nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilita’, agli effetti dell’articolo 1341 c.c. (con conseguente necessita’ di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono, percio’, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma – le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito.
Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:
Il contratto di assicurazione principi generali
L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.
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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|28 agosto 2019| n. 21758
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorso 2576/2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del Dirigente del Servizio Affari Legali Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS) SPA in persona del Legale Rappresentante (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS) SA, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1336/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 15/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/03/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.
FATTI DI CAUSA
1. La societa’ (OMISSIS) S.r.l. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della. sentenza n. 1336/17, del 15 giugno 2017, della Corte di Appello di Torino, che – per quanto qui ancora di interesse, accogliendo il gravame della societa’ (OMISSIS) S.p.a. (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”), avverso la sentenza n. 146/15, dell’8 gennaio 2015, del Tribunale di Torino, nonche’ quello incidentale esperito dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a. (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”) – dichiarava tenuta e condannava la predetta societa’ (OMISSIS) a manlevare la societa’ (OMISSIS) di tutte le somme che la stessa corrispondera’ alla societa’ (OMISSIS) SA (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”), respingendo la domanda’ di manleva proposta dall’odierna ricorrente nei confronti della societa’ (OMISSIS).
2. Riferisce, in punto di fatto, la ricorrente che la societa’ (OMISSIS), surrogatasi alla propria assicurata, conveniva in giudizio le societa’ (OMISSIS) ed (OMISSIS), nonche’ il dipendente di quest’ultima, (OMISSIS), per sentirli condannare a indennizzato alla propria assicurata.
Assumeva, infatti, l’attrice che la propria assicurata, societa’ (OMISSIS) S.r.l., alienati ad alcuni clienti partite di lamiere e nastri d’acciaio, affidava ad altra societa’ il compito di effettuare il trasporto della merce, della cui esecuzione veniva incaricata (OMISSIS), che a propria volta affidava il trasporto a (OMISSIS).
Ritirata, in data (OMISSIS), la merce dal (OMISSIS), autista di (OMISSIS), la stessa non arrivava mai a destinazione, posto che il camion veniva trafugato durante una sosta dell’autista presso l’area di servizio sita in (OMISSIS). Sul presupposto, come detto, di avere indennizzato la propria assicurata, l’attrice, surrogatasi e resasi cessionaria dei diritti della stessa, chiedeva riconoscere la responsabilita’ contrattuale della (OMISSIS) e quella aquiliana di (OMISSIS), ex articoli 2043 e 2049 c.c..
Costituitasi in giudizio, (OMISSIS) chiedeva, ed otteneva, di essere autorizzata a chiamare in causa la propria assicuratrice, societa’ (OMISSIS). Anche la (OMISSIS) si costituiva in giudizio, chiedendo, in via principale, l’accertamento del diritto a beneficiare della limitazione di cui all’articolo 1696 c.c., comma 2, con conseguente dimidiazione del risarcimento, nonche’, in via di subordine, di essere autorizzata a chiamare in causa (OMISSIS), affinche’ fosse condannata a corrispondere all’attrice ogni importo che, alla stessa, fosse riconosciuto dovuto dalla (OMISSIS).
Con ordinanza del 22 novembre 2012, resa fuori udienza, il giudice istruttore, esaminata la richiesta di chiamata di terzo proposta da (OMISSIS), “ritenuto che non si tratta di litisconsorzio necessario, che per economia processuale di giudizio e ragionevole durata tale domanda non risulta opportuna”, respingeva la richiesta ex articolo 269 c.p.c..
Cio’ nonostante, all’udienza del 20 dicembre 2012, la societa’ (OMISSIS), a dispetto dell’ordinanza di rigetto della richiesta precedentemente formulata, produceva atto di chiamata in causa di (OMISSIS), la quale contestava la nullita’ della citazione, in difetto di autorizzazione alla chiamata in causa, ribadendo di non riconoscere contraddittorio nei confronti della (OMISSIS). Alla medesima udienza il giudice istruttore dichiarava – nella ricostruzione propostane dall’odierna ricorrente – “la irritualita’ della produzione dell’atto” di citazione di (OMISSIS).
Istruita la causa, la stessa veniva decisa dal primo giudice dichiarando tenuta (OMISSIS), in solido con (OMISSIS) e il (OMISSIS), al pagamento in favore di (OMISSIS), fino a concorrenza della somma di Euro 27.950,00, oltre rivalutazione e interessi a partire dalla data del fatto, nonche’ condannando (OMISSIS) e il (OMISSIS), in solido, a corrispondere a parte attrice l’importo di Euro 65.792,87 (dei quali, ma fino a concorrenza di Euro 27.950,00, in solido anche con (OMISSIS)). L’adito Tribunale condannava, inoltre, (OMISSIS) a manlevare (OMISSIS) da tutte le somme che la stessa era stata dichiarata tenuta a corrispondere ad (OMISSIS).
Esperito appello dalla (OMISSIS), appello incidentale condizionato da (OMISSIS), nonche’ appello incidentale sia da (OMISSIS) (che censurava la sentenza del primo giudice laddove non aveva riconosciuto la sussistenza della colpa grave del vettore (OMISSIS), escludendone la condanna all’intero risarcimento), nonche’ da (OMISSIS), al fine di vedere esclusa la propria condanna a manlevare la societa’ (OMISSIS), la Corte territoriale, accogliendo l’appello principale di (OMISSIS), e quelli incidentali (OMISSIS) e di (OMISSIS), provvedeva nei termini sopra meglio individuati.
In particolare, quanto alla domanda di manleva proposta da (OMISSIS) verso (OMISSIS), la Corte territoriale l’accoglieva, ravvisando un’ipotesi di omessa pronuncia del primo giudice, essendo stata tale domanda riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, interpretando tale iniziativa come implicita richiesta di revoca delle ordinanze istruttorie.
3. Avverso la sentenza della Corte di Appello torinese ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi.
3.1. In particolare, il primo motivo deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli articoli 177 e 178 c.p.c..
Si censura la sentenza impugnata per avere ravvisato un’ipotesi di omessa pronuncia, da parte del primo giudice, in ordine alla domanda di manleva proposta dalla societa’ (OMISSIS) verso l’odierna ricorrente, avendo, invece, il Tribunale di Torino dato solo seguito ai provvedimenti con i quali il giudice istruttore non aveva autorizzato la proposizione di tale domanda, avverso i quali essa, semmai, avrebbe dovuto proporre impugnazione.
In ogni caso, si ritiene che, in occasione della precisazione delle conclusioni, la societa’ (OMISSIS), ove avesse inteso riproporre la propria domanda trasversale dei confronti di (OMISSIS), avrebbe dovuto richiedere esplicitamente la revoca delle ordinanze “de quibus”. Non essendo cio’ avvenuto, l’appello della societa’ (OMISSIS) avrebbe dovuto essere ritenuto inammissibile, giacche’ proveniente da un soggetto non legittimato, visto che nessun contraddittorio si era instaurato anche in ragione della mancata accettazione dello stesso da parte dell’odierna ricorrente – nei confronti (OMISSIS).
D’altra parte, avendo (OMISSIS) proposto la domanda trasversale solo in via subordinata, ovvero per l’ipotesi, non verificatasi, di rigetto della domanda di limitazione della propria responsabilita’ ex articolo 1696 c.c., comma 2, avrebbe dovuto ritenersi, per cio’ solo, corretta la decisione del giudice di prime cure di non prendere in considerazione la domanda di manleva.
3.2. Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione dell’articolo 1341 c.c..
La sentenza della Corte piemontese e’ impugnata, in questo caso, nella parte in cui, riformando la pronuncia del primo giudice, ha rigettato la domanda di manleva proposta da (OMISSIS) verso (OMISSIS), escludendo, diversamente dal giudice di prime cure, la natura vessatoria della clausola n. 5) del contratto di assicurazione, e, dunque, la necessita’ di una sua specifica approvazione per iscritto.
Si sottolinea che, secondo detta clausola, per l’operativita’ della garanzia assicurativa occorrerebbe:
“a) che durante le fermate o soste in corso di viaggio, da qualsiasi causa dipendenti, i veicoli siano sottoposti a sorveglianza ininterrotta, intendendosi per tale quella esercitata a vista ed attraverso continua presenza dell’autista o di altro incaricato del vettore (secondo autista o accompagnatore, personale di scorta) nelle immediate vicinanze del veicolo, la cui cabina dovra’ avere vetri chiusi e le portiere chiuse a chiave;
b) che durante le anzidette fermate o soste i veicoli siano custoditi in locali con gli accessi sotto controllo o chiusi con mezzi appropriati oppure in aree munite di valide recinzioni e con i varchi sotto controllo o chiusi con mezzi appropriati;
c) che i veicoli stessi sostino in aree portuali e/o aeroportuali recintati e con i varchi sotto controllo”.
Si tratterebbe, secondo la ricorrente, di una clausola solo all’apparenza limitativa dell’oggetto del contratto, ovvero del rischio assicurato, ma, in realta’, limitativa della responsabilita’. Viene richiamata, in particolare, la giurisprudenza di questa Corte che, proprio con riferimento al contratto di assicurazione, reputa vessatorie quelle clausole che negano la copertura assicurativa sulla base della mancata adozione, da parte dell’assicurato, di iniziative di impossibile o particolarmente difficile attuazione, quali sarebbero, esattamente, per l’ipotesi di furto, la sorveglianza ininterrotta e a vista del mezzo, ovvero la necessita’ di ricoverare lo stesso in aree munite di valide recinzioni e con varchi sotto controllo o chiusi con mezzi appropriati, evenienza, questa, che, di fatto, si presenta incompatibile con la possibilita’ di trasporto della merce lungo la rete stradale e autostradale, prive di aree di sosta dotate di tali caratteristiche.
4. La societa’ (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, alla descritta impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’ o comunque il rigetto.
Evidenzia, in particolare, come la decisione della Corte territoriale di accogliere la domanda di manleva, da essa (OMISSIS) proposta nei confronti di (OMISSIS), non si fondi affatto sul presupposto di una revoca implicita dell’ordinanza emessa dal giudice istruttore il 22 novembre del 2012.
L’odierna controricorrente, in particolare, sottolinea come la duplice ordinanza istruttoria, pronunciata nel corso del giudizio di prime cure, dovesse intendersi, non come declaratoria di inammissibilita’ della domanda trasversale, bensi’ come semplice presa d’atto della gia’ avvenuta corretta instaurazione del contraddittorio, al riguardo, tra essa (OMISSIS) ed (OMISSIS), senza necessita’ di un ulteriore differimento della prima udienza, oltre quella gia’ imposta dalla chiamata in causa della societa’ (OMISSIS) da parte di (OMISSIS).
Del resto, si sottolinea come la domanda trasversale (ovvero, di un convenuto verso altro convenuto) sia considerata, nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua di una comune domanda riconvenzi’onale, come tale non assoggettata alla disciplina di cui all’articolo 269 c.p.c..
5. E’ intervenuta in giudizio anche la societa’ (OMISSIS), per resistere, con controricorso, alla descritta impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’ o comunque il rigetto.
In particolare, essa insiste nel sottolineare come la clausola numero 5 del contratto di assicurazione non possa considerarsi vessatoria.
Richiama, infatti, gli arresti di questa Corte che escludono l’applicazione dell’articolo 1341 c.c., e dunque la necessita’ della specifica approvazione per iscritto, per le clausole del contratto di assicurazione contro il furto subordinanti la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi da parte dell’assicurato.
6. Il ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. Il ricorso va rigettato.
7.1. Il primo motivo non e’ fondato.
7.1.1. In via preliminare, peraltro, si palesa necessario un approfondimento sull’effettivo contenuto delle ordinanze istruttorie del 22 novembre e del 20 dicembre 2012, accertamento espletabile, da parte di questa Corte, essendo quello denunciato un (supposto) “error in procedendo”, rispetto ai quali essa e’ anche giudice del “fatto processuale”, con possibilita’ di accesso diretto agli atti del giudizio (da ultimo, Cass. Sez. 6-5, ord. 12 marzo 2018, n. 5971, Rv. 64736601; ma nello stesso senso gia’ Cass. Sez. Un., sent. 22 maggio 2012, n. 8077, Rv. 622361-01).
D’altra parte, avendo la ricorrente riprodotto, nel ricorso, il loro testo (nonche’ allegato le stesse al proprio atto di impugnazione), risultano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4).
Orbene, siffatto approfondimento si rende necessario perche’ le societa’ (OMISSIS) ed (OMISSIS) muovono da due interpretazioni diametralmente opposte di tali provvedimenti e, di riflesso, del “silenzio” serbato su di essi dalla sentenza del primo giudice. Per l’odierna ricorrente (OMISSIS), infatti, le ordinanze “de quibus” consisterebbero nella mancata autorizzazione alla proposizione della domanda trasversale e nella successiva declaratoria di irritualita’ della citazione all’uopo indirizzata avverso di essa, in difetto di autorizzazione, da (OMISSIS), mentre per quest’ultima il diniego di autorizzazione riguarderebbe solo il differimento della prima udienza ex articolo 269 c.p.c., comma 2 (peraltro, a suo dire, non necessario, essendo quella trasversale una “comune” domanda riconvenzionale), in tal senso dovendo intendersi la declaratoria di “non ritualita’” della citazione, comunque, effettuata nei confronti di essa (OMISSIS).
7.1.2. Cio’ detto, la disamina delle ordinanze conferma, “in fatto”, la prospettazione dell’odierna ricorrente (ma, come si dira’ di seguito, non le giova “in diritto”), in quanto con la prima di esse – quella del 22 novembre – il Tribunale, sulla richiesta di chiamata di terzo proposta da (OMISSIS), cosi’ provvedeva: “ritenuto che non si tratta di litisconsorzio necessario, che per economia processuale di giudizio e ragionevole durata tale domanda non risulta opportuna (…) respinge la richiesta”. Con la seconda (ovvero, quella del 20 dicembre), il Tribunale dichiarava, di conseguenza, “la irritualita’ della produzione dell’atto” (di citazione), e cio’, infatti, “vista l’ordinanza 22/11/2012”.
Risulta, dunque, certo che il primo giudice abbia deciso di non consentire la proposizione della domanda di manleva di (OMISSIS) verso (OMISSIS)
7.1.3. Cio’ premesso in fatto, deve rilevarsi – nell’esaminare il presente motivo di ricorso – che siffatte ordinanze, diversamente da quanto ipotizza l’odierna ricorrente, non erano autonomamente impugnabili da (OMISSIS), e cio’ alla stregua del principio secondo cui “la chiamata in causa di un terzo, a differenza dell’ordine di integrazione del contraddittorio ex articolo 102 c.p.c., involge valutazioni circa l’opportunita’ di estendere il contraddittorio ad altro soggetto ed e’ sempre rimessa alla discrezionalita’ del giudice di primo grado, onde il relativo potere, comunque esercitato, in senso positivo o negativo, non puo’ essere oggetto di censura con il mezzo dell’appello o del ricorso per cassazione” (cosi’, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 28 marzo 2014, n. 7406, Rv. 630315-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. 3, sent. 19 maggio 1999, n. 4856, Rv. 526412-01).
Nondimeno, resta inteso che tali ordinanze non fossero state ritualmente adottate dal Tribunale di Torino, e cio’ alla stregua del principio secondo cui “la domanda formulata da un convenuto trasversalmente nei confronti di un altro va qualificata come domanda riconvenzionale, e puo’ essere proposta negli stessi limiti di quest’ultima” (da ultimo, Cass. Sez. 2, sent. 16 marzo 2017, n. 6846, Rv. 643373-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. 3, sent. 12 novembre 1999, n. 12558, Rv. 531062-01; Cass. Sez. 2, sent. 13 maggio 1993, n. 5460, Rv. 482338-01). Di conseguenza, era sufficiente per (OMISSIS) ribadire la domanda “de qua”, come ha fatto, in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado (anche per evitare che la stessa potersi ritenersi rinunciata), senza dover richiedere la revoca delle ordinanze istruttorie, non conferente essendo la giurisprudenza richiamata – in senso contrario dall’odierno ricorrente, che riguarda la reiterazione delle istanze istruttorie.
Da quanto precede emerge, cosi’, che il “silenzio” serbato dal Tribunale su tale domanda, va inteso come un rigetto “implicito” della stessa (pronuncia implicita, evidentemente, assunta sul presupposto che la proposizione della domanda non fosse stata autorizzata), sicche’ essa era certamente impugnabile dalla (OMISSIS), anzi doveva esserlo, costituendo il solo modo per riproporre quella domanda non accolta, non potendo certo applicarsi l’articolo 346 c.p.c., norma, quest’ultima, operante solo in caso di “prospettazione al giudice di appello di domande ed eccezioni che, in quanto soltanto “riproposte”, cioe’ proposte come lo erano state al primo giudice, possono esserlo si’ perche’ sono state da quel giudice “non accolte”, ma senza che egli le abbia considerate espressamente o implicitamente nella sua motivazione e dunque senza che le valutazioni su di esse abbiano potuto determinare il contenuto della decisione e senza che l’omissione della decisione su di esse abbia giuocato un ruolo nella determinazione della decisione” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 19 aprile 2016, n. 7770, non massimata sul punto).
Il motivo, dunque, va rigettato.
7.2. Il secondo motivo, del pari, non e’ fondato.
7.2.1. Va data, qui, continuita’ al principio, ancora di recente affermato da questa Corte, e proprio con riferimento a “clausole di un contratto di assicurazione contro il furto subordinanti la garanzia assicurativa all’adozione di speciali dispositivi di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi” (e, in particolare, come nel caso che qui occupa, quelli che “il mezzo fosse sorvegliato ininterrottamente o posto in aree custodite in occasione di fermate e soste”), che ha escluso la vessatorieta’ di simili clausole, sul rilievo che “nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilita’, agli effetti dell’articolo 1341 c.c. (con conseguente necessita’ di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono, percio’, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma – le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 28 ottobre 2014, n. 22806, Rv. 633190-01; nello stesso senso, sempre con specifico riferimento ad assicurazione relativa al rischio furto, Cass. Sez. 3, sent. 27 luglio 2001, n. 10290, Rv. 548564-01; Cass. Sez. 1, sent. 8 luglio 1991, n. 7533, Rv. 473000-01).
Ne’ tale conclusione e’ contraddetta da quanto affermato nella sola delle sentenze richiamate in ricorso (le altre concernendo, invero, ipotesi diverse da quella oggi in esame) relativa all’assicurazione contro il furto, giacche’ essa ha ritenuto vessatoria una clausola “secondo cui l’assicurazione “non valeva se, durante gli spostamenti a terra od in luoghi non sicuri non fossero state adottate idonee misure di sicurezza e di sorveglianza per la protezione”” del bene trasportato, e cio’ sul rilievo che “per la genericita’ delle espressioni usate ed il suo prestarsi ad un’indiscriminata contestazione dell’obbligo di garanzia, aveva la portata sostanziale di patto di esclusione o limitazione della responsabilita’ dell’assicuratrice” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 21 ottobre 1994, n. 8643, Rv. 488189-01).
Nel caso che occupa gli oneri posti a carico dell’assicurato – peraltro, alternativamente – si risolvono o nel munirsi di un secondo autista (o accompagnatore), oppure, ma come detto in alternativa, nel garantire la sosta del mezzo in luoghi chiusi.
8. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
9. A carico della ricorrente sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando la societa’ (OMISSIS) S.r.l. a rifondere alle societa’ (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS) S.p.a. le spese del presente giudizio, che liquida – per ciascuna di esse – in Euro 4.000,00, piu’ spese prenotate a debito, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.