In tema di azione revocatoria ordinaria non e’ richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda piu’ incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che puo’ consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre e’ onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.
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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24183
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2749-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS); giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SCPA , in persona del Responsabile del servizio Legale dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), PUBBLICO MINISTERO PRESSO PROCURA REPUBBLICA TRIBUNALE ROVERETO, PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO TRENTO , PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE CASSAZIONE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 376/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 01/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del 12/06/2018 dal Consigliere Dr. DI FLORIO ANTONELLA;
RITENUTO CHE
1. (OMISSIS), affidandosi a sei motivi illustrati anche con memoria, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Trento che, respingendo l’impugnazione da lui proposta, aveva confermato la pronuncia del Tribunale di Rovereto con la quale era stata accolta la domanda della (OMISSIS) volta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, avente per oggetto un immobile di sua esclusiva proprieta’ e stipulato il 30.4.2008 unitamente alla moglie (OMISSIS): la domanda dell’istituto di credito era fondata sulla circostanza che egli era debitore della banca sin dal 2006 quale fideiussore di due contratti di finanziamento (il secondo stipulato nel 2008, successivamente alla costituzione del fondo) concessi alla societa’ di famiglia ” (OMISSIS) srl”, risolti per inadempienza degli obbligati ed oggetto di decreto ingiuntivo anche nei suoi confronti per il recupero dell’esposizione debitoria.
2. La banca intimata ha resistito.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorrente deduce:
a. con il primo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’errata interpretazione dell’articolo 2901 c.c., e degli articoli 1936 e 1938 c.c.: lamenta che la Corte territoriale, contraddicendosi, avrebbe dapprima affermato che il credito cui si riferiva la norma richiamata gravava sull’obbligato principale per poi statuire che gli atti compiuti dal fideiussore erano suscettibili di revocatoria sin dai momento della prestazione di garanzia. Assume l’irrilevanza della data in cui la fideiussione era stata prestata, affermando che ci si doveva riferire esclusivamente al momento in cui il credito era sorto.
b. con i secondo motivo, ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, l’errata interpretazione dell’articolo 2901 c.c., comma 1, in relazione alla individuazione del “pregiudizio” subito dalla banca; lamenta, altresi’, la nullita’ della sentenza sulla specifica questione in quanto la Corte avrebbe reso una motivazione illogica ed apparente.
c. con il terzo motivo, ex 360 c.p.c., n 5, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione, consistenti nella capienza patrimoniale della societa’ debitrice, evincibile da una parallela azione revocatoria promossa dalla banca contro un altro fideiussore.
d. con il quarto motivo, ex articolo 360 c.p.c., n 4, la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 112, 115 e 356 c.p.c., : assumeva che la Corte aveva omesso di accogliere l’istanza di ammissione di una CTU contabile necessaria per dimostrare la capienza patrimoniale della societa’ debitrice, senza tenere conto che nella parallela controversia avente per oggetto l’azione revocatoria contro il fondo patrimoniale costituito da un altro fideiussore della societa’, tale presupposto era stato in tal modo accertato.
e. con il quinto motivo, la violazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per errata interpretazione delle emergenze processuali con riferimento alla scienza damni ed al consilium fraudis; e, per nullita’ della sentenza ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
f. con il sesto motivo, ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione dell’articolo 92 c.p.c., e l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio; assume che la Corte aveva erroneamente respinto il motivo d’appello riguardante la condanna alle spese anche nei confronti della moglie, non prendendo in considerazione le gravi ed eccezionali ragioni che potevano giustificare la compensazione di esse, ascrivibili alla circostanza che la (OMISSIS) non era la disponente del fondo patrimoniale ma si era limitata a non opporsi alla sua costituzione.
2. Il primo, il secondo ed il quinto motivo devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono strettamente connessi fra di loro perche’ concernono tutti il contestato esame dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria.
2.1 Le censure in essi contenute sono in parte inammissibili ed in parte infondate.
Il primo motivo e’ inammissibile per la parte in cui richiama l’articolo 360 c.p.c., comma 2, n. 5, il ricorrente, oltre a non indicare il fatto decisivo di cui sarebbe stato omesso l’esame in relazione alla titolarita’ del credito sul quale era stata fondata la domanda della banca, deduce un vizio che non puo’ trovare ingresso in sede di legittimita’ in quanto, ex articolo 348 ter c.p.c., u. comma, applicabile ratione temporis al caso di specie, la sentenza impugnata ha confermato, per le stesse ragioni, la pronuncia di primo grado.
2.2 Per il resto, la censura e’ infondata.
Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che “l’azione revocatoria ordinaria presuppone per la sua esperibilita la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilita’, sicche’, prestata fideiussione a garanzia delle future obbligazioni del debitore principale nei confronti di un istituto di credito, gli atti dispositivi del fideiussore, successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (“scientia damni”), ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento di denaro da parte della banca, senza che rilevi la successiva esigibilita’ del debito restitutorio o il recesso dal contratto” (cfr. Cass. 3676/2011; Cass. 762/2016).
E, con specifico riferimento alla questione in esame, e’ stato altresi’ affermato, che “l’atto di costituzione del fondo patrimoniale e’ un atto a titolo gratuito, soggetto ad azione revocatoria ai sensi dell’articolo 2901 c.c., primo comma, n. 1, se sussiste la conoscenza del pregiudizio arrecato ai creditori, il cui credito anteriore non puo’ considerarsi estinto per novazione oggettiva a seguito della mera modificazione quantitativa della precedente obbligazione e per il differimento della sua scadenza, essendo a tale effetto necessari l’animus novandi e l’aliquid novi. (cfr. Cass. 2530/2016).
2.3. Nel caso in esame la cronologia degli eventi significativi consente di ritenere che la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati ricorrendo anche al ragionamento presuntivo in quanto, nel confermare la sentenza di primo grado, ha fatto riferimento alla garanzia prestata attraverso la fideiussione stipulata il 28.9.2006, contestualmente al contratto di finanziamento (“contratto di fido promiscuo di Euro 1.500.000,00 per anticipi su fatture commerciali e contratti e anticipi effetti/ricevute bancarie”) al quale, nel 2008, era seguito un altro contratto che aveva aumentato l’esposizione debitoria della societa’ e, conseguentemente, la misura della garanzia prestata.
L’anteriorita’ del credito e’ stata pertanto correttamente inquadrata.
3. Ma anche la seconda e la quinta censura (quest’ultima inammissibile nella parte in cui denuncia il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 2, n 5, trattandosi di ricorso avverso cd. “doppia conforme”) sono infondate, in quanto i giudici d’appello hanno dato seguito alla consolidata giurisprudenza di questa Corte in punto di “pregiudizio delle ragioni creditorie”.
E’ stato, al riguardo, affermato che “in tema di azione revocatoria ordinaria non e’ richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda piu’ incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che puo’ consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre e’ onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore, (cfr. Cass. 5972/2005; Cass. 7767/2007; Cass. 8931/2013).
3.1 E, al riguardo, vale solo la pena di rilevare che la circostanza che il fondo patrimoniale sia stato costituito in data (30.4.2008) precedente alla costituzione della seconda garanzia fideiussoria (24.10.2008 ) non sposta i termini della questione, in quanto non e’ stata fornita alcuna prova ne’ dell’effetto novativo di tale contratto ne’ della sorte del primo: la motivazione della Corte, che viene estesa (nella censura) alla critica della valutazione della “scientia damni” e della “dolosa preordinazione” attiene al merito della controversia ed, in presenza di una adeguata applicazione dei principi di diritto sopra richiamati e di una motivazione sicuramente al di sopra della “sufficienza costituzionale” come quella resa dai giudici d’appello, risulta incensurabile in sede di legittimita’.
4. Anche il terzo motivo, con il quale viene richiamato il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 2, n 5, in relazione all’omesso esame della capienza patrimoniale della societa’ accertata nella parallela azione revocatoria promossa dalla stessa banca contro altro fideiussore, e’ inammissibile per cd. “doppia conforme”.
5. Con il quarto motivo, ancora, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non aveva ammesso la CTU contabile richiesta invano (sia in primo che in secondo grado) al fine di dimostrare la capienza patrimoniale della societa’: trae argomenti anche dalla circostanza che sarebbe stato dato ingresso ad analogo atto istruttorio nella parallela controversia proposta contro un altro fideiussore.
Pacifico che la CTU non e’ un mezzo di prova ma e’ finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori gia’ acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, questa Corte ha avuto modo di chiarire che “il provvedimento che dispone una consulenza tecnica di ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimita’, se adeguatamente sostenuto dalla necessita’ di risolvere questioni implicanti specifiche cognizioni tecniche, (cfr. Cass. 4185/2015): e’ evidente che, nel caso di diniego, l’insindacabilita’ della decisione non configura la violazione dei principi di corrispondenza fra il “chiesto ed il pronunciato” (che riguarda la domanda e non le scelte istruttorie del giudice) e di disponibilita’ delle prove. La censura, pertanto non puo’ trovare ingresso in questa sede.
6. Anche il sesto motivo, infine, e’ inammissibile.
Nella controversia in esame, la (OMISSIS) e’ stata parte processuale in entrambi i gradi di giudizio: pertanto sono irrilevanti le ragioni di merito da lei rappresentate a sostegno della richiesta di compensazione delle spese, essendo comunque risultata soccombente.
In tale situazione, premesso che come gia’ sopra statuito nel corso dell’esame delle altre censure, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo non e’ invocabile nel caso di cd. “doppia conforme”, per il resto si osserva che in tema di spese processuali, la valutazione dell’opportunita’ della compensazione totale o parziale delle stesse rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, senza che sia neanche richiesta una specifica motivazione al riguardo. Pertanto, la relativa statuizione, quale espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, e’ incensurabile in sede di legittimita’, salvo che non risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, ovvero che la decisione del giudice di merito sulla sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni” ai sensi del citato articolo 92 c.p.c., ratione temporis vigente sia accompagnata dall’indicazione di motivi palesemente illogiche e tali da inficiare, per la loro inconsistenza od la evidente erroneita’, lo stesso processo formativo della volonta’ decisionale espressa sul punto. (cfr ex multis Cass. 14964/2007; Cass. 20457/2011). Nel caso in esame, la Corte ha fatto corretta applicazione del principio della soccombenza e ha pure compiutamente motivato in ordine alla censura mossa alla correlativa statuizione del giudice di primo grado, rendendo con cio’ insindacabile la decisione di non compensare le spese di lite.
7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 10.200,00 per compensi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.