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in tema di procedimento civile, la chiusura del fallimento, determinando la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilita’ del suo patrimonio fa venir meno la legittimazione processuale del curatore, determinando il subentrare dello stesso fallito tornato in bonis al curatore nei procedimenti pendenti all’atto della chiusura; tale principio peraltro, non vale per il giudizio di cassazione, che e’ caratterizzato dall’impulso d’ufficio ed al quale non sono percio’ applicabili le norme di cui agli articoli 299 e 300 c.p.c. sicche’ non e’ consentito il deposito ai sensi dell’articolo 372 c.p.c. di documenti attestanti la chiusura del fallimento.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25603
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 23685/14, proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappres. p.t. (OMISSIS); elett.te domic. presso l’avv. (OMISSIS), rappres. e difesi dall’avv. (OMISSIS), con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappres. elett.te domic. in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) che la rappres. e difende, con procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1365/2014 emessa dalla Corte d’appello di Firenze, depositata il 2.9.2014;
udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo, nella camera di consiglio del 15 maggio 2018.
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Pisa dichiaro’ il fallimento della (OMISSIS) s.p.a., su ricorso della (OMISSIS) s.p.a; la societa’ fallita e il suo amministratore, anche in proprio, proposero reclamo eccependo la nullita’ della notificazione del ricorso per fallimento. La Corte d’appello ha respinto l’impugnazione, rilevando che: non erano fondate le doglianze relative all’invalidita’ della notificazione dell’istanza di fallimento che, stante la chiusura della sede legale, fu eseguita correttamente a norma dell’articolo 140 c.p.c. presso il recapito del legale rappresentante, in quanto l’ufficiale postale aveva reperito traccia positiva dell’abitazione del destinatario, dando atto della sua temporanea assenza.
In particolare, la Corte di merito ha argomentato che, ai fini del perfezionamento della notificazione a norma dell’articolo 140 c.p.c., non occorre individuare la residenza anagrafica, ma e’ sufficiente qualunque abitazione del destinatario effettivamente riscontrata in concreto, come nella fattispecie, adducendo, a sostegno della motivazione, che anche per la notificazione della sentenza di fallimento era stata effettuata (da altro ufficiale postale) una medesima tipologia di notificazione. Tuttavia, la Corte ha precisato che, per il ricorso per fallimento, la relata non indicava la qualita’ del destinatario, sicche’ l’atto non poteva dirsi regolarmente notificato alla fallita, ma il reclamo era da intendere tempestivo in quanto proposto nel termine di 30 gg.
La (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) – quale Presidente del c.d.a. della stessa societa’- hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Si e’ costituita la (OMISSIS) s.p.a., con controricorso; quest’ultima ha depositato anche memoria.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo del ricorso e’ stata denunziata l’illegittimita’ e falsa applicazione della normativa in tema di notificazione dell’istanza di fallimento, lamentando che il ricorso era stato notificato presso la vecchia residenza del presidente del consiglio d’amministrazione della societa’ fallita e che nessuna verifica di residenza era stata fatta consultando l’A.I.R.E..
Con il secondo motivo e’ stata denunziata l’illegittimita’ e falsa applicazione della normativa fallimentare in tema di notifica della sentenza di fallimento, avendo la Corte d’appello ritenuta valida la notificazione del ricorso ex articolo 140 c.p.c. senza l’indicazione della qualita’ del destinatario.
Con il terzo motivo e’ stata dedotta l’illegittimita’ e la falsa applicazione della disciplina prefallimentare, data l’assenza del contraddittorio tra le parti.
Con il quarto motivo e’ stata denunziata l’illegittimita’ e falsa applicazione della normativa prefallimentare stante l’assenza dei requisiti di legge per la dichiarazione di fallimento, anche considerando che la societa’ ricorrente era debitrice limitatamente alla somma per la fornitura oggetto del ricorso per fallimento, peraltro mai avvenuta.
Preliminarmente, va disattesa l’istanza di cessazione della materia del contendere presentata dalla parte controricorrente, nella memoria depositata, sul presupposto che il Tribunale di Pisa ha dichiarato chiuso il fallimento per mancanza di attivo. Al riguardo, in tema di procedimento civile, la chiusura del fallimento, determinando la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilita’ del suo patrimonio fa venir meno la legittimazione processuale del curatore, determinando il subentrare dello stesso fallito tornato in bonis al curatore nei procedimenti pendenti all’atto della chiusura; tale principio peraltro, non vale per il giudizio di cassazione, che e’ caratterizzato dall’impulso d’ufficio ed al quale non sono percio’ applicabili le norme di cui agli articoli 299 e 300 c.p.c. sicche’ non e’ consentito il deposito ai sensi dell’articolo 372 c.p.c. di documenti attestanti la chiusura del fallimento (Cass., n. 8959/06).
Il ricorso e’ infondato.
I motivi primo e terzo, da esaminare congiuntamente poiche’ tra loro connessi, non hanno pregio.
I ricorrenti hanno lamentato di non aver ricevuto la notificazione della sentenza dichiarativa di fallimento, di cui ha acquisito informale notizia, eccependo la nullita’ della notificazione risultante eseguita a norma dell’articolo 140 c.p.c., anche in violazione dell’articolo 145 c.p.c., senza l’indicazione della qualita’ del destinatario. In tema di notificazione, e’ consolidato l’orientamento, cui questa Corte intende dare continuita’, secondo cui qualora un soggetto, residente all’estero, abbia domicilio in Italia, non trova applicazione diretta l’articolo 139 c.p.c., che disciplina le notificazioni da eseguirsi a persone residenti, dimorate e domiciliate in Italia, ma, rivestendo le risultanze anagrafiche solo un valore presuntivo in relazione all’abituale effettiva dimora, accertabile con ogni mezzo anche contro tali risultanze, puo’ ritenersi corretta, alla stregua di una interpretazione sistematica del menzionato articolo e dell’articolo 142 c.p.c., nonche’ del principio di effettivita’ della notifica, la valorizzazione del suddetto domicilio quale collegamento rilevante del notificando con il luogo, sito in Italia, idoneo a far considerare valida la notifica ivi effettuatagli (Cass., n. 21896/2013).
E’ stato altresi’ affermato che, ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora del destinatario della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove questi dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento del giudice di merito (Cass., n. 10170 /2016).
Nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto correttamente eseguita la notificazione della sentenza di fallimento a norma dell’articolo 140 c.p.c. presso il recapito del legale rappresentante della societa’ dichiarata fallita indicato nella visura camerale, ove si e’ recato l’ufficiale notificatore riscontrando traccia positiva dell’abitazione del destinatario costituita dalla presenza della cassetta postale a lui intestata e dando atto della temporanea assenza di quest’ultimo.
Il secondo motivo e’ inammissibile per difetto di interesse perche’ la Corte di appello, ritenuta nulla la notifica della sentenza, ha valutato tempestivo il reclamo.
Il quarto motivo e’ inammissibile in quanto fondato su generiche censure sull’insolvenza e sulla soglia di fallibilita’, tendendo dunque al riesame del merito dei fatti.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 7200,00 per compensi, oltre Euro 200,00, la maggiorazione del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma l quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.