La natura costitutiva (e non dichiarativa) dell’azione revocatoria non escluderebbe, infatti, di per se’ sola, la possibile retroattivita’ ex tunc degli effetti: normale, anzi, in talune azioni costitutive tipiche, quali quelle di risoluzione (articolo 1458 c.c.) o di annullamento di un contratto.
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Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Sentenza 28 febbraio 2017, n. 5054
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.
Dott. PICCININNI Carlo – Presidente di Sezione
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sezione
Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sezione
Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere
Dott. BIELLI Stefano – Consigliere
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22364/2014 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1579/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2016 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 24 settembre 2000 la (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria, dichiarata insolvente con sentenza 27 luglio 1995 del Tribunale di Brindisi, conveniva dinanzi al Tribunale di Bologna la (OMISSIS) s.r.l. – piu’ tardi incorporata dalla (OMISSIS) s.r.l. – per sentir dichiarare inefficaci ex art.67, primo comma, n.2, e secondo comma, della legge fallimentare pagamenti e cessioni di credito a scopo solutorio eseguiti nel periodo sospetto, per complessivi Euro 258.391,83.
Costituitasi ritualmente, la (OMISSIS) s.r.l. eccepiva, in via pregiudiziale, l’incompetenza territoriale e la carenza di legittimazione passiva, quale mera conferitaria dell’azienda dell’imprenditore individuale (OMISSIS), in ordine ad un preteso debito eventualmente derivato da rapporti contrattuali da questo antecedentemente intrattenuti, non desumibile dalle scritture contabili, ex articolo 2560 c.c., comma 2.
Eccepiva altresi’, in via gradata, la prescrizione del credito e l’improponibilita’ della domanda, ai sensi del Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, articolo 49, (Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza), in carenza di autorizzazione del programma di cessione dei complessi aziendali; e nel merito chiedeva il rigetto per infondatezza della domanda.
Dopo l’interruzione del processo, per intervenuta fusione per incorporazione della (OMISSIS) s.r.l. nella (OMISSIS) s.r.l. e la successiva riassunzione, veniva espletata prova per interrogatorio formale e testi.
Con sentenza 10 settembre 2009, il Tribunale di Bologna accoglieva la domanda di revoca, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di lite.
Il successivo gravame della (OMISSIS) s.r.l. era rigettato dalla Corte d’appello di Bologna, con sentenza 25 giugno 2014; mentre, veniva accolta l’impugnazione incidentale della (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria, volta ad ottenere anche la condanna alla restituzione delle somme pagate.
La corte territoriale motivava:
– che l’imprenditore individuale (OMISSIS), originario accipiens dei pagamenti revocati, aveva conferito con atto pubblico 31 dicembre 1996 la propria azienda, in (OMISSIS), con tutti i relativi rapporti attivi e passivi, nella (OMISSIS) s.r.l.;
– che andava affermata, quindi, la legittimazione passiva di quest’ultima, succeduta anche nel debito restitutorio derivante dall’azione revocatoria;
– che sussisteva la prova presuntiva che gli atti solutori fossero stati annotati nelle scritture contabili obbligatorie, a fronte di fatture regolarmente emesse;
– che, in ordine ai mezzi anomali di pagamento, tramite cessioni di credito, la creditrice non aveva offerto la prova della propria inscientia decoctionis; mentre, per quanto riguardava i pagamenti eseguiti in contanti e mediante bonifici bancari, si doveva ritenere conosciuta dal (OMISSIS) l’appartenenza della societa’ debitrice al cd. gruppo (OMISSIS), la cui insolvenza era stata resa nota dalla stampa, non solo locale e comunque emergeva, nei rapporti diretti con il creditore, da ritardi nei pagamenti di fatture di ammontare considerevole e dalla concessione di plurime proroghe dei termini di pagamento;
– che, in particolare, premessa l’irrilevanza della data di scadenza del debito della (OMISSIS) s.p.a., il relativo pagamento, seppur andasse riportato – come pretendeva la (OMISSIS) s.r.l. – alla data dell’addebito della valuta (31 agosto 1994), anziche’ a quella dell’operazione bancaria (5 settembre 1994), non esulava dal periodo sospetto annuale, decorrente, a ritroso, dalla dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza della (OMISSIS) S.p.A. (27 luglio 1995);
Avverso la sentenza, non notificata, la Trattamenti Superficiali Metalli s.r.l. proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi e notificato il 18 settembre 2014.
Deduceva:
1) la violazione degli articoli 1346, 1362 1366 e 1371 c.c., e articolo 2560 c.c., comma 2, articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., e articolo 41 Cost., comma 1, nella ritenuta legittimazione passiva in ordine alla domanda di ripetizione di una somma pagata, nel periodo sospetto, non a se’ o alla propria incorporata (OMISSIS) s.r.l., bensi’ all’imprenditore individuale (OMISSIS), autore del conferimento di azienda;
2) la violazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., L. Fall., articolo 67, comma 1, n. 2, e comma 2, nonche’ la carenza di motivazione nell’accertamento dell’elemento psicologico della fattispecie revocatoria;
3) la violazione della L. n. 95 del 1979, articolo 1, u.c., e della L. Fall., articoli 67 e 203, ed inoltre il vizio di motivazione, per l’erronea collocazione temporale dei termini di decorrenza del cd. periodo sospetto.
Resisteva, con controricorso, la (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria.
La causa, assegnata alla prima sezione civile, veniva rimessa dal collegio al Primo Presidente, ai fini dell’eventuale assegnazione alle sezioni unite, considerata la particolare importanza delle questioni di diritto sollevate e l’esigenza di prevenire un possibile contrasto giurisprudenziale, in ordine all’applicazione dell’articolo 2560 c.c., ai debiti restitutori da accoglimento di azione revocatoria fallimentare.
Dopo il conforme provvedimento presidenziale, la causa passava in decisione all’udienza del 22 novembre 2016, sulle conclusioni in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il thema decidendum consta di una questione di massima di particolare importanza, concernente l’interpretazione dell’articolo 2560 cod. civ. (articolo 374 c.p.c., comma 2); cui fa seguito, nella motivazione della sentenza impugnata, un accertamento di fatto, in ordine all’oggetto del conferimento, sindacabile in questa sede entro i ristretti limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Sotto il primo profilo, la premessa maggiore del ragionamento sillogistico seguito dalla corte territoriale e’ che la legittimazione passiva in tema di azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto pagamenti eseguiti in favore di un imprenditore che abbia poi conferito la propria azienda in una societa’ – ma il problema si porrebbe negli stessi termini in caso di cessione – vada riconosciuta alla stessa societa’ conferitaria (o cessionaria) dell’azienda: essendo sufficiente, ai fini dell’insorgere della responsabilita’ solidale prevista dalla norma, la conoscibilita’, tramite i libri contabili obbligatori, del precedente rapporto contrattuale intrattenuto dal dante causa con un imprenditore, divenuto poi insolvente alla data del pagamento: pur se il concreto debito restitutorio maturi solo all’esito dell’accoglimento della domanda di revoca, in epoca successiva al trasferimento aziendale (Cass., sez. 1, 28 luglio 2010, n. 17668).
Tale tesi interpretativa non puo’ essere seguita.
Essa, infatti, dilata a dismisura l’ambito di applicazione dell’articolo 2560 c.c., comma 2, includendo nella previsione di solidarieta’ obbligazioni non ancora venute alla luce, sulla sola base di un documentato fatto genetico mediato: e dunque, un mero rischio di sopravvenienza passiva, anziche’ un debito gia’ maturato ed annotato nei libri contabili, come testualmente previsto dalla norma.
In contrario, si deve ricondurre la responsabilita’ dell’avente causa nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale.
La chiara dizione della rubrica (Debiti relativi all’azienda ceduta) e del testo dell’articolo 2560 c.c., non consente, infatti, di ritenere estensivamente inclusa nel trasferimento dell’azienda commerciale anche una situazione non gia’ di debito, bensi’ di soggezione ad una successiva azione revocatoria promossa dal curatore del fallimento del solvens.
A questi rilievi – che valorizzano non solo il dato letterale della norma (parametro ermeneutico prioritario e poziore: articolo 12 disp. gen.), ma pure la ratio protettiva summenzionata – piuttosto che ad implicazioni legate alla natura costitutiva dell’azione, va ricondotto il principio di diritto teste’ enunciato. La natura costitutiva (e non dichiarativa) dell’azione revocatoria – lungamente dibattuta in giurisprudenza e dottrina ed affermatasi infine nella giurisprudenza di legittimita’ (Cass. sez. 1, 21 marzo 2013 n. 7182; Cass., sez. 1 30 luglio 2012 n. 13560, sulla scia di Cass. sez. unite, 15 giugno 2000 n. 437), soprattutto in considerazione della sua irriducibilita’ all’illecito aquiliano (il che non eccettua, peraltro, il carattere antidoveroso del comportamento dell’accipiens: rivelato, gia’ prima facie, dal requisito psicologico del consilium fraudis, o scientia fraudis) – non escluderebbe, infatti, di per se’ sola, la possibile retroattivita’ ex tunc degli effetti: normale, anzi, in talune azioni costitutive tipiche, quali quelle di risoluzione (articolo 1458 c.c.) o di annullamento di un contratto (Cass., sez. 2, 11 febbraio 1998 n. 1395).
La ricostruzione ermeneutica cosi’ delineata dell’ambito applicativo dell’articolo 2560 cpv. c.c., incontra un limite – del resto, evidente – solo nella carenza di un’effettiva alterita’ soggettiva delle parti titolari dell’azienda: come nell’ipotesi di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica del soggetto (articolo 2498 c.c. e segg.) – stante la continuita’ dei rapporti giuridici pendenti – ed in quella di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una societa’ unipersonale (che non costituisce una trasformazione in senso tecnico): in cui, pure, e’ ravvisabile una perdurante identita’ soggettiva – sostanziale, se non formale – significativa di una conoscenza diretta dei rapporti giuridici in fieri, estranea alla ratio protettiva del successore a titolo particolare nell’azienda, sottesa all’articolo 2560 c.c..
Cosi’ corretto il principio di diritto enunciato dalla Corte d’appello di Bologna, si osserva pero’ che ad esso ha fatto seguito, nella sentenza impugnata, l’accertamento di fatto, congruamente motivato, e come tale sottratto a riesame nel merito, che con la dichiarazione resa nel corso dell’assemblea straordinaria della (OMISSIS) s.r.l. e raccolta nel verbale steso a ministero del notaio (OMISSIS), in data 31 dicembre 1996, l’imprenditore (OMISSIS) (che aveva ricevuto i pagamenti, in parte con mezzi anomali, oggetto dell’azione revocatoria svolta in seguito dalla (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria) aveva inteso conferire nel capitale della predetta societa’ la totalita’ dei rapporti attivi e passivi rientranti nell’universitas juris aziendale (“considerata nella complessita’ dei beni che della stessa fanno parte, materiali ed immateriali, nessuno escluso o eccettuato”): e cioe’, anche i debiti futuri, derivanti dall’esercizio dell’azione revocatoria di pagamenti risultanti dalla contabilita’ aziendale.
A tal fine, la corte territoriale ha valorizzato espressioni testuali dell’atto pubblico, senza incorrere in violazioni di norme sull’interpretazione dei contratti (articolo 1362 c.c. e segg.).
La diversa ricostruzione ermeneutica operata dalla ricorrente si risolve, dunque, in un sindacato di merito, che non puo’ trovare ingresso in questa sede.
Eguale, ed ancor piu’ evidente, ragione di inammissibilita’ si ravvisa nel secondo motivo; nel quale, richiamando perfino deposizioni testimoniali sottoposte ad una lettura diretta di questa Corte, si riafferma la tesi della inscientia decoctionis del (OMISSIS) alla data dei pagamenti ricevuti dalla (OMISSIS) s.p.a., facente parte del gruppo insolvente (OMISSIS).
Il terzo motivo ripropone, con argomentazioni promiscue, la questione dell’anteriorita’ dell’atto solutorio, oggetto di revoca, al periodo sospetto: sotto il duplice profilo che la sua data andrebbe identificata con quella di scadenza del debito (31 agosto 1994), piuttosto che con quella dell’operazione bancaria di pagamento (5 settembre 1994), e che il dies a quo del computo a ritroso decorrerebbe dal decreto di ammissione alla procedura concorsuale, e non dalla precedente sentenza dichiarativa dell’insolvenza.
La duplice censura e’ inammissibile.
La prima, per irrilevanza: dal momento che la corte felsinea ha statuito che, anche a voler considerare corretta la data del 31 Agosto 1994, prospettata dalla (OMISSIS) s.r.l., egualmente l’operazione sarebbe rientrata nel periodo sospetto annuale decorrente dalla sentenza 27 luglio 1995 del Tribunale di Brindisi, dichiarativa dello stato di insolvenza della (OMISSIS) s.p.a.: identificata dal Tribunale di Bologna come termine iniziale del relativo decorso retrospettivo, con statuizione non impugnata in parte qua (cfr. sent. Corte d’appello di Bologna, pag. 9).
E’ pertanto preclusa, ob rem judicatam, la seconda doglianza con cui si contesta tale ultima statuizione in punto di diritto, assumendo che il dies a quo andrebbe ricondotto, piuttosto, alla data di apertura della procedura concorsuale ( Decreto Ministeriale 5 settembre 1995).
E’ appena il caso di aggiungere, peraltro, che la tesi difensiva appare anche infondata, alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte, che nelle procedure concorsuali di liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria ancora il decorso del periodo sospetto alla dichiarazione di insolvenza della societa’: giacche’, diversamente opinando, l’esito delle azioni revocatorie riuscirebbe compromesso dal ritardo nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, in una situazione non piu’ di sospetta, ma di gia’ accertata insolvenza (Cass., sez. 1, 19 gennaio 2016 n. 803; Cass., sez. 1, 9 aprile 2008 n. 9177).
Tale principio di diritto, appare in linea, del resto, con il requisito psicologico della scientia decoctionis del creditore, che non puo’ non correlarsi, temporalmente, alla data in cui l’insolvenza e’ giudizialmente accertata; e trova ulteriore conferma sistematica nel tenore del Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, articolo 49 (Azioni revocatorie), (Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma della L. 30 luglio 1998, n. 274, articolo 1, – PRODI BIS), che, al comma 2, recita: “I termini stabiliti dalle disposizioni indicate nel comma 1 (e cioe’, per l’esercizio delle azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori previste dalle disposizioni della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare) si computano a decorrere dalla dichiarazione dello stato di insolvenza. Tale disposizione si applica anche in tutti i casi in cui alla dichiarazione dello stato di insolvenza segua la dichiarazione di fallimento”.
Cosa diversa, poi, e’ che le azioni revocatorie degli atti compiuti in frode dei creditori divengano esperibili, in concreto, solo con la nomina del commissario liquidatore, cui compete il loro esercizio (L. Fall., articolo 203, comma 2).
Il ricorso e’ dunque infondato e va respinto; con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessita’ delle questioni svolte.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per compenso, oltre le spese forfettarie e gli accessori di legge; – Si da’ atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo Unico SPESE DI GIUSTIZIA), articolo 13 (Importi), comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Legge di stabilita’ 2013).