la prescrizione quinquennale Decreto Legge 29 marzo 1993, n. 82, ex articolo 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162, non trova applicazione con riferimento ai diritti fatti valere dal gestore del servizio postale in relazione a contratti da esso conclusi e pur implicanti prestazioni di autotrasporto per conto terzi.
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|15 settembre 2021| n. 24895
Data udienza 24 febbraio 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7623-2019 proposto da: PU
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5878/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. La societa’ (OMISSIS) S.r.l. ricorre, sulla base di otto motivi, per la cassazione della sentenza n. 5878/18, del 20 settembre 2018, della Corte di Appello di Roma, che – accogliendo il gravame incidentale esperito dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a. contro la sentenza n. 5343/15, del 18 febbraio 2015, del Tribunale di Roma (che aveva dichiarato prescritto, ai sensi dell’articolo 2951 c.c., il credito dalla stessa azionato nei confronti dell’odierna ricorrente), respingendo, invece, quello principale della societa’ (OMISSIS), in relazione alla declaratoria di inammissibilita’ della riconvenzionale da essa proposta verso (OMISSIS) – ha, in parziale riforma della sentenza impugnata, cosi’ statuito.
In particolare, essa ha condannato l’odierna ricorrente a pagare a (OMISSIS), a titolo di conguaglio per prestazioni di spedizione pacchi eseguite dal (OMISSIS), la somma di Euro 571.404,64, oltre interessi ai sensi del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, confermando, viceversa, il rigetto della riconvenzionale con cui (OMISSIS) aveva chiesto all’attrice di restituirle l’importo che era stata costretta a versare al proprio fideiussore, avendo quest’ultimo chiesto, in via di regresso, l’importo oggetto della polizza fideiussoria escussa da (OMISSIS) e prevista a garanzia dei crediti suddetti, vantati verso (OMISSIS).
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente – societa’ operante nel settore delle vendite, “on line” e su catalogo, di articoli di abbigliamento e per la casa – di essersi avvalsa, e al suo pari anche la societa’ (OMISSIS) S.r.l. (dalla prima poi fusa per incorporazione), di un servizio di spedizione pacchi, offerto da (OMISSIS), attraverso la stipulazione continuativa di contratti di spedizione della durata di un anno.
Deduce, inoltre, che in relazione a tre contratti (i primi due sottoscritti, rispettivamente, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), il 21 luglio 2004, il terzo dalla sola (OMISSIS), il 5 settembre 2005) insorgeva il contenzioso che ha messo capo alla sentenza oggi impugnata. Difatti, (OMISSIS) richiedeva, nel gennaio 2006, il pagamento di conguagli per prestazioni eseguite a partire dall’anno (OMISSIS), e cio’ in relazione alla spedizione di pacchi per i quali sarebbero emerse differenze di peso e/o dimensioni rispetto a quanto contrattualmente stabilito.
Assume, tuttavia, l’odierna ricorrente il carattere indebito di tale richiesta, dal momento che tali misurazioni vennero effettuate “a posteriori”, rispetto al momento del ritiro dei pacchi presso la sede del cliente, e quindi in difetto di contraddittorio con (OMISSIS)/ (OMISSIS).
A suo dire, infatti, gli accordi contrattuali prevedevano che (OMISSIS) ritirasse la merce da spedire, tramite un proprio corriere, presso la sede del cliente, effettuando prima di ogni spedizione una misurazione di controllo, volta a verificare la corrispondenza di ciascuno pacco, per peso e misura, alle informazioni indicate in un “file” predisposto dal cliente stesso in vista di ciascuna spedizione.
Qualora, poi, all’esito di tale misurazione, taluni pacchi avessero presentato difformita’ rispetto ai dati risultanti dal “file” anzidetto, gli stessi sarebbero stati rinviati al cliente, con l’indicazione di un codice di errore relativo alla difformita’ riscontrata (“901” per il peso non conforme, “902” per il volume non conforme), affinche’ il medesimo provvedesse alla correzione del contenuto del “file”, di modo che, sulla base dei dati rettificati, fosse ricalcolato l’importo dovuto a (OMISSIS) per la successiva spedizione, importo da corrispondersi entro la fine del mese successivo. In caso contrario, ovvero se la misurazione non avesse rilevato anomalie o difformita’, (OMISSIS) avrebbe essa inviato un “file” a (OMISSIS) o (OMISSIS), indicando nello “status” di accettazione il “codice 000”, procedendo, cosi’, alla spedizione.
Orbene, alla luce di siffatte pattuizioni, non era prevista secondo la ricorrente – alcuna segnalazione successiva di eventuali anomalie nelle misurazioni, sicche’, a spedizione avvenuta, l’unica possibilita’ per (OMISSIS) di richiedere un conguaglio era basata sulla verifica (peraltro, da compiersi a fine anno contrattuale) del rispetto, da parte del cliente, di un “quantitativo minimo di spedizioni”.
Su tali basi, dunque, l’odierna ricorrente assume di aver sempre contestato le diffide di pagamento di (OMISSIS), all’ultima delle quali – inoltrata in data 8 aprile 2008 – faceva seguito, oltre il termine di prescrizione ex articolo 2951 c.c., la citazione in giudizio di (OMISSIS).
Radicato, cosi’, da (OMISSIS) il giudizio per il pagamento di quanto essa assumeva esserle dovuto, l’odierna ricorrente – oltre ad eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto azionato, nonche’ a contestare nel merito, per le ragioni appena illustrate, la pretesa attorea – agiva in via di riconvenzione, perche’ l’attrice fosse condannata a restituirle la somma di Euro 200.000,00, che la stessa aveva conseguito in ragione dell’escussione (che (OMISSIS) assumeva essere illegittima) della polizza fideiussoria prestata da (OMISSIS)- (OMISSIS) (d’ora in poi, ” (OMISSIS)”), atteso che il fideiussore, dopo il pagamento, aveva agito in via di regresso verso essa (OMISSIS).
Accolta dal primo giudice l’eccezione preliminare di prescrizione, e dunque rigettata la domanda, la riconvenzionale veniva, invece, dichiarata inammissibile. Esperito gravame principale da (OMISSIS), per censurare proprio tale seconda statuizione, il giudice di appello lo respingeva, accogliendo invece quello incidentale di (OMISSIS), e con esso la domanda di condanna dell’odierna ricorrente al pagamento della somma sopra meglio indicata.
3. Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la societa’ (OMISSIS), sulla base di otto motivi.
3.1. Il primo motivo – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione della L. 6 giugno 1974, n. 298, articolo 59 in relazione all’articolo 50 stessa legge, nonche’ della L. 27 maggio 1993, n. 162, articolo 1 e al Decreto Legge 29 marzo 1993, n. 82, articolo 2 nella parte in cui la sentenza impugnata “ha applicato la normativa delle tariffe c.d. a forcella e il termine di prescrizione quinquennale ai contratti di spedizione postale inter partes”, in luogo dell’applicazione dell’articolo 2951 c.c.
L’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale risulterebbe apprezzabile su piu’ piani: in primo luogo, perche’ i trasporti postali sono (o meglio, erano) specificamente sottratti all’applicazione del sistema delle “tariffe a forcella”, giusta la previsione di cui alla L. n. 298 del 1974, articolo 59; in secondo luogo, perche’ la “ratio” sottesa a tale disciplina – ovvero garantire un certo margine di utile al trasportatore, evitando, nel contempo, situazioni di concorrenza sleale realizzata mediante il contenimento dei corrispettivi, con possibili riflessi negativi sulla qualita’ e sicurezza del trasporto – non si presentavano in materia di trasporti postali, “dal momento che le tariffe delle spedizioni postali vengono gia’ fissate in via autoritativa dall’autorita’ di regolamentazione del servizio postale”; in terzo luogo, perche’ i contratti di spedizione postale sono diversi da quelli di autotrasporto su strada non possedendone i requisiti previsti dalla gia’ citata L. n. 298 del 1974, articoli 1, 12, 13, 40 e 41, articoli, pertanto, anch’essi violati dalla sentenza impugnata.
3.2. Il secondo motivo – proposto sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 22 luglio 1999, n. 261, articolo 13, comma 3, del Decreto Ministeriale 9 aprile 2001, articolo 1 del Decreto Ministeriale 18 aprile 2001, articolo 5 e del Decreto Ministeriale 16 dicembre 2004, articolo 2.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che la creazione, nei contratti per e’ causa, “di un sistema di deroghe alle tariffe ordinarie giustificato dalla quantita’ dei pacchi movimentati”, avrebbe dato vita ad “una situazione del tutto sganciata dalle tariffe dei servizi postali”, da ritenere “ben assimilabile” alla concorrenza “tenuta in considerazione” dalla L. n. 162 del 1993, ovvero la legge che aveva fissato in cinque anni il termine di prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, per i quali era previsto il sistema delle “tariffe a forcella”.
Cosi’ decidendo, tuttavia, la Corte capitolina avrebbe omesso di considerare che, per legge, ovvero in base alle norme sopra indicate (e tutte, peraltro, richiamate “nelle previsioni contrattuali inter partes”), (OMISSIS) ha la facolta’ di fissare prezzi particolari per clienti individuali, “solo in materia di servizio postale”.
3.3. Il terzo motivo – proposto sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto.
Per l’esattezza, e’ dedotta la violazione e falsa applicazione, innanzitutto, dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 183 c.p.c., commi 5 e 6, per avere la Corte territoriale omesso di porre a fondamento della propria decisione un fatto non contestato da (OMISSIS), ossia l’applicabilita’ della prescrizione annuale ex articolo 2951 c.c.
L’attrice, difatti, a fronte dell’eccezione di prescrizione, tempestivamente sollevata da (OMISSIS) nella propria comparsa di risposta ai sensi della norma teste’ menzionata, “controeccepiva” solo in comparsa conclusionale l’applicazione del termine quinquennale di cui al Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993.
Violato e falsamente applicato sarebbe, poi, pure l’articolo 2938 c.c., in relazione agli articoli 115, 183 e 190 c.p.c., per avere la Corte di Appello applicato d’ufficio una prescrizione non tempestivamente sollevata da (OMISSIS) e che si basava su fatti nuovi non allegati, evenienza, questa della “novita’ dei fatti”, che secondo la ricorrente costituisce – nella giurisprudenza di questa Corte – il limite alla possibilita’ del rilievo officioso di una controeccezione in materia di prescrizione, allorche’ la stessa non sia rilevata nel rispetto della barriera preclusiva di cui all’articolo 183 c.p.c.
Invero, l’attrice, nel riferirsi alla fattispecie di cui al gia’ citato Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993, avrebbe ampliato il “thema decidendum”, destinato ad includere “un’indagine diretta ad accertare la ricorrenza dei presupposti di fatto per applicare al caso di specie la disciplina delle tariffe cd. “a forcella””.
3.4. Il quarto motivo – proposto nuovamente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., “con riguardo alla interpretazione e qualificazione dei contratti inter partes come contratti di trasporto di merce su strada per conto terzi”.
Premesso che, secondo la ricorrente, nella gerarchia dei criteri ermeneutici quello letterale deve intendersi come il principale, gia’ la semplice lettura delle singole clausole inserite nei contratti “de quibus” permetteva di concludere come l’intento delle parti fosse quello di concludere un contratto di spedizione postale.
Invero, la natura postale del servizio fornito a (OMISSIS) ed (OMISSIS) si ricaverebbe da numerosi elementi, e in particolare: dalla loro denominazione, dal fatto che la controparte delle predette societa’ fosse il soggetto deputato allo svolgimento del servizio postale universale sul territorio nazionale ed internazionale e, infine, dagli espliciti riferimenti alla disciplina del servizio postale contenuti nei contratti stessi. In tale ultima prospettiva rileverebbe, in particolare, il richiamo al Decreto Ministeriale Ministero delle Comunicazioni 9 aprile 2001, alla Delib. Ministero delle Comunicazioni 18 aprile 2001, alla Delib. Ministero delle Comunicazioni 16 dicembre 2004, al Decreto Legislativo 22 luglio 1999, n. 261, e cio’, segnatamente, nelle clausole 4.1., 4.2. 4.3. e 10.1. dei contratti in questione, oltre che nell’Allegato 1 degli stessi.
3.5. Il quinto motivo – proposto nuovamente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., “in relazione ai controlli e conguagli previsti contrattualmente”.
Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che i contratti in esame “avessero previsto la facolta’ di (OMISSIS) – oltre il termine di trenta giorni e anche dopo l’anno contrattuale quando i pacchi non erano piu’ disponibili perche’ consegnati – di ricalcolare le misure e i pesi dei pacchi gia’ spediti e di ricalcolare i corrispettivi gia’ pagati da (OMISSIS)/ (OMISSIS)”, contestando, in particolare, quel passaggio motivazionale in cui si afferma che l’articolo 3.5. dei testi contrattuali “de quibus”, nel riferirsi “all’individuazione di un difetto o un eccesso delle somme versate rispetto alle spedizioni effettuate necessariamente comprende anche una verifica non solo dei pacchi spediti, ma anche delle loro caratteristiche”.
Per contro, assume la ricorrente, il suddetto articolo 3.5. stabiliva che (OMISSIS) “provvedera’ alla verifica di quanto spedito, calcolando eventuali conguagli a debito o a credito, specificando rispettivamente l’entita’ delle somme da versare o recuperare, nonche’ comunicando eventualmente il nuovo prezzo sulla scorta dei volumi prodotti”, cioe’, a dire di (OMISSIS), sul numero dei pacchi spediti. Lo comproverebbe, del resto, la lettura dell’articolo 2.1. secondo cui il “cliente si impegna a spedire 500.001 volume di pacchi con riferimento al periodo contrattuale”, soggiungendo che in “caso di mancato raggiungimento dei volumi verranno effettuati i relativi conguagli con riguardo ai prezzi relativi a fasce di sconto inferiori”.
Errata, inoltre, sarebbe l’affermazione della Corte capitolina secondo cui le verifiche di cui all’articolo 2.2.5., ovvero quelle svolte secondo il sistema di “contraddittorio” tra le parti (di cui sopra si diceva), “lungi dal riguardare il numero dei pacchi cosi’ come le loro caratteristiche ai fini dell’individuazione delle tariffe applicabili”, sarebbe stato “piuttosto volto alla verifica di anomalie evidentemente di immediata percezione esterna, come il difetto del pacco quanto all’imballaggio”.
Assume, per contro, la ricorrente che la semplice lettura dell’Allegato 1 ai contratti permetterebbe di verificare come il giudice “abbia omesso ogni indagine sulla volonta’ delle parti”, con violazione dell’articolo 1362 c.c., in particolare “omettendo di rilevare” che era (OMISSIS) e/o il proprio corriere a dover “verificare i pesi e le misure dei pacchi oggetto di spedizione non appena gli stessi giungevano ai propri hub, ovviamente prima di spedirli”, e cio’ sulla base di quel sistema di scambio di informazioni che si e’ sopra delineato.
3.6. Il sesto motivo – proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”, e cio’ “in connessione con gli articoli 115 e 116 c.p.c.”, fatto decisivo costituito dal documento n. 54 del fascicolo di primo grado (OMISSIS).
Si tratta, per l’esattezza, di un CD – che consta di 32.039 pagine – “che raffigura il contenuto del server FTP circa le spedizioni oggetto del presente giudizio”, documento che “prova” come le “misure dei pacchi indicate da (OMISSIS)” fossero “controllate e confermate” dal (OMISSIS) (o dal suo corriere), mediante “l’indicazione del codice “000””, e cio’ in assenza di difformita’ rispetto a quanto risultante dal “file” previamente predisposto da (OMISSIS)/ (OMISSIS).
Orbene, la Corte territoriale, se avesse esaminato tale documento, avrebbe appurato che il controllo delle misure dei pacchi, quanto a dimensioni, volumi, pesi ed imballaggi, avveniva subito dopo il ritiro dei pacchi stessi, e non successivamente, come invece ha preteso di affermare (OMISSIS) a fondamento dei propri asseriti crediti, e come ritenuto erroneamente dalla sentenza impugnata.
3.7. Il settimo motivo – proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 346 c.p.c. e degli articoli 115 e 116 c.p.c.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe omesso di valutare le lettere inviate da (OMISSIS) per contestare le pretese di (OMISSIS), in particolare in risposta ai “report” in forza dei quali essa aveva “ricalcolato” i compensi dovutigli, atteso che tale omissione integrerebbe violazione del principio di acquisizione processuale (trattandosi di documenti gia’ tempestivamente prodotti in primo grado), e con esso pure dell’articolo 346 c.p.c.
3.8. Infine, l’ottavo motivo – proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – denuncia “invalidita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 132 c.p.c. per manifesta illogicita’ della motivazione in relazione al fatto discusso e decisivo circa la prova del pagamento di (OMISSIS) a (OMISSIS) di Euro 200.000,00 in via di regresso a seguito dell’escussione della fideiussione”.
Si censura la sentenza impugnata, giacche’ si assume affetta da irriducibile contraddittorieta’ nella parte in cui reputa non provato l’esborso di (OMISSIS) a (OMISSIS), sul rilievo che agli atti vi sarebbe un documento (n. 52) proveniente dalla seconda che, mentre in una pagina “attesta il versamento in favore di (OMISSIS), con l’indicazione della causale (fideiussione)”, attesta, nell’altra, “il versamento in favore di (OMISSIS) indicando come causale (OMISSIS)”, riportando “una indicazione “a debito”” che, secondo la Corte capitolina, “non comprova – in nessun modo – l’avvenuto addebito di detta somma di Euro 200.000,00 sul conto corrente di (OMISSIS)”.
Orbene, la prima contraddizione ed illogicita’ consisterebbe nel fatto di aver inteso le due operazioni come entrambe riferite all’esborso di denari da parte della banca fideiubente in favore di (OMISSIS), giacche’, se cosi’ fosse, non avrebbe ragion d’essere la precisazione “operazione a debito di (OMISSIS)”. In realta’, le due pagine del documento si riferiscono, secondo la ricorrente, “a due distinte operazioni”: quella con cui (OMISSIS) ha pagato (OMISSIS) “in esecuzione dell’escussione della fideiussione” e, poi, quella con cui (OMISSIS) “ha incassato la medesima somma dal conto di (OMISSIS)”, per effetto del regresso.
4. La societa’ (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’ ovvero, in subordine, di infondatezza.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ex articolo 378 c.p.c., mentre il Procuratore Generale presso questa Corte – nella persona di un suo sostituto – ha fatto pervenire conclusioni scritte, nel senso dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Il ricorso va accolto, nei termini di seguito meglio precisati.
7. In via preliminare, tuttavia, appare utile operare una precisazione circa la portata del ricorso in esame.
Gli otto motivi in cui esso si articola sono riconducibili a tre diverse “aree tematiche” (corrispondenti, a propria volta, alle tre diverse statuizioni adottate della Corte territoriale), ovvero:
– quella relativa all’applicabilita’, alla presente fattispecie contrattuale, del termine di prescrizione annuale di cui all’articolo 2951 c.c., in luogo di quello quinquennale previsto dal Decreto Legge 29 marzo 1993, n. 82, articolo 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162, ritenuto, invece, operante dalla Corte capitolina in accoglimento del gravame incidentale di (OMISSIS) (tale questione e’ oggetto dei primi quattro motivi, dei quali il terzo ha carattere pregiudiziale, perche’ assume che (OMISSIS), non avendo contestato tempestivamente l’eccezione con cui la convenuta (OMISSIS) aveva dedotto l’operativita’ del termine codicistico di prescrizione, non avrebbe potuto “controeccepire” l’applicazione del termine quinquennale di cui alla citata “lex specialis”, ne’ il giudice di appello applicarlo d’ufficio);
– quella relativa al riconoscimento del credito spettante a (OMISSIS), e dunque alla fondatezza, nel merito, della domanda da essa proposta e soddisfatta – nuovamente in accoglimento dell’appello incidentale – solo dal giudice di seconde cure (tale questione e’ oggetto dei motivi quinto, sesto e settimo);
– quella relativa, infine, alla riconvenzionale di (OMISSIS) rigettata da entrambi i giudici di merito, con decisione “doppia conforme” – volta a conseguire il pagamento, a carico di (OMISSIS), di una somma corrispondente a quella che l’odierna ricorrente assume di aver versato al proprio fideiussore, in relazione alla pretesa dallo stesso azionata, in via di regresso, verso l’obbligato principale, (OMISSIS), appunto, in ragione dell’avvenuta escussione della garanzia personale prestata per il debito per cui e’ causa (tale questione e’ oggetto dell’ottavo motivo).
Orbene, cosi’ riassunto il contenuto della presente impugnazione, passando all’esame dei primi quattro motivi di ricorso, deve rilevarsi quanto segue.
7.1. Il terzo motivo – che, come detto, risulta pregiudiziale non e’ fondato.
7.1.1. La tesi della ricorrente, secondo cui – a fronte di un’eccezione di prescrizione del diritto azionato in giudizio, comunque contestata da chi quel diritto faccia valere – la non immediata “controeccezione” dell’operativita’ di un diverso termine prescrizionale possa produrre gli effetti di cui all’articolo 115 c.p.c., comma 1, seconda alinea, precludendo alla parte la possibilita’ di sollevarla in seguito (e al giudice di rilevarla, una volta che tale iniziativa sia stata assunta), non trova riscontro nei principi tradizionalmente enunciati, in materia, da questa Corte.
Essa, invero, ha ripetutamente affermato che “la deduzione relativa all’applicabilita’ di uno specifico termine di prescrizione” nel caso di specie, quello di cui al Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993, in luogo di quello, gia’ eccepito, ai sensi dell’articolo 2951 c.c. – costituisce “una controeccezione in senso lato, la cui rilevazione puo’ avvenire anche d’ufficio, nel rispetto dei termini di operativita’ delle preclusioni relative al “thema decidendum” previsti nell’articolo 183 c.p.c., qualora sia fondata su nuove allegazioni di fatto”, restando, invece, inteso che “se e’ basata su fatti storici gia’ allegati entro i termini di decadenza propri del procedimento ordinario a cognizione piena, la sua proposizione e’ ammissibile nell’ulteriore corso del giudizio di primo grado, in appello e, con il solo limite della non necessita’ di accertamenti di fatto, in cassazione, dove non costituisce questione nuova inammissibile” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 3 novembre 2020, n. 24260, Rv. 659846-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. 1, sent. 16 maggio 2016, n. 9993, Rv. 639743-01 e Cass. Sez. 3, ord. 21 febbraio 2011, n. 4238, Rv. 617106-01).
Cio’ premesso, la circostanza che tale “controeccezione” fosse stata sollevata da (OMISSIS), per la prima volta, nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, con iniziativa che – come sottolinea l’odierna ricorrente – “ampliava il “thema decidendum”, comportando un’indagine diretta ad accertare la ricorrenza dei presupposti di fatto per applicare al caso di specie la disciplina delle tariffe cd “a forcella””, non precludeva l’operativita’ del principio giurisprudenziale sopra richiamato. Difatti, la sola condizione ostativa alla proposizione, persino in appello, di una simile controeccezione e’ l’impossibilita’ di “nuove allegazioni di fatto”, essendo tale iniziativa, invece, consentita se “basata su fatti storici gia’ allegati”, ancorche’ degli stessi si proponga una diversa qualificazione giuridica (vale a dire, nel caso che occupa, la riconducibilita’ della relazione negoziale intercorrente tra (OMISSIS) e (OMISSIS) come contratto di autotrasporto di merci per conto terzi soggetto al sistema delle tariffe “a forcella”).
In altri termini, e’ evidente che la deduzione, quale controeccezione, di un termine prescrizionale diverso rispetto a quello gia’ invocato da chi abbia eccepito la prescrizione, comporta sempre un ampliamento del “thema decidendum”, giacche’ richiede, inevitabilmente, il confronto con una diversa qualificazione giuridica dei fatti allegati, essendo, del resto, il regime della prescrizione dei diritti sempre “calibrato” sulla riconducibilita’ del fatto generatore del diritto ad un’ipotesi legale piuttosto che ad un’altra.
Si pensi, al riguardo, al caso paradigmatico – cui si riferisce proprio la giurisprudenza di questa Corte sopra citata – di una controeccezione con cui si invochi, in materia di responsabilita’ aquiliana, l’operativita’ del termine di cui all’articolo 2947 c.c., comma 3, (in luogo di quello di cui al comma 1 medesimo articolo); iniziativa, questa, che implica, addirittura, la verifica che il fatto dedotto quale illecito civile possa essere ricondotto, seppur astrattamente, ad una fattispecie criminosa.
Per queste ragioni, dunque, il presente motivo deve ritenersi non fondato, esito che comporta, pertanto, la necessita’ di stabilire attraverso lo scrutinio dei motivi primo, secondo e quarto – se alla fattispecie in esame potesse effettivamente applicarsi il termine di prescrizione (quinquennale) di cui al Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993.
7.2. I motivi suddetti censurano, infatti, sotto vari profili la decisione della Corte capitolina di escludere l’operativita’ del termine di prescrizione dell’articolo 2951 c.c., in favore di quello di cui al Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993.
Invero, la ricorrente ora evidenzia come ne’ la lettera, ne’ la “ratio”, della norma di legge suddetta consentirebbero di ritenerla applicabile al servizio postale (primo motivo), ora, invece, sottolinea come l’affermazione della sentenza impugnata – secondo cui la pattuizione contrattuale in esame, in quanto “sganciata dalle tariffe dei servizi postali”, sarebbe assimilabile a quella tipica dell’autotrasporto su merce per conto terzi soggetta alle tariffe “a forcella” – meriti censura in ragione del fatto che proprio tale possibilita’ di “sganciarsi” dalle tariffe postali si fonda su un complesso di norme che qualificano la prestazione erogata come “servizio postale”, e dunque cosa altra dall’autotrasporto su merce per conto terzi soggetta alle tariffe “a forcella” (secondo motivo). Infine, la ricorrente rimarca come i criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 e 1363 c.c. non consentano di interpretare, nel senso piu’ volte ridetto, la pattuizione corrente “inter partes” (quarto motivo).
7.2.1. Cio’ premesso, lo scrutinio di tali motivi non puo’ che muovere dalla constatazione di quel tradizionale orientamento giurisprudenziale secondo cui “in forza dell’articolo 1680 c.c., le azioni dell’amministrazione postale” (oggi, peraltro, ente privatizzato, essendo stata trasformata in societa’ per azioni) “contro gli utenti dei servizi di trasporto e distribuzione delle corrispondenze e dei pacchi” risultano “soggette alla prescrizione annuale stabilita per i diritti derivanti dal contratto di trasporto dall’articolo 2951 c.c., non derogato, per tali azioni, dal codice postale, il quale detta particolari modalita’ solo per le azioni dell’utente”, segnatamente prevedendo, per quanto qui di interesse, “uno speciale termine di prescrizione di tre anni (Regio Decreto 27 febbraio 1936, n. 645, articolo 27 e del Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, articolo 20)”, essendosi pure precisato che la “prescrizione ex articolo 2951 citato opera anche per i diritti correlativi al trasporto ed al recapito a domicilio degli effetti spediti, trattandosi di attivita’ pure essa consistente in un trasporto (dall’ufficio postale al domicilio in indirizzo) ed attinente alla consegna della cosa trasportata, cioe’ ad un elemento del contratto di trasporto” (Cass. Sez. 1, sent. 14 maggio 1981, n. 3168, Rv. 413738-01).
In senso analogo si e’ pronunciata anche la giurisprudenza successiva, la quale ha ribadito che, “in virtu’ della norma di cui all’articolo 1680 c.c.”, che sancisce l’applicabilita’ al trasporto postale “della norme relative al contratto di trasporto” e, dunque, anche quella “di cui all’articolo 2951” c.c., “la carenza di una qualsiasi disposizione, nel vigente codice postale e nel relativo regolamento, in tema di prescrizione per le azioni contrattuali promosse dall’amministrazione nei confronti dell’utente, rende applicabile al trasporto postale la disciplina generale codicistica in tema di prescrizione relativa al contratto di trasporto, e cioe’ quella annuale di cui al menzionato articolo 2951 c.c.”, soggiungendo che opinare diversamente “sarebbe certamente erroneo”, poiche’ se “ci si volesse attenere al tenore strettamente letterale dell’articolo 1680 c.c., e cioe’ all’applicabilita’ al trasporto postale delle sole norme contenute nel capo VIII” del Titolo III del libro quarto del codice civile (capo da tale articolo espressamente richiamato), “si dovrebbe pervenire all’assurda conclusione dell’inapplicabilita’ al menzionato tipo di rapporto di qualsiasi tipo di prescrizione, posto che la stessa norma generale sulla prescrizione, e cioe’ l’articolo 2946, si trova in un capo diverso da quello richiamato dall’articolo 1680” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 30 novembre 2011, n. 15329, Rv. 542288-01).
D’altra parte, non inutile sembra qui pure rammentare considerato che nel caso oggetto del presente ricorso (OMISSIS), per il materiale recapito dei plichi, si avvaleva di un corriere – che l’integrale disciplina di cui all’articolo 2951 c.c., ivi compresa quella risultante dai commi 2 e 3 (che invero, sembrerebbero riferirsi, letteralmente, al solo trasporto), trova applicazione, secondo quanto affermato da questa Corte, anche con riferimento al contratto di spedizione, ovvero quello che “consiste, come recita l’articolo 1737 c.c., nel mandato con il quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie”, sicche’ “l’attivita’ materiale in cui consiste il contratto di trasporto non e’ estranea al contratto di spedizione, ma rientra nella struttura, nelle finalita’ e nell’oggetto proprio di questo” (Cass. Sez. 3, sent. 2 agosto 2000, n. 10129, Rv. 539065-01).
I rilievi che precedono, tesi a dimostrare l’applicabilita’, alle prestazioni erogate dall’esercente il servizio postale, della disciplina dettata (anche in tema di prescrizione) per il trasporto, non si presentano, tuttavia, completamente risolutivi, ai fini della decisione della questione che qui interessa. Resta, infatti, da appurare se, proprio in ragione di tale “generale” riconduzione dell’erogazione del servizio postale al trasporto, non possa trovare applicazione la disciplina, piu’ specifica, dell’autotrasporto su merci per conto terzi soggetta al sistema delle tariffe “a forcella”, e, con essa, il relativo regime di prescrizione quinquennale, previsto dal piu’ volte citato Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993.
7.2.2. Cio’ chiarito, il primo motivo di ricorso risulta, come detto, fondato.
7.2.2.1. In tal senso depone, innanzitutto, il rilievo che la L. n. 298 del 1974, all’articolo 59, sottrae all’applicazione del Titolo III della legge stessa (ovvero, proprio il Titolo che istituiva “il sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada”), tra gli altri, “i trasporti postali”. Di conseguenza, quella norma – il piu’ volte citato Decreto Legge n. 82 del 1993, articolo 2 convertito in L. n. 162 del 1993 destinata ad integrare la legge suddetta, dettando un apposito termine di prescrizione per “i diritti derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, per i quali e’ previsto il sistema di tariffe a forcella”, non opera neppure per i trasporti stradali.
Tale soluzione, d’altra parte, si corrobora vieppiu’, rammentando quale sia stato l’intento perseguito dal legislatore del 1993, nel dare vita allo speciale regime di prescrizione di cui si discute.
Esso, infatti, agi’ nel dichiarato intento di sostenere un’attivita’, l’autotrasporto, che, sebbene indicata quale “colonna portante del sistema di trasporto delle merci in Italia”, si assumeva essere “penalizzata da disposizioni di carattere generale che, pur in se’ giuste, non tengono conto, appunto, delle peculiarita’ del sistema” (cfr. la relazione parlamentare al disegno di legge di conversione del suddetto Decreto Legge n. 82 del 1993, AC 2477). In questa prospettiva, in particolare, si affermava come gli “scopi di certezza del diritto perseguiti dalla prescrizione breve annuale prevista dall’articolo 2951 c.c., comma 1” fossero “incompatibili” (o comunque ostacolassero) “l’applicazione delle norme inderogabili” gia’ previste nella L. n. 298 del 1974, e cio’ “in quanto, soprattutto nei casi piu’ frequenti di rapporti coordinati e continuativi, il committente e’ quasi incentivato alla violazione tariffaria dal fatto che il vettore, parte debole del rapporto, non e’ quasi mai in grado di far valere interamente ed “ex post” le proprie pretese in base ai minimi tariffari” (cosi’, nuovamente, la gia’ citata relazione parlamentare).
Orbene, calate queste affermazioni con riferimento alla presente fattispecie, “parte debole” del rapporto contrattuale oggetto di giudizio ben difficilmente potrebbe individuarsi in (OMISSIS), se e’ vero che l’erogazione del servizio postale, “nonostante l’intervenuta privatizzazione della s.p.a. (OMISSIS), viene a creare un rapporto che si caratterizza per la posizione dominante della societa’” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 23 ottobre 2017, n. 25060, Rv. 648026-01).
Il primo motivo va, dunque, accolto, con assorbimento non solo dei motivi secondo e quarto, ma pure dei motivi quinto, sesto e settimo.
7.3. E’, invece, da esaminare l’ottavo motivo, concernente il rigetto della domanda riconvenzionale di (OMISSIS), motivo che risulta, pero’, inammissibile.
7.3.1. Difatti, la sentenza impugnata ha escluso che l’odierna ricorrente abbia diritto a conseguire da (OMISSIS) quanto da essa (OMISSIS) pagato al proprio fideiussore, per soddisfare l’iniziativa dallo stesso assunta in via di regresso. La Corte territoriale ha ritenuto non provata la circostanza dell’avvenuto pagamento, operando, cosi’, un apprezzamento delle risultanze probatorie, in alcun modo censurabile in questa sede.
Va data, infatti, continuita’ al principio secondo cui l’eventuale “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), ne’ in quello del precedente n. 4), disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4), – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01; Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, n. 23153, Rv. 650931-01; Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27458, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n. 7618).
Ne’ giova, d’altra parte, al ricorrente il richiamo all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), per “manifesta illogicita’ della motivazione”, in relazione al fatto discusso e decisivo circa la prova del pagamento di (OMISSIS) a (OMISSIS) di Euro 200.000,00.
Sul punto, infatti, va rammentato che, all’esito della modifica apportata all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – ad opera del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, 134 (applicabile “ratione temporis” al presente giudizio) – il sindacato di questa Corte e’ destinato ad investire la parte motiva della sentenza solo entro il “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonche’, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01).
Il vizio di motivazione e’, dunque, ravvisabile solo in caso di motivazione “meramente apparente”, ricorrente, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, quando essa, “benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonche’, piu’ di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-0), o perche’ affetta da “irriducibile contraddittorieta’” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 650880-01), ovvero connotata da “affermazioni inconciliabili” (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01), mentre “resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20721, Rv. 650018-01).
Anche sotto questo aspetto, pertanto, il motivo si presenta inammissibile, se e’ vero che il “controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto l’aspetto della irriducibile contraddittorieta’ e dell’illogicita’ manifesta) della motivazione” – ovvero, come visto, il solo che permane dopo la riformulazione del testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e che consente “la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge” – presuppone “che esso emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata” (Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit.), vale a dire “prescindendo dal confronto con le risultanze processuali” (cosi’, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata). Ma nel caso di specie e’ proprio un confronto con le risultanze processuali in atti cio’ che, nella prospettazione della ricorrente, evidenzierebbe la manifesta illogicita’ della motivazione.
8. In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al primo motivo, sicche’ la sentenza impugnata va cassata in relazione, rinviando alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio, dovendosi il giudice del rinvio attenere al seguente principio di diritto:
“la prescrizione quinquennale Decreto Legge 29 marzo 1993, n. 82, ex articolo 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162, non trova applicazione con riferimento ai diritti fatti valere dal gestore del servizio postale in relazione a contratti da esso conclusi e pur implicanti prestazioni di autotrasporto per conto terzi”.
P.Q.M.
La Corte dichiara non fondato il terzo motivo di ricorso, accoglie il primo motivo, dichiarando assorbiti i motivi secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, nonche’ inammissibile l’ottavo; cassa in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio.