In tema di brevetto per varietà vegetali, l’inosservanza del termine perentorio di un anno per l’esercizio del diritto di priorità, previsto dall’art. 3 del d.P.R. n. 974 del 1974, pur impedendo al richiedente di ricollegare la nuova domanda a quella originaria, con conseguente impossibilità di retrodatare alla presentazione di quest’ultima il giudizio di novità, non impedisce il rilascio del brevetto in Italia, poiché, a differenza del brevetto per invenzione industriale, la novità non deve essere valutata in senso assoluto ed in riferimento allo stato della tecnica, ma sulla base dei criteri di cui all’art. 1 del medesimo d.P.R., qualora non risulti il compimento di atti di commercializzazione in Italia o, da oltre quattro anni, in qualsiasi altro Stato.
Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|29 agosto 2023| n. 25439
Data udienza 13 giugno 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21115/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), (OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), e (OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentate e difese dagli Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1079/21, depositata il 17 maggio 2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2023 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.
FATTI DI CAUSA
1. La (OMISSIS)s S.r.l., licenziataria per il territorio italiano del brevetto per nuova varieta’ vegetale n. (OMISSIS), ottenuto dall’University of California per la varieta’ di uva denominata “(OMISSIS)”, convenne in giudizio la (OMISSIS) S.r.l., l’ (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S.r.l., per sentir inibire alle stesse la produzione, la detenzione e la vendita di uve appartenenti alla predetta varieta’, in quanto non autorizzate da essa licenziataria o da suoi aventi causa, con la condanna delle convenute al risarcimento dei danni.
Si costituirono le convenute, ed eccepirono il difetto di legittimazione dell’attrice, in ragione dell’intervenuta scadenza del titolo, la nullita’ del brevetto, per identita’ dell’oggetto rispetto a quello di un brevetto precedentemente registrato negli Stati Uniti d’America e per inosservanza del termine annuale per la rivendicazione della c.d. priorita’ unionista, e l’insussistenza della contraffazione.
1.1. Con sentenza del 7 giugno 2016, il Tribunale di Catania accolse parzialmente la domanda, accertando la violazione dei diritti di privativa ed ordinandone la cessazione, ma rigettando la domanda di risarcimento dei danni.
2. L’impugnazione proposta dalla (OMISSIS), dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) e’ stata rigettata dalla Corte d’appello di Catania con sentenza del 17 maggio 2021.
Premesso che l’originaria licenza, rilasciata il 14 giugno 1994 ed avente scadenza al 31 dicembre 2003, recava una clausola che ne consentiva la proroga decennale, in assenza della manifestazione di una volonta’ contraria, la Corte ha confermato la legittimazione dell’attrice, ritenendo ammissibile, ai fini della relativa prova, la produzione in giudizio della copia di una e-mail del 12 febbraio 2013, depositata unitamente alla memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2, con cui l’Executive Director di UC Davis Innovation Access, per conto della licenziataria The Regents of the University of California, aveva comunicato al legale rappresentante della (OMISSIS) la proroga della predetta licenza, e reputando invece tardiva la produzione di un altro documento del 1 gennaio 2014, denominato “Fifth amendment”, in quanto avvenuta soltanto all’udienza successiva, e non accompagnata da una istanza di rimessione in termini, della quale non sussistevano neppure i presupposti.
Precisato inoltre che la domanda di brevettazione in Italia, avente ad oggetto una varieta’ vegetale gia’ brevettata negli Stati Uniti, era stata presentata dopo la scadenza del termine annuale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 12 agosto 1975, n. 974, articolo 3, comma 1, ha escluso che il decorso del termine comportasse la nullita’ del brevetto per difetto di novita’, osservando che, mentre per le invenzioni industriali la sussistenza di tale requisito dev’essere valutata attraverso il confronto con lo stato della tecnica, per le varieta’ vegetali assume rilievo, ai sensi dell’articolo 1 del predetto decreto, il mancato compimento di atti di commercializzazione in Italia o, nei quattro anni precedenti, in qualsiasi altro Stato. Ha quindi escluso che il mero deposito di una precedente domanda da parte del costitutore in un altro Stato, in assenza di atti di commercializzazione, consentisse di escludere il requisito della novita’, ritenendo invece inammissibile, in quanto proposta soltanto con la memoria di replica, la censura mossa alla sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione di nullita’ del brevetto per difetto di distintivita’.
Ha infine confermato la sussistenza della contraffazione, ritenendo provata la riconducibilita’ alle convenute delle pagine web prodotte in giudizio, in cui la (OMISSIS) e la (OMISSIS) si qualificavano come produttori/venditori dell’uva di varieta’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) come soggetto che commercializzava la medesima varieta’, osservando che, ai sensi del Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, articolo 107, comma 2, l’onere di fornire la prova liberatoria incombeva alle convenute, che non l’avevano adempiuto.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS), la (OMISSIS) e la (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, illustrati anche con memoria. La (OMISSIS) ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’inammissibilita’ dell’impugnazione, proposta dalla controricorrente in relazione alla stipulazione di un accordo transattivo con la (OMISSIS), intervenuta nel corso del giudizio di appello ma non seguita dalla rinuncia al gravame da parte della predetta societa’: per effetto di tale accordo, sottoscritto il (OMISSIS) e allegato in copia al controricorso, la (OMISSIS) avrebbe infatti riconosciuto la validita’ della privativa di cui e’ titolare l’University of California e della licenza rilasciata da quest’ultima all’attrice, nonche’ l’avvenuta violazione del diritto di esclusiva spettante alla licenziataria, con il conseguente venir meno dell’interesse all’impugnazione.
La produzione del predetto documento, oltre a non incidere sull’ammissibilita’ del ricorso proposto dalla (OMISSIS) e dall’ (OMISSIS), che non hanno partecipato alla transazione, non puo’ tuttavia ritenersi consentita in questa sede, riguardando un fatto che, in quanto intervenuto in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata, avrebbe dovuto essere fatto valere nel giudizio di appello, nel quale, peraltro, come riconosce la stessa controricorrente, la (OMISSIS) non solo non ha rinunciato all’impugnazione della sentenza di primo grado, ma ha insistito nelle proprie difese.
E’ pur vero, infatti, che, come ripetutamente affermato da questa Corte, l’articolo 372 c.p.c., nella parte in cui consente il deposito di documenti nuovi in sede di legittimita’, purche’ riguardanti l’ammissibilita’ del ricorso, e’ riferibile ad ogni documento incidente sulla proponibilita’, procedibilita’ e pro-seguibilita’ dell’impugnazione, ivi compresi quelli volti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione, ovvero la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l’interesse alla pronuncia sul ricorso, purche’ riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti (cfr. Cass., Sez. II, 26/02/2016, n. 3934; 5/08/2008, n. 21122; Cass., Sez. lav., 23/06/2009, n. 14657). Tale principio non trova tuttavia applicazione nel caso in cui, come nella specie, la produzione del documento avrebbe potuto aver luogo nella fase di merito, recando lo stesso la prova di fatti verificatisi in epoca anteriore alla sua conclusione, e presuppone comunque che la parte, all’esito del giudizio, non abbia insistito per l’accoglimento della domanda originaria, rassegnando conclusioni conformi a quelle della controparte (cfr. Cass., Sez. lav., 7/12/2017, n. 29439; Cass., Sez. I, 20/09/2013, n. 21596; Cass., Sez. II; 28/08/2002, n. 12607).
2. Con il primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 81, 115, 116, 183, comma 6, e 184 c.p.c., sostenendo che, nel ritenere ammissibile la produzione in giudizio della e-mail del 12 febbraio 2013, la Corte territoriale non ha considerato che la stessa non era stata depositata con la memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2 ma con quella di cui al n. 3 medesimo articolo, e quindi in una fase processuale in cui e’ consentita unicamente l’indicazione di prove contrarie alle allegazioni istruttorie sviluppate dalla controparte nella memoria di cui al n. 2.
2.1. Il motivo e’ infondato.
La natura processuale del vizio lamentato, per il cui accertamento questa Corte e’ chiamata ad operare come giudice anche del fatto, consente infatti di procedere all’esame diretto degli atti, dal quale emerge che il documento contestato, attestante la perdurante efficacia della licenza concessa all’attrice, e quindi la legittimazione ad causam di quest’ultima, era stato tempestivamente prodotto, essendo stato allegato non soltanto alla memoria depositata ai sensi dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 3, dedicata esclusivamente all’indicazione delle prove contrarie, ma anche a quella depositata ai sensi del n. 2 medesima disposizione, destinata, tra l’altro, proprio all’indicazione dei mezzi di prova e alle produzioni documentali.
Nel dare atto della rituale produzione del predetto documento, la sentenza impugnata ha d’altronde aggiunto che, unitamente all’atto di citazione, era stato prodotto l’originario contratto di licenza, stipulato il (OMISSIS) ed avente scadenza al (OMISSIS), il quale, nell’interpretazione fornitane dal Giudice di primo grado, rimasta incensurata, prevedeva espressamente che, in assenza di una manifestazione di volonta’ contraria, la licenza avrebbe dovuto intendersi prorogata per altri dieci anni, con la conseguenza che, alla data della notificazione dell’atto di citazione, avvenuta nel mese di luglio 2012, il contratto doveva considerarsi ancora efficace, e l’attrice legittimata ad agire per la tutela della privativa.
Inammissibile, al riguardo, risulta l’affermazione delle ricorrenti, secondo cui la proroga della licenza non avrebbe potuto aver luogo tacitamente, risultando a tal fine necessario un atto scritto, espressamente richiesto dall’articolo XXIX del Master Agreement (cioe’ dell’originario contratto di licenza), in mancanza del quale avrebbe dovuto trovare applicazione il termine previsto dallo articolo XXX del medesimo contratto, fissato al (OMISSIS): tale interpretazione della licenza si pone infatti in contrasto con quella risultante dalla sentenza di primo grado, la cui mancata impugnazione sul punto, della quale la Corte territoriale ha dato puntualmente atto con statuizione rimasta a sua volta incensurata, preclude definitivamente l’esame della questione.
3. Con il secondo motivo, le ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo 30 del 2005, articoli 3, 4, 102, 103 e 112 degli articoli 11 e 12 della Convenzione UPOV e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 974 del 1975, articoli 1 e 3 censurando la sentenza impugnata per aver escluso la nullita’ del brevetto per difetto di novita’, sulla base di un’errata interpretazione del principio della c.d. priorita’ unionista. Premesso che tale principio mira a contemperare la tutela del costitutore intenzionato a registrare il suo trovato in piu’ Stati con l’esigenza di evitare che la protezione dei frutti dell’attivita’ inventiva si protragga a tempo indeterminato, paralizzando la concorrenza e l’innovazione, sostiene che, nel subordinare la proposizione della nuova domanda al mancato compimento di atti di commercializzazione nel periodo successivo alla presentazione della prima, la Corte d’appello ha introdotto un ulteriore requisito, non previsto dalle predette disposizioni. Aggiunge che la sentenza impugnata ha confuso i requisiti prescritti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 974 del 1975, articolo 1 per la fase anteriore alla presentazione della domanda di registrazione con quelli previsti dall’articolo 3 per la fase successiva, non avendo tenuto conto della finalita’ del termine di cui all’articolo 3, il cui rispetto consente di fare salva una domanda di registrazione che, in mancanza della rivendicazione di priorita’, dovrebbe considerarsi priva di novita’, a causa dell’esistenza di un’altra domanda di registrazione presentata in un altro ordinamento.
3.1. Il motivo e’ infondato.
Non merita infatti censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur rilevando che la domanda di brevettazione presentata in Italia, avente ad oggetto una varieta’ vegetale (uva a bacca rossa denominata “(OMISSIS)”) che aveva costituito oggetto di precedente brevettazione negli Stati Uniti, era stata presentata dopo la scadenza del termine previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 974 del 1974, articolo 3 ha confermato la decisione di primo grado, che aveva escluso la nullita’ del brevetto, sulla base della disciplina speciale dettata dal predetto Decreto del Presidente della Repubblica per le varieta’ vegetali, la cui diversita’ rispetto a quella generale prevista per le invenzioni industriali l’ha indotta correttamente a ritenere che, in quanto non abbinata a concreti atti di commercializzazione, la mera divulgazione del trovato, derivante dal rilascio del precedente brevetto negli Stati Uniti, fosse inidonea ad escluderne la novita’, e quindi a precludere il rilascio del brevetto in Italia.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 974 del 1975, articolo 1 applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in quanto avente ad oggetto un brevetto per nuova varieta’ vegetale rilasciato in epoca anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, il rilascio del brevetto e’ subordinato, oltre che alla sussistenza dei requisiti dell’omogeneita’, della stabilita’ e della distintivita’, alla condizione che precedentemente al deposito della relativa domanda la varieta’ vegetale non abbia, con l’accordo del costitutore (cioe’ della persona che ha creato, scoperto o messo a punto la varieta’) o del suo avente causa, formato oggetto di atti commerciali in Italia, ne’, da oltre quattro anni, in qualsiasi altro Stato. Tale disciplina si differenzia quindi da quella dettata per le invenzioni industriali, nel senso che, ai fini del rilascio del brevetto, il requisito della novita’ non viene meno per effetto della mera divulgazione, cioe’ dell’accessibilita’ del trovato da parte di un numero indeterminato di persone, le quali siano poste in grado di apprenderne gli elementi essenziali e caratteristici, in modo tale da poterlo riprodurre, ma per effetto del compimento di atti di commercializzazione del materiale di moltiplicazione della varieta’. Tale diversita’ dipende essenzialmente dalla peculiarita’ dell’oggetto della privativa, il cui livello di creativita’, oltre a non essere agevolmente verificabile in via assoluta, attraverso il confronto con tutte le specie vegetali esistenti, puo’ essere apprezzato dal costitutore soltanto a seguito della realizzazione di un certo numero di cicli moltiplicativi, che, esponendo il trovato alla possibile conoscenza da parte di terzi, renderebbero altrimenti difficile, se non impossibile, il riconoscimento della tutela: e’ per tale motivo che, come precisa l’articolo 1 cit., il fatto che una nuova varieta’ vegetale abbia formato oggetto di prove culturali o sia stata iscritta o sia stata presentata per l’iscrizione in un registro ufficiale, non puo’ venire opposto al costitutore o al suo avente causa, ai fini del diniego del brevetto.
Alla luce di tale peculiarita’ dev’essere letta anche la disciplina dettata dall’articolo 3 per l’ipotesi in cui il costitutore o il suo avente causa, dopo aver depositato una prima domanda in uno Stato dell’Unione di Parigi, intenda ottenere un titolo di protezione anche in Italia: la norma in esame prevede infatti che il richiedente puo’, al momento del deposito della nuova domanda di brevetto o entro due mesi successivi, rivendicare il diritto di priorita’ della domanda precedentemente depositata nell’altro Stato, a condizione pero’ che il deposito della nuova domanda e la dichiarazione di rivendicazione della priorita’ vengano effettuati in Italia entro il termine perentorio di dodici mesi a partire dalla data di deposito della prima domanda. Tale disposizione, analoga a quella dettata dal Decreto Legislativo n. 30 del 2005, articolo 4 relativamente al brevetto per invenzione industriale, risponde essenzialmente all’esigenza di evitare che la brevettazione in Italia possa essere impedita dal rilascio di un precedente brevetto (o dalla presentazione della relativa domanda) in uno Stato estero, anche in favore del medesimo costitutore, la cui esistenza comporterebbe necessariamente l’esclusione della novita’ del trovato. Il riconoscimento della priorita’ comporta infatti la retrodatazione del giudizio di novita’ e di creativita’ del successivo deposito alla data di quello precedente, nei limiti in cui quest’ultimo riguardi la medesima specie e sia stato effettuato dal medesimo costitutore o dal suo avente causa, si’ da neutralizzare gli effetti distruttivi sulla novita’ e creativita’ del secondo deposito, che si possono determinare in dipendenza del primo o di altri eventi divulgativi che intervengano nell’intervallo tra i due depositi.
Il termine annuale stabilito per l’esercizio del diritto di priorita’ in riferimento alla domanda di rilascio del brevetto per specie vegetali e’ definito espressamente “perentorio” dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 974 del 1975, articolo 3 e la sua inosservanza impedisce al richiedente di ricollegare la nuova domanda a quella originaria, escludendo quindi la possibilita’ di retrodatare alla presentazione di quest’ultima il giudizio di novita’, che va pertanto effettuato in riferimento alla data di presentazione della domanda in Italia, senza che possa assumere alcun rilievo la mera titolarita’ del brevetto rilasciato all’estero. A differenza, tuttavia, di quanto accade per le domande di brevetto per invenzione industriale, cio’ non impedisce il rilascio del brevetto in Italia, dal momento che, non dovendo la novita’ essere valutata in senso assoluto ed in riferimento allo stato della tecnica, ma sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 1 del medesimo D.P.R., e cioe’ in riferimento al compimento di atti di commercializzazione in Italia o da oltre quattro anni in qualsiasi altro Stato, il brevetto puo’ ugualmente essere rilasciato, qualora non risulti che tali atti siano stati compiuti.
In riferimento al brevetto per nuova varieta’ vegetale, non puo’ quindi trovare applicazione il principio, piu’ volte ribadito da questa Corte con riguardo a quello per invenzione industriale e sulla base della disciplina dettata dal Regio Decreto 29 giugno 1939, n. 1127, articolo 16 ed invocato dalla ricorrente, secondo cui tale disposizione, stabilendo che non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni industriali, ancorche’ non divulgate, se abbiano formato oggetto di valido brevetto rilasciato in seguito a domanda depositata in data anteriore, implica che la concessione di un brevetto, italiano o estero, e’ causa impeditiva della brevettazione di uno stesso ritrovato anche nei confronti del medesimo titolare, fatta eccezione soltanto per il caso in cui l’inventore, appartenente ad uno degli stati aderenti all’Unione di Parigi, abbia esercitato regolarmente il diritto di priorita’ in riferimento ad un0invenzione in corso di brevettazione o nel frattempo brevettata all’estero, mentre, ove tale diritto non sia stato esercitato o non siano state osservate le modalita’ all’uopo prescritte, la brevettazione dell’invenzione all’estero impedisce la concessione di un nuovo brevetto in Italia e, nel caso in cui lo stesso sia stato rilasciato, ne comporta la nullita’ (cfr. Cass., Sez. Un., 19/10/1966, n. 2427; Cass., Sez. I, 14/07/ 1976, n. 2701).
4. Con il terzo motivo, le ricorrenti lamentano la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 112, 342 e 346 c.p.c., del Decreto Legislativo n. 30 del 2005, articoli 3, 4, 102, 104 e 112 degli articoli 11 e 12 della Convenzione UPOV e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 974 del 1975, articoli 1 e 3 rilevando che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine all’invalidita’ della registrazione per difetto di distinzione, avendo ritenuto inammissibile, in quanto tardiva, la censura mossa alla sentenza di primo grado, senza considerare che la stessa era stata proposta con l’atto di appello.
4.1. Il motivo e’ infondato.
Il requisito della distintivita’ aveva costituito infatti oggetto di puntuale accertamento da parte della sentenza di primo grado, la quale ne aveva escluso l’operativita’ sulla base di specifiche considerazioni, distinte da quelle riguardanti il mancato compimento di atti di commercializzazione e l’operativita’ del diritto di priorita’, e riflettenti essenzialmente l’identita’ dell’oggetto della domanda di brevettazione presentata in Italia rispetto a quello del brevetto precedentemente rilasciato negli Stati Uniti.
Tale statuizione, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, non era stata specificamente censurata dalle ricorrenti, le quali, nel contestare la ritenuta genericita’ dell’appello, nella parte concernente la predetta questione, non sono in grado di dimostrare di averla puntualmente riproposta in sede di gravame, mediante la formulazione di puntuali critiche alle pur sintetiche argomentazioni svolte dal Tribunale, limitandosi a richiamare alcune pagine dell’atto di appello, due delle quali non appaiono pertinenti, recando esclusivamente l’esposizione dei fatti e della motivazione della sentenza impugnata, mentre le altre due fanno solo incidentalmente riferimento al requisito della distintivita’, trattando principalmente di quello della novita’.
Ai sensi dell’articolo 342 c.p.c., nel testo riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, l’impugnazione deve invece contenere, a pena di inammissibilita’, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, la quale, pur non richiedendo l’uso di forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, presuppone che alla parte volitiva faccia riscontro una parte argomentativa, volta a confutare le ragioni addotte dal primo giudice (cfr. Cass., Sez. Un., 13/12/2022, n. 36481; 16/11/2017, n. 27199; Cass., Sez. VI, 30/05/2018, n. 13535). L’inosservanza di tale onere di specificazione, integrando una nullita’ che comporta l’inammissibilita’ dell’impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato della statuizione impugnata, costituisce un limite alla stessa possibilita’ per il giudice di appello di esaminare questioni attinenti al merito della controversia, cui non puo’ certamente porsi rimedio attraverso un’integrazione dei motivi effettuata in corso di causa o addirittura, come nella specie, attraverso la memoria di replica, neppure nel caso in cui con la stessa venga prospettata una questione che sarebbe rilevabile d’ufficio (cfr. Cass., Sez. Un., 29/01/2000, n. 16; Cass., Sez. II, 5/04/2022, n. 10930; Cass., Sez. I, 27/09/2016, n. 18932).
5. Con il quarto motivo, le ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., osservando che la Corte territoriale ha acriticamente fondato il proprio convincimento sulle stampe delle pagine web prodotte dall’attrice, ritenute riconducibili ad esse ricorrenti, senza tenere conto del disconoscimento da loro effettuato e dell’incertezza sussistente in ordine all’origine delle stesse.
5.1. Il motivo e’ inammissibile.
Premesso che la stampa di pagine web non costituisce una scrittura privata, il cui disconoscimento ne impedisce l’utilizzazione da parte del giudice, imponendo alla parte che intenda avvalersene di promuovere il procedimento di verificazione, ma una riproduzione meccanica di documenti o immagini memorizzate in rete, la cui conformita’ all’originale, se contestata, puo’ essere accertata con ogni mezzo, ivi comprese le presunzioni (cfr. Cass., Sez. V, 18/ 01/2022, n. 1324; 8/06/2018, n. 14950; Cass., Sez. III, 20/08/2015, n. 16998), si osserva che, nel richiamare il contenuto dei siti Internet delle societa’ appellanti, ai fini dell’accertamento della produzione e dell’offerta in vendita da parte delle stesse dell’uva della varieta’ brevettata dall’attrice, la Corte territoriale ha preso puntualmente in esame le contestazioni sollevate in ordine alla provenienza delle relative stampe, evidenziando la riconducibilita’ delle pagine riprodotte agl’indirizzi delle medesime societa’, e ritenendole quindi utilizzabili per la prova della contraffazione.
Tale apprezzamento, configurabile come un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimita’ per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero per difetto di motivazione, ai sensi dello articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., non risulta validamente censurato dalle ricorrenti, le quali si limitano ad insistere sulle proprie contestazioni, denunciando la violazione dello articolo 115 c.p.c., senza considerare che la stessa puo’ ravvisarsi esclusivamente nell’ipotesi, non ricorrente nella specie, in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui la legge gli riconosce poteri officiosi (cfr. Cass., Sez. Un., 30/09/2020, n. 20867; Cass., Sez. VI, 23/10/2018, n. 26769; 31/08/2020, n. 18092).
6. Non contiene infine una vera censura il quinto motivo, con cui le ricorrenti deducono la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., lamentando l’errata applicazione del criterio della soccombenza, ai fini del regolamento delle spese processuali, e sollecitandone quindi il riesame, sulla base della mera affermazione dell’erroneita’ della decisione di merito, la cui correttezza conferma invece l’operativita’ del criterio applicato dalla Corte territoriale.
7. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.