A norma dell’articolo 718 c.c., a ciascun condividente spetta una parte in natura dei beni da dividere, siano essi mobili o immobili, ma il diritto ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie dei beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entita’ appartenenti alla stessa categoria (ad esempio, quella degli immobili), ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti, dovendosi operare una divisione dei beni per genere, in modo da evitare un eccessivo frazionamento dei cespiti e da non pregiudicare il diritto dei condividenti di ottenere una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello del complesso da dividere. In particolare, quando l’asse ereditario comprende un solo immobile, questo sara’ comodamente divisibile se ciascuno dei coeredi potra’ averne una parte, anche se di valore inferiore alla quota di sua spettanza, salvo ad attuare il pareggio con l’operazione di conguaglio. Quando, pero’, della comunione facciano parte piu’ immobili, il giudice deve accertare se il diritto dei singoli condividenti sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento di ciascuna entita’ immobiliare, oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ai singoli aventi diritto.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 25 marzo 2019, n. 8286
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15854/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS).
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1655/2013, depositata il 12.9.2013.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15.11.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persone del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso;
udito l’avv. (OMISSIS), per delega dell’avv. (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata in data 27.4.2002, (OMISSIS) ed altri hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Bologna (OMISSIS), per ottenere la divisione giudiziale di taluni immobili ubicati in (OMISSIS).
Il convenuto non e’ opposto alla divisione, chiedendo di procedere all’assegnazione dei beni in natura.
In corso di causa gli attori hanno ceduto le loro quote, pari a 6/7 dell’intera consistenza, alla (OMISSIS) s.r.l., che e’ intervenuta in giudizio, instando per l’assegnazione dell’intero compendio.
Il Tribunale, pronunciata l’estromissione dal giudizio degli attori, ha pronunciato la divisione ed ha assegnato tutti gli immobili alla societa’ intervenuta, fissando in Euro 200.000 il conguaglio spettante a (OMISSIS).
Quest’ultimo e’ nel frattempo deceduto e la sentenza e’ stata appellata dagli eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte distrettuale, in riforma della decisione di primo grado, ha assegnato i beni sub a) ed e) alla (OMISSIS) e le restanti consistenze agli attuali ricorrenti, con un conguaglio, a carico di questi ultimi, pari ad Euro 84.857,14, oltre accessori, disponendo la compensazione delle spese processuali.
Il giudice di merito, considerata ammissibile la richiesta di assegnazione formulata dalla resistente dopo la maturazione delle preclusioni di primo grado, ha ritenuto comodamente divisibile l’asse, osservando che, contrariamente a quanto stabilito dal tribunale, la formazione di piu’ porzioni avrebbe determinato un deprezzamento solo ipotetico dei cespiti, poiche’ l’originario progetto divisionale era stato redatto allorquando le quote da formare erano sette mentre, per effetto della vendita intervenuta in corso di giudizio, le quote si erano ridotte a due, non potendo rilevare la destinazione che i fabbricati avrebbero avuto dopo la divisione e l’eventualita’ che la costituzione di un condominio tra gli eredi potesse successivamente ostacolare l’approvazione degli indispensabili interventi di ristrutturazione o ricostruzione dei beni.
Esclusa l’estrazione a sorte, che avrebbe ritardato la definizione del giudizio, la Corte di merito ha optato per l’assegnazione dei beni in natura, assumendo che, in tal modo, sarebbero stati formati complessi autonomi di valore sostanzialmente equivalente.
Per la cassazione della pronuncia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria.
La (OMISSIS) ha depositato controricorso e memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Deve darsi atto che il ricorso non risulta notificato a (OMISSIS), che ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado.
Non occorre tuttavia disporre la regolarizzazione del contraddittorio poiche’, dato l’esito del presente giudizio, tale adempimento appare superfluo, dovendo prevalere le esigenze di celere definizione e di ragionevole durata del processo.
2. Il primo motivo censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la pronuncia abbia provveduto all’assegnazione dei singoli lotti, non considerando che il progetto divisionale era stato formato allorquando i comproprietari erano sette ed occorreva formare un numero corrispondente di quote.
Il giudizio di (non) comoda divisibilita’ del compendio formulato dal c.t.u. rispecchiava una situazione differente da quella poi creatasi a seguito delle cessione delle quote in favore della (OMISSIS) s.r.l. e, nella mutata situazione, era necessario disporre l’assegnazione agli eredi (OMISSIS) di un lotto, “corrispondente alla quota di un settimo fra quelli gia’ individuati dal c.t.u. attraverso la ripartizione in due lotti ulteriori dei cespiti sub C-D ed E, corrispondenti alle due quote dei condividenti”.
Il motivo e’ infondato.
La circostanza che il progetto divisionale elaborato in primo grado si basasse sulla necessita’ di formare sette quote e che, successivamente, per effetto della vendita di 6/7 dell’intero alla (OMISSIS) s.r.l. le quote da formare si fossero ridotte a due, e’ stata valutata dalla Corte d’appello che, anche per tale motivo, ha ritenuto di disattendere la valutazione (di non comoda divisibilita’), espressa dal c.t.u., sulla base della quale il Tribunale aveva disposto l’assegnazione dell’intero asse alla societa’ acquirente.
Per altro verso, la concreta praticabilita’ dell’attribuzione a ciascuno dei condividenti di una porzione individuata dei singoli beni rientranti nella massa non sostanzia un fatto materiale, decisivo per il giudizio (nell’accezione fatta propria da Cass. s.u. 8053/2014), ma riflette opzioni pertinenti alle concrete modalita’ con cui procedere alla divisione.
Compete – difatti – al giudice di merito, ed e’ percio’ incensurabile in cassazione, accertare se, nell’ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano piu’ immobili da dividere, il diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entita’ immobiliari o attraverso l’assegnazione di interi cespiti ad alcuno dei comproprietari, salvo il conguaglio in favore degli altri.
Il principio stabilito dall’articolo 727 c.p.c., in virtu’ del quale nello scioglimento della comunione il giudice deve formare lotti comprensivi di eguali quantita’ di beni mobili, immobili e crediti, non ha natura assoluta o vincolante, ma costituisce un mero criterio di massima (Cass. 6134/2010; Cass. 16219/2008; Cass. 1738/2002).
2. Il secondo motivo censura la violazione degli articoli 718 e 720 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che il giudice distrettuale abbia ritenuto indivisibile il lotto n. 8 costituito dagli immobili b), c) e d), ed abbia fissato a carico dei due assegnatari un conguaglio di Euro 84.857,40, non considerando che detto lotto aveva un valore stimato dal c.t.u. di Euro 257.000,000 ed era composto di tre unita’ distinte (un appartamento e due negozi). La divisibilita’ doveva, quindi, essere valutata riguardo ai singoli beni e non per blocchi, benche’ gli immobili fossero suscettibili di assegnazione in natura.
Il motivo e’ infondato.
Il c.t.u. aveva dato atto che l’asse era formato da tre complessi, di cui siti due in (OMISSIS) e l’altro a (OMISSIS), ed era composto da complessivi cinque cespiti.
Aveva formato sette quote, pari al numero di condividenti, inserendo nel primo lotto il complesso, ritenuto indivisibile, sito in (OMISSIS), e, negli altri sei lotti, le porzioni facenti parte degli altri due edifici.
Il Tribunale ha disposto l’assegnazione di tutti gli immobili alla (OMISSIS), avendo ritenuto che l’asse non fosse – nel suo insieme – comodamente divisibile, perche’ l’assegnazione avrebbe determinato “una polverizzazione dei beni connessa alla decisioni da assumere in vista degli indispensabili interventi di manutenzione”.
La Corte distrettuale, nel procedere alla formazione di due sole quote, non ha pero’ formulato il giudizio di divisibilita’ valutando il complesso immobiliare in blocco, ma ha dato rilievo all’equivalenza di valore tra i beni individualmente assegnati (cfr. sentenza pag. 11), ritenendo che tale soluzione consentisse di superare le difficolta’ evidenziate dal c.t.u. (cfr. sentenza pagg. 11 e 12).
La decisione e’ conforme a diritto.
A norma dell’articolo 718 c.c., a ciascun condividente spetta una parte in natura dei beni da dividere, siano essi mobili o immobili, ma il diritto ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie dei beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entita’ appartenenti alla stessa categoria (ad esempio, quella degli immobili), ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti, dovendosi operare una divisione dei beni per genere, in modo da evitare un eccessivo frazionamento dei cespiti e da non pregiudicare il diritto dei condividenti di ottenere una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello del complesso da dividere (Cass. 6387/1980).
In particolare, quando l’asse ereditario comprende un solo immobile, questo sara’ comodamente divisibile se ciascuno dei coeredi potra’ averne una parte, anche se di valore inferiore alla quota di sua spettanza, salvo ad attuare il pareggio con l’operazione di conguaglio.
Quando, pero’, della comunione facciano parte piu’ immobili, il giudice deve accertare se il diritto dei singoli condividenti sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento di ciascuna entita’ immobiliare, oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ai singoli aventi diritto (Cass. 1816/1979).
Qualora i singoli beni consentano, da soli o insieme con altri beni, di comporre la quota di alcuno dei condividenti in modo che le altre possano formarsi con i restanti immobili, non puo’ piu’ farsi questione di indivisibilita’ o di non comoda divisibilita’, essendo comunque ottenuta la ripartizione quantitativa e qualitativa dei vari cespiti compresi nella comunione, rispettando il valore di ciascuna quota (Cass. 2177/1966; Cass. 1816/1979; (Cass. 7700/1994; Cass. 590/1961; Cass. 372/1957).
3. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e articolo 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che il tribunale, nel disporre l’assegnazione dell’intero asse in favore della societa’ resistente, aveva stimato il valore della quota degli altri contitolari in Euro 200.000,00 e che tale capo di pronuncia era passato in giudicato per cui la Corte di appello non avrebbe potuto stimare il complesso nel minor importo pari ad Euro 172.142,85.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 726 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte di merito abbia determinato il valore dell’asse e della quota spettante ai ricorrenti, attenendosi al valore indicato dal c.t.u., che, pero’, aveva effettuato la stima nove anni prima della decisione, non adeguandola ai valori correnti alla data della decisione e non tenendo conto della forte contrazione del mercato immobiliare verificatisi nel periodo successivo al 2008 e del rilevante abbattimento delle quotazioni.
Per ragioni di ordine logico va esaminato preliminarmente il quarto motivo di ricorso, che si rivela fondato.
Nel giudizio di divisione di beni immobili, occorre assicurare la formazione di porzioni di valore corrispondenti alle quote, per cui la stima dei beni deve essere aggiornata alla data della decisione.
Puo’ aversi riguardo alle valutazioni effettuate a distanza di tempo soltanto se si accerti che, per la stasi del mercato o per il minor apprezzamento dei beni in relazione alle loro caratteristiche, non sia nel frattempo intervenuto alcun mutamento di valore che renda necessario l’adeguamento della stima (Cass. 3635/2007; Cass. 7961/2003; Cass. 9659/2000).
La pronuncia e’ quindi incorsa nell’errore denunciato, poiche’ ha operato la divisione, regolando i conguagli, sulla base dei valori stabiliti dal consulente circa nove anni prima della sentenza, senza procedere ad alcuna verifica sulle eventuali oscillazioni del mercato immobiliare e senza accertare se il valore dei beni fosse medio tempore mutato.
D’accoglimento del quarto motivo di ricorso consegue l’assorbimento del terzo motivo.
Sono – in conclusione – respinti il primo e il secondo motivo di ricorso, e’ accolto il quarto motivo ed e’ assorbito il terzo.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
rigetta il primo, il secondo motivo di ricorso, accoglie il quarto e dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.