nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilita’ costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poiche’ vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilita’. Il mancato rilascio della licenza di abitabilita’, pertanto, integra un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’articolo 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilita’ del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilita’ o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza. La mancata consegna all’acquirente del certificato di abitabilita’ si traduce, pertanto, in un inadempimento e nella conseguente possibilita’ di domandare il risarcimento del danno consequenziale che, ove accertato nell’an, va liquidato dal giudice in via equitativa, tenendo conto del minore valore di scambio del bene o nei costi sostenuti per procurare l’agibilita’ dell’immobile.

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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|21 novembre 2022| n. 34211

Data udienza 14 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. MASSAFRA Annachiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11128-2017 proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) E (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avvocato (OMISSIS) e dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. (11e1/2019 della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE, depositata il 9/12/2016;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO nell’adunanza in camera di consiglio del 16/3/2022.

FATTI DI CAUSA

1.1. Il tribunale di Pordenone, in accoglimento delle domande proposte da (OMISSIS) con atto di citazione del 3/1/2012, ha condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) a pagare all’attore la somma di Euro. 46.683,00, oltre accessori, pari al costo degli interventi edilizi necessari perche’ l’immobile destinato a civile abitazione, che le convenute aveva venduto a quest’ultimo nel marzo del 2003, potesse ottenere il certificato d’abitabilita’.

1.2. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello al quale (OMISSIS) ha resistito.

2.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello.

2.2. La corte, in particolare, dopo aver evidenziato il contenuto della dichiarazione resa dalle venditrici, ai sensi dell’articolo 76 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, innanzi al notaio, in occasione dell’atto di vendita stipulato in data 26/3/2003, “circa l’inizio e l’ultimazione della costruzione in data anteriore all’1.9.1967” e “circa l’inesistenza di successivi interventi edilizi (o mutamento di destinazione d’uso) per i quali fosse necessaria licenza, autorizzazione o concessione edilizia”, ha ritenuto che tale circostanza – neppure smentita ed anzi in qualche modo confermata dagli accertamenti espletati in primo grado (e segnatamente dalle verifiche del consulente tecnico d’ufficio, “il quale ha riferito dell’esistenza di una licenza di costruzione del fabbricato in esame risalente al 15.6.1965… e di una richiesta di abitabilita’ presentata il 22.2.1967”) – rendeva all’evidenza “ininfluente, sul piano della validita’ del rapporto negoziale posto in essere dalle parti e della piena commerciabilita’ del bene (considerato in ogni suo aspetto) che ne fu oggetto”, ai sensi dell’articolo 40, comma 2, della L. n. 47 del 1985, il fatto che “il fabbricato non rispetti”, come accertato dallo stesso consulente tecnico d’ufficio, “i parametri circa l’altezza dei soffitti richiesta, non soltanto dall(a)… legge regionale n. 44 del 1985 -peraltro ratione temporis inapplicabile alla fattispecie in esame -, ma pure dalla licenza cit., in difformita’ della quale sarebbe stato a suo tempo realizzato”: e cio’ pur se tale abuso rappresentasse e rappresenti ancora un impedimento al rilascio del certificato d’abitabilita’, che, peraltro, le venditrici nell’atto di vendita non avevano “mai promesso”, essendosi limitate “a dichiarare la destinazione d’uso abitativa dell’immobile, che, proprio alla luce delle due certificazioni rilasciate – seppur ai fini della legislazione in materia di immigrati – dagli uffici tecnici del Comune… in data 15.9.2010 e 10.3.2014…, di fatto esiste, essendo stata verificata l’idoneita’ dell’alloggio ad ospitare n. 3 persone”.

2.3. La corte, pertanto, dopo aver rilevato che la

dichiarazione resa dalle venditrici, ai sensi dell’articolo 76 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, attiene alla validita’ formale della vendita, nel senso che “il contenuto sostanziale di tale dichiarazione, e’ sottratto a qualsiasi controllo di veridicita’, fatta salva ovviamente la responsabilita’ penale in caso di falsita’ ideologica”, ha, in accoglimento dell’appello proposto, rigettato le domande che (OMISSIS) aveva proposto nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS).

3.1. (OMISSIS), con ricorso notificato il 27/4/2017, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.

3.2. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

3.3. Le parti hanno depositato memorie.

3.4. Rimesso il ricorso alla pubblica udienza, il pubblico ministero, con memoria del 21/7/2022, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

3.5. Le parti hanno depositato ulteriori memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la falsa applicazione della L. n. 47 del 1985 articolo 40, comma 2, e la violazione degli articoli 1477, 1453 e 1494 c.c. nonche’ dell’articolo 14 delle preleggi, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che fosse “ininfluente, sul piano della validita’ del rapporto negoziale posto in essere dalle parti e della piena commerciabilita’ del bene (considerato in ogni suo aspetto) che ne fu oggetto”, ai sensi della L. n. 47 del 1985 articolo 40, comma 2, , il fatto che “il fabbricato non rispetti”, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, “i parametri circa l’altezza dei soffitti richiesta, non soltanto dall(a)… legge regionale n. 44 del 1985… ma pure dalla licenza cit., in difformita’ della quale sarebbe stato a suo tempo realizzato”, e cio’ pur se tale abuso rappresentasse e rappresenti ancora un impedimento al rilascio del certificato d’abitabilita’, senza, tuttavia, considerare: innanzitutto, che l’attore aveva agito in giudizio non per far dichiarare l’invalidita’ o la risoluzione del contratto di vendita stipulato con le venditrici in data 26/3/2003 ma per ottenere da queste ultime il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento contrattuale alle obbligazioni assunte a norma dell’articolo 1477 c.c. in relazione alle spese necessarie per consentire il rilascio del certificato di abitabilita’ dell’immobile acquistato; – in secondo luogo, che la consegna del certificato di abitabilita’ dell’immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per se’ condizione di validita’ della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’articolo 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilita’ di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto; – infine, che l’immobile acquistato e’ privo del certificato di abitabilita’ perche’, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, non rispetta ne’ le altezze interne minime stabilite dall’articolo 2 della Legge Regionale n. 44 del 1985, ne’ i parametri igienico-sanitari previsti dal Regio Decreto n. 1265 del 1934 e dagli articoli 35 e 77 del regolamento comunale.

4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la

violazione degli articoli 3, comma 4, e 12 della Legge Regionale F.V.G. n. 44 del 1985, degli articoli 35 e 77 del Regolamento edilizio comunale, dell’articolo 221 del Regio Decreto n. 1265 del 1934 nonche’ dell’articolo 1477 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che Legge Regionale n. 44 del 1985, che disciplina le altezze minime dei fabbricati, sarebbe inapplicabile ratione temporis alla fattispecie in esame trattandosi di immobile completato prima dell’1/9/1967, senza, tuttavia, considerare che l’immobile in questione, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, non rispetta i parametri igienico-sanitari previsti dal Regio Decreto n. 1265 del 1934 e dagli articoli 35 e 77 del regolamento comunale, ne’ le altezze interne minime stabilite dall’articolo 2 della Legge Regionale n. 44 del 1985, la quale, essendo entrata in vigore prima del contratto del 26/3/2003, e’ senz’altro applicabile alla compravendita intercorsa tra le parti. Ne consegue, ha aggiunto il ricorrente, la violazione dell’articolo 1477 c.c. poiche’, nella vendita di immobili destinati ad abitazione, il venditore-costruttore ha l’obbligo non solo di trasferire all’acquirente un fabbricato conforme all’atto amministrativo di assenso della costruzione e, dunque, idoneo ad ottenere l’agibilita’ prevista, ma anche di consegnargli il relativo certificato, curandone la richiesta e sostenendo le spese necessarie al rilascio. L’inadempimento di questa obbligazione e’ ex se foriero di danno emergente, perche’ costringe l’acquirente a provvedere in proprio, ovvero a ritenere l’immobile tal quale, cioe’ con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione della L. n. 47 del 1985 articolo 40, comma 2, dell’articolo 221 del Regio Decreto n. 1265 del 1934 e degli articoli 1453 e 1477 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’immobile in questione, in quanto ultimato prima dell’1/9/1967, e’ pienamente commerciabile, senza, tuttavia, considerare che tale immobile non possiede i requisiti igienico-sanitari necessari per essere abitabile, tant’e’ che il certificato di abitabilita’, pur se richiesto, non e’ stato concesso, e che l’assenza dei requisiti igienico-sanitari ed edilizi utili all’uso abitativo, rendendo l’immobile incommerciabile ed inadatto alla realizzazione della sua funzione economico-sociale, integra un inadempimento da parte dei venditori di gravita’ tale da legittimare la domanda di risarcimento dei danni proposta dall’attore a norma dell’articolo 1453 c.c.. Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, infatti, la consegna del certificato di abitabilita’ dell’immobile oggetto del contratto, pur non costituendo di per se’ requisito di validita’ della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’articolo 1477 c.c., trattandosi di un requisito essenziale della cosa venduta, con la conseguenza che la mancata consegna di tale certificato implica un inadempimento alle obbligazioni assunte dal venditore che, pur non determinando necessariamente la risoluzione del contratto, si presenta comunque idoneo ad essere fonte di danno risarcibile.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la

violazione dell’articolo 1453 c.c., degli articoli 35 e 77 del Regolamento edilizio comunale nonche’ degli articoli 220 e 221 del Regio Decreto n. 1265 del 1934, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dall’attore sul rilievo che l’immobile comperato dallo stesso era, in realta’, abitabile, sia pure limitatamente a tre persone, come dimostrato dalle certificazioni rilasciate dal Comune ai fini della legislazione in materia di immigrati, senza, tuttavia, considerare che la consegna dell’aliud pro a/io ricorre non solo quando la cosa consegnata e’ completamente diversa da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando e’ assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente o abbia difetti che la rendano inservibile, a meno che la parziale utilizzazione non sia stata espressamente contemplata nel contratto. Nel caso in esame, al contrario, dal contratto di compravendita intercorso tra le parti emerge che la parziale e residua utilizzazione dell’immobile non era stata oggetto di una espressa e specifica pattuizione tra le parti. D’altra parte, ha aggiunto il ricorrente, i requisiti di idoneita’ alloggiativa, richiesti dal Comune ai fini della regolarizzazione degli immigrati, nulla hanno a che vedere con quelli igienico-sanitari in forza dei quali, in base alla normativa statale dettata dal Regio Decreto n. 1265 del 1934 ed alla disciplina prevista dalla legislazione regionale e dal regolamento comunale, viene concessa l’abitabilita’ richiesta per il compiuto adempimento degli obblighi gravanti sul venditore.

4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente, lamentando la

violazione della L. n. 47 del 1985 articolo 40, comma 2, dell’articolo 76 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e degli articoli 2700 e 2729 c.c., nonche’ dell’articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la dichiarazione con le quali le venditrici, a norma dell’articolo 76 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, avevano affermato che l’immobile era stato ultimato prima dell’1/9/1967 e che successivamente non era stato oggetto di interventi edilizi, e’ sottratta a qualsiasi controllo di veridicita’, senza considerare che, al contrario, tale dichiarazione non ha l’efficacia di prova certa che ad essa la corte ha attribuito e che, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, nel 1988, e cioe’ in un momento successivo alla ultimazione del fabbricato, l’immobile, ad onta di quanto dichiarato dalle venditrici, e’ stato sottoposto ad interventi edilizi che hanno generato incongruenze interne.

5.1. I primi quattro motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono fondati, con assorbimento del quinto.

5.2. Questa Corte, in effetti, ha piu’ volte osservato che il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilita’, senza il quale l’immobile stesso e’ incommerciabile, e che la violazione di tale obbligo puo’ legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l’eccezione di inadempimento, e non e’ sanata dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula, avesse gia’ presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarita’ amministrativa dell’immobile (Cass. n. 1701 del 2009).

5.3. Il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione, in assenza di patti contrari, ha, invero, l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitabilita’ senza della quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico-sociale, e tale requisito giuridico, essenziale ai fini del legittimo godimento e della commerciabilita’ del bene, non puo’ essere sostituito dalla definizione della pratica di condono e da altro, in quanto chi acquista un immobile, salvo che sia reso espressamente edotto della esistenza di qualche problema amministrativo o urbanistico, ha diritto alla consegna di un appartamento in tutto conforme alle leggi, ai regolamenti ed alla concessione edilizia e per il quale sia stata, quindi, rilasciata la licenza di abitabilita’; conseguentemente la mancata consegna di tale licenza implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, puo’ comunque essere fonte di un danno risarcibile ovvero costituire il fondamento dell’exceptio prevista dall’articolo 1460 c.c., per il solo fatto che si e’ consegnato un bene che presenta problemi di commerciabilita’, essendo irrilevante la circostanza che l’immobile sia stato costruito in conformita’ delle norme igienico-sanitarie, della disciplina urbanistica e delle prescrizioni della concessione ad edificare, ovvero che sia stato concretamente abitato (Cass. n. 8880 del 2000; conf. Cass. n. 13767 del 2003).

5.4. In definitiva, “nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilita’ costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poiche’ vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilita’. Il mancato rilascio della licenza di abitabilita’, pertanto, integra un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’articolo 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilita’ del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilita’ o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza” (in tal senso, piu’ di recente, Cass. n. 23265 del 2019; Cass. n. 10665 del 2020; Cass. n. 17123 del 2020, la quale ha ricordato come “nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilita’ un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilita’ del bene, la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni”; in precedenza, Cass. n. 6548 del 2010).

5.5. La mancata consegna all’acquirente del certificato di abitabilita’ si traduce, pertanto, in un inadempimento e nella conseguente possibilita’ di domandare il risarcimento del danno consequenziale che, ove accertato nell’an, va liquidato dal giudice in via equitativa, tenendo conto del minore valore di scambio del bene o nei costi sostenuti per procurare l’agibilita’ dell’immobile (Cass. n. 25418 del 2019, per cui “nella vendita di immobili destinati ad abitazione, l’inadempimento dell’obbligo, gravante sul venditore-costruttore, di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilita’ e’ ex se foriero di danno emergente, per il minor valore di scambio del bene che da cio’ consegue; tale danno, ove accertato nell’an, e’ suscettibile di essere liquidato dal giudice in via equitativa, essendo obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provarne il preciso ammontare”).

5.6. Se, dunque, il venditore ha l’obbligo legale, imposto dall’articolo 1477 c.c. (che al comma 3 prevede l’obbligo a carico del venditore di consegnare i documenti relativi alla proprieta’ e all’uso della cosa venduta), di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilita’ (la cui mancanza non comporta la nullita’ del contratto: Cass. n. 24957 del 2007), in conformita’ alle norme che lo prevedono (articoli 24 e 25 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che parla di certificato di agibilita’), risultano, allora, del tutto irrilevanti: – sia il fatto, evidenziato dalla corte d’appello, secondo cui il rilascio del certificato di abitabilita’ non era stato promesso dalle venditrici all’atto della vendita, tanto piu’ che la mancanza dell’abitabilita’, riscontrata in fatto dal consulente tecnico d’ufficio, ha finito per incidere pesantemente sullo scopo pratico che, nel caso in esame, il contratto mirava a soddisfare (la stessa Corte di appello da’ atto, infatti, che le venditrici avevano dichiarato la destinazione d’uso abitativa che l’immobile in questione possedeva); – sia il fatto, sul quale pure la corte d’appello sembra insistere, che l’immobile era effettivamente abitabile, quanto meno in base alla legislazione in tema di immigrazione, non risultando, per contro, accertata ne’ la conoscenza da parte dell’acquirente dell’assenza del certificato di abitabilita’ (conoscenza dalla quale questa Corte fa dipendere l’impossibilita’ per l’acquirente di far valere l’inadempimento del venditore: cfr. ad es. Cass. n. 8450 del 1990 e n. 25427 del 2013) o l’esonero della controparte dal relativo obbligo, ne’, come detto, il successivo rilascio del certificato mancante (che pure “esclude la possibilita’ stessa di configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio”: ancora Cass. n. 6548 del 2010; Cass. n. 16918 del 2019, relativamente al contratto di locazione; Cass. n. 17123 del 2020).

6.Il ricorso dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Trieste, che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Trieste, che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente procedimento.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.