la prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente. In altre parole è il solo vincolo di parentela, nella fattispecie assai stretta (madre alienante – figlio acquirente), che viene ritenuto dalla giurisprudenza, anche di legittimità, prova della “partecipatio fraudis”, ben potendo, il Giudice, ricavare l’esistenza del requisito da presunzioni semplici, quale, appunto, la sussistenza del rapporto coniugale tra venditore e acquirente.
Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione revocatoria ordinaria di cui all’ art 2091 cc si consiglia il seguente articolo: Azione revocatoria ordinaria
Tribunale Firenze, Sezione 3 civile Sentenza 13 giugno 2018, n. 1786
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Elisabetta Carloni
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 798/2014 promossa da:
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. SC.AN. e dell’avv. PA.CO. ((…)) PIAZZA (…) 50134 FIRENZE;, elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. SC.AN.
PARTE ATTRICE
contro
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. PA.AN., elettivamente domiciliato in VIA (…) 50129 FIRENZE presso il difensore avv. PA.AN.
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. PA.AN., elettivamente domiciliato in VIA (…) 50129 FIRENZE presso il difensore avv. PA.AN.
PARTE CONVENUTA
MOTIVI DELLA DECISIONE
Svolgimento del processo
Con l’atto di citazione del 30/12/2013, la (…) conveniva in giudizio gli odierni convenuti, chiedendo che venisse dichiarato inefficace nei sui confronti l’atto di compravendita del 9/7/2013, relativo alla compravendita del 50% degli immobili siti nel Comune di (…), via (…), con accesso dal n.c. 31 di via (…), distinti al N.C.E.U. del Comune di Firenze nel foglio di mappa (…) come segue: particella (…), sub. (…), zona censuaria 3, cat. (…), classe (…), consistenza vani 4,5, rendita catastale Euro 592,63; particella (…), sub. (…), zona censuaria 3, cat. (…), classe (…), consistenza 13 metri quadrati, rendita catastale Euro 54,38; Con la comparsa del 02/05/2014 si costituivano in giudizio i Sig.ri (…) e (…), chiedendo la sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa RG. 6852/2013 e il rigetto della domanda attorea; Alla prima udienza del 13/05/2014, le parti chiedevano la concessione dei termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c. e il Giudice li concedeva a decorrere dal 09/06/2014; La Compagnia depositava la memoria di precisazione delle conclusioni del 07/07/2014, e le due memorie istruttorie del 22/09/2014 e del 07/10/2014; I convenuti depositavano le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. n. 2) del 15/09/2014 e n. 3) del 07/10/2014; All’udienza del 22/05/2014, il Giudice, ritenendo irrilevante l’acquisizione della prova testimoniale dedotta dalla Compagnia ma necessario l’esperimento della consulenza tecnica volta ad accertare il valore di mercato degli immobili oggetto della compravendita del 09/07/2013 e della quota del 50% del convenuto, nominava quale CTU il Geom. Ja.Ci.; All’udienza del 10/12/2014 il CTU prestava il giuramento di rito e il Giudice fissava i termini per l’esperimento della consulenza e l’udienza del 06/05/2015 per l’esame della stessa; Con gli atti del 07/01/2015 e del 08/01/2015 i convenuti e la Compagnia nominavano i propri consulenti di parte, ossia, rispettivamente, il Geom. (…) e l’Ing. (…); In data 13/04/2015 veniva depositata la perizia; All’udienza del 06/05/2015 le parti chiedevano al Giudice la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni e la dott.ssa (…), ritenendo la causa matura, rinviava la causa al 31/05/2016; Con il decreto n. 1191/2016, la predetta udienza veniva rinviata d’ufficio al 13/02/2018, mentre la dott.ssa (…) veniva sostituita dalla dott.ssa Ca. con comunicazione del 08/08/2016; All’udienza del 13/02/2018 la Compagnia precisava le conclusioni come da memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. e produceva la sentenza n. 332/2018 nel frattempo emessa nella causa RG.6852/2013, mentre i convenuti richiamavano la propria comparsa di costituzione e la memoria ex art. 183, comma 6, n. 3 c.p.c.; il Giudice, trattenendo la causa a decisione, concedeva i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
La domanda revocatoria svolta dall’attrice è fondata e deve essere accolta.
Sui presupposti dell’azione revocatoria
L’art. 2901 c.c. detta le condizioni necessarie per il valido esperimento dell’azione revocatoria distinguendo a seconda che l’azione de qua abbia ad oggetto un atto dispositivo a titolo oneroso o a titolo gratuito ed ancora, a seconda che l’atto in questione sia antecedente o successivo all’insorgere del credito a tutela del quale si agisce.
Per l’accoglimento dell’actio pauliana occorre riscontrare la sussistenza della ragione di credito, dell’eventus damni, ovverosia l’arrecando pregiudizio alla soddisfazione delle ragioni creditorie e della scientia damni e cioè la consapevolezza da parte del disponente di arrecare un pregiudizio alle ragioni del creditore.
Sulla ragione di credito
La presente azione è stata instaurata sulla base del principio giurisprudenziale secondo cui l’azione revocatoria ordinaria possa essere proposta anche a tutela di una legittima aspettativa di credito, quale ad esempio, quella nascente da una sentenza di condanna.
La Compagnia infatti agiva con l’azione revocatoria a tutela della garanzia del credito che legittimamente aspettava di realizzare con la causa di rivalsa già promossa nei confronti del sig. (…) (Tr. Firenze R.G. 6852/2013)
Nelle more del presente giudizio, quella che inizialmente era una “legittima aspettativa” di credito, si è trasformata in un diritto di credito certo, liquido ed esigibile: infatti la sentenza 332/2018, pubblicata in data 02/02/2018 dal Tribunale di Firenze nella causa R.G. 6852/2013, accoglie le istanze della (…) e condanna il Sig. (…) a pagare in favore della Compagnia la somma di Euro. 255.000 oltre interessi dal 27/09/2012 al saldo.
La predetta sentenza veniva depositata e portata a conoscenza del giudice all’udienza di precisazione delle conclusioni del 13/08/2018, come risulta dal verbale.
Sulla base di quanto sopra, è dunque provato il primo presupposto dell’azione revocatoria oggetto di causa, ossia l’esistenza del diritto di credito di Euro. 255.000,00, vantato dalla Compagnia nei confronti del sig. (…).
Sull’eventus damni
Il pregiudizio alle ragioni del creditore rilevante ex art. 2901 c.c. sussiste non solo quando la soddisfazione di queste sia in concreto pregiudicata, ma anche quando vi sia il solo pericolo attuale per la loro soddisfazione. Per di più, si ritiene sussistere il detto pregiudizio sia a fronte della totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, sia in presenza di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, consistente in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ovvero in una modificazione qualitativa di esso (ex plurimis, Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2012, n. 1896). In data 09/07/2015, il Sig. (…), si è spogliato degli unici beni di sua proprietà, ledendo gravemente la (già esigua) garanzia del credito L.. Ad oggi, la Compagnia gode di un credito certo, liquido ed esigibile, pari a Euro. 255.000,00 che non può soddisfare, mancando beni in capo al debitore verso cui agire e non avendo quest’ultimo offerto alcunché a soddisfazione dei diritti di credito di parte attrice.
La Corte di Cassazione è concorde nel precisare che al creditore è sufficiente dimostrare la variazione intervenuta nel patrimonio del debitore, gravando su quest’ultimo l’onere di provare che, nonostante l’atto di disposizione, il suo patrimonio ha conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore, senza difficoltà.
In relazione a quanto sopra, si evidenzia che il convenuto non ha dato alcuna prova che il suo patrimonio, nonostante l’atto dispositivo oggetto della presente causa, potrebbe soddisfare le legittime richieste della Compagnia e, in ogni caso, ha dimostrato chiaramente di non volerle soddisfare, posto che, ad oggi, non ha adempiuto alla condanna del Tribunale di Firenze, né ha tentato la definizione transattiva delle vertenze. Anzi in corso di causa, inoltre, il (…), ha apertamente dichiarato di trovarsi in gravi difficoltà economiche che, addirittura, non gli consentivano più, di far fronte alle rate di mutuo.
Sulla scientia damni
Con riferimento alla seconda condizione – la scientia damni – per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito (l’altro l’atto di disposizione de quo è successivo all’insorgere del credito verso la debitrice) non è necessaria l’intenzione di nuocere ai creditori essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni (in tal senso Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17867 del 22/08/2007).
L’accertamento della sussistenza di detta condizione è di natura spiccatamente presuntiva e, nella fattispecie in esame, numerosi sono gli indizi che consentono di inferirne la sussistenza. Per la sussistenza del requisito della scientia damni nel debitore, è sufficiente la consapevolezza di arrecare danno agli interessi del creditore, essendo l’elemento soggettivo integrato dalla semplice conoscenza-cui è equiparate l’agevole conoscibilità -nel debitore (e, in ipotesi di atto a titolo oneroso, anche del terzo) di tale pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l’azione e senza che assuma rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, e/o la partecipazione o conoscenza da parte del terzo in ordine alla intenzione fraudolenta del debitore.
Dalla documentazione in atti risulta provato che in data 22 aprile 2013 l’Assicurazione esponente notificava a (…) atto di citazione in giudizio dinnanzi al Tribunale di Firenze (R.G. 6852/2013) al fine di ottenere il pagamento dell’importo di Euro.255.000,00 e che in data 9 luglio 2013 il convenuto vendeva la sua quota di proprietà (50%) sugli immobili sopra individuati al prezzo di Euro. 68.179,67 alla convivente (…).
Il Sig. (…) ha motivato la vendita con il mancato rinnovo del proprio contratto di lavoro e la conseguente impossibilità di far fronte alle rate di mutuo.
Le eccezioni del (…) sono prive di pregio, infatti, come affermato dalla sopracitata giurisprudenza, è irrilevante l’intenzione con cui viene lesa la garanzia creditoria, essendo sufficiente, al fine della sussistenza del requisito della scientia danni, la mera conoscenza della lesione.
E’ stato dimostrato che il (…) era a conoscenza dell’azione di rivalsa esercitata dalla Compagnia per la somma di Euro. 255.000,00e, di conseguenza, non essendo proprietario di altri beni e in procinto anche di perdere il lavoro, sapeva che, vendendo i propri beni, avrebbe pregiudicato la garanzia patrimoniale generica della (…).
Sulla partecipatio fraudis
A tale proposito basti ricordare ex multis, Cassazione civile, sez. III, 06/06/2014, n. 12836 secondo cui la prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente. In altre parole è il solo vincolo di parentela, nella fattispecie assai stretta (madre alienante – figlio acquirente), che viene ritenuto dalla giurisprudenza, anche di legittimità, prova della “partecipatio fraudis”, ben potendo, il Giudice, ricavare l’esistenza del requisito da presunzioni semplici, quale, appunto, la sussistenza del rapporto coniugale tra venditore e acquirente. Qualora si qualifichi l’atto di compravendita del 09/07/2013 a titolo gratuito è sufficiente, per la sussistenza dei requisiti necessari per la proponibilità dell’azione revocatoria, della scientia damni nel solo debitore.
Qualora l’atto di compravendita sia qualificato a titolo oneroso o misto, è emersa la partecipatio fraudis del terzo, ovvero dell’acquirente.
Infatti, dalla CTU, volta a stabilire l’effettivo valore dei beni immobili di via (…), il valore del complesso immobiliare è risultato come segue:
– nel 2012 pari a Euro 200.000,00 (quota del 50% di (…) = Euro 100.000,00)
– nel 2013 pari a Euro 193.000,00 (quota del 50% di (…) = Euro 96.500,00)
– nel 2015 pari a Euro 180.000,00 (quota del 50% di (…) = Euro 90.000,00)
Dalla valutazione del CTU si evince che nel momento della seconda compravendita (luglio 2013) gli immobili – ai quali veniva attribuito un valore di Euro 140.000,00 – vennero notevolmente svalutati, derivandone quindi un beneficio economico diretto a favore della convenuta.
Pare comunque dimostrata anche partecipatio fraudis della convenuta:
a) i Sig.ri (…) e (…) sono una coppia convivente e che, insieme, acquistavano gli immobili di via (…) per adibirli a residenza familiare;
b) la notifica dell’atto di citazione nella causa di rivalsa avveniva a mani della Sig. (…);
c) i convenuti stipulavano l’atto di compravendita oggetto della presente azione dopo poco più di due mesi dalla suddetta notifica;
d) la sig.ra (…) era a conoscenza della difficoltà economica che stava attraversando il suo convivente che dichiara espressamente di aver venduto l’immobile poiché non poteva più far fronte alle rate di mutuo;
e) La convenuta sapeva che il Sig. (…) non possedeva altri beni su cui la Compagnia si sarebbe potuta soddisfare (o comunque non è stato dimostrato il contrario);
f) Dalla compravendita la Sig.ra (…) ha tratto due vantaggi: ha acquistato l’intera proprietà dell’immobile adibito a residenza familiare ad un prezzo ridotto rispetto al suo valore e, al contempo, lo ha sottratto al rischio di esecuzione immobiliare da parte della Compagnia.
La domanda ex art. 2901 c.c. è, dunque, fondata e pertanto, merita accoglimento, posto che l’azione revocatoria ordinaria ha proprio la funzione di ricostituire la generica garanzia patrimoniale del debitore, di cui all’art. 2740 c.c., la cui consistenza, per effetto dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotta al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore, con l’azione espropriativa. Essa non travolge il fraudolento atto di disposizione, ma consente di ottenere una declaratoria di inefficacia del medesimo, nei confronti del creditore istante.
SULLE SPESE DI LITE E DI CTU
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 in relazione all’attività svolta, alla difficoltà della controversia ed all’effettivo valore della causa.
Le spese di CTU vanno poste in via definitiva a carico dei convenuti in solido tra loro.
P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunciando nella causa promossa dalla (…) contro i sig.ri (…) E (…), ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta così provvede:
1. DICHIARA inefficace ex art.2901 c.c. nei confronti dell’attrice l’atto di compravendita del 09/07/2013 a Rogito Notaio (…) Rep.(…) – Racc.(…), con il quale (…) vendeva a (…) la quota di proprietà (50%) dei beni immobili facenti parte del complesso immobiliare posto nel Comune di (…), interno della via (…), con accesso dal n.c. 31 di via (…) distinti al N.C.E.U. del Comune di Firenze nel foglio di mappa (…) come segue: – particella (…), sub. (…), zona censuaria 3, cat. (…), classe (…), consistenza vani 4,5, rendita catastale Euro 592,63; – particella (…), sub. (…), zona censuaria 3, cat. (…), classe (…), Consistenza 13 metri quadrati, rendita catastale Euro 54,38; oltre ai beni comuni, non censibili, distinti al catasto fabbricati di detto Comune, nel foglio di mappa (…), particella (…), sub. (…) (corridoio), sub. (…) (vano tecnico), sub. (…) (marciapiede).
2. CONDANNA i convenuti, in solido tra loro, alla rifusione in favore dell’attrice delle spese di lite liquidate in Euro 10.000,00 a titolo di compenso al difensore ed 687,00 per spese, oltre rimborso forfetario spese generali, Iva e Cap come per legge;
3. PONE le spese di CTU in via definitiva a carico dei convenuti in solido tra loro.
Così deciso in Firenze il 13 giugno 2018.
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2018.