la responsabilità dell’esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone.
Tribunale Tempio Pausania, civile Sentenza 8 febbraio 2019, n. 75
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TEMPIO PAUSANIA
SEZIONE CIVILE
nella persona del giudice onorario Dott.ssa Maria Salvatora Magliona ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1069/2014 R.G.
TRA
(…), con sede in (…) ed elettivamente domiciliata in Santa Teresa Gallura via (…) presso lo studio dell’Avv. An.Ma., che la rappresenta e difende giusta procura a margine dell’atto di citazione,
ATTRICE
CONTRO
AVV. (…), residente in (…) ed elett.te dom.to in Tempio Pausania via (…) presso lo studio dell’Avv. Ga.Ca. che lo rappresenta e difende giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta;
(…), residente in (…) ed elett.te dom.ta in Sassari viale Umberto 42 presso lo studio dell’Avv. Gi.De., che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. Gi.Ga. giusta procura a calce della copia dell’atto di citazione notificato
CONVENUTI
e contro
(…) SPA, con sede in R. ed elett.te dom.ta in Sassari via (…) presso lo studio dell’Avv. Gi.Mo. che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. Fr.Ma. giusta procura a calce della comparsa di costituzione e risposta
TERZO CHIAMATO
Oggetto: RISARCIMENTO DANNI DA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la (…) Sas evocava in giudizio nanti l’intestato Tribunale i convenuti indicati in epigrafe, chiedendo la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’inadempimento contrattuale consistito nell’aver erroneamente richiesto una prova delegata al Tribunale di Tempio Pausania anziché al Tribunale di Cagliari ed essere stata per giunta dichiarata la decadenza dalla prova per non aver chiesto la proroga in tempo utile.
Assumeva l’attrice che, essendo stata dichiarata soccombente nei due gradi del giudizio, aveva subito un grave danno patrimoniale e chiedeva la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dello stesso nella misura di Euro 13.000,00, oltre interessi e rivalutazione.
Si costituivano in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto e diritto. L’Avv. (…) chiedeva, comunque, di essere autorizzato alla chiamata in causa della propria assicurazione (…) Spa, che si costituiva nel presente giudizio chiedendo anch’essa il rigetto della domanda attorea in quanto infondata.
La causa, istruita mediante produzioni documentali, all’udienza del 08.02.19 è stata trattenuta in decisione ex art. 281 sexies c.p.c., con termini per il deposito di note e discussione orale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda di risarcimento è infondata e deve, pertanto, essere respinta.
Vale premettere che le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale sono pacificamente considerate, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, obbligazioni di mezzi e non di risultato; ovvero, il professionista – assumendo l’incarico – si obbliga a prestare la propria opera in vista del raggiungimento di un determinato risultato, senza assumere, invece, alcun obbligo in ordine al conseguimento del medesimo.
La natura dell’obbligazione si ripercuote, inevitabilmente, sui criteri alla stregua dei quali dovrà essere valutato l’eventuale inadempimento, poiché il professionista risponderà non già per il mancato raggiungimento del risultato sperato dal creditore, bensì solo ove abbia violato i doveri inerenti allo svolgimento della propria attività professionale, ed in particolare quel dovere di diligenza media che l’art. 1176, secondo comma, c.c. gli impone.
Qualora però la prestazione professionale implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera risponderà dei danni solo in caso di dolo o colpa grave, ex art. 2236 c.c.
Con specifico riferimento, inoltre, alla responsabilità professionale dell’avvocato, la consolidata giurisprudenza della Cassazione (Cass. Civ., 9 giugno 2004, n. 10966; Cass. Civ., 27 marzo 2006, n. 6967; Cass. Civ., sentenza 26 aprile 2010, n. 9917; Cass. Civ., sentenza 5 febbraio 2013, n. 2638) ha precisato che l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita.
Il cliente che lamenta l’inadempimento dovrà, quindi, provare in termini probabilistici che senza la negligenza e/o l’imperizia del legale, il risultato voluto sarebbe stato conseguito (Cass. Civ., 10 dicembre 2012, n. 22376).
Sostiene la Suprema Corte, infatti che “la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell’attività dell’avvocato, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita; tale giudizio, da compiere sulla base di una valutazione necessariamente probabilistica, è riservato al giudice di merito, con decisione non sindacabile da questa Corte se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici (Cass. Civ. 2014/3355)”.
Infatti, precisa ancora la Corte, “la responsabilità dell’esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone (Cass. civ. 2018/6862)”.
Tanto premesso, occorre evidenziare che, nel caso di specie, appare documentalmente provata l’assenza di alcun nesso causale tra la condotta del professionista, in particolare la mancata assunzione della testimone, come affermato da parte attrice, e il risultato negativo dei due giudizi.
Dall’esame della sentenza resa dal Tribunale di Torino, infatti, emerge che il rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo all’epoca intentata dall’odierna attrice deriva dalla mancata prova dei fatti posti a fondamento dell’opposizione, in particolare della sussistenza di un accordo “di reso” sin dall’inizio del rapporto commerciale.
Sostiene, infatti, il Tribunale di Torino che dalle prove documentali emerge esattamente il contrario, ovvero che nessun accordo fosse intercorso tra le parti in tal senso sin dal principio, posto che nella missiva inviata dall’odierna attrice alla (…) in data 20.06.2005 – ovvero ben un anno dopo la consegna della merce – chiedeva “cortesemente” di essere autorizzata a restituire i prodotti ancora invenduti, con ciò dimostrando proprio che nessun accordo in tal senso era già in atto.
Tale circostanza, secondo il ragionamento del Giudice adito, risultava confermata dalla risposta a tale comunicazione da parte della (…) in data 24.06.2005, nella quale si precisava che “l’azienda in questo momento non accetta nessun tipo di reso. Vi autorizziamo a fine stagione, previo contatto con l’azienda, al reso della merce invenduta, in quanto non è nostra consuetudine il ritiro della stessa”.
Conclude il tribunale di Torino ritenendo che “Non risulta in alcun modo provata la sussistenza di un accordo iniziale per la resa dei prodotti invenduti come sostenuto dall’attrice. Inoltre manca la prova anche dell’avvenuta restituzione di quei prodotti.”
Dalla motivazione suddetta emerge come fosse assolutamente irrilevante la mancata audizione della testimone indicata dall’opponente, che tra l’altro avrebbe dovuto testimoniare su fatti contrari alle risultanze documentali.
Quanto alla regolamentazione delle spese del giudizio, l’integrale soccombenza dell’attrice ne impone la condanna alla rifusione delle spese di lite, come da liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Tempio Pausania, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sull’azione proposta da (…) SAS nei confronti di (…) e (…):
1) rigetta la domanda per i motivi esposti;
2) conseguentemente, condanna l’attrice alla rifusione delle spese del giudizio in favore dei convenuti liquidate nella misura di Euro 2.800,00 per ciascuno, oltre rimborso forfetario per spese generali del 15%, Iva e Cassa come per legge;
3) compensa le spese tra il convenuto e la terza chiamata (…) spa.
Così deciso in Tempio Pausania l’8 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria l’8 febbraio 2019.