la concessione del godimento di un locale, adibito ad esercizio commerciale, può integrare affitto di azienda, ovvero locazione di immobile munito di pertinenze, a seconda che, alla stregua della effettiva e comune intenzione delle parti, in relazione alla consistenza del bene ed a ogni altra circostanza del caso concreto, risulti che l’oggetto del contratto sia un’entità organica e capace di vita economica propria, della quale l’immobile configura una mera componente, in rapporto di complementarietà ed interdipendenza con gli altri elementi aziendali, ovvero sia in via principale l’immobile medesimo, ancorché dotato di accessori, come entità non produttiva. Il risultato di tale indagine da parte del giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici.
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Contratto di Affitto di azienda
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 19 luglio 2005, n. 15210
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Gaetano Fiduccia – Presidente
Dott. Roberto Preden – Consigliere Relatore
Dott. Renato Perconte Licatese – Consigliere
Dott. Fabio Mazza – Consigliere
Dott. Giacomo Travaglino – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ad. Ma., Sa. Mi., elettivamente domiciliati in Ro. Piazza Sa. 9, presso lo studio dell’Avvocato Ba. Sp., che li difende, giusta delega in atti;
ricorrenti
contro
Co. Ga., elettivamente domiciliato in Ro. Via Li. 18, presso lo studio dell’Avvocato Gi. De. Co., che lo difende, giusta delega in atti;
controricorrente
avverso la sentenza n. 206/01 del Tribunale di Siracusa, emessa il 09/01/01, depositata il 08/02/01;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 01/06/05 dal Consigliere Dott. Roberto Preden;
udito l’Avvocato Gi. De. Co.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto Apice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 16.02.1996 Co. Ga. conveniva davanti al Pretore di Siracusa Ad. Mo. e Sa. Mi. per sentir dichiarare cessato il contratto di affitto di azienda di ristorante-pizzeria stipulato in data 01.10.1989 per la durata di anni cinque.
I convenuti resistevano, eccepivano che tra le parti era stato concluso un contratto di locazione di immobile con pertinenze ed accessori e chiedevano l’applicazione della relativa disciplina; in subordine, assumevano che il contratto quinquennale si era rinnovato alla scadenza del 30.09.1994 per eguale periodo.
Con successiva citazione Co. Ga. lamentava che Ad. Mo. e Sa. Mi. avevano sospeso il pagamento del canone e chiedeva la risoluzione del contratto. I convenuti resistevano eccependo l’inagibilità del locale conseguente alla omessa esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria da parte di Co. Ga.
I due giudizi venivano riuniti.
Il pretore, con sentenza dell’01.07.1998, dichiarava cessato il contratto di affitto di azienda al 31.10.1995 e condannava i convenuti al rilascio, al pagamento dei canoni a decorrere dall’01.11.1995 sino al rilascio ed al rimborso delle spese di lite.
Pronunciando sull’appello dei soccombenti, al quale aveva resistito l’attore, il Tribunale di Siracusa, con sentenza dell’08.02.2001, lo rigettava e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del grado.
Avverso la sentenza Ad. Mo. ed Sa. Mi. hanno proposto ricorso per cassazione, affidandone l’accoglimento a tre motivi, illustrati con memoria.
Ha resistito, con controricorso, Co. Ga.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione agli artt. 1571, 1615, 2082 e 2555 c.c. ed all’art. 27 della legge 27.07.1998 n. 392, omessa e, comunque, insufficiente motivazione su un punto essenziale della controversia, i ricorrenti assumono che erroneamente il tribunale ha ritenuto sussistente un contratto di affitto di azienda (ristorante-pizzeria) e non una locazione di immobile con pertinenze ed accessori come sostenuto dagli appellanti.
1.1. Il motivo non è fondato.
Per consolidata giurisprudenza, la concessione del godimento di un locale, adibito ad esercizio commerciale, può integrare affitto di azienda, ovvero locazione di immobile munito di pertinenze, a seconda che, alla stregua della effettiva e comune intenzione delle parti, in relazione alla consistenza del bene ed a ogni altra circostanza del caso concreto, risulti che l’oggetto del contratto sia un’entità organica e capace di vita economica propria, della quale l’immobile configura una mera componente, in rapporto di complementarietà ed interdipendenza con gli altri elementi aziendali, ovvero sia in via principale l’immobile medesimo, ancorché dotato di accessori, come entità non produttiva. Il risultato di tale indagine da parte del giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici.
Nella specie, il tribunale ha qualificato il contratto in esame come contratto di affitto di azienda di ristorante-pizzeria, ravvisandone l’oggetto in un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’attività imprenditoriale di ristorazione, avuto riguardo al tenore letterale del contratto, nel quale, oltre a prevedere che “fanno parte dell’azienda la sala, la cucina e le attrezzature”, le parti hanno inserito un elenco di queste ultime, ritenute dai giudici di appello “quantitativamente e qualitativamente rilevanti sotto il profilo economico”.
E tale motivazione è sufficiente e congrua.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2735 c.c. in relazione agli artt. 1321 e 2697 c.c., violazione degli artt. 116, 117, 228 e 229 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, assumono i ricorrenti che il tribunale erroneamente ha escluso che fosse provata la volontà di Co. Ga. di non rinnovare il contratto; sostengono che tale conclusione contrasta con la dichiarazione resa da Co. Ga. circa l’accordo intervenuto tra le parti per la protrazione del rapporto, dopo la originaria scadenza del 30.09.1994, per un altro anno; affermano che l’instaurazione, da parte di Co. Ga., con ricorso del 23.12.1997, del giudizio per la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore nel pagamento dei canoni implica riconoscimento della permanenza in vita a tale data del rapporto contrattuale, e non già, come ritenuto dal tribunale, conferma della volontà di tornare in possesso dell’azienda.
2.1. Il motivo è parzialmente fondato.
Correttamente il tribunale ha ritenuto inidoneo a determinare la rinnovazione del contratto di affitto di azienda dopo la scadenza del 30.09.1994 l’accordo intervenuto tra le parti per una proroga di un anno, trattandosi di mero differimento dell’adempimento dell’obbligo di riconsegna.
Non merita invece adesione la qualificazione dell’atto introduttivo del giudizio di risoluzione per inadempimento, instaurato con ricorso del 23.12.1997, come conferma della volontà del concedente di rientrare in possesso dell’azienda, poiché la domanda di risoluzione presuppone necessariamente il riconoscimento, da parte dell’attore, della vigenza di un contratto in corso.
3. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 e seguenti c.c., violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. anche in relazione all’art. 191 stesso codice, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia, assumono i ricorrenti che erroneamente il tribunale ha ritenuto non provato lo stato di inagibilità dell’immobile eccepito dai conduttori a giustificazione della sospensione del pagamento dei canoni per il periodo successivo all’01.10.1995.
3.1. Il motivo è fondato.
Il tribunale, pur avendo ritenuto che vi era necessità “di interventi strutturali riguardanti due travi in legno della copertura del vano adibito a forno esattamente sovrastanti il forno”, ha poi escluso che la mancata esecuzione delle riparazioni straordinarie da parte del concedente avesse determinato l’interruzione dell’attività aziendale. Ma tale conclusione è palesemente illogica, sol che si consideri che, trattandosi di un esercizio di ristorante-pizzeria, l’agibilità del vano adibito a forno è con tutta evidenza essenziale per lo svolgimento dell’attività.
4. In conclusione, l’impugnata sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo ed il terzo; cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catania.