incarico non costituirebbe di per sé un impegno contrattuale dell’amministrazione nei confronti della (…), in assenza di apposita convenzione in forma scritta che recepisse i termini dell’accordo, ivi compreso il corrispettivo, in realtà mai pattuito.
Si costituiva l’opposto chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo impugnato e deducendo il perfezionamento del contratto per effetto della menzionata determina dirigenziale e dei successivi atti conseguenziali ( atto di autorizzazione all’utilizzo fondi del responsabile dell’area 3 Tecnico-Amministrativa) avente di per sé valore vincolante ed idonea ad impegnare l’amministrazione verso l’esterno;
in subordine, chiedeva comunque condannarsi l’amministrazione convenuta al pagamento della somma di cui al provvedimento monitorio in base all’art. 2041 c.c.
La causa, istruita mediante l’acquisizione di prove documentali e prove orali, è stata trattenuta in decisione all’udienza del 15.12.2010 previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
L’opposizione è fondata e può trovare accoglimento.
Secondo un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale per il contratto d’opera professionale, quando ne sia parte committente una P.A., e pur ove questa agisca iure privatorum, è richiesta, in ottemperanza al disposto degli artt. 16 e 17 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, la forma scritta ad substantiam, che è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l’espletamento della funzione di controllo, e, per tale via, espressione dei principi di imparzialità e buon andamento della P.A. posti dall’art. 97 Cost.
Il contratto deve, quindi, tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere.
Di conseguenza, in mancanza di detto documento contrattuale, ai fini d’una valida conclusione del contratto, rimane del tutto irrilevante l’esistenza di una deliberazione con la quale l’ente abbia conferito un incarico a un professionista, o ne abbia autorizzato il conferimento, in quanto essa non costituisce una proposta contrattuale, ma un atto con efficacia interna all’ente avente natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all’esterno. (Cass. n. 1752 del 26 gennaio 2007; Cass. n. 1702 del 26 gennaio 2006).
Dunque, nel caso di specie, alla luce del menzionato indirizzo giurisprudenziale, alcun impegno negoziale potrebbe essere riconosciuto alla determinazione dirigenziale citata né ai sucessivi atti di autorizzazione all’utilizzo dei fondi regionali, in quanto atti meramente interni, privi di effetti vincolanti per l’amministrazione convenuta e provenienti da soggetto che non avevano potere rappresentativo esterno idoneo ad impegnare contrattualmente l’ente;
si tratta di atto interni, di natura amministrativa ed al più propedeutico e preparatorio alla eventuale e futura stipula di un accordo negoziale finalizzato al conferimento dell’incarico professionale de quo.;d’altra parte, la menzionata determina è strutturalmente un atto di tipo unilaterale non rinvenendosi in alcun modo i termini di un eventuale accordo tra le parti che avrebbe dovuto avere ad oggetto anche il corrispettivo pattuito, di cui non è fatto alcun cenno nel documento allegato.
Sul punto, in assenza di un’apposita e specifica iscrizione di somme in bilancio, alcun rilievo può essere riconosciuto all’autorizzazione all’utilizzo dei fondi destinati
Inoltre, giova evidenziare ad abundantiam che quand’anche si ritenesse che il menzionato atto contenesse di per sé i termini di un accordo negoziale, lo stesso andrebbe considerato comunque nullo, atteso che il perfezionamento del contratto sarebbe avvenuto attraverso accettazione del professionista per facta concludentia, ovvero attraverso l’espletamento dell’incarico conferitogli.
Sul punto, va rilevato che la più recente giurisprudenza ha sancito la nullità di siffatti contratti (per i quali è necessaria la forma scritta ad substantiam) atteso che il documento de quo avrebbe dovuto recare, la sottoscrizione contestuale del professionista incaricato; ciò, in quanto è escluso che un simile contratto possa essere concluso a distanza, a mezzo di corrispondenza, occorrendo che la pattuizione sia versata in un atto contestuale, anche se non sottoscritto contemporaneamente; se, infatti, la legge sulla contabilità generale dello Stato, richiamata dalle norme in tema di contratti degli enti locali, consente che, ferma restando la forma scritta, il contratto possa essere concluso a distanza, a mezzo di corrispondenza, quando intercorra con ditte commerciali (art. 17 R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, richiamato dall’art. 87 R.D. 3 marzo 1934, n. 383), è indubbio che detta ipotesi costituisce una deroga rispetto non soltanto alla regola contenuta nel precedente art. 16, ma anche a quella posta dallo stesso art. 17 per cui “i contratti a trattativa privata, oltre che in forma pubblica amministrativa nel modo indicato al precedente art. 16, possono anche stipularsi per mezzo di scrittura privata firmata dall’offerente e dal funzionario rappresentante l’amministrazione”; da tale previsione derogativa – invocabile soltanto in quei negozi in cui, per esigenze di praticità, la definizione del contenuto dell’accordo è rimessa agli usi commerciali – non può, pertanto, ricavarsi la regola che in qualsiasi contratto della P.A. la forma scritta ad substantiam debba ritenersi osservata anche quando il consenso si formi in base a atti scritti successivi atteggiatisi come proposta e accettazione tra assenti (Cass. civ. 02/05/2007, n.10123,Cass. n. 1752 del 26 gennaio 2007; Cass. n. 1702 del 26 gennaio 2006, Cass. n. 7962/2003).
Tanto premesso, acclarato che il credito di cui al decreto ingiuntivo oggetto d’opposizione, non possa trovare la propria fonte in un contratto d’opera professionale, atteso il mancato perfezionamento del suddetto accordo negoziale, deve valutarsi se la pretesa del ricorrente possa trovare la propria fonte nell’art. 2041 c.c.
Orbene, la citata domanda è inammissibile in ragione del difetto di sussidiarietà della relativa azione ai sensi dell’art. 2041 c.c.
Sul punto va osservato che in tema di spese degli enti locali effettuate senza il rispetto delle condizioni di cui all’art. 23, commi 3 e 4, D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 1989, n. 144, applicabile “ratione temporis” e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall’art. 35 D.Lgs. n. 77 del 1995 e poi dall’art. 191 D.Lgs. n. 267 del 2000, l’insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, determina l’impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà. Qualora detta azione sia stata formalmente proposta, se è vero (sentenza della Corte costituzionale n. 295 del 1997), che il contraente privato è legittimato, “utendo iuribus” del funzionario (o amministratore) suo debitore, ad agire contro la P.A. in via surrogatoria ex art. 2900 cod. civ., non è però consentito al Giudice sostituire d’ufficio (e pronunciarsi su) questa azione, che è diversa da quella di arricchimento senza causa, in quanto ha “petitum” e “causa petendi” autonomi e specifici, altrimenti incorrendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ. (Cass. civ. n. 15296/2007).
Tale principio risulta ribadito con ancor maggior franchezza dalla recente sentenza dei giudici di legittimità che hanno evidenziato che non è proponibile l’azione di cui all’art. 2041 c.c. contro la P.A. in quanto, qualora non vi sia un contratto valido tra la stessa e colui che esegue lavori e servizi, il rapporto ” contrattuale ” si crea fra quest’ultimo e l’amministratore o funzionario che con la sua condotta in violazione delle regole contabili in merito alla gestione degli enti locali, relativamente ai beni ed ai servizi acquisiti, realizza una vera e propria frattura o scissione ope legis del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la Pubblica Amministrazione, con conseguente esclusione della riferibilità a quest’ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto dalla norme c.d. ad evidenza pubblica.
(Nel caso in esame un’impresa rivolgeva al Comune un’azione di arricchimento senza causa, che veniva negata per difetto del requisito della sussidiarietà stante il mancato rapporto contrattuale tra la stessa e l’Ente territoriale, intercorrente, inverto tra l’impresa e il funzionario o amministratore) ( Cfr. Cass. civ. n 80/2017).
Le spese di lite, alla luce, meritano integrale compensazione atteso che l’istruttoria orale espletata ha accertato l’effettivo svolgimento delle prestazioni di cui alla pretesa monitoria e di cui si è avvantaggiata l’amministrazione resistente.
P.Q.M.
Accoglie l’opposizione e, accertata l’inesistenza del contratto posto alla base decreto n. 1924/2016 emesso dal Tribunale di Latina, revoca il decreto ingiuntivo opposto.
Dichiara inammissibile la domanda ex art. 2041 c.c. proposta da (…);
Compensa interamente le spese di lite.
Così deciso in Latina l’1 luglio 2019.
Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2019.