Ai fini della determinazione del danno da lucro cessante in materia brevettuale, per le controversie soggette alle norme generali anteriori al codice della proprieta’ industriale, il computo dei mancati profitti del titolare del diritto leso presuppone una valutazione su base equitativa, ai sensi degli articoli 1226 e 2056 c.c.; ai fini di tale valutazione e’ consentito al giudice del merito far ricorso al criterio della royalty ragionevole, purche’ di tale scelta sia data congruente motivazione; tale e’ quella imperniata sulla necessita’ di considerare una minima proporzione rispetto al risultato contabile correlato alle caratteristiche tecnologiche dei trovati.
Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|23 giugno 2022| n. 20236
Data udienza 8 giugno 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. G. – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18304/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 536/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 10/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/06/2022 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Treviso, adito da (OMISSIS) s.r.l. con diverse azioni a tutela di brevetti per invenzione industriale, dispose, per quanto in questa sede ancora rileva, la conversione in modello di utilita’ del brevetto per invenzione n. (OMISSIS) e accerto’ la contraffazione di tale brevetto da parte di (OMISSIS) s.r.l..Di conseguenza condanno’ questa societa’ al risarcimento dei danni per i mancati guadagni dell’attrice, liquidandoli in 1.027.549,91 Euro
La corte d’appello di Venezia ha definito il giudizio di secondo grado con due sentenze, l’una non definitiva e l’altra definitiva.
Con la sentenza non definitiva n. 2679/2015 ha respinto sia l’appello principale di (OMISSIS), sia l’appello incidentale di Niccons in ordine ai contrapposti profili della validita’ del brevetto e al riconoscimento della contraffazione.
Con la sentenza definitiva n. 536/2017, rinnovata la c.t.u., ha riformato la prima decisione nella parte relativa alla liquidazione del danno, rideterminandolo in 227.990,68 Euro in applicazione del criterio della giusta royalty; tale criterio ha ritenuto piu’ congruo e aderente al contenuto tecnologico del trovato in base all’articolo 125 del codice della proprieta’ industriale (hinc, c.p.i.), sebbene tale norma fosse stata indicata nella sentenza non definitiva come non applicabile al caso concreto.
(OMISSIS), che ne aveva fatto riserva quanto alla non definitiva, ha impugnato entrambe le sentenze con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. – Col primo motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli articoli 112, 329, 342, 346 c.p.c., e articolo 2909 c.c., per aver pronunciato oltre i limiti dell’effetto devolutivo, essendo stata esaminata la questione della modalita’ di liquidazione del danno nonostante non fosse stata espressamente prospettata nei motivi d’impugnazione.
II. – Il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza.
Deve premettersi, per le conseguenze che saranno a breve esposte, che l’azione risulta esser stata proposta da (OMISSIS) con citazione del 16-5-2002.
Ratione temporis la controversia era, dunque, (ed e’) sottratta all’articolo 125 del c.p.i..
Dalla sentenza non definitiva si evince che la controparte, col quarto motivo d’appello, aveva messo in discussione “il metodo”, oltre che le conclusioni raggiunte dal consulente contabile del tribunale.
Cio’ consente di affermare che le modalita’ prescelte dalla consulenza in ordine alla quantificazione del danno, determinato, in primo grado, col criterio dei ricavi perduti da (OMISSIS) sulla base del numero dei pezzi venduti da (OMISSIS) all’esito della condotta di contraffazione, fossero esse stesse incluse nell’ambito della devoluzione.
La ricorrente eccepisce che la corte territoriale abbia applicato il distinto criterio valutativo del danno, commisurato alla cd. royalty equa o ragionevole, senza che la sentenza di primo grado fosse stata in effetti impugnata in ordine all’applicazione di quello originario, prescelto dal tribunale per determinare il mancato guadagno.
Tuttavia, misurato sulla citata risultanza della sentenza non definitiva, il ricorso e’ generico, poiche’ non contiene alcuna specificazione, neppure per sintesi, del contenuto dell’atto di interposizione d’appello al quale riferire il controllo di legittimita’.
Come piu’ volte si e’ detto, quando in cassazione sia dedotto un vizio processuale, che comporti la nullita’ del procedimento o della sentenza impugnata, la Corte e’ investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, purche’ pero’ la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformita’ al criterio di autosufficienza determinato dalle regole fissate al riguardo dal codice di rito agli articoli 366 e 369 c.p.c. (v. Cass. Sez. U. n. 8077-12).
Nel caso concreto il primo mezzo non soddisfa, per la ragione detta, il fine di autosufficienza.
III. – Il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati unitariamente.
Col secondo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 86 legge inv. e articolo 125 c.p.i., nonche’ degli articoli 1223, 1226 e 1227 c.c., con riguardo al criterio di liquidazione del danno da contraffazione, laddove la corte d’appello ha disposto il rinnovo della consulenza contabile focalizzandosi sul criterio delle royalties, al fine di semplificare i conteggi e fornire una liquidazione in via forfettaria piu’ congrua e aderente al contenuto tecnologico del trovato. La ricorrente sostiene che quello della royalty e’ un criterio residuale e non ottimale, poiche’ non soddisfa il principio per il quale il patrimonio del danneggiato deve riportarsi in pristino stato; sicche’ puo’ trovare applicazione solo in casi particolari, come quando il titolare della privativa operi in territori diversi da quello in cui e’ stato immesso il prodotto contraffatto, ovvero quando il contraffattore, non rivolgendosi al medesimo mercato, non abbia a recare al titolare un danno diretto.
Col terzo motivo la ricorrente ulteriormente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 86 Legge inv. e articolo 125, comma 2, c.p.i., nonche’ degli articoli 1223, 1226 e 1227 c.c., ancora con riguardo al criterio della royalty. Pure in questa prospettiva assume che il criterio sia stato applicato, non solo in difetto dei presupposti, ma anche omettendo di considerare le circostanze di fatto oggetto del giudizio, e quindi in modo del tutto forfetario anziche’ “in base agli atti di causa e alle presunzioni che ne derivano”; quando invece quello della royalty esprime, secondo il c.p.i., un riferimento minimo, non un criterio giuridico da adottare di per se’ a prescindere dalle risultanze di causa.
IV. – I motivi sono in parte inammissibili e in parte infondati.
L’argomentazione basica della ricorrente fa leva su alcuni orientamenti assunti in ordine all’articolo 125 del c.p.i..
L’articolo 125 c.p.i., intitolato al risarcimento del danno e alla restituzione dei profitti dell’autore della violazione e finalizzato a regolare le modalita’ di ristoro del titolare del diritto leso in materia di violazioni di diritto industriale, e’, nella versione attuale, norma conseguente alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 16 marzo 2006, n. 140, articolo 17, in attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2004/48-CE, cd. Direttiva Enforcement, sul rispetto dei diritti di proprieta’ industriale.
Nella detta prospettiva la norma prevede regole volte ad agevolare un ristoro da parte dell’autore della contraffazione in favore del danneggiato.
V. – Come si e’ anticipato, pero’, l’attuale controversia e’ ratione temporis sottratta all’articolo 125 c.p.i., donde le considerazioni svolte dalla ricorrente sul presupposto di tale norma non sono pertinenti.
Non serve sottolineare, cioe’, che, in base alla disciplina semplificata di cui al citato articolo 125, il criterio della “giusta royalty” o “royalty virtuale” segna solo il limite inferiore del risarcimento del danno liquidato in via equitativa.
Cio’ in effetti e’ stato affermato da questa Corte, ma in rapporto – giustappunto – all’articolo 125 c.p.i., stante che – si e’ detto – e’ ben possibile ristorare del danno il titolare del diritto di privativa leso dalla condotta di contraffazione del brevetto tenendo conto (articolo 125 c.p.i.) degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito, deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale; e dunque mediante il criterio della “giusta royalty” o “royalty virtuale” quale limite inferiore del risarcimento del danno liquidato in via equitativa (Cass. n. 5666-21). Cosicche’ – ancora si e’ opinato – quel criterio non potrebbe essere utilizzato a fronte dell’indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi ragionevoli criteri equitativi, da considerare nell’obiettivo di una piena riparazione del pregiudizio risentito dal titolare del diritto di proprieta’ intellettuale.
VI. – Questo orientamento niente toglie al fatto che il criterio della royalty ragionevole (o equa), di contro, ben potesse giovare anche prima dell’articolo 125 c.p.i., seppure per riparare il danno su base equitativa; e in tale contesto era utilizzabile come uno dei molteplici criteri a disposizione del giudice del merito secondo gli articoli 1226 e 2056 c.c..
VII. – Il punto essenziale sta allora in cio’: che nella vigenza delle norme in materia brevettuale anteriori al c.p.i. il danno da lucro cessante (tale essendo quello risarcito dalla corte d’appello nel caso concreto) restava (e resta) soggetto alla valutazione equitativa prevista in generale dagli articoli 1226 e 2056 c.c..
Nell’ambito di tale valutazione il lucro cessante semplicemente coincide col mancato profitto del titolare del diritto leso.
Per determinare tale mancato profitto soccorrono i criteri equitativi e nessuna norma sancisce, nella individuazione del migliore dei suddetti criteri, che debba prevalere l’uno o l’altro metodo di determinazione del danno.
In particolare, nessuna norma stabilisce che il criterio della royalty ragionevole non sia utilizzabile esso stesso come criterio di matrice generale equitativa.
Ne discende che, nell’ottica degli articoli 1226 e 2056 c.c., il criterio applicato dalla corte d’appello, in luogo di quello ritenuto dal tribunale, era astrattamente consentito e tutto si concentrava nella necessita’ di fornire adeguata spiegazione del perche’ si fosse ritenuto di utilizzarlo.
La spiegazione e’ stata fornita dalla corte territoriale, e la tesi sviluppata dei motivi si dipana, nella sua genericita’, dall’affermazione per cui l’utilizzo di tale criterio non avrebbe avuto, di converso, effettiva funzione riparatoria del danno patrimoniale.
Ma in tal modo il ricorso finisce per scadere nella questione di fatto, dal momento che oppone alla tesi della corte territoriale, secondo la quale – invece – proprio il criterio della royalty ragionevole era maggiormente indicato al caso di specie in base alla necessita’ di riconsiderare una minima proporzione rispetto al risultato contabile correlato alle caratteristiche tecnologiche dei trovati, una tesi giustapposta in punto di corrispondenza e congruenza logica.
La traduzione della censura in un ambito di pieno merito e’ notoriamente incompatibile col giudizio di legittimita’.
VIII. – Il ricorso e’ rigettato.
Va affermato il seguente principio:
Ai fini della determinazione del danno da lucro cessante in materia brevettuale, per le controversie soggette alle norme generali anteriori al codice della proprieta’ industriale, il computo dei mancati profitti del titolare del diritto leso presuppone una valutazione su base equitativa, ai sensi degli articoli 1226 e 2056 c.c.; ai fini di tale valutazione e’ consentito al giudice del merito far ricorso al criterio della royalty ragionevole, purche’ di tale scelta sia data congruente motivazione; tale e’ quella imperniata sulla necessita’ di considerare una minima proporzione rispetto al risultato contabile correlato alle caratteristiche tecnologiche dei trovati.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 10.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.