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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 28 giugno 2017, n. 16188
In proposito merita di essere ricordato che questa Corte ha gia’ avuto modo di evidenziare, proponendo un orientamento condivisibile ed al quale si intende pertanto assicurare continuita’, che “e’ rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, la nullita’, ai sensi dell’articolo 1283 c.c., della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo di conto corrente bancario, quando il giudice debba utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, come nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo che la banca abbia ottenuto”, Cass. sez. 1, sent. 25.11.2010, n. 23974; essendo stato pure precisato che la nullita’ e’ rilevabile d’ufficio, – ai sensi dell’articolo 1421 c.c., sia nel giudizio di appello che in quello di legittimita’, ove il suo accertamento non implichi l’acquisizione di ulteriori elementi di fatto”, Cass. sez. 1, sent. 22.3.2011, n. 6518.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 28 giugno 2017, n. 16188
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5029/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS), del Foro di Piacenza, giusta mandato steso a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), alla via (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) Spa, successore per incorporazione di (OMISSIS) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), in virtu’ di mandato conferito in sostituzione di precedenti difensori con procura notarile, avendo la Banca eletto domicilio presso lo studio del nuovo difensore, al (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 979 della Corte d’Appello di Brescia, depositata il 23 agosto 2013;
Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio 2017 dal Consigliere Paolo Di Marzio.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano innanzi al Tribunale di Mantova separate opposizioni, successivamente riunite, avverso decreto ingiuntivo conseguito nei loro confronti solidalmente, per l’importo di Lire 41.888.998, dalla (OMISSIS) Spa, in conseguenza di vantato saldo passivo di conto corrente bancario cointestato. Per quanto ancora di interesse, gli opponenti contestavano l’inadempimento della Banca nella gestione di rapporti di intermediazione finanziaria e nel compimento di operazioni di riporto non autorizzate, con la conseguenza che il saldo del conto corrente doveva ritenersi invece positivo. Chiedevano percio’ in via riconvenzionale condannarsi la Banca al pagamento di somma in loro favore. Il Tribunale, con sentenza n. 1345 del 2005, riteneva parzialmente fondata l’opposizione, accertava il parziale inadempimento della Banca e ricalcolava i rapporti dare – avere tra le parti. Alfine condannava i ricorrenti al pagamento della (minor) somma di Euro 9.016,56 in favore della controparte. (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrevano in appello e la Corte territoriale, disposto supplemento di c.t.u., in parziale riforma della sentenza appellata, ritenuto accertato il diritto dei ricorrenti in ordine alle operazioni di riporto compiute dalla Banca, che non erano state autorizzate ed avevano provocato pregiudizio patrimoniale, riduceva l’importo a credito della Banca, in relazione al saldo di conto corrente in contestazione, all’importo di Euro 3.678,72.
(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono il proprio ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Brescia, affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS) Spa, successore per incorporazione di (OMISSIS) Spa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione dell’articolo 2697 c.c., i ricorrenti contestano, per vizio di legge ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, le determinazioni della Corte di Appello in materia di stima del pregiudizio sofferto dai ricorrenti a seguito della tardiva esecuzione, da parte della Banca, dell’ordine di vendita del patrimonio mobiliare, impartito dal (OMISSIS) in data 19.6.1990. Osservano i ricorrenti che l’ordine non indicava data di esecuzione e quindi, -secondo la prassi operativa della Banca”, avrebbe dovuto essere immediatamente eseguito. come accertato mediante la deposizione testimoniale resa da una dipendente dello stesso Istituto di credito. La Corte territoriale aveva invece ritenuto di valorizzare indebitamente una missiva del (OMISSIS) alla Banca, inviata l’8.1.1991, pertanto in data ampiamente successiva rispetto a quando l’ordine era stato impartito, che il giudice dell’appello aveva interpretato nel senso che egli avesse ammesso di avere fissato all’intermediario, quale termine per l’adempimento, il 31.7.1990. In conseguenza domandavano il riconoscimento del diritto a conseguire la maggior somma che dalla vendita dei titoli si sarebbe ricavata in data 19.6.1990, rispetto al minore importo che il Consulente tecnico di ufficio aveva stimato che sarebbe stata conseguita qualora l’ordine fosse stato eseguito il 31.7.1990.
1.2. – Con il secondo motivo di ricorso, proposto per violazione ed errata interpretazione di norme di diritto, pertanto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti contestano la decisione della Corte di merito per avere ritenuto inammissibili le loro richieste di tener conto, nel ricalcolare i rapporti dare-avere che avevano condotto alla determinazione del saldo del conto corrente, della necessita’ di escludere dal calcolo le somme indebitamente pretese dalla Banca per interessi ultralegali, in assenza di specifica pattuizione per iscritto, nonche’ quelle ingiustificatamente addebitate dall’Istituto di credito in conseguenza dell’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. La Corte d’Appello, confermando le affermazioni del giudice di prime cure, aveva rilevato che in materia di interessi ed anatocismo i ricorrenti non avevano domandato nulla in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, pertanto le successive domande da loro proposte in merito dovevano considerarsi tardive, e percio’ inammissibili. Diversamente, la deduzione delle evidenziate nullita’ da parte degli opponenti il decreto ingiuntivo, in cui assume veste di attore l’Istituto di credito, devono intendersi come eccezioni, e possono pertanto essere proposte anche nel corso del grado del giudizio. In ogni caso, argomentano ancora i ricorrenti, trattandosi di contestazione relativa all’esistenza del fatto costitutivo vantato da controparte, i vizi di nullita’ ricordati, in considerazione del disposto di cui all’articolo 1283 c.c., e articolo 1284 c.c., u.c., sono rilevabili anche d’ufficio, ai sensi dell’articolo 1421 c.c..
2.1. – In ordine al primo motivo di ricorso occorre osservare che neppure i ricorrenti invocano una disposizione normativa che imponga all’intermediario finanziario di dare immediata esecuzione all’ordine di vendita di titoli mobiliari. Alla Corte territoriale, inoltre, non appare contestabile neppure il vizio di motivazione. Il giudice dell’appello, infatti, ha motivato ampiamente e con chiarezza sul punto. Ha ritenuto, con motivazione non illogica, di valorizzare alcuni dati di fatto. In primo luogo, non e’ stato neppure dedotto che all’ordine di vendita fosse stato apposto un termine per l’esecuzione. Con propria missiva dell’8.1.1991, versata in atti e riprodotta in copia nel testo del controricorso, il (OMISSIS) comunicava alla Banca di essersi accordato affinche’, superati i termini perche’ la vendita avvenisse nel mese di giugno, la liquidazione dei titoli intervenisse entro la scadenza successiva, cioe’ il 31 luglio 1990. E’ stata questa la data presa quale punto di riferimento per il calcolo del danno sofferto dai ricorrenti, perche’ la liquidazione e’ avvenuta in epoca ancora successiva al luglio del 1990, e la valutazione della Corte territoriale non merita censure. Del resto la contestazione che esistesse una prassi bancaria che prevedeva l’esecuzione immediata degli ordini di disinvestimento, peraltro fondata non su una norma positiva ma sulla testimonianza resa da una sola dipendente della Banca, si risolve nella richiesta di rinnovare un apprezzamento di fatto, in limiti non consentiti in sede di giudizio di legittimita’.
Il motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.
2.2. – In ordine al secondo motivo di ricorso, occorre esaminare la fondatezza delle contestazioni mosse dai ricorrenti per avere la Corte d’Appello ritenuto applicabili, nel ricalcolare il saldo del conto corrente, interessi ultralegali non pattuiti nelle forme di legge e con applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. La Corte d’Appello ha ritenuto che le pretese avanzate dai ricorrenti in merito dovessero essere dichiarate inammissibili, per non essere state proposte nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo che la Banca aveva conseguito nei loro confronti. In proposito merita di essere ricordato che questa Corte ha gia’ avuto modo di evidenziare, proponendo un orientamento condivisibile ed al quale si intende pertanto assicurare continuita’, che “e’ rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, la nullita’, ai sensi dell’articolo 1283 c.c., della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo di conto corrente bancario, quando il giudice debba utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, come nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo che la banca abbia ottenuto”, Cass. sez. 1, sent. 25.11.2010, n. 23974; essendo stato pure precisato che la nullita’ e’ rilevabile d’ufficio, – ai sensi dell’articolo 1421 c.c., sia nel giudizio di appello che in quello di legittimita’, ove il suo accertamento non implichi l’acquisizione di ulteriori elementi di fatto”, Cass. sez. 1, sent. 22.3.2011, n. 6518. In materia, la Suprema Corte ha avuto recentemente occasione di precisare pure che “in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullita’ della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullita’ della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’articolo 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione”, Cass. sez. 1, sent. 17.8.2016, n. 17150, proponendo un principio applicabile per analogia di situazione nel presente giudizio. In materia di interessi ultralegali non concordati per iscritto, poi, la Suprema Corte ha rilevato che “l’articolo 1284, comma 3,… espressamente prescrive, per la validita’ della pattuizione di interessi ultralegali, che essi siano determinati per iscritto -, aggiungendo che, in caso diverso, – essi sono dovuti nella misura legale”, Cass. sez. 1, sent. 23.11.2010, n. 23971. La Suprema Corte ha pure avuto occasione di sancire, in ipotesi analoga a quella in esame, che – la deduzione sull’illiceita’ degli interessi ultralegali… non avrebbe dovuto essere considerata tardiva dal giudice d’appello, rientrando essa nell’ambito delle mere difese, quale semplice contestazione dei fatti costitutivi dedotti dall’attore”, Cass. sez. 1, sent. 9.1.2013, n. 350. Devono, quindi, applicarsi – gli interessi al tasso legale sull’importo dovuto”, Cass. sez. 1, sent. 8.5.2014, n. 9996. Occorre allora ricordare che l’intervenuta applicazione di tassi d’interessi ultralegali in assenza di specifica pattuizione per iscritto, e la calcolata capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, sono dati di fatto che sono stati oggetto di discussione tra le parti, e non si e’ registrata alcuna contestazione in merito, neppure in sede di controricorso nel presente grado del giudizio.
Poiche’ i vizi lamentati sono rilevabili d’ufficio, hanno errato i giudici di primo e secondo grado a ritenere inammissibili le deduzioni proposte in merito dai ricorrenti, e la sentenza ora impugnata deve essere, sul punto, cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, perche’ rinnovi il giudizio, attenendosi ai principi innanzi esposti, e provveda anche a regolare le spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il primo ed accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione a quest’ultimo e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, perche’ proceda a nuovo giudizio, e provveda anche alla liquidazione delle spese processuali relative al presente grado.