in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio e’ la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonche’, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore; la relativa prova puo’ essere fornita tramite presunzioni, con la precisazione che la prova della participatio fraudis del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, puo’ essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.
Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione revocatoria ordinaria di cui all’ art 2091 cc si consiglia il seguente articolo: Azione revocatoria ordinaria
Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione surrogatoria di cui all’ art 2900 cc si consiglia il seguente articolo: Azione surrogatoria ex art 2900 cc
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1286
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10552-2016 proposto da:
(OMISSIS) SOC COOP, in persona del legale rappresentante Rag. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), in proprio e quale erede di (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1204/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 27/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
La (OMISSIS) soc. coop. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente fideiussori, la prima, della societa’ (OMISSIS) S.r.l. (in atti pure indicata come (OMISSIS) S.r.l.) per l’importo di lire 430 milioni, e gli altri due, sia della societa’ (OMISSIS) S.r.l. che della societa’ (OMISSIS) S.r.l., per sentire dichiarare simulato o, in via subordinata, per sentir revocare l’atto trascritto in data 16 ottobre 1999, con cui i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano venduto, a (OMISSIS), un immobile sito in (OMISSIS) (casa di civile abitazione con area esclusiva), atto asseritamente compiuto dagli interessati in pregiudizio delle ragioni di credito dell’attrice (nonche’ di quelle delle altre banche esposte).
In particolare, rappresento’ la (OMISSIS) soc. coop. che, nel contesto della tutela in sede monitoria delle esposizioni sofferenti delle due societa’ collegate e gia’ indicate, in favore delle quali i disponenti avevano rilasciato in precedenza cofideiussioni (la (OMISSIS) dal luglio del 1999 solo in favore di (OMISSIS) S.r.l.) “incrociate”, (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano in apparenza trasferito (con semplice scrittura privata in autentica del 15 ottobre 1999) in capo a (OMISSIS) (sorella e cognata dei venditori) e, quindi, a distanza di tre mesi dal rilascio della garanzia personale in autentica di firma del notaio Dott. (OMISSIS), il cespite di proprieta’, vanificando o comunque rendendo in tal modo molto piu’ problematico il recupero del credito azionato e non produttiva di effetti l’iscrizione di ipoteca effettuata in forza dei decreti ingiuntivi ottenuti nei confronti delle predette societa’, poi dichiarate fallite, e dei rispettivi fideiussori, azionando esposizioni riconducibili all’utilizzo di affidamenti da tempo sofferenti (decreti ingiuntivi preceduti dalla revoca dei fidi e da costituzione in mora) ed escutendo le pregresse fideiussioni.
Si costitui’ soltanto (OMISSIS) (cofideiubente “formale acquirente”), contestando la domanda, mentre rimasero contumaci i “formali venditori”.
Il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 889/11, pubblicata il 16/03/2011, rigetto’ le domande formulate dall’attrice che condanno’ alle spese.
In particolare, il Giudice di primo grado rigetto’ la domanda proposta in via principale rilevando che l’attrice non avesse, come era suo onere, provato la simulazione assoluta dell’atto in questione. Rigetto’, altresi’, la domanda ex articolo 2901 cod. civ., ritenendo che non potesse affermarsi che la vendita del bene avesse impedito all’attrice di recuperare in tutto o in parte il suo credito; evidenzio’ che la banca aveva sostenuto che con l’atto in parola i predetti coniugi avevano sottratto il bene immobile alla pretesa creditoria di cui essa era titolare nei loro confronti, risultando, invece, il patrimonio di (OMISSIS) sufficiente a “coprire” il debito fideiussorio della medesima, pur senza il bene in questione; osservo’ che “la banca aveva l’onere di provare che il patrimonio degli stessi venditori, senza il bene venduto non era piu’ capiente per soddisfare la sua pretesa creditoria” e aggiunse che “… solo nell’ipotesi (non provata) secondo cui il patrimonio residuo non permetteva alla Banca di recuperare in tutto o in parte il proprio credito (prima possibile) l’azione revocatoria poteva dirsi fondata con il consequenziale accoglimento della domanda proposta…”.
Avverso la sentenza di primo grado l’istituto di credito propose gravame, cui si oppose soltanto (OMISSIS), restando contumaci gli altri appellati.
La Corte di appello di Brescia, con sentenza pubblicata in data 27 novembre 2015, rigetto’ l’impugnazione proposta e condanno’ la banca appellante alle spese di quel grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito la (OMISSIS) soc. coop. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
La ricorrente, rilevato che in sede di notifica del ricorso era emerso che (OMISSIS) era deceduto in data 14 luglio 2014, ha provveduto spontaneamente ad integrare il contraddittorio (Cass. 5/07/2000, n. 8952; Cass. 26/07/2002, n. 11005; Cass. 16/07/2003, n. 11150) nei confronti degli aventi causa dello stesso, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
2. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., comma 2 in relazione agli articoli 2697 e 2729 c.c. con riguardo alla asserita assenza della partecipatio fraudis in capo al terzo (articolo 360 c.p.c., n. 3)”, la ricorrente lamenta che la Corte di merito, pur avendo ritenuto, diversamente dal Tribunale, che e’ onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria ordinaria, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore, ha, tuttavia, ritenuto di non accogliere la domanda ex articolo 2901 cod. civ. per essere carente il presupposto della scientia damni da parte del terzo, ridimensionando “ad elemento che puo’ assumere valenza indiziaria” “il rapporto di stretta parentela fra venditori ed acquirente”, laddove, invece, secondo la ricorrente, il vincolo parentale tra il debitore e il terzo acquirente dovrebbe far ritenere dimostrata la partecipatio fraudis di quest’ultimo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.
Evidenzia, in particolare, il ricorrente che, nella specie, (OMISSIS) non sarebbe semplicemente un terzo vincolato da stretta parentela ma anche un terzo per cosi’ dire “qualificato”, essendo coobbligata solidale con i disponenti per la fideiussione rilasciata e tanto troverebbe conferma nella velocita’ sospetta della trascrizione dell’atto dispositivo, perfezionato il 15 ottobre 1999 e trascritto il 16 ottobre 1999.
Ad avviso della ricorrente, la Corte di merito proprio affermando ulteriormente che la banca si sarebbe limitata ad enunciare la comune prestazione di fideiussione per una diversa societa’ (la (OMISSIS) S.r.l.) ed in favore del medesimo creditore, senza fornire elementi che chiarissero i rapporti intercorrenti tra le due societa’ e senza enunciare argomenti idonei a sanare “l’ambiguita’ della situazione”, avrebbe, in sostanza, ad abundantiam indicato ulteriori elementi risultanti dagli atti ed idonei ad arricchire il convergente quadro presuntivo atto a configurare e comprovare il requisito della partecipatio fraudis.
2.1. Il motivo e’ fondato.
2.2. Osserva il Collegio che chiaramente il Tribunale ha deciso la causa in base alla ragione piu’ liquida, restando quindi assorbite le ulteriori questioni non esaminate, sicche’ ben poteva la Corte di merito verificare la sussistenza o meno dell’elemento soggettivo in capo al terzo, questione, peraltro, espressamente riproposta nella comparsa di costituzione in appello dalla (OMISSIS) e nell’atto di appello dalla banca (Cass., sez. un., 25/05/2018, n. 13195). In relazione a quanto sopra evidenziato risulta esplicitamente convenire anche la controricorrente (v. controricorso p. 6).
3. La Corte di merito – la quale ha pure accertato, nella specie, l’anteriorita’ del credito rispetto all’atto di disposizione patrimoniale in questione (v. sentenza impugnata, p. 9 e 10) -, nel ritenere che, ai fini della valutazione della scientia damni da parte le terzo, il rapporto di parentela tra venditori ed acquirente, “puo’ assumere valenza indiziaria ma…, di per se’, non puo’ sorreggere la tesi della conoscenza in capo al terzo acquirente”, non si e’ attenuta al principio, piu’ volte affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ e che va in questa sede ribadito, secondo cui, in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio e’ la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonche’, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore; la relativa prova puo’ essere fornita tramite presunzioni (Cass. 30/12/2014, n. 27546; Cass. 22/03/2016, n. 5618), con la precisazione che la prova della participatio fraudis del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, puo’ essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass. 5/03/2009, n. 5359).
Tanto assorbe ogni ulteriore questione pure sollevata dalla ricorrente.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.