l’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sulla cosa dell’attore, e dunque non soltanto all’accertamento dell’inesistenza della pretesa servitù, ma anche al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la libertà del fondo. Inoltre, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà – neppure quando abbia chiesto la cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dall’altra parte – essendo sufficiente la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido. I convenuti hanno dunque dimostrato la titolarità della proprietà del proprio fondo e l’omessa presenza di pesi su di esso, mentre parte attrice – su cui incombeva il relativo onere probatorio – non ha dimostrato l’esistenza della servitù di passaggio per contro invocata.
Tribunale|Bergamo|Sezione 4|Civile|Sentenza|8 febbraio 2020| n. 317
Data udienza 7 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Bergamo, Sezione Quarta civile, nella persona del Giudice unico dott.ssa Laura Brambilla ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 7372/2017 Ruolo Generale promossa
DA
BE.AN. (C.F. (…)) e BE.GI. (C.F. (…)), entrambi rappresentati e difesi dall’Avv.to RE.RO. per procura in atti
ATTORI
contro
BE.OS. (C.F. (…)) e ME.IL. (C.F. (…)), entrambi rappresentati e difesi dall’Avv.to BE.AL. per procura in atti
CONVENUTI
In punto: Servitù.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 19 luglio 2017 An.Be. e Gi.Bo., premettendo di essere proprietari in Comune di Monasterolo del Castello degli immobili siti in Piazza (…) identificati al foglio (…), hanno convenuto in giudizio Os.Be. e Il.Me. al fine di sentir accertare e dichiarare l’intervenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio pedonale e carraie sulla corte privata di loro proprietà identificata al foglio (…).
Costituendosi in giudizio Os.Be. e Il.Me. hanno contestato tutto quanto ex adverso dedotto e domandato, eccependo in particolare la carenza del requisito del possesso attuale in capo agli attori ed in ogni caso la mancanza dei requisiti per l’accessione del possesso ai sensi dell’art. 1146 c.c.; hanno quindi concluso per il rigetto dell’avversa domanda, ed in via riconvenzionale hanno svolto un’actio negatoria servitutis al fine di sentir accertare e dichiarare l’inesistenza di qualsivoglia peso sul fondo di loro proprietà.
La causa, ravvisatane la natura documentale, è stata infine trattenuta in decisione sulle precisate conclusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In atto di citazione è stato allegato che i danti causa degli attori, prima, e gli stessi An.Be. e Gi.Bo. a far tempo dal 1993, nonché gli aventi causa e gli utilizzatori degli immobili di loro proprietà hanno sempre transitato a piedi, con biciclette, motoveicoli ed autoveicoli sulla corte di proprietà dei convenuti Be. – Me., identificata al foglio (…), per raggiungere gli immobili identificati al foglio (…); per l’effetto è stata formulata una domanda per l’acquisto a titolo originario ex art. 1158 c.c. della servitù di passaggio pedonale e carraio sull’area di proprietà dei convenuti.
In particolare l’attrice Gi.Bo. ha acquistato la nuda proprietà, in ragione dell’atto di donazione datato 13 maggio 1993, dei beni immobili siti in Comune di Monasterolo del Castello e distinti al foglio (…) (oggi subalterni (…)) (doc. 2 fascicolo parte attrice); trattasi dell’edificio in rosso e della porzione gialla adiacente che si vede nella fotografia prodotta sub doc. 4 di parte attrice.
L’attore An.Be. ha invece acquistato la nuda proprietà, giusto atto di donazione del 13 maggio 1993, dei beni immobili siti in Comune di Monasterolo del Castello ed identificati al foglio (…), subalterni (…) (oggi subalterni (…)) (doc. 5, 6, 7, fascicolo parte attrice); si tratta dell’edificio arancione che si vede nella fotografia prodotta dalla parte attrice sub doc. 4, che al piano terra ospita il bar/caffetteria con l’insegna “(…)”.
Gli attori hanno prodotto documentazione fotografica attestante gli accessi agli appartamenti ed all’immobile oggi ospitante il bar La.Bi. (doc. 15, 16, 20, 21 fascicolo parte attrice); hanno allegato che per accedere agli immobili di loro proprietà è sempre stato necessario transitare sia a piedi che con mezzi carrali sulla corte comune di proprietà di parte convenuta ed in particolar modo sullo spazio oggi occupato dai due stalli di sosta che i convenuti hanno concesso gratuitamente al Comune di Monasterolo del Castello con accordo datato 1 aprile 2015 (doc. 26 fascicolo parte attrice).
Tanto premesso, occorre soffermarsi preliminarmente sulle eccezioni svolte della parte convenuta nella propria comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata.
In tesi dei convenuti gli attori non hanno il “possesso attuale” delle servitù che sostengono di avere usucapito, atteso che loro stessi hanno dedotto di aver subito l’interruzione dell’esercizio della servitù di passaggio pedonale e carrale a far tempo dall’1 aprile 2015, ovvero dal momento dell’installazione sulla proprietà dei convenuti della segnaletica orizzontale delimitante i due parcheggi concessi a titolo gratuito al Comune di Monasterolo del Castello; ai sensi dell’art. 1167 c.c. il termine per l’usucapione è stato dunque interrotto, essendo il possessore stato privato del possesso per oltre un anno, senza che questo sia stato recuperato tramite le azioni possessorie medio tempore intraprese.
Per contro gli attori hanno replicato che alla data dell’1 aprile 2015 era già maturato il termine utile per usucapire, in quanto il passaggio pedonale e carraio sulla corte di proprietà dei convenuti è sempre stato esercitato dai danti causa degli attori (e, precisamente, da An.Be. – dante causa di Gi.Bo. e zio dell’odierno attore An.Be. – e da Gi.Be. – dante causa nonché padre dell’attore An.Be. -), i quali hanno sempre vissuto con la propria famiglia presso gli immobili per cui è causa ed hanno sempre esercitato un’attività di commercio di generi alimentari al piano terra dei medesimi immobili.
L’esame di una tale eccezione impone dunque di valutare preliminarmente la seconda eccezione svolta in comparsa di costituzione e risposta, secondo cui mancherebbero le condizioni affinché gli attori possano cumulare il loro possesso con quello asseritamente esercitato dai loro aventi causa.
Sul punto osserva il Tribunale che perché l’accessione del possesso possa operare è necessario che:
– il secondo possessore sia avente causa dal primo;
– i possessi da unire abbiano il medesimo oggetto;
– autore e successore esercitino un possesso ad immagine dello stesso diritto.
Come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità perché possa operare il meccanismo dell’accessione del possesso, disciplinato dall’art. 1146, comma secondo, c.c., è necessario che il possesso del dante causa abbia lo stesso contenuto di quello del successore a titolo particolare (cfr. Cass. 13695/2003).
Il Tribunale è dunque chiamato ad esaminare il contenuto del possesso esercitato dagli attori An.Be. e Gi.Bo. al fine di accertarne la coincidenza con il tipo di possesso esercitato dai loro danti causa An.Be., zio dell’odierno attore, e Gi.Be..
Valga a tal fine osservare quanto segue.
L’attrice Gi.Bo. con atto di donazione del 13 maggio 1993 ha acquistato la nuda proprietà degli immobili distinti al foglio 13, mappale 632, subalterni 3, 4, 5, 6, con riserva dell’usufrutto in favore del donante An.Be. (zio dell’altro attore) deceduto in data 20 agosto 1995 (doc. 31b), con conseguente consolidazione della proprietà del bene in favore di Gi.Bo. a far tempo da questa data.
Per quanto concerne invece l’altro attore An.Bo., si evidenzia che lo stesso ha acquistato la nuda proprietà dei beni immobili distinti al foglio (…), con riserva di usufrutto in favore del donante Gi.Be., deceduto in data 3 dicembre 1996, con conseguente subentro della madre Lu.Tr.; con successivi atti del 7 marzo 2002 la stessa Lu.Tr. ha ceduto l’usufrutto generale vitalizio sugli immobili distinti al foglio (…) ad An.Be., che a sua volta in pari data l’ha ceduto alla moglie Gi.Bo. (doc. 7 e 32b fascicolo parte attrice).
Valga altresì premettere come sia del tutto irrilevante la circostanza fattuale, ribadita in tutti gli scritti difensivi degli attori, secondo cui le unità immobiliari di causa sono sempre state occupate dalla famiglia di origine di An.Be. a far tempo dagli anni quaranta, tale per cui la servitù di passaggio sarebbe già stata costituita prima del 1993 e trasmessa con gli atti di donazione agli attuali proprietari.
Ed, infatti, al momento dei trasferimenti immobiliari del 1993 i danti causa Be. non avevano promosso alcuna azione di riconoscimento dell’intervenuta usucapione della servitù di passaggio; conseguentemente gli attori potranno giovarsi del possesso esercitato dai rispettivi danti causa solo ai fini dell’accessione ex art. 1146 c.c.
Ferme le superiori premesse, sia in fatto che in diritto, ritiene il Tribunale fondata l’eccezione svolta dalla parte convenuta.
In particolare, ai sensi dell’art. 892 c.c. “”l’usufruttuario ha il diritto di conseguire il possesso della cosa di cui ha l’usufrutto”, cosicché ne consegue che l’attrice Bo. è divenuta proprietaria con conseguente possesso del bene soltanto a partire dal 20 agosto 1995, data di decesso dell’usufruttuario An.Be.. Al momento del passaggio della nuda proprietà del bene la medesima non ne ha
acquistato anche il possesso, atteso che – non essendo stata ne allegata né fornita una prova contraria – lo stesso è stato mantenuto dal donante/usufruttuario Be. nel rispetto del richiamato art. 892 c.c..
In argomento si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’usufruttuario va inteso quale possessore rispetto ai terzi, e mero detentore del bene nel rapporto con il nudo proprietario (cfr. Cass. 10 gennaio 2011, n. 355).
Per l’effetto è possibile parlare di un possesso (mediato in ragione della concessione in locazione ed in comodato degli immobili di causa – Cass. 8628/2003) in capo all’attrice Be. solo a far tempo dal 20 agosto 1995. Ne consegue che la stessa non può giovarsi dell’accessione del possesso esercitato dal proprio dante causa in assenza dei presupposti di cui all’art. 1146 c.c..
Conseguentemente è fondata anche la prima eccezione sollevata dalla parte convenuta, secondo cui alla data del 2 aprile 2015 l’attrice non aveva ancora maturato il termine ventennale ai fini dell’usucapione, che è appunto stato interrotto – così come rappresentato dalla stessa parte attrice nel proprio atto di citazione – in seguito all’installazione dei parcheggi.
Medesima conclusione deve essere raggiunta anche con riferimento alla posizione dell’altro attore An.Be..
Lo stesso, infatti, oltre a non poter unire il possesso vantato dal proprio dante causa ai fini del riconoscimento dell’acquisto ex art. 1158 c.c. della servitù di passaggio pedonale e carraie, non è mai divenuto possessore dei beni di cui è sempre stato soltanto nudo proprietario: in particolare fino al 3 dicembre 1996 è stato usufruttuario Gi.Be., a cui in seguito è succeduta la moglie Lu.Tr., che ha poi donato in data 7 marzo 2002 l’usufrutto a Gi.Bo..
Ne consegue che al più la stessa Gi.Bo. potrà invocare l’usucapione anche con riferimento ai beni immobili distinti al foglio 13, mappale 632, subalterni 7 e 8; ciò nonostante la stessa ha iniziato a possedere, sempre in via mediata in ragione della locazione degli immobili, a far tempo dal 2002, cosicché alla data del 2 aprile 2015 non poteva dirsi maturato il termine ventennale utile per usucapire.
Ferme le superiori considerazioni, quand’anche si volesse diversamente opinare, la domanda di acquisto della servitù è in ogni caso infondata anche nel merito.
Ai fini del relativo acquisto per usucapione deve infatti essere accertato ai sensi dell’art. 1061 c.c. il requisito dell’apparenza della servitù, da intendersi come presenza di opere visibili e permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio che rivelino in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile (cfr. Cass. 25 ottobre 2017, n. 25355).
Nel caso che ci occupa difettano opere permanenti obiettivamente destinate all’esercizio della servitù di passaggio pedonale e carrale; il cortile di proprietà dei convenuti, preteso fondo servente, preesiste e non è specificamente destinato all’esercizio della servitù di passo invocata dagli attori. A ciò si aggiunga che da sempre sul cortile dei convenuti insistono attività commerciali, con conseguente passaggio indiscriminato di persone terze.
Per le ragioni sin qui svolte l’actio confessoria servitutis deve essere rigettata, con conseguente rigetto anche delle domande inibitoria e risarcitoria svolta dagli attori.
Per le medesime argomentazioni deve essere accolta l’actio negatoria servitutis svolta in via riconvenzionale dalla parte convenuta.
In argomento si evidenzia che l’azione negatoria servitutis tende alla negazione di qualsiasi diritto, anche dominicale, affermato dal terzo sulla cosa dell’attore, e dunque non soltanto all’accertamento dell’inesistenza della pretesa servitù, ma anche al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dal vicino, al fine di ottenere la libertà del fondo. Inoltre, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà – neppure quando abbia chiesto la cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dall’altra parte – essendo sufficiente la dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido (cfr. Cass. 27 dicembre 2004, n. 24028).
I convenuti hanno dunque dimostrato la titolarità della proprietà del proprio fondo e l’omessa presenza di pesi su di esso, mentre parte attrice – su cui incombeva il relativo onere probatorio – non ha dimostrato l’esistenza della servitù di passaggio per contro invocata.
Le spese di lite seguono infine l’ordinario criterio della soccombenza, e si liquidano in dispositivo assumendo a riferimento lo scaglione per le cause di valore indeterminabile a complessità bassa.
P.Q.M.
Il Tribunale, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando,
1. rigetta tutte le domande promosse dagli attori;
2. in accoglimento della domanda riconvenzionale svolta dai convenuti, accerta e dichiara l’inesistenza, sull’area di proprietà dei convenuti identificata al Catasto Fabbricati del Comune di Monasterolo con il mappale (…), di diritti di servitù di passaggio pedonale e/o carraio in favore degli immobili di proprietà degli attori ubicati in piazza (…), censiti al Catasto Fabbricati con il mappale 632;
3. condanna parte attrice a rimborsare le spese di lite a favore di parte convenuta, liquidandone l’ammontare in Euro 7.254,00 per compensi professionali ai sensi del D.M. 55/2014, oltre al rimborso forfettario del 15% ai sensi dell’art. 2 D.M. 55/2014, i.v.a e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Bergamo il 7 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria l’8 febbraio 2020.