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l’azione revocatoria fallimentare dei pagamenti attribuisce al curatore un diritto potestativo alla restituzione delle somme pagate in violazione della regola del concorso, che non muta la sua natura per il fatto di realizzarsi attraverso una sentenza costitutiva del tribunale fallimentare, o attraverso il riconoscimento del diritto medesimo, incondizionato o transattivo che sia, da parte dell’accipiente. Ne consegue che – a fronte di un contratto di fideiussione che preveda la sopravvivenza dell’obbligazione del fideiussore, nonostante il pagamento del debito da parte del debitore garantito, nel caso di revoca del pagamento stesso – il principio dell’interpretazione del contratto in base alla comune volonta’ delle parti, desumibile dal contenuto letterale delle loro dichiarazioni, non e’ violato dal giudice di merito che riferisca la previsione contrattuale, dell’eventuale revoca del pagamento, anche all’ipotesi di revoca accettata dal creditore accipiente, il quale restituisca agli organi del fallimento il pagamento ricevuto a seguito della conclusione di una transazione.
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Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21744/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del Vice Direttore Generale, elettivamente domiciliata in ROMA (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 509/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 07/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/06/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
RILEVATO
che:
nel 2007 il fallimento della societa’ (OMISSIS) S.r.l. convenne dinanzi al Tribunale di Pordenone la societa’ (OMISSIS) S.p.A. (d’ora innanzi, per brevita’, “la Banca”), chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia L. Fall., ex articolo 67, nei confronti della curatela, del pagamento di Euro 13.796,23, effettuato tre giorni prima del deposito della sentenza di fallimento da (OMISSIS), socio ed amministratore della societa’ fallita, in favore della banca;
l’istituto di credito si costitui’ e, oltre a chiedere il rigetto della domanda, chiese in subordine di essere garantito dal fideiussore della societa’ fallita, (OMISSIS), che provvede contestualmente a chiamare in causa;
nel corso del giudizio la curatela e la Banca transigettero la lite, concordando il pagamento da parte della banca ed in favore della curatela di Euro 10.000; il giudizio nondimeno prosegui’ limitatamente alla domanda di garanzia proposta dalla banca nei confronti del fideiussore, terzo chiamato in causa;
con sentenza 2 settembre 2011 n. 748 il Tribunale di Pordenone dichiaro’ cessata la materia del contendere tra la curatela fallimentare e la banca, e condanno’ (OMISSIS) a rifondere a quest’ultima i 10.000 Euro pagati alla curatela;
la sentenza venne appellata da (OMISSIS);
con sentenza 7 agosto 2014 n. 509, la Corte d’appello di Trieste rigetto’ il gravame;
la sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS), con ricorso fondato su quattro motivi;
ha resistito con controricorso la banca.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta sia il vizio di violazione di legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3 (Si lamenta, in particolare, la violazione della L. Fall., articolo 67, comma 2); sia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5;
deduce che, nel caso di specie, il pagamento del quale la curatela aveva chiesto dichiararsi l’inefficacia era stato eseguito non dal debitore poi fallito (la (OMISSIS) s.r.l.) alla banca, ma da un terzo, ovvero (OMISSIS), con denaro proprio e non della societa’; sicche’, non essendo tale pagamento revocabile, la banca non era tenuta a restituirlo; ne’, una volta rimborsato il pagamento, poteva pretendere di essere garantita dal fideiussore (OMISSIS);
nella parte in cui lamenta il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo il motivo e’ inammissibile, per totale mancanza della illustrazione di tale censura;
nella parte in cui lamenta il vizio di violazione di legge, il motivo e’ del pari inammissibile, per estraneita’ alla ratio decidendi;
la Corte d’appello di Trieste, infatti, a pagina 7, secondo capoverso, della sentenza impugnata, ha accertato in fatto che il pagamento del quale la curatela domando’ la revoca non era stato effettuato da un terzo nelle mani della banca; al contrario, secondo il giudice d’appello quel pagamento fu effettuata dalla (OMISSIS) (poi fallita) con denaro del quale aveva la piena disponibilita’, per esserle stato versato tramite bonifico disposto da (OMISSIS) (socio ed amministratore della societa’ poi fallita);
ne consegue che la Corte d’appello non ha affatto violato la L. Fall., articolo 67, la’ dove ha ritenuto che la banca fosse effettivamente debitrice della curatela; e che di conseguenza il primo motivo di ricorso e’ inammissibile per estraneita’ alla ratio decidendi, dal momento che l’affermazione secondo cui il pagamento oggetto del contendere venne effettuato dalla societa’ con denaro nella propria disponibilita’ non e’ stata oggetto di censura;
il rilievo che precede non e’ infirmato dalle deduzioni svolte dal ricorrente nella propria memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.;
ivi il ricorrente sostiene di aver inteso censurare, col proprio ricorso, proprio l’affermazione secondo cui la societa’ (OMISSIS) effettuo’ il pagamento contestato con denaro proprio: e tuttavia nella illustrazione del primo motivo di ricorso non si spiega la ragione in diritto per la quale la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che la (OMISSIS) pago’ la banca con denaro proprio; in ogni caso, lo stabilire se quel pagamento avvenne con denaro del quale l’imprenditore commerciale aveva o no la piena disponibilita’ e’ una questione di fatto, come tale riservata al giudice di merito e non sindacabile in questa sede;
ove il ricorrente poi, riportando a pagina 7 del proprio ricorso un passo dell’atto di citazione per chiamata in causa del terzo notificatogli dalla banca, avesse inteso (implicitamente ed oscuramente) sostenere che la provenienza da un terzo delle somme usate per il pagamento fosse una circostanza non contestata, e’ agevole replicare che la non contestazione circa la provenienza del pagamento, per avere efficacia confessoria e quindi vincolante nei confronti del giudice, sarebbe dovuta provenire dalla curatela, e non dalla banca, trattandosi di affermazione che avrebbe avuto contenuto sfavorevole per la prima, ma non per la seconda, la quale con tale dichiarazione intendeva sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria;
col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta sia il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (e’ lamentata, in particolare, la violazione degli articoli 1197, 1341, 1342, 1939, 1941, 1945 c.c.); sia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5;
deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere valida, invece che vessatoria e percio’ nulla, la clausola contenuta nel contratto di fideiussione la quale prevedeva la reviviscenza della garanzia nel caso in cui la banca fosse stata tenuta a restituire i pagamenti ricevuti dal debitore principale, per “annullamento, inefficacia o revoca”, ovvero per qualsiasi altro motivo nella parte in cui lamenta il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo il motivo e’ manifestamente inammissibile, per totale mancanza della illustrazione di tale censura;
nella parte in cui lamenta il vizio di violazione di legge il motivo e’ infondato, alla luce del principio – gia’ affermato da questa Corte – secondo cui “il principio di accessorieta’ della garanzia comporta il venir meno della relativa obbligazione tutte le volte in cui l’obbligazione principale sia estinta, ma non esclude la possibilita’ della sua rinnovata vigenza, allorche’ dopo l’estinzione il debito principale ritorni ad esistenza in virtu’ di fatti sopravvenuti, e non comporta pertanto l’invalidita’ della clausola contenuta in una fideiussione, la quale preveda la reviviscenza della garanzia in caso di revoca del pagamento del debito principale ai sensi della L. Fall., articolo 67; ne’ tale clausola puo’ dirsi vessatoria come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si e’ definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile” (Sez. 1, Sentenza n. 25361 del 17/10/2008);
il rilievo che precede non e’ infirmato dalle deduzioni svolte dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., ovvero che la stipula ad una transazione, da parte della banca, era di per se’ inidonea a far sorgere l’obbligazione principale e, con essa, quella del fideiussore;
a dimostrazione dell’infondatezza di tale deduzione bastera’ richiamare il principio, gia’ piu’ volte affermato da questa Corte, secondo cui “l’azione revocatoria fallimentare dei pagamenti attribuisce al curatore un diritto potestativo alla restituzione delle somme pagate in violazione della regola del concorso, che non muta la sua natura per il fatto di realizzarsi attraverso una sentenza costitutiva del tribunale fallimentare, o attraverso il riconoscimento del diritto medesimo, incondizionato o transattivo che sia, da parte dell’accipiente. Ne consegue che – a fronte di un contratto di fideiussione che preveda la sopravvivenza dell’obbligazione del fideiussore, nonostante il pagamento del debito da parte del debitore garantito, nel caso di revoca del pagamento stesso – il principio dell’interpretazione del contratto in base alla comune volonta’ delle parti, desumibile dal contenuto letterale delle loro dichiarazioni, non e’ violato dal giudice di merito che riferisca la previsione contrattuale, dell’eventuale revoca del pagamento, anche all’ipotesi di revoca accettata dal creditore accipiente, il quale restituisca agli organi del fallimento il pagamento ricevuto a seguito della conclusione di una transazione” (Sez. 1, Sentenza n. 8874 del 14/04/2006);
col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ancora, la violazione della L. Fall., articolo 67, comma 2, nonche’ il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5;
vi si sostiene che la Corte d’appello avrebbe “erroneamente ritenuto raggiunta la prova dell’effettiva conoscenza da parte della banca dello stato di insolvenza della (OMISSIS)”;
il motivo e’ manifestamente inammissibile nella parte in cui lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, anche in questo caso per totale mancanza della illustrazione della censura; e’ appena il caso di ricordare, al riguardo, che secondo l’interpretazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, adottata da questa Corte con la sentenza n. 8053 del 2014, pronunciata a Sezioni Unite, l’omesso esame di elementi probatori non integra, di per se’, il vizio di “omesso esame d’un fatto decisivo e controverso”, ai sensi della norma appena ricordata;
nella parte restante il motivo e’, del pari, manifestamente inammissibile in quanto censura un accertamento di fatto, riservato al giudice del merito e non sindacabile in questa sede;
col quarto e ultimo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5,; lamenta, in particolare la violazione dell’articolo 112 c.p.c.;
sostiene, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe pronunciato ultra petita, dal momento che la Banca con l’atto di chiamata in causa del fideiussore aveva chiesto di essere manlevata da (OMISSIS) “in caso di accoglimento della domanda attorea”; tuttavia – prosegue il ricorrente la domanda attorea non era stata affatto “accolta”, in quanto la lite si era conclusa con una transazione e con la conseguente dichiarazione di cessazione della materia del contendere;
il motivo rasenta la temerarieta’, dal momento che questa Corte da quasi sessant’anni viene ripetendo che la transazione della lite tra attore e convenuto non impedisce a quest’ultimo di continuare il giudizio contro il chiamato in garanzia, poiche’ non estingue il rapporto giuridico sostanziale che avrebbe giustificato un’autonoma azione del convenuto contro il chiamato in garanzia” (cosi’ gia’ Sez. 1, Sentenza n. 1316 del 30/05/1962), con la conseguenza che l’estinzione per transazione della domanda principale non impedisce affatto il giudice di pronunciarsi sul rapporto di garanzia, senza incorrere in alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo;
il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di (OMISSIS) S.p.A. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 2.400, oltre Euro 200 per spese vive, ed oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.