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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 11 maggio 2018, n. 11544
in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioe’ da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata, puo’ darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. All’operativita’ di detta regola – applicabile anche quando il servizio fornito dall’intermediario consista nell’esecuzione di ordini – non e’ di ostacolo il fatto che il cliente abbia in precedenza acquistato un altro titolo a rischio, perche’ cio’ non basta a renderlo operatore qualificato ai sensi della normativa regolamentare dettata dalla Consob.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 11 maggio 2018, n. 11544
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 16211/14 proposto da:
(OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS); tutti elett.te domic. in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), dal quale sono rappres. e difesi unitamente all’avv. (OMISSIS), con procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) dal quale e’ rappres. e difesa unitamente all’avv. (OMISSIS), con procura speciale in a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1635/2013 emessa dalla Corte d’appello di Bologna, depositata il 10.9.2013;
udita la relazione del consigliere, Dott. Rosario Caiazzo, nella Camera di consiglio del 2 febbraio 2018.
RILEVATO
che:
(OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) citarono in giudizio innanzi al Tribunale di Bologna la (OMISSIS) s.p.a. chiedendo l’accertamento della nullita’ di due contratti d’investimento stipulati nel luglio del 2003, tramite la banca convenuta, per l’acquisto di obbligazioni (OMISSIS), per mancanza della forma scritta di cui all’articolo 23 Tuif, nonche’ la pronuncia d’annullamento degli stessi contratti per inadempimento della banca intermediaria per i seguenti motivi: mancanza di adeguata informativa circa i gravi rischi connessi a tali investimenti rispetto al profilo di rischio degli attori, ed omessa informazione della perdita progressiva registrata dagli stessi titoli; i titoli acquistati erano sprovvisti del prospetto informativo approvato dalla Consob e destinati ai soli investitori istituzionali ed erano stati negoziati fuori dai mercati regolamentati.
In subordine, gli attori chiesero l’annullamento dei contratti d’acquisto, sia perche’ la banca aveva ceduta i titoli in conflitto d’interessi, in quanto di sua proprieta’, sia perche’ il loro consenso era stato viziato dal dolo della banca intermediaria, avendo quest’ultima venduto le obbligazioni sulla base di una falsa rappresentazione dell’investimento, in ordine alla situazione economico-finanziaria del Gruppo (OMISSIS), nonche’ da un errore di fatto rilevante afferente all’oggetto dei contratti stessi, avendo creduto di comprare obbligazioni della (OMISSIS) e non della societa’ del gruppo estera.
Il Tribunale accolse parzialmente la domanda, limitatamente alla richiesta di annullamento per errore, avendo ritenuto che il consenso degli attori all’esecuzione delle operazioni d’investimento in obbligazioni (OMISSIS) fosse stato viziato dalla falsa indicazione della societa’ emittente il titolo con conseguente induzione in errore sulla solidita’ della stessa; pertanto, la banca fu condannata alla restituzione delle somme investite ed alla restituzione dei titoli.
La banca propose appello, accolto parzialmente dalla Corte territoriale secondo la cui motivazione non sussistevano i presupposti dell’errore legittimante l’annullamento dei due contratti d’investimento, in quanto: l’asserita falsa indicazione della societa’ emittente i titoli in questione – che avrebbe viziato il consenso in ordine alla solidita’ patrimoniale della cedente – aveva piuttosto costituito un’erronea valutazione sulla convenienza economica delle operazioni d’acquisto; era comunque da escludere che, nel caso di corretta informazione sulla natura del titolo e sull’emittente, i contratti non sarebbero stati stipulati poiche’, essendo certo che le obbligazioni cedute erano garantite dalla (OMISSIS) s.p.a., era ragionevole ritenere che, anche se adeguatamente informati, gli attori avrebbero comunque acquistato i titoli, potendo confidare nella solidita’ finanziaria e patrimoniale della garante; non era utilizzabile una c.t.u., espletata in un giudizio penale, poiche’ tempestivamente contestata dalla banca convenuta; era altresi’ da escludere che la banca stessa fosse a conoscenza dell’insolvenza delle societa’ del gruppo (OMISSIS), in quanto dalla relazione redatta dal Governatore della Banca d’Italia si desumeva che le stesse erano, all’epoca degli acquisti per cui e’ causa, oggetto di positiva valutazione; gli attori avevano depositato tardivamente le memorie conclusive deducendo altresi’ la sussistenza di diversi ulteriori segnali di pericolo trascurati dalla banca convenuta.
La Corte di merito ha invece ritenuto infondate le domande degli appellati, in quanto riproposte, sia in ordine alla violazione degli obblighi d’informazione, sia circa il profilo dell’adeguatezza degli investimenti, rilevando che non era stato provato il nesso causale tra violazione delle norme di “protezione” e il risarcimento del danno.
Gli attori originari hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Resiste la banca con controricorso, eccependo l’inammissibilita’ e l’infondatezza del ricorso; le parti hanno altresi’ depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo e’ stata denunziata violazione e falsa applicazione degli articoli 1427 e 1429 c.c., per aver la Corte di merito escluso l’essenzialita’ dell’errore che avrebbe viziato il consenso degli investitori, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo, avendo i ricorrenti lamentato il mancato esame della questione – evidenziata invece dal giudice di primo grado – della natura estera dei titoli acquistati che aveva comportato una serie di conseguenze concernenti i limiti delle emissioni e la sottrazione ai controlli previsti dalla normativa interna.
Con il secondo motivo e’ stata denunziata violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, articoli 1218 e 2697 c.c., avendo la Corte d’appello escluso il nesso causale tra l’inadempimento degli obblighi informativi e il danno lamentato, erroneamente ritenendo che i ricorrenti avrebbero comunque acquistato le obbligazioni anche se informati circa le caratteristiche dell’investimento in esame.
Va premessa l’infondatezza delle eccezioni d’inammissibilita’, in quanto i motivi del ricorso sono autosufficienti in quanto non formulati genericamente, ma con chiara ed esaustiva indicazione delle ragioni dell’impugnazione.
Il primo motivo e’ inammissibile. La Corte d’appello ha escluso che gli investitori, nell’acquistare le obbligazioni in questione siano incorsi in un errore essenziale determinante il loro consenso (ovvero che, in presenza di corretta ed adeguata informazione, il contratto non sarebbe stato concluso).
Invero, la Corte di merito, rilevato che l’addebito degli attori riguardava il fatto che la societa’ che ha emesso i titoli acquistati non fosse, diversamente dalla (OMISSIS) s.p.a., sufficientemente patrimonializzata, ha ritenuto che l’essenzialita’ del dedotto errore fosse da escludere in quanto le obbligazioni in oggetto erano garantite dalla stessa (OMISSIS) s.p.a., sicche’ ne ha tratto il ragionevole convincimento che gli investitori, anche se adeguatamente informati circa la natura estera delle obbligazioni comperate, avrebbero comunque proceduto all’investimento.
Anzitutto, l’inammissibilita’ deriva dal fatto che i ricorrenti non hanno censurato l’autonoma ratio della sentenza impugnata secondo cui non era configurabile l’errore essenziale nella valutazione di convenienza dell’investimento, fondata sulla garanzia prestata dalla (OMISSIS) s.p.a. (Cass., n. 18039/12).
Inoltre, al riguardo, occorre richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cassazione n. 12544/17; n. 16698/10). Nel caso concreto, i ricorrenti non hanno dedotto un’erronea ricognizione della fattispecie astratta di legge, bensi’ un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a causa di una omessa valutazione delle risultanze di causa.
Ne consegue un ulteriore profilo d’inammissibilita’ del motivo, relativo alla violazione dell’articolo 1429 c.c., in ordine alla sussistenza dell’essenzialita’ dell’errore invocato, poiche’ imperniato esclusivamente sulla critica del mancato esame di alcuni fatti di causa, non essendo state invece dedotte violazioni dei criteri normativi che disciplinano l’attivita’ interpretativa del giudice.
La censura in esame e’ connessa a quella, formulata contestualmente nel primo motivo, afferente all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ravvisato dai ricorrenti nell’aver il giudice d’appello trascurato di considerare le conseguenze giuridiche della natura estera della societa’ emittente (individuate nell’esclusione dei limiti quantitativi alle emissioni delle obbligazioni e nella sottrazione ai controlli previsti dalla normativa interna).
L’esame di tale ultima critica non puo’ dunque prescindere da quello della prima parte del motivo in oggetto, nel senso che i ricorrenti hanno invocato la violazione dell’articolo 1429 c.c., sulla base di un’omessa valutazione di risultanze di causa. Tale profilo del motivo e’ parimenti inammissibile, in quanto, essendo applicabile ratione temporis l’ultima versione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti non hanno indicato quando e come la questione sia stata oggetto di discussione tra le parti; ne’ hanno indicato la decisivita’ della lamentata omissione riguardo alla motivazione della Corte d’appello che ha espressamente escluso l’essenzialita’ dell’errore, pur nella prospettiva di una inadeguata informazione circa la natura estera dei titoli acquistati, appunto perche’ gli investitori avevano valutato la convenienza dell’operazione alla luce della garanzia suddetta.
Sul punto, la Corte intende dare continuita’ all’orientamento per cui il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cassazione Sezioni Unite n. 8053/14).
Il secondo motivo e’ fondato. Non e’ contestato che la banca non avesse informato sulla natura dell’investimento, per cui e’ certa la violazione degli obblighi informativi di cui all’articolo 28 Reg. Consob n. 11522/98; in particolare, dalla sentenza impugnata si evince l’accertamento che la banca non informo’ i clienti circa la natura estera della societa’ che emise i titoli in questione, oggetto degli acquisti in esame, relativi a obbligazioni societarie (cd. “scorporate”) e il rating ad esse attribuito all’epoca dalle migliori agenzie internazionali.
Tale lacuna non puo’ essere colmata e superata argomentando – come scritto nella sentenza impugnata – che i ricorrenti avevano in precedenza investito in altri titoli definiti “rischiosi”.
Al riguardo, la Corte di legittimita’ ha affermato che in materia di intermediazione finanziaria, gli obblighi d’informazione che gravano sull’intermediario, dal cui inadempimento consegue in via presuntiva l’accertamento del nesso di causalita’ del danno subito dall’investitore, impongono la comunicazione di tutte le notizie conoscibili in base alla necessaria diligenza professionale e l’indicazione, in modo puntuale, di tutte le specifiche ragioni idonee a rendere un’operazione inadeguata rispetto al profilo di rischio dell’investitore, ivi comprese quelle attinenti al rischio di “default” dell’emittente con conseguente mancato rimborso del capitale investito, in quanto tali informazioni costituiscono reali fattori per decidere, in modo effettivamente consapevole, se investire o meno (Cassazione n. 12544/17).
La Corte ha altresi’ rilevato che in tema di intermediazione mobiliare, ove il cliente gli affidi il solo incarico di eseguire degli ordini, ma non anche quello di consulenza in relazione alla scelta dei prodotti finanziari da acquistare e di gestione del portafoglio dei titoli stessi, l’intermediario e’ comunque tenuto – ai sensi del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articoli 1 e 21 e degli articoli 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998 – a fornire al primo adeguate informazioni sia sulle operazioni in se’, sia quanto alla loro adeguatezza rispetto al suo profilo di rischio. Pertanto, ai fini della valutazione di adeguatezza di tali informazioni, nonche’ delle omissioni in esse ravvisabili, non rileva che il cliente abbia dichiarato, in sede di stipula del contratto quadro di investimento, di possedere un’esperienza “alta” con riferimento ai prodotti finanziari da acquistare ed un’elevata propensione al rischio, ne’ che egli si sia eventualmente rifiutato di dare indicazioni sulla propria situazione patrimoniale (Cass., n. 18702/16).
E’ stato altresi’ chiarito che in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioe’ da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata (nella specie, avente ad oggetto obbligazioni (OMISSIS)), puo’ darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. All’operativita’ di detta regola – applicabile anche quando il servizio fornito dall’intermediario consista nell’esecuzione di ordini – non e’ di ostacolo il fatto che il cliente abbia in precedenza acquistato un altro titolo a rischio (nella specie, obbligazioni (OMISSIS)), perche’ cio’ non basta a renderlo operatore qualificato ai sensi della normativa regolamentare dettata dalla Consob (Cass., n. 17340/08).
Nel caso concreto, occorre distinguere tra la posizione della coppia (OMISSIS) – (OMISSIS) rispetto alla posizione di (OMISSIS) e le figlie, per i quali la Corte d’appello ha diversamente motivato sul punto.
Invero, in ordine all’acquisto effettuato dai coniugi, e’ stato fatto riferimento a precedenti investimenti in altre obbligazioni di rischio analogo o anche superiore, e per importi rilevanti; per l’acquisto effettuato da (OMISSIS) e figlie, invece, e’ stato fatto riferimento ad azioni, ad un fondo d’investimento della stessa banca e ad obbligazioni (OMISSIS).
Ora, circa il primo profilo, il fatto che i ricorrenti avessero gia’ effettuato investimenti analoghi alle obbligazioni per cui e’ causa, di per se’ non esclude la rilevanza dell’inadempimento degli obblighi informativi sull’adeguatezza degli investimenti, in conformita’ dei richiamati principi affermati dalla Corte di legittimita’; peraltro, deve considerarsi che neppure per i precedenti acquisti vi e’ prova che la banca avesse fornito una effettiva adeguata informazione.
Da quanto esposto consegue altresi’ l’erroneita’ della pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto che gli acquisti delle obbligazioni in oggetto fossero operazioni adeguate al profilo degli investitori, data la loro pregressa operativita’ e considerando che gli investimenti interessarono solo una parte modesta del complessivo patrimonio mobiliare di cui gli attori erano titolari presso la stessa banca convenuta.
Invero, l’inadeguatezza di tali operazioni d’investimenti si desume dal complesso degli elementi di fatto esaminati dalla Corte d’appello. Al riguardo, va evidenziato che: i titoli in questione presentavano, alla data del relativo acquisto, un rating BBB-, di livello immediatamente precedente quello speculativo; gli investitori non avevano manifestato una spiccata propensione al rischio, non emergendo dagli atti di causa la percentuale d’investimenti di carattere speculativo o piu’ rischiosi per tipologia rispetto al totale degli investimenti effettuati; su quest’ultimo punto, non puo’ dirsi sufficiente che i coniugi (OMISSIS) avevano in precedenza acquistato obbligazioni che presentavano un grado di rischio analogo a quelle per cui e’ causa, per importi notevoli, in mancanza di un’informazione dettagliata inerente all’intero portafoglio d’investimenti dei ricorrenti e alla relativa dinamica composizione durante il rapporto con la (OMISSIS).
Pertanto, non sono stati acquisiti oggettivi elementi di prova dimostrativi dell’adeguatezza degli acquisti delle obbligazioni (OMISSIS), per tipologia, frequenza, oggetto e dimensione.
In particolare, con riferimento all’acquisto effettuato da Paola (OMISSIS) e le figlie, il giudice d’appello, a sostegno della adeguatezza dell’investimento, ha fatto riferimento ai precedenti acquisti di azioni, di un fondo d’investimento e di obbligazioni (OMISSIS). Ora, la motivazione sul punto e’ vaga ed imprecisa, poiche’ l’unico titolo rischioso, in astratto, sarebbe quello azionario; tuttavia, la Corte d’appello non ha specificato di quale titolo si trattava e la sua percentuale sul portafoglio complessivo (elemento indispensabile perche’ l’investimento complessivo sia considerato proprio di un investitore con alta propensione a rischio) mentre per gli altri citati non risulta alcuna specifica informazione (non e’ stata indicata la tipologia del fondo d’investimento, ne’ il rating dell’obbligazione (OMISSIS)).
Per quanto esposto, deve ritenersi erronea la decisione del giudice d’appello che ha ritenuto non dimostrato il nesso causale tra l’inadempimento ascritto alla banca e il danno fatto valere, in quanto esso e’ presunto sulla base della violazione dell’articolo 29 del citato Regolamento Consob, in ordine all’inadeguatezza degli acquisti delle obbligazioni in esame (Cassazione n. 12544/17).
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte competente, anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.